Rassegna Stampa 02/2001

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17/02/2001

BORSA & FINANZA

Ci trovavamo la notte a Paderno Dugnano

L’editore di questo giornale, nel momento in cui lascia la testata, racconta ai lettori sette anni di lavoro e di impegno. E dice la sua su Freedomland 

di Virgilio Degiovanni 

L’ appuntamento era all’una del mattino di ogni sabato, presso una viuzza poco illuminata alla periferia di Paderno Dugnano. Là ero solito ritrovarmi con un gruppo di persone che fanno un lavoro estenuante e solitario. Sono i trasportatori notturni dei giornali. Quelli che partono all’una o alle due di notte dai punti nevralgici delle grandi città e trasportano sui loro camion o camionette qualche bancale di quotidiani destinati alla città a loro assegnata. Viaggiano ogni notte, per ore e ore, con qualsiasi tempo. E quasi sempre arrivano in orario. A Paderno, verso l’una, si inizia a caricare. Arrivano i camion dagli stampatori e scaricano enormi quantità di bancali, con sopra tutti i quotidiani che fanno riferimento a Paderno. Nel giro di pochi minuti l’attività si fa frenetica, tutti si muovono rapidi, il nervosismo cresce all’istante e le parole scappano sovente tra chi carica e chi scarica, con l’inflessibile supervisore che dà il ritmo tra un improperio e l’altro. I camion devono essere scaricati rapidamente, le macchine devono partire puntuali o mancano le consegne. Dopo poche ore devono essere a destinazione, presso il centro di distribuzione locale. Là altri porteranno le mazzette a ogni singola edicola, entro le sei del mattino. Tardare vuole dire “saltare” e chi tarda resta a terra. Fra i vari camion, anche quello che p o r t a v a Borsa & Finanza, che per arrivare al s a b a t o m a t t i n a v i a g g i a con i quotidiani prendendo posto con loro. Non ci sono mai gli editori, a Paderno, tanto meno all’una di notte. D’altra parte, l’ambiente non è il più adatto per un editore in doppio petto e in fondo non è affatto necessaria la sua presenza. Per me è stato invece un luogo di ritrovo abituale, irrinunciabile, per i primi anni. Vedere arrivare il numero appena stampato, talvolta aiutare io stesso a caricarlo dando una mano ai trasportatori, o anche litigare col supervisore quando il camion arrivava in ritardo è stata un’esperienza indimenticabile. Un modo per vivere con questo giornale nel periodo più delicato, quello della sua nascita. 

NATO PICCOLO
Borsa & Finanza è nato piccolo, anzi piccolissimo, quasi sette anni fa. Cento milioni soltanto il capitale investito, neanche sufficienti a dotarsi di un vero ufficio. Eravamo in pochi a crederci, questo è certo. Io, Alessandro Secciani, che ha brillantemente diretto per anni “la macchina”, e qualche altro volenteroso che occupò una delle due stanze prese in affitto temporaneo presso un centro uffici. Di quelli che ti danno anche telefoni e scrivanie, così non si deve comprare nulla. I soldi servivano a pagare chi scriveva, carta e stampa, e i trasportatori. Qualche locandina a sostegno dei primi numeri e basta. Così è partito questo giornale. Dimenticavo, nessun giornalista a contratto, perché quelle erano cose “da grandi editori” che qui non ci si poteva permettere all’inizio. I contratti sono poi arrivati e anche la gratificazione professionale per un gruppo di redattori che è cresciuto in modo straordinario. Pochi soldi, zero struttura, ma le idee chiare su cosa fare. Un giornale che proseguisse un discorso iniziato con Borsa Sette, qualche anno prima. B7 fu il mio primo settimanale finanziario, che editai da sbarbatissimo ventiquattrenne qual ero all’inizio dell’89. Fu il primo a trattare di finanza operativa. Il giornale contribuì in modo decisivo a diffondere l’uso di grafici e analisi, allora semisconosciuti, ma richiedeva soldi che non avevo. Cedetti la maggioranza poco dopo la sua nascita per l’impossibilità assoluta di finanziarne anche la sola stampa. Pensavo, ingenuamente, che gente più esperta e con più risorse finanziarie non potesse che portarlo al successo, valorizzando la mia quota. Mal mi colse, quando vidi il nuovo editore chiudere il giornale anziché svilupparlo. A volte ci si dimentica che una testata innovativa non può essere portata al successo da chi ha sempre pensato e lavorato con schemi tradizionali. Una lezione che tengo bene a memoria, in questi tempi.

