Rassegna Stampa 02/2001
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BORSA & FINANZA
Ci trovavamo la notte a Paderno Dugnano
L’editore di questo giornale, nel momento in cui lascia la testata, racconta ai lettori sette anni di lavoro e di impegno. E dice la sua su Freedomland
di Virgilio Degiovanni
L’ appuntamento era all’una del mattino di ogni sabato, presso una viuzza poco illuminata alla periferia di Paderno Dugnano. Là ero solito ritrovarmi con un gruppo di persone che fanno un lavoro estenuante e solitario. Sono i trasportatori notturni dei giornali. Quelli che partono all’una o alle due di notte dai punti nevralgici delle grandi città e trasportano sui loro camion o camionette qualche bancale di quotidiani destinati alla città a loro assegnata. Viaggiano ogni notte, per ore e ore, con qualsiasi tempo. E quasi sempre arrivano in orario. A Paderno, verso l’una, si inizia a caricare. Arrivano i camion dagli stampatori e scaricano enormi quantità di bancali, con sopra tutti i quotidiani che fanno riferimento a Paderno. Nel giro di pochi minuti l’attività si fa frenetica, tutti si muovono rapidi, il nervosismo cresce all’istante e le parole scappano sovente tra chi carica e chi scarica, con l’inflessibile supervisore che dà il ritmo tra un improperio e l’altro. I camion devono essere scaricati rapidamente, le macchine devono partire puntuali o mancano le consegne. Dopo poche ore devono essere a destinazione, presso il centro di distribuzione locale. Là altri porteranno le mazzette a ogni singola edicola, entro le sei del mattino. Tardare vuole dire “saltare” e chi tarda resta a terra. Fra i vari camion, anche quello che p o r t a v a Borsa & Finanza, che per arrivare al s a b a t o m a t t i n a v i a g g i a con i quotidiani prendendo posto con loro. Non ci sono mai gli editori, a Paderno, tanto meno all’una di notte. D’altra parte, l’ambiente non è il più adatto per un editore in doppio petto e in fondo non è affatto necessaria la sua presenza. Per me è stato invece un luogo di ritrovo abituale, irrinunciabile, per i primi anni. Vedere arrivare il numero appena stampato, talvolta aiutare io stesso a caricarlo dando una mano ai trasportatori, o anche litigare col supervisore quando il camion arrivava in ritardo è stata un’esperienza indimenticabile. Un modo per vivere con questo giornale nel periodo più delicato, quello della sua nascita.
NATO PICCOLO
Borsa & Finanza è nato piccolo, anzi piccolissimo, quasi sette anni fa.
Cento milioni soltanto il capitale investito, neanche sufficienti a dotarsi di
un vero ufficio. Eravamo in pochi a crederci, questo è certo. Io, Alessandro
Secciani, che ha brillantemente diretto per anni “la macchina”, e qualche
altro volenteroso che occupò una delle due stanze prese in affitto temporaneo
presso un centro uffici. Di quelli che ti danno anche telefoni e scrivanie,
così non si deve comprare nulla. I soldi servivano a pagare chi scriveva, carta
e stampa, e i trasportatori. Qualche locandina a sostegno dei primi numeri e
basta. Così è partito questo giornale. Dimenticavo, nessun giornalista a
contratto, perché quelle erano cose “da grandi editori” che qui non ci si
poteva permettere all’inizio. I contratti sono poi arrivati e anche la
gratificazione professionale per un gruppo di redattori che è cresciuto in modo
straordinario. Pochi soldi, zero struttura, ma le idee chiare su cosa fare. Un
giornale che proseguisse un discorso iniziato con Borsa Sette, qualche anno
prima. B7 fu il mio primo settimanale finanziario, che editai da sbarbatissimo
ventiquattrenne qual ero all’inizio dell’89. Fu il primo a trattare di
finanza operativa. Il giornale contribuì in modo decisivo a diffondere l’uso
di grafici e analisi, allora semisconosciuti, ma richiedeva soldi che non avevo.
Cedetti la maggioranza poco dopo la sua nascita per l’impossibilità assoluta
di finanziarne anche la sola stampa. Pensavo, ingenuamente, che gente più
esperta e con più risorse finanziarie non potesse che portarlo al successo,
valorizzando la mia quota. Mal mi colse, quando vidi il nuovo editore chiudere
il giornale anziché svilupparlo. A volte ci si dimentica che una testata
innovativa non può essere portata al successo da chi ha sempre pensato e
lavorato con schemi tradizionali. Una lezione che tengo bene a memoria, in
questi tempi.
