FRANCOBOLLI D'ITALIA ANNULLATI ALL'ESTERO (2° parte): (La Soffitta n. 14, Dicembre 1999 )
Una precisazione del Dott. G. Riggi, un'aggiunta del Dott. M. Pozzati, e una risposta del sottoscritto 

Una precisazione sulle affrancature e le bollature delle corrispondenze trasmesse a mezzo della valigia diplomatica

Noi facciamo ogni sforzo per leggere tutta la letteratura filatelica disponibile e tentiamo anche di capirla, ma qualche volta abbiamo qualche dubbio. Nel caso che esaminiamo crediamo giusto ampliare e precisare meglio ciò che è stato scritto dall'amico C. Criscuolo sul suo giornale “La Soffitta” organo e voce dell'Associazione Collezionisti Scambisti.

In un articolo dedicato ai francobolli d'Italia annullati all'estero si elencano e si mostrano esempi di corrispondenza affrancata con francobolli italiani applicati su corrispondenza imbucata all'estero e che quindi hanno avuto bollatura e annullamento in nazioni straniere. Giustamente nell'articolo viene elencato l'istituto del Paquebot, ancora in uso oggi nelle nazioni che hanno accordi specifici tra loro; vengono poi ricordate per il nostro paese le cartoline con risposta pagata indirizzate all'estero che, per il ritorno dovevano essere bollate da amministrazioni straniere, ed infine viene citata la corrispondenza della valigia diplomatica “diretta in località diversa da quella di destinazione”. Il caso particolare è anche illustrato con una corrispondenza dall'Italia agli USA, affrancata con un Michetti sinistro da 25 c. che curiosamente è annullato a Washington dalle Poste statunitensi. Abbiamo stentato un poco a capire il caso particolare citato nell'articolo, poiché abbiamo pensato immediatamente solo alla valigia diplomatica, ma poi osservando meglio il pezzo, abbiamo visto che esiste più di una interpretazione. Per esempio si può trattare di una corrispondenza privata spedita da un funzionario dell'Ambasciata americana a Roma, dall'Italia agli Stati Uniti, regolarmente affrancata in Italia con un francobollo italiano sfuggito all'annullamento delle Poste italiane in partenza. Le poste americane, credendo di fare una cortesia all'Amministrazione postale italiana e al destinatario (dando a costui l'informazione della data di affidamento della lettera alle poste americane) e non una irregolarità, invece di applicare il bollo meccanico di arrivo sul retro, lo hanno applicato davanti, colpendo anche il francobollo. In un'altra interpretazione, più vicina a quella dell'amico Criscuolo, la lettera (privata) doveva partire coi mezzi delle Poste italiane (lo si deduce dall'affrancatura), ma poi per chissà quale motivo, fu immessa nella valigia diplomatica e giunse senza bolli fino a Washington, sede del Ministero degli esteri americano, ed essendo indirizzata e chiusa, fu immessa attraverso l'ufficio postale del Dipartimento di Stato senza affrancatura (americana) nel canale pubblico e crediamo che giunse a destinazione senza tassazione.

La bollatura americana su un francobollo italiano, in qualsiasi dei due casi, era indebita, non necessaria e solo frutto del caso o meglio di un errore e come tale non rappresenta uno dei casi di bollatura ammessa e possibile di francobolli di una nazione dagli uffici postali di un'altra. Secondo le norme internazionali, la corrispondenza pubblica e privata inserita nella valigia diplomatica, parte da una nazione senza affrancatura, viene ricevuta dal Ministero degli Esteri del paese di destinazione, e qui, se diretta a persone private, sul territorio nazionale viene affrancata in tariffa interna ed inoltrata per via ordinaria. In Italia viene oggi regolarmente affrancata dalla Farnesina, ma in passato (fino al recente 5.8.1999) veniva inoltrata per via pubblica con tassa semplice a carico. In qualsiasi caso non esiste, per qualsiasi tipo di posta, comprese quella della valigia diplomatica, la possibilità di affrancatura con francobolli del paese di destinazione annullati nella nazione di partenza.

Complimenti all'amico Criscuolo che attizza sempre la curiosità su argomenti anche piuttosto complessi.