UN’IDEA NUOVA
La nascita di Borsa & Finanza è stata sofferta e la si deve soprattutto al team di persone che ci ha creduto, lavorandovi in condizioni francamente di m a s s i m o d i s a g i o . L’idea di fondo era all’inizio un po’ troppo anticipatoria. Portare ai lettori informazione operativa di borsa. Ovvero incentrata sui numeri, sui trend, sugli indicatori, piuttosto che sulle news o sui rumor. Un’informazione privata dei consueti giudizi o ego degli articolisti, bensì densa di opinioni, previsioni e idee degli stessi operatori del mercato, intervistati su ogni possibile argomento. Nella convinzione che siano gli stessi a rappresentare il mercato e il suo sentiment, e i giornalisti mai dovrebbero sostituirvisi. Un giornale di “non notizie” pareva all’inizio destinato a chiudere presto. Le vendite iniziali d’altra parte erano ben scarse: dalle 6 mila alle 8 mila copie, non sufficienti a quadrare i conti. Il tempo ha però dato ragione all’intuizione. Poco alla volta, passo dopo passo, senza alcun supporto finanziario esterno, Borsa & Finanza è cresciuta fino a superare le 40 mila copie di diffusione settimanale (con punte ben oltre 60 mila). E qualche miliardo di pubblicità, al netto di tutte le pagine perse per inserzionisti offesi da articoli poco riverenti. Sono cifre da “piccolo, grande giornale”. Che hanno permesso di portare in utile i bilanci dal terzo anno in avanti, di dare un contratto giornalistico a tanti praticanti (oggi in piena carriera) che in Borsa & Fi n a n z a h a n n o mosso i p r i m i passi, e di moltip l i c a r e per 100 (cento) il valore dell ’ i n v e s t i mento in sette anni. E fra questi risultati spicca quanto questo giornale è riuscito a fare per divulgare l’analisi tecnica, ospitando e d i v u l g a n d o idee, teorie e sistemi dei più noti analisti. Oggi non vi è giornale che non riporti commenti di analisi tecnica o faccia addirittura supplementi; supporti, resistenze, medie mobili e trendline sono entrati nel gergo comune; gli operatori hanno i monitor pieni di grafici multicolori e migliaia di piccoli investitori sono ormai esperti. Non è certo solo merito di B&F se tutto questo è accaduto, ma già l’averlo previsto e averlo stimolato dà soddisfazione. Io conservo peraltro il ritaglio di un commento giornalistico al primo libro che pubblicai sull’argomento, nel 1988 (Analisi tecnica di borsaIpsoa). L’articolo si intitolava “Lo yuppie con la sfera di cristallo”. Sottotitolo: “Un ventitreenne guru sbarcato dagli Usa scrive un libro di alchimie, ma le chiama analisi”. Capii subito che con i mass media avrei sviluppato un feeling intenso.

