CHE SENTIVAMO
Il panorama musicale italiano e internazionale prima del 1968 era già profondamente cambiato da anni. La vecchia canzone melodica, intonata da personaggi decisamente demodè era ormai destinata ad una lenta, progressiva estinzione. In America la rottura era arrivata con Elvis, in Inghilterra con I Beatles e i Rolling Stones, in Francia con Halliday, in Italia, dapprima con Modugno e poi, più decisamente con Celentano. Cominciavano poi ad emergere i cantautori come Battisti e De Andrè, in un momento in cui tali figure artistiche erano praticamente sconosciute nella concezione italiana della musica leggera. Basti pensare che Lucio Dalla non era altri che uno dei tanti interpreti delle varie Sanremo, Castrocaro, ecc. Sopravvivevano, comunque in una fetta di mercato che andava sempre più restringendosi, ma che comunque portava sempre a cospicui incassi, cantanti vecchio stile come Claudio Villa , Nilla Pizzi e la giovane-vecchia Orietta Berti, oltre alla nutrita schiera di furbetti e furboni che creavano il loro stile sulle tendenze più remunerative. E’infatti caratteristico di questo periodo il fenomeno cosiddetto One Shot ossia "una botta e via", rappresentato da cantanti che facevano un sacco di quattrini con un unica canzone azzeccata e poi erano condannati all’estrerno oblio. Nel variegatissimo panorama favorito dal momento di transizione, c’è chi cominciava a ’provarci’ e a mescolare un po’ di stile anglosassone con qualche testo vagamente contestatorio. Sono i primi "Complessi" di stentata abilità musicale, alcuni dei quali utilizzavano un improbabile accento inglese che non faceva altro che accentuare la sensazione di plagio.
Va detto, comunque, che il movimento non aveva nessuna "linea musicale", in quanto tutta la produzione corrente era considerata del "Sistema" e ci sarebbero voluti alcuni anni e cantautori come Hendrix, Crosby Still & Nash, Dylan, con il loro sound e i testi autenticamente rivoluzionari per conquistare la stima e l’attaccamento, beninteso, a livello individuale, del pubblico dei giovani contestatori. Unica eccezione Joan Baez, ma in quel caso si trattava di una militante a tutti gli effetti che faceva i suoi concerti sotto il tiro dei lacrimogeni durante le manifestazioni contro la guerra del Vietnam. In Italia lo stesso ruolo, e lo stesso rispetto, erano tributati a Giovanna Marini (sua una canzone ‘espressa’ sugli scontri di Valle Giulia) a Paolo Pietrangeli (Il Vestito di Rossini, Contessa) Ivan Della Mea e al capostipite dei folk singers rivoluzionari Leoncarlo Settimelli, col "Canzoniere Internazionale"che trionfò con un concerto di musiche cubane al Palasport, ma questo fu sicuramente alla fine del 1968.
In effetti la cultura musicale del movimento non fece in tempo ad affermarsi in un anno in cui si sperava nella rivoluzione e in cui non c’era molto spazio, tra assemblee e manifestazioni, per scambiare momenti di socialità e sedimentare elementi di condivisione estetico-intellettuale. Come in tutti i movimenti rivoluzionari in fase di sviluppo, le musiche erano ispirate da un paio di inni ufficiali (L’Internazionale e Bandiera Rossa) e da una serie di canzoncine e stornelli direttamente scritte e ispirate da gente che doveva essere allo stesso tempo protagonista, autore e cantante delle gesta cantate. Molte di queste erano ispirate, inoltre, dal residuo spirito goliardico, ancora radicato in un movimento che, non dimentichiamolo, era composto da studenti. A titolo esemplificativo una canzoncina giaculatoria, vagamente blasfema che si intonava con l’accompagnamento delle sgangheratissime chitarre acustiche.
Dolce Cuore di Lenin
Fai che vinca Ho Chi Minh1
Dolce Cuore di Guevara
Fai che crepi Mc Namara2
Dolce Cuore di Maria3
Fai che Nixon4 vada via
Dolce cuore di Ernesto5
Fai che muoia Paolo Sesto6
Dolce cuore di Lin Piao7
Fai che vinca sempre Mao
1
Presidente della Repubblica Popolare del Nord VietnamDa http://www.informagiovani.it/30anni68/30sentivamo.htm