UN’IDEA NUOVA
La nascita di Borsa & Finanza è stata sofferta e la si deve
soprattutto al team di persone che ci ha creduto, lavorandovi in condizioni
francamente di m a s s i m o d i s a g i o . L’idea di fondo era all’inizio
un po’ troppo anticipatoria. Portare ai lettori informazione operativa di
borsa. Ovvero incentrata sui numeri, sui trend, sugli indicatori, piuttosto
che sulle news o sui rumor. Un’informazione privata dei consueti giudizi o ego
degli articolisti, bensì densa di opinioni, previsioni e idee degli stessi
operatori del mercato, intervistati su ogni possibile argomento. Nella
convinzione che siano gli stessi a rappresentare il mercato e il suo sentiment,
e i giornalisti mai dovrebbero sostituirvisi. Un giornale di “non notizie”
pareva all’inizio destinato a chiudere presto. Le vendite iniziali d’altra
parte erano ben scarse: dalle 6 mila alle 8 mila copie, non sufficienti a
quadrare i conti. Il tempo ha però dato ragione all’intuizione. Poco alla
volta, passo dopo passo, senza alcun supporto finanziario esterno, Borsa &
Finanza è cresciuta fino a superare le 40 mila copie di diffusione settimanale
(con punte ben oltre 60 mila). E qualche miliardo di pubblicità, al netto di
tutte le pagine perse per inserzionisti offesi da articoli poco riverenti. Sono
cifre da “piccolo, grande giornale”. Che hanno permesso di portare in utile
i bilanci dal terzo anno in avanti, di dare un contratto giornalistico a tanti
praticanti (oggi in piena carriera) che in Borsa & Fi n a n z a h a n n o
mosso i p r i m i passi, e di moltip l i c a r e per 100 (cento) il valore dell
’ i n v e s t i mento in sette anni. E fra questi risultati spicca quanto
questo giornale è riuscito a fare per divulgare l’analisi tecnica, ospitando
e d i v u l g a n d o idee, teorie e sistemi dei più noti analisti. Oggi non vi
è giornale che non riporti commenti di analisi tecnica o faccia addirittura
supplementi; supporti, resistenze, medie mobili e trendline sono entrati nel
gergo comune; gli operatori hanno i monitor pieni di grafici multicolori e
migliaia di piccoli investitori sono ormai esperti. Non è certo solo merito di
B&F se tutto questo è accaduto, ma già l’averlo previsto e averlo
stimolato dà soddisfazione. Io conservo peraltro il ritaglio di un commento
giornalistico al primo libro che pubblicai sull’argomento, nel 1988 (Analisi
tecnica di borsaIpsoa). L’articolo si intitolava “Lo yuppie con la sfera di
cristallo”. Sottotitolo: “Un ventitreenne guru sbarcato dagli Usa scrive un
libro di alchimie, ma le chiama analisi”. Capii subito che con i mass media
avrei sviluppato un feeling intenso.
SOPRATTUTTO PASSIONE
Borsa & Finanza è stata per me più una grande passione, che un
business vero e proprio. Anche se i risultati l’hanno poi resa un’eccellente
e redditizia impresa. Da qualche anno non ho peraltro avuto più il tempo a
disposizione per dedicarmici. E questo non è un bene né per me, che non amo
essere socio assente se controllo una società, né per la casa editrice stessa.
Che ha piena possibilità di svilupparsi, facendo crescere ulteriormente questo
giornale e chi vi lavora, ma merita attenzione piena da parte di un editore full
time. Personalmente, ho deciso che il mio sviluppo imprenditoriale e gli impegni
che mi sto assumendo non possano più consentirmi la partecipazione attiva nell’editoria
finanziaria. Ho deciso quindi di favorire l’ingresso di nuovi editori,
rappresentati da un gruppo di giornalisti molto noti per le posizioni che
occupano nei rispettivi giornali. Sono Osvaldo De Paolini, vicedirettore del
Giornale; Ugo Bertone de La Stampa; accompagnati da Eraldo Gaffino di Repubblica
e Guido Rivolta sempre del Giornale. Hanno formato una società, Mediassociati,
che assume quindi il controllo dell’editrice di Borsa & Finanza. Fra le
molte manifestazioni di interesse ricevute negli ultimi mesi, certamente questa
non era la migliore dal punto di vista economico. Anzi, forse era la peggiore.