SOPRATTUTTO PASSIONE
Borsa & Finanza è stata per me più una grande passione, che un business vero e proprio. Anche se i risultati l’hanno poi resa un’eccellente e redditizia impresa. Da qualche anno non ho peraltro avuto più il tempo a disposizione per dedicarmici. E questo non è un bene né per me, che non amo essere socio assente se controllo una società, né per la casa editrice stessa. Che ha piena possibilità di svilupparsi, facendo crescere ulteriormente questo giornale e chi vi lavora, ma merita attenzione piena da parte di un editore full time. Personalmente, ho deciso che il mio sviluppo imprenditoriale e gli impegni che mi sto assumendo non possano più consentirmi la partecipazione attiva nell’editoria finanziaria. Ho deciso quindi di favorire l’ingresso di nuovi editori, rappresentati da un gruppo di giornalisti molto noti per le posizioni che occupano nei rispettivi giornali. Sono Osvaldo De Paolini, vicedirettore del Giornale; Ugo Bertone de La Stampa; accompagnati da Eraldo Gaffino di Repubblica e Guido Rivolta sempre del Giornale. Hanno formato una società, Mediassociati, che assume quindi il controllo dell’editrice di Borsa & Finanza. Fra le molte manifestazioni di interesse ricevute negli ultimi mesi, certamente questa non era la migliore dal punto di vista economico. Anzi, forse era la peggiore. Ma nel momento di staccarmi da un’impresa che ho fatto nascere il mio primario pensiero è rivolto al suo futuro. Borsa & Finanza non va in mano a nessuno dei maggiori e più ricchi pretendenti, bensì a un gruppo di giornalisti privi di rapporti coi grandi potentati, e soprattutto privi di vincoli industriali che ne impediscano la piena libertà nella conduzione di questo giornale. Una condizione di indipendenza assoluta che questo giornale ha sempre vantato e continuerà a vantare con i nuovi entrati. A loro il benvenuto, ad Alessandro Secciani e al suo team un caloroso grazie per tutto ciò che hanno fatto. Un lavoro eccezionale, che proseguirà anche con i nuovi editori, più che mai intenzionati a valorizzare le risorse umane di questa testata. 

DECISIONI SU FREEDOMLAND
La separazione da Borsa & Finanza giunge in un momento delicato della mia vita imprenditoriale, ove sono chiamato a decisioni importanti relativamente a un’altra società da me controllata, FreedomlandItn. Se a B&F ho dato molto durante la fase di creazione, a quest’ultima ho dato tutto ciò che una persona può dare. Tutto significa tutte le energie possibili, fino allo stremo, allo stress insostenibile, all’insonnia. Tutto significa tutte le risorse strutturali, finanziarie, umane disponibili. Tutto significa vivere per due anni col solo pensiero e convinzione di portare al successo un progetto utile per tanti, cercando di superare difficoltà inenarrabili. Freedomland ha iniziato a parlare a inizio 1999 di ciò di cui oggi tutti parlano: convergenza tra internet e televisore. Ha scoperto un mercato, vi è entrata per prima, ha acquisito una leadership assoluta prima che venisse totalmente paralizzata dai noti eventi. Altrove, sarebbe stata una success history. Fatta e presieduta dal sottoscritto, già dal lontano libro sull’analisi tecnica considerato e descritto come guru rampante o sata nico a seconda del giornalista che scrive, è divenuta una horror story senza precedenti, ma non certo per mancanza di business. Sulla stampa italiana si continuano a leggere giudizi che hanno dell’inverosimile, che tanto mi ricordano i commenti sarcastici sulle “sfere di cristallo” o sulle “catene di S. Antonio” . Nel primo caso ci si riferiva all’analisi tecnica. Nel secondo al network marketing, con il quale la rete vendita da me fondata, I@T, è divenuta la più grande in Europa e ha acquisito oltre 1,5 milioni di clienti per conto di Infostrada, Uni2, Mercedes, e altre primarie aziende in Italia e in Europa. Qualcuno forse scriverà che sono clienti fantasmi e poi spiegherà ai lettori come riescono comunque a consumare il 43% dei minuti di traffico Infostrada, o guidare una buona parte di tutte le Mercedes Smart che circolano in Italia (o consumare 25 milioni di minuti on line con Freedomland). 

NUMERI E FATTI NON CONTANO
Poco importa. Numeri veri e fatti non contano, se si parla di mie attività; conta invece chi la spara più grossa. Il primo premio spetta a chi ha scritto in prima pagina «che si sa benissimo che sulla tv non si può vedere Internet»; manderò la geniale sentenza agli utenti che hanno sfogliato sulla loro Tv oltre 17 milioni di pagine dell’apposito portale Freedomland nel solo ultimo mese: inutile che insistano, tanto non possono vederle. Il pregio maggiore di Freedomland è proprio quello di avere creato un portale dedicato, specifico per la Tv, unico al mondo. È costato tanto lavoro da fare impallidire qualunque stakanovista. A un gruppo di persone, me incluso, è costato fra l’altro mesi di chiusura totale in un “bunker” dove si lavorava non stop, dormendo nei magazzini. So peraltro che chi ha scritto l’ennesima sentenza non ha mai provato il servizio Freedomland, come del resto tutti coloro che hanno descritto (bocciandola, ovvio) la sua tecnologia. Importata dalla Francia, ovvero da quella NetGem, quotata in borsa e divenuta leader europea nella fornitura di set top box per collegare la rete alla televisione. Il suo presidente, Jospeh Addad, è regol a r m e n t e descritto come visionario; colossi come On Digital e Sonera hanno scelto NetGem come partner tecnologico usando lo stesso set top box usato da Freedomland, ma evidentemente il loro funziona e il nostro no. Mistero.

