AforismiGiuseppe BedeschiLa filosofia del '68 |
DOMANDA: Gli esponenti della Scuola di Francoforte - Adorno, Horkheimer e Marcuse - sono noti soprattutto per le loro aspre critiche al sistema dei mass-media: una vera "industria culturale" - come la definivano - che manipolerebbe l'individuo per integrarlo in un sistema di produzione oppressivo. Sono le tesi che hanno infiammato la contestazione studentesca negli anni Sessanta, e che oggi ci appaiono lontane. Prof. Bedeschi, può rissumercele brevemente?
Adorno svolge un'analisi sociologica che è al tempo stesso un'aspra critica dei mezzi di comunicazione di massa: cinema, radio, pubblicità, televisione, rotocalchi e così via. Qual è l'idea che muove Adorno in questa critica? L'idea che muove Adorno è che i mezzi di comunicazione di massa fanno introiettare all'individuo il sistema esistente, fanno introiettare all'individuo i valori o i disvalori - dal punto di vista di Adorno - della società esistente. Al fondo di questa critica c'è un presupposto ben preciso (e che è largamente discutibile), e cioè che i mass-media non sono qualcosa di neutro, non sono meri contenitori che possono essere riempiti con i contenuti più vari. In realtà per Adorno i mezzi di comunicazione di massa sono essi stessi ideologia.
Perché sono ideologia? Sono ideologia perché il loro compito precipuo è quello di diffondere un'immagine del mondo che sia accettabile da tutti, è quello di sviluppare linguaggi uniformi e standardizzati che vadano bene per tutti e che quindi, secondo Adorno, inevitabilmente contribuiscono a un conformismo generale. I mezzi di comunicazione di massa tendono a integrare l'individuo nella società esistente: potremmo dire, con linguaggio tipico degli esponenti della scuola di Francoforte, che tendono a integrare l'individuo nel sistema di dominio esistente. Di qui l'attenzione che Adorno ha dedicato alla pubblicità, per esempio. Alla pubblicità Adorno ha dedicato saggi importanti di analisi sociologica, perché nella pubblicità ha visto il tipico strumento di manipolazione delle coscienze: la pubblicità sembra uno strumento innocente, ma in realtà è uno strumento di seduzione delle coscienze, di manipolazione delle coscienze, di addomesticamento degli individui. La pubblicità, nonostante la sua forma seducente, è uno strumento diabolico per manipolare la coscienza individuale, per trasformare gli uomini in robot, in manichini, in qualcosa che possa servire agli scopi del sistema sociale esistente.
Consideriamo la problematica di L'uomo a una dimensione (il cui sottotitolo è L'ideologia della società industriale avanzata), il libro apparso nel 1964 negli Stati Uniti che diede a Marcuse fama mondiale. Fu un successo mondiale e diventò anche uno dei libri ispiratori dei movimenti del '68 che si manifestarono tanto negli Stati Uniti quanto nell'Europa occidentale. Qual è l'idea che è al centro di questo libro di Marcuse? L'idea è molto semplice: la società industriale avanzata ha leggi ferree di funzionamento e l'uomo è asservito a queste leggi ferree. La società industriale avanzata è un enorme apparato, che non può non essere un apparato di dominio appunto perché non lascia mai margini alla libertà umana, all'iniziativa individuale: l'uomo è, per così dire, solo e soltanto una semplice rotella, un piccolo ingranaggio di un sistema enorme che lo sovrasta e di cui egli deve semplicemente subire l'esecuzione.
In altre parole l'uomo nella società industriale, nella società tecnologica è sempre e comunque alienato; e infatti la critica di Marcuse si indirizza non a una società in particolare, ma si dirige alla società industriale in generale. E' significativo che in questo contesto Marcuse contrapponga al lavoro il gioco. Il gioco, dice Marcuse, è il momento in cui veramente l'uomo realizza la propria libertà: nel gioco l'uomo crea le regole, non trova regole create da altri, ma per l'appunto le regole del gioco sono create dall'uomo stesso. Nel gioco l'uomo non è succube della cosa, delle cose esterne, della oggettività, della cosalità, della naturalità. Nel gioco l'uomo è veramente presso di sé e giunge in una dimensione della sua libertà che gli è invece completamente negata nel lavoro. Perciò Marcuse non esita ad affermare, e si tratta di un'affermazione impressionante (e direi per certi versi anche agghiacciante) ancora oggi a rileggerla, che un singolo lancio di palla da parte di un giocatore rappresenta un trionfo della libertà umana sull'oggettività, che è infinitamente maggiore della conquista più strepitosa del lavoro tecnico.