Ma nel momento di staccarmi da un’impresa che ho fatto nascere il mio primario
pensiero è rivolto al suo futuro. Borsa & Finanza non va in mano a nessuno
dei maggiori e più ricchi pretendenti, bensì a un gruppo di giornalisti privi
di rapporti coi grandi potentati, e soprattutto privi di vincoli industriali che
ne impediscano la piena libertà nella conduzione di questo giornale. Una
condizione di indipendenza assoluta che questo giornale ha sempre vantato e
continuerà a vantare con i nuovi entrati. A loro il benvenuto, ad Alessandro
Secciani e al suo team un caloroso grazie per tutto ciò che hanno fatto. Un
lavoro eccezionale, che proseguirà anche con i nuovi editori, più che mai
intenzionati a valorizzare le risorse umane di questa testata.
DECISIONI SU FREEDOMLAND
La separazione da Borsa & Finanza giunge in un momento delicato
della mia vita imprenditoriale, ove sono chiamato a decisioni importanti
relativamente a un’altra società da me controllata, FreedomlandItn. Se
a B&F ho dato molto durante la fase di creazione, a quest’ultima ho dato
tutto ciò che una persona può dare. Tutto significa tutte le energie
possibili, fino allo stremo, allo stress insostenibile, all’insonnia. Tutto
significa tutte le risorse strutturali, finanziarie, umane disponibili. Tutto
significa vivere per due anni col solo pensiero e convinzione di portare al
successo un progetto utile per tanti, cercando di superare difficoltà
inenarrabili. Freedomland ha iniziato a parlare a inizio 1999 di ciò di cui
oggi tutti parlano: convergenza tra internet e televisore. Ha scoperto un
mercato, vi è entrata per prima, ha acquisito una leadership assoluta prima che
venisse totalmente paralizzata dai noti eventi. Altrove, sarebbe stata una
success history. Fatta e presieduta dal sottoscritto, già dal lontano libro
sull’analisi tecnica considerato e descritto come guru rampante o sata nico a
seconda del giornalista che scrive, è divenuta una horror story senza
precedenti, ma non certo per mancanza di business. Sulla stampa italiana si
continuano a leggere giudizi che hanno dell’inverosimile, che tanto mi
ricordano i commenti sarcastici sulle “sfere di cristallo” o sulle “catene
di S. Antonio” . Nel primo caso ci si riferiva all’analisi tecnica. Nel
secondo al network marketing, con il quale la rete vendita da me fondata, I@T,
è divenuta la più grande in Europa e ha acquisito oltre 1,5 milioni di clienti
per conto di Infostrada, Uni2, Mercedes, e altre primarie aziende in Italia e in
Europa. Qualcuno forse scriverà che sono clienti fantasmi e poi spiegherà ai
lettori come riescono comunque a consumare il 43% dei minuti di traffico
Infostrada, o guidare una buona parte di tutte le Mercedes Smart che circolano
in Italia (o consumare 25 milioni di minuti on line con Freedomland).
NUMERI E FATTI NON CONTANO
Poco importa. Numeri veri e fatti non contano, se si parla di mie
attività; conta invece chi la spara più grossa. Il primo premio spetta a chi
ha scritto in prima pagina «che si sa benissimo che sulla tv non si può vedere
Internet»; manderò la geniale sentenza agli utenti che hanno sfogliato sulla
loro Tv oltre 17 milioni di pagine dell’apposito portale Freedomland nel solo
ultimo mese: inutile che insistano, tanto non possono vederle. Il pregio
maggiore di Freedomland è proprio quello di avere creato un portale dedicato,
specifico per la Tv, unico al mondo. È costato tanto lavoro da fare impallidire
qualunque stakanovista. A un gruppo di persone, me incluso, è costato fra l’altro
mesi di chiusura totale in un “bunker” dove si lavorava non stop, dormendo
nei magazzini. So peraltro che chi ha scritto l’ennesima sentenza non ha mai
provato il servizio Freedomland, come del resto tutti coloro che hanno descritto
(bocciandola, ovvio) la sua tecnologia. Importata dalla Francia, ovvero da
quella NetGem, quotata in borsa e divenuta leader europea nella fornitura di set
top box per collegare la rete alla televisione. Il suo presidente, Jospeh
Addad, è regol a r m e n t e descritto come visionario; colossi come On
Digital e Sonera hanno scelto NetGem come partner tecnologico usando lo stesso
set top box usato da Freedomland, ma evidentemente il loro funziona e il nostro
no. Mistero.