Dott. Giovanni Riggi 
 
 

Corpo Diplomatico U. S. all'estero: Posta privata

Il personale statunitense all'estero, ovvero quello del Corpo Diplomatico e, in anni più recenti, gli “attachés” militari e navali presso le ambasciate, legazioni e consolati, ha spesso utilizzato metodi insoliti per corrispondere con amici e familiari in patria: Ho scritto dal 18/6/84 al 28/5/90 su “Postal History Sampler” una dozzina di articoli sull'argomento. La corrispondenza privata costituisce però uno degli argomenti non approfonditi nell'opera pubblicata da Linn's e pertanto si rende necessaria una riesamina.

I primi rappresentanti statunitensi all'estero dipendevano, tra il 1776 e il 1889, dal Dipartimento degli Affari Esteri del Congresso. A quei tempi i normali servizi postali utilizzabili per inviare corrispondenza negli Stati Uniti erano spesso inaffidabili. Le lettere erano soggette a censura o furti e tale situazione continuò per tutto il XIX secolo. Il migliore e spesso unico modo per corrispondere con i propri cari era quello di usare “valigie diplomatiche” che trasportavano la corrispondenza ufficiale per il Dipartimento di Stato e, negli anni seguenti, per i Dipartimenti della Marina e della Guerra. Le “valigie” viaggiavano con i mezzi più veloci e sicuri disponibili, fuori dal normali canali postali allora esistenti. Spesso venivano portate in patria da navi della Marina che tornavano da basi straniere o da missioni speciali. Per accordi internazionali le “valigie” hanno sempre goduto dell'inviolabilità da parte dei Governi stranieri. Quando le “valigie” arrivavano a Washington le lettere private dirette negli Stati Uniti erano inoltrate ancora senza pagamento o con il timbro di franchigia di un funzionario del Dipartimento di Stato. Nei primi tempi era il Segretario di Stato che godeva della franchigia, mentre negli anni seguenti, dopo l'abolizione della franchigia nel 1873 (per non essere più ripristinata per i funzionari di governo), si sa di alcune lettere inoltrate con altri timbri di servizio o buste “penalty”, ovvero soggette a multa se utilizzate per uso privato). La corrispondenza privata spedita via “valigia” andò scomparendo con l'inizio dei trattati postali internazionali, dopo il 1870, per ricomparire agli albori del XX secolo. Con l'inizio delle tensioni che portarono alla 1° Guerra Mondiale si sviluppò una tecnica che era in qualche modo simile a quella del XIX secolo, ovvero mandare la corrispondenza privata del personale diplomatico affrancata, come disposto dall'UPU, con francobolli stranieri e in tariffa per mezzo della “valigia diplomatica” al Dipartimento di Stato a Washington. Qui questa corrispondenza privata era inviata all'ufficio postale di Washington dove quella con i francobolli stranieri veniva annullata con un timbro speciale indicante la loro origine estera così che non sarebbe stata assoggettata a tassazione. 

La figura mostra la maggior parte dei timbri che io abbia visto. Mentre altri studiosi hanno ipotizzato che quei timbri venivano apposti al dipartimento di stato, quello di tipo B e quello meccanico, indicato come E venivano usati inequivocabilmente nell'ufficio postale di Washington. Sono anche convinto che gli altri tre timbri indicati con A, C, D siano stati utilizzati dallo stesso ufficio postale. Alcune buste portano non solo il timbro dell'ufficio postale, ma pure un secondo timbro che, probabilmente, era apposto dal Dipartimento di Stato. Ne conosco tre tipi, ciascuno con differenti abbreviazioni, come si vede nella figura ai punti F, G, H, ma per ora posso solo ipotizzare il loro significato. E' probabile che la parte del timbro “From F. C.” significhi “from foreign country” (da paese straniero), ma questa ipotesi non ha trovato conferma. C'é una possibilità che i timbri possano essere connessi con la Censura e apposti sulle buste per confermare che non necessitavano di ulteriore verifica. Se qualche lettore di Linn's avesse informazioni avvaloranti l'origine e il significato di questi tre timbri (e se vi fossero altre versioni di timbri similari), diversi collezionisti, incluso me, gradirebbero conoscerne le caratteristiche. I timbri del tipo A furono utilizzati all'incirca dal 1906 al 1916, ma tipi differenti e varianti con queste stesse diciture furono usati nel 1916. La dicitura “This arthicle was originally mailed in country indicadet by postage” apparve già nel 1916 ed esiste in diverse varianti e caratteri di stampa. Il primo che ho visto di tipo B risale all'incirca al 1933 e l'ultimo è del 1940. Il volume di posta affrancata con francobolli stranieri e inviata a mezzo “valigia diplomatica” aumentò enormemente negli anni immediatamente precedenti il 1930 e infatti non ricordo di aver visto più di uno o due esemplari datati anni venti. Ho esemplari del tipo descritto come C maggiormente della fine degli anni quaranta e degli anni cinquanta. Il tipo riportato come D è presente in gran parte con date della 2° Guerra Mondiale. Entrambi i tipi C e D esistono in caratteri e formati differenti. Questi provengono da vari periodi e sono stati reperiti nei colori che vanno dal rosso al magenta e al porpora scuro. Ho riscontrato il timbro con targhetta, raffigurata come E, usato solo durante il periodo 1963/66, quando i francobolli statunitensi furono resi disponibili ai diplomatici e funzionari all'estero per la corrispondenza privata.