OGNI TIPO DI SATIRA
Critiche, insulti, ironie, condanne. Non me la prendo con nessuno, altri ben più importanti di me hanno subito la stessa sorte. Ed è un deja vu per ogni tipo di nuova attività che ho avviato. La rivista “Millionaire” fu oggetto di ogni tipo di satira giornalistica, dato il suo nome (ma come mi sono permesso?!). Il fatto poi che fosse edita da un venticinquenne senza patentino giornalistico aumentava l’ironia (che affronto!). Smisero di ridere quando superò le 100 mila copie di diffusione (non l’avessi mai fatto!) Mi consolo con la stampa estera, che scrive senza pregiudizi di sorta. Il Wall street journal mi ha dedicato un ampio servizio rimproverandomi solo una cosa: vivere da americano (ovvero infischiandomene del modus operandi tradizionale) in un paese ove innovazione e trasgressione non fanno pari con accettazione; questa settimana Business week ha un inserto titolato “etv” che descrive il boom dell’interactive television in Europa (etv è anche il nome del servizio di interactive television che Freedomnland stava lanciando a settembre prima di essere fermata, ma è meglio non dirlo o l’intera industria potrebbe crollare). In questi otto anni, come ben sa il lettore, non ho mai usato questo giornale per promuovere i miei interessi o sostenere le mie idee. Non inizierò a farlo proprio oggi, autodifendendo il mio operato in Freedomland. Per cui stendo un velo più amareggiato che pietoso su fatti che il tempo, mi auguro, potrà dimostrare nella loro realtà. Lascio che ognuno giudichi con la sua testa cosa è veramente accaduto in Freedomland, sin dal momento della sua quotazione. Quotazione curata, lo ricordo, da ben cinque banche, fra cui la maggiore in Europa, che hanno valutato autonomamente e indipendentemente la società, senza mai chiedere al sottoscritto anche la sola opinione (salvo a decisione presa).

LA VERITÀ SI SAPRÀ
Valutazione eccessiva? Certo, a posteriori si può dire. Ma non si poteva dirlo nel momento in cui Tiscali superava i 1.000 euro (oggi equivalenti a 100) e tutte le .com venivano unanimemente ricercate e valutate in modo che oggi appare assurdo
. Clienti veri o fantasmi? La mia risposta è scontata. Prima o poi, la verità si saprà. Me lo auguro, e non solo per me, ma per tutti quelli che vogliono lavorare liberamente senza coprirsi le spalle di ingombranti e p e s a n t i m a n t e l l i con colori e marchi di questo o q u e l potentato. E soprattutto per coloro che non hanno intenzione di rinunciare alle proprie idee per conformarsi ai cliché predefiniti. Mi rendo conto che operare fuori dagli schemi significa pagare un prezzo. Se parli di analisi tecnica, di network marketing, di web tv quando tutti parlano di altro, non puoi che sembrare un marziano o, peggio, un venditore di fumo. Poco importa se poi i fatti ti danno sempre ragione, nel lungo periodo. Chi ti giudica, ti giudica sempre per quello che stai dicendo oggi, e se parli “strano” troverà ogni modo per dimostrare che non ha senso quello che dici. Basta poco, per chi sa scrivere, a distruggere l’immagine di qualcuno o di un’azienda. Ci sono però persone che sono un po’ più forti delle parole, e credono talmente in ciò che fanno da a n d a r e a v a n t i , anche quando non ne hanno più alcuna convenienza personale.