OGNI TIPO DI SATIRA
Critiche, insulti, ironie, condanne. Non me la prendo con nessuno, altri
ben più importanti di me hanno subito la stessa sorte. Ed è un deja vu per
ogni tipo di nuova attività che ho avviato. La rivista “Millionaire” fu
oggetto di ogni tipo di satira giornalistica, dato il suo nome (ma come mi sono
permesso?!). Il fatto poi che fosse edita da un venticinquenne senza patentino
giornalistico aumentava l’ironia (che affronto!). Smisero di ridere quando
superò le 100 mila copie di diffusione (non l’avessi mai fatto!) Mi consolo
con la stampa estera, che scrive senza pregiudizi di sorta. Il Wall street
journal mi ha dedicato un ampio servizio rimproverandomi solo una cosa: vivere
da americano (ovvero infischiandomene del modus operandi tradizionale) in un
paese ove innovazione e trasgressione non fanno pari con accettazione; questa
settimana Business week ha un inserto titolato “etv” che descrive il boom
dell’interactive television in Europa (etv è anche il nome del servizio di
interactive television che Freedomnland stava lanciando a settembre prima di
essere fermata, ma è meglio non dirlo o l’intera industria potrebbe
crollare). In questi otto anni, come ben sa il lettore, non ho mai usato questo
giornale per promuovere i miei interessi o sostenere le mie idee. Non inizierò
a farlo proprio oggi, autodifendendo il mio operato in Freedomland. Per cui
stendo un velo più amareggiato che pietoso su fatti che il tempo, mi auguro,
potrà dimostrare nella loro realtà. Lascio che ognuno giudichi con la sua
testa cosa è veramente accaduto in Freedomland, sin dal momento della sua
quotazione. Quotazione curata, lo ricordo, da ben cinque banche, fra cui la
maggiore in Europa, che hanno valutato autonomamente e indipendentemente la
società, senza mai chiedere al sottoscritto anche la sola opinione (salvo a
decisione presa).
LA VERITÀ SI SAPRÀ
Valutazione eccessiva? Certo, a posteriori si può dire. Ma non si poteva
dirlo nel momento in cui Tiscali superava i 1.000 euro (oggi equivalenti a 100)
e tutte le .com venivano unanimemente ricercate e valutate in modo che oggi
appare assurdo. Clienti veri o fantasmi? La mia risposta è scontata. Prima
o poi, la verità si saprà. Me lo auguro, e non solo per me, ma per tutti
quelli che vogliono lavorare liberamente senza coprirsi le spalle di ingombranti
e p e s a n t i m a n t e l l i con colori e marchi di questo o q u e l
potentato. E soprattutto per coloro che non hanno intenzione di rinunciare alle
proprie idee per conformarsi ai cliché predefiniti. Mi rendo conto che operare
fuori dagli schemi significa pagare un prezzo. Se parli di analisi tecnica, di
network marketing, di web tv quando tutti parlano di altro, non puoi che
sembrare un marziano o, peggio, un venditore di fumo. Poco importa se poi i
fatti ti danno sempre ragione, nel lungo periodo. Chi ti giudica, ti giudica
sempre per quello che stai dicendo oggi, e se parli “strano” troverà ogni
modo per dimostrare che non ha senso quello che dici. Basta poco, per chi sa
scrivere, a distruggere l’immagine di qualcuno o di un’azienda. Ci sono
però persone che sono un po’ più forti delle parole, e credono talmente in
ciò che fanno da a n d a r e a v a n t i , anche quando non ne hanno più
alcuna convenienza personale.
IL FUTURO DELLA SOCIETÀ
Freedomland ha un futuro, questo è certo. E personalmente altro non
farò che favorirlo nuovamente, creando le condizioni perché il suo progetto si
possa realizzare, aprendo a nuovi partner. Ho già dichiarato e dimostrato zero
attaccamento per qualifiche, poltrone, ruoli operativi. Lascio volentieri ad
altri tutto questo, con piena soddisfazione di tutti. Fossi in cerca di cash, le
strade sarebbero molteplici e tutte sostanziose, visti i valori in gioco. Ma
giacché credo fermamente nella convergenza tra internet e televisione, la mia
disponibilità sarà totale verso chi ha credibilità e capacità per realizzare
una sfida certo difficile, ma altrettanto certamente possibile. I candidati sono
diversi, e molti estremamente seri. Strano a dirsi, ma il brutto anatroccolo ha
molti pretendenti dagli occhi azzurri e di nobile lignaggio. A differenza di
quanto si legge in giro, la maggior parte ha espresso desiderio di entrare in
Freedomland per proseguire il suo business, non per trasformarlo o per
agguantare il cash. Ma come potrebbe ammetterlo chi finora ha denigrato
Freedomland oltre ogni accettabile modo? Evidentemente, per chi ha avuto la
possibilità di vedere “dentro” Freedomland, la sorpresa positiva è stata
lo scoprire che c’era un business vero, da rimodellare come la stessa
Microsoft, leader della web tv, sta ora facendo, ma prospetticamente più che
valido. E ha scoperto un team di persone di competenze straordinarie, che hanno
realizzato in pochi mesi quello che altri big non sono ancora riusciti neanche a
fare partire. Chi entrerà in Freedomland dovrà mutare il modo in cui si
generano ricavi, riposizionare la proposta, fare insomma ciò che ormai quasi
tutte le aziende della new economy devono rapidamente fare. Ma gli
interventi di Bain Cuneo in questo senso hanno creato i presupposti perché ciò
possa avvenire rapidamente. Il patron di Cisco ha recentemente dichiarato che la
nuova sfida la vincerà chi saprà mutare più rapidamente business model, ma ha
un business vincente sul lungo periodo.