Il motivo per cui vennero usati francobolli stranieri (per circa 60 anni) fu dovuto al fatto che gli Stati dove i diplomatici erano stanziati non volevano perdere l'introito dell'affrancatura delle lettere private inviate a mezzo “valigia diplomatica”. Credo che il personale avesse istruzioni perché usasse francobolli locali in corretta tariffa per i servizi richiesti. In ogni caso si produsse un bel volume di interessanti buste per le nostre collezioni.

Richard B. Graham
 
 

Che le mie quattro chiacchiere sull'argomento, apparse sull'ultimo numero del notiziario, potessero suscitare l'interesse di un notissimo studioso quali il Dott. Riggi e di un esperto in legislazione postale quale il Dott. Pozzati proprio non me lo aspettavo e il fatto, lo confesso, mi lusinga. Il presidente del CIFO (Collezionisti Italiani Francobolli Ordinari) ha considerato addirittura il mio articoletto degno di una “precisazione”, sul suo notiziario “Il Francobollo Incatenato”, che riporto integralmente perché i soci possano seguire, senza mediazioni le interpretazioni proposte.

Certamente la pessima riproduzione della busta da me presentata e la genericità del testo esplicativo, uniti all'omissione, in fase di riporto per stampante, di un aggettivo presente nel manoscritto, hanno contribuito a rendere ancora più incerto un argomento che di certezze ne ha peraltro poche. Il testo originale riportava “...un caso di particolare interesse è costituito poi dalla corrispondenza del personale d'ambasciata AMERICANA affrancata...”. E la busta riprodotta voleva esemplificare tale peculiare caso di posta privata. Vi prego ora di seguire la genesi di questa convinzione, se possibile restando svegli. Molti anni fa reperii un francobollo da c. 15 su 20 (Sassone n. 79) con parziale annullo violaceo di Washington. Credetti allo scherzo di qualche falsario buontempone, ma dopo la perizia che ritenne l'obliterazione originale, non conoscendo altra possibilità che giustificasse l'annullamento legittimo, conclusi trattarsi di un valore erroneamente annullato all'arrivo. 

Tempo dopo acquistai in Canada un grosso lotto di corrispondenza italiana, viaggiata verso il continente americano, che includeva due buste simili per tipologia di annulli, timbri e provenienza (personale di ambasciata USA a Roma). Cedetti la meno bella, trattenendo l'altra per la mia disorganica raccolta “ERESIE DI STORIA POSTALE”.

Nel Maggio del 1996 apparve in un catalogo di vendita una busta affrancata con Imperiale £. 5 isolato con annullo meccanico di Washington 22/3/45. Stesso errore a distanza di circa trent'anni e con identiche caratteristiche mi sembrò poco probabile, seppure possibile. Non molto tempo dopo apparve in altro catalogo una nuova busta dalle caratteristiche similari, affrancata con Imperiale £. 1,25 isolato e annullo meccanico di Washington 24/4/47. Le possibilità di uno sbaglio ricorrente si ridussero al lumicino.