IL FUTURO DELLA SOCIETÀ
Freedomland ha un futuro, questo è certo. E personalmente altro non farò che favorirlo nuovamente, creando le condizioni perché il suo progetto si possa realizzare, aprendo a nuovi partner. Ho già dichiarato e dimostrato zero attaccamento per qualifiche, poltrone, ruoli operativi. Lascio volentieri ad altri tutto questo, con piena soddisfazione di tutti. Fossi in cerca di cash, le strade sarebbero molteplici e tutte sostanziose, visti i valori in gioco. Ma giacché credo fermamente nella convergenza tra internet e televisione, la mia disponibilità sarà totale verso chi ha credibilità e capacità per realizzare una sfida certo difficile, ma altrettanto certamente possibile. I candidati sono diversi, e molti estremamente seri. Strano a dirsi, ma il brutto anatroccolo ha molti pretendenti dagli occhi azzurri e di nobile lignaggio. A differenza di quanto si legge in giro, la maggior parte ha espresso desiderio di entrare in Freedomland per proseguire il suo business, non per trasformarlo o per agguantare il cash. Ma come potrebbe ammetterlo chi finora ha denigrato Freedomland oltre ogni accettabile modo? Evidentemente, per chi ha avuto la possibilità di vedere “dentro” Freedomland, la sorpresa positiva è stata lo scoprire che c’era un business vero, da rimodellare come la stessa Microsoft, leader della web tv, sta ora facendo, ma prospetticamente più che valido. E ha scoperto un team di persone di competenze straordinarie, che hanno realizzato in pochi mesi quello che altri big non sono ancora riusciti neanche a fare partire. Chi entrerà in Freedomland dovrà mutare il modo in cui si generano ricavi, riposizionare la proposta, fare insomma ciò che ormai quasi tutte le aziende della new economy devono rapidamente fare. Ma gli interventi di Bain Cuneo in questo senso hanno creato i presupposti perché ciò possa avvenire rapidamente. Il patron di Cisco ha recentemente dichiarato che la nuova sfida la vincerà chi saprà mutare più rapidamente business model, ma ha un business vincente sul lungo periodo. 

TUTTO RINNOVATO
Freedomland presto sarà pronta, con un rinnovato azionariato, rinnovato business model e rinnovata credibilità.
In un settore tra i più promettenti di questa new economy che, partita su teorie deboli e spesso sbagliate, premierà inevitabilmente chi saprà portare innovazione e al contempo concretezza. Personalmente intendo dedicare i miei prossimi anni a quella grande rete di persone che stanno portando il mondo hitech nelle case di tutta Europa. Sono 30 mila persone che stanno creando un’impresa straordinaria, unica nel suo genere. Ma intendo compartecipare silenziosamente e non operativamente al futuro di una Nuova Freedomland, guidata da partner di grande credibilità ed esperienza, giacché credo fermamente che questa società saprà infine realizzare la sua mission e creare valore per tutti i suoi azionisti. P e r l o m e n o per quelli che su un titolo i n v e s t o n o , non scomm e t t o n o . Forse non sarà una Aol, rimasta per i primi anni in zona fallimentare e seppellita da ogni critica (ma poi emersa vincitrice assoluta), ma certo sarà protagonista di questa rivoluzione perché anche chi oggi non vede o fa finta di non vedere aprirà infine gli occhi e scoprirà che sì, il televisore è il mezzo più naturale, semplice e diffuso per sfruttare la capacità della rete di offrire contenuti e servizi a tutta la popolazione. Con serenità e rinnovata volontà di operare per ciò in cui credo, un grazie sentito a tutti i lettori e alla redazione in particolare. 