TUTTO RINNOVATO
Freedomland presto sarà pronta, con un rinnovato azionariato, rinnovato
business model e rinnovata credibilità. In un settore tra i più
promettenti di questa new economy che, partita su teorie deboli e spesso
sbagliate, premierà inevitabilmente chi saprà portare innovazione e al
contempo concretezza. Personalmente intendo dedicare i miei prossimi anni a
quella grande rete di persone che stanno portando il mondo hitech nelle case di
tutta Europa. Sono 30 mila persone che stanno creando un’impresa
straordinaria, unica nel suo genere. Ma intendo compartecipare silenziosamente e
non operativamente al futuro di una Nuova Freedomland, guidata da partner di
grande credibilità ed esperienza, giacché credo fermamente che questa società
saprà infine realizzare la sua mission e creare valore per tutti i suoi
azionisti. P e r l o m e n o per quelli che su un titolo i n v e s t o n o , non
scomm e t t o n o . Forse non sarà una Aol, rimasta per i primi anni in zona
fallimentare e seppellita da ogni critica (ma poi emersa vincitrice assoluta),
ma certo sarà protagonista di questa rivoluzione perché anche chi oggi non
vede o fa finta di non vedere aprirà infine gli occhi e scoprirà che sì, il
televisore è il mezzo più naturale, semplice e diffuso per sfruttare la
capacità della rete di offrire contenuti e servizi a tutta la popolazione. Con
serenità e rinnovata volontà di operare per ciò in cui credo, un grazie
sentito a tutti i lettori e alla redazione in particolare.
notizia letta su BORSA & FINANZA (preleva qui il file pdf 1.384Kb)
MILANO, 5 feb (Reuters) Freedomland ha ricevuto
undici manifestazioni di interesse ad entrare nel capitale della società. Lo scrive un comunicato.
Le manifestazioni di interesse saranno oggetto di esame nei
prossimi giorni per i necessari approfondimenti, aggiunge la nota.
Gennaio sul Nuovo Mercato non è stato un cattivo mese, soprattutto se
si pensa che si veniva da un periodo veramente nero e dove la depressione
sembrava, ormai ineliminabile. In testa il duo Vitaminic (+176,7%) e Freedomland
(104,7%) che rappresentano nel bene e nel male due imprese che si misurano con
business fortemente innovativi sia per tipologia di prodotto/servizio offerto
che per le caratteristiche del business model che incarnano. Come noto, dalle
sponde di Goa sono emerse più di una perplessità sulla tenuta delle due
imprese. Vendere musica online non è. allo stato attuale un business
remunerativo e niente lascia pensare che lo sarà. La sfida Napster a pagamento
sarà un ottimo banco di prova, ma che certo non dirà l'ultima parola sul
rapporto tra Vitaminic ed il pubblico dei navigatori italiani. Anche per
Freedomland ci sono forti perplessità che, nella migliore delle ipotesi,
possono riassumersi in un termine :precocità. Freedomland fa cose e le vende in
un modo che gli italiani impareranno ad amare tra qualche anno. Tuttavia, i
fatti dicono che allo stato attuale Freedomland non offre grande stabilità né
prospettive di crescita. Il mercato le ha, comunque, premiate nel mese scorso,
ma è chi ancora non è passato all'incasso, occhio perché potreste avere
brutte sorprese.
La De Agostini ha presentato una manifestazione di interesse per una quota del 10% di Freedomland. Il gruppo editoriale avrebbe depositato singolarmente a Piero Gnudi, ma i suoi legami con altre società interessate, fanno pensare alla preparazione di una cordata che punti all'intero capitale.
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