Grazie poi all'egregio Avv. V. De Martino di Napoli, la cui monumentale collezione di Storia Postale e la vastissima biblioteca specializzata mi sono state più volte indispensabili per risolvere rebus anche molto complessi, ho potuto visionare ancora un altro pezzo, tipologicamente simile, affrancato con coppia Leoni 5 c. + coppia Michetti 20 c. Notando che l'annullo meccanico risultava impresso anche nella parte inferiore sinistra della busta, ne conclusi, con l'amico collezionista, che l'annullatore non poteva in nessun caso essere stato apposto per sbaglio, bensì volutamente per obliterare i valori postali che erano sfuggiti, questa volta sì per errore, al primo annullamento dell'ufficio postale di Washington. Avendo letto il mio articoletto lo stesso egregio collezionista mi fece notare che nell'opera “I Michetti” di M. Francaviglia e B. Ermentini (Ed. Unificato CIF 1999) a pag. 403 è riprodotta una busta (collez. Gerini) con un Michetti 25 c. e annullo meccanico di Washington 2/7/12. Gli autori affermano che “sono infine noti alcuni rari esempi di francobolli Michetti utilizzati all'estero, talora perché viaggiati affrancati in valigia diplomatica sino allo sbarco”.

A questo punto ipotizzare ancora la probabilità di un errore sarebbe stato a dir poco un'offesa alla razionalità. Devo infine all'amico Ch. Hudelmaier di New York se ho potuto ultimamente prendere conoscenza di un articolo, almeno in parte illuminante, apparso su Linn's Stamp News a firma di R. B. Graham, che vi propongo integralmente in originale e tradotto (alla men peggio per la mia scarsissima conoscenza dell'inglese) in italiano a supporto della tesi seposta anche se lo studioso americano non cita estremi di documenti ufficiali a sostegno.

Non credo si possa essere comunque d'accordo con lo studioso americano nell'addebitare al mancato introito la volontà degli stati di pretendere l'affrancatura della corrispondenza privata del personale diplomatico estero presente sul proprio territorio, per la modestissima entità della perdita subita. Più verosimilmente si trattava di salvaguardare il principio secondo cui tutta la corrispondenza, non franca per accordi, dovesse sottostare, sebbene trasportata con mezzi privati del mittente, al pagamento dell'affrancatura dovuta per il diritto di privativa. A questo punto mi auguro che la cultura storico postale di qualche specialista del settore possa integrare o correggere per qualche verso le poche notizie reperite che, in ogni caso, dimostrano non trattarsi di banale errore né per quanto riguarda l'apposizione dell'affrancatura (peraltro sempre in tariffa) da parte del mittente, né per quanto riguarda l'annullamento da parte dell'ufficio postale straniero.

Su certezza di legittimità invece si fonda l'uso comunicato dal Dott. M. Pozzati che scrive di “un altro caso di francobolli italiani annullati all'estero e precisamente dall'Ambulante svizzero a norma dell'articolo 10 della Convenzione del Sempione (vedere il lavoro di R. Valentini - Ambulanti postali svizzeri operanti sul tratto italiano - pubblicato sul numero unico “Ossola 81” dedicato al servizio postale nei 75 anni del Traforo del Sempione.

Ed è sempre il Dott. Pozzati a comunicare “infine ancora un caso di francobolli italiani annullati all'estero, ma solo perché sfuggiti all'annullo in partenza (la dicitura del timbro di Monaco Ferrovie significa infatti, più o meno, 'annullato in ritardo' o 'annullo supplementare', per far capire che non è l'annullo di partenza”. E, prendendo spunto da questo annullo tedesco, sorge il dubbio che possa ritenersi legittimo, per una qualche convenzione o trattato a me sconosciuti, da parte di uno stato destinatario annullare francobolli dello stato mittente, purché venga evidenziato che non trattasi di una violazione di diritto. Si spiegherebbe così anche quel timbro supplementare apposto dagli USA “mailed by...”.

Ringrazio i due studiosi che ci hanno consentito di approfondire l'argomento, ma ringrazio soprattutto quell'unico lettore che, certamente con immenso sforzo, è riuscito a seguirmi fin qui. 

Carmine Criscuolo