 

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07/02/2001

Pubblico & Privato

L’idealista realizza l’impossibile, lo speculatore lo distrugge


di FRANCESCO ALBERONI

 
Nel film La scoperta del Paradiso di Ridley Scott, Cristoforo Colombo vecchio, sconfitto, incontra il Grande tesoriere che lo rimprovera di essere un sognatore, un idealista. Allora il navigatore gli mostra la città, i palazzi, le guglie svettanti verso il cielo e gli domanda cosa vede. «La civiltà» risponde l’altro. «Ebbene - conclude Colombo - tutto questo è stato creato da idealisti come me». In questi ultimi tempi ho incontrato molta gente pratica, ambiziosa, capace di astute operazioni finanziarie o di abili manovre per aumentare il proprio spazio di potere. E, più di una volta, ho chiesto loro perché lo fanno, quale è il significato ultimo della loro azione. Mi sono accorto che, di solito, non capiscono nemmeno la domanda. Perché voglio diventare professore universitario? Ma è ovvio, perché ci tengo, per realizzarmi, per sentirmi chiamare professore, per avere prestigio. E per motivi analoghi voglio diventare presidente, ministro, rettore o senatore, o sindaco. Solo in pochissime persone ho percepito che quella meta, quel titolo, era solo lo strumento per uno scopo più alto, per realizzare una finalità più importante, una missione, una vocazione, un sogno, una visione. Le persone che si muovono per amore della ricchezza e del prestigio personale possono raggiungere risultati importanti. Però solo chi è mosso da una visione può fare ciò che gli altri non riescono nemmeno a pensare, nemmeno a immaginare e che giudicano una follia o una sciocchezza.
Quasi tutti ritengono Cristoforo Colombo un abile navigatore che voleva raggiungere la Cina per arricchirsi e diventare Grande ammiraglio del Mare Oceano. In realtà Colombo aveva una visione religiosa del suo compito. Infatti scriveva «Dio ha fatto di me il messaggero dei nuovi cieli e della nuova terra di cui Egli parlò nell’ Apocalisse di San Giovanni, dopo aver parlato di ciò attraverso la bocca di Isaia; ed Egli mi ha indicato il luogo in cui trovarla». E Isacco Newton, il creatore della fisica e della astronomia moderna, era, oltre che un grandissimo scienziato, anche un mistico e un alchimista che cercava nel cielo e nella natura il misterioso piano di Dio.
Gli uomini e le donne che hanno questo tipo di visione sono completamente diversi dagli ideologi e dai fanatici che vogliono imporre al mondo il loro credo o il loro regime politico. Essi non vogliono dominare, vogliono servire. Vogliono far sbocciare nuove possibilità, aprire strade che nessuno riesce ancora a immaginare perché legato alle abitudini, agli interessi quotidiani. Per questo le loro motivazioni non vengono capite e devono avanzare fra incomprensione e ostacoli. Finché non hanno vinto, finché non hanno dimostrato che si poteva fare l’impossibile, raggiungere l’irraggiungibile.
Allora, quando tutti hanno capito, si compie l’ultimo atto della tragedia. Ora che il risultato è a disposizione di ognuno, la gente lo considera un fatto naturale, e si comporta come se ci fosse sempre stato. Arrivano i saccheggiatori, i profittatori, i burocrati. Le stesse persone che avevano ostacolato lo scopritore, adesso si gettano sul risultato, se ne impadroniscono, se ne attribuiscono il merito, si spartiscono cariche e guadagni. E poiché non hanno mai capito lo spirito dell’opera e il misterioso disegno che la teneva in vita, con la loro avidità e incompetenza in pochi anni la mandano in rovina.

 

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Lunedì 5 Febbraio 2001, 20:00
Freedomland, pervenute 11 manifestazioni interesse

MILANO, 5 feb (Reuters)  Freedomland ha ricevuto undici manifestazioni di interesse ad entrare nel capitale della società. Lo scrive un comunicato.
Le manifestazioni di interesse saranno oggetto di esame nei prossimi giorni per i necessari approfondimenti, aggiunge la nota.


Domenica 4 Febbraio 2001, 7:57
Vitaminic e Freedomland, campioni di gennaio

Gennaio sul Nuovo Mercato non è stato un cattivo mese, soprattutto se si pensa che si veniva da un periodo veramente nero e dove la depressione sembrava, ormai ineliminabile. In testa il duo Vitaminic (+176,7%) e Freedomland (104,7%) che rappresentano nel bene e nel male due imprese che si misurano con business fortemente innovativi sia per tipologia di prodotto/servizio offerto che per le caratteristiche del business model che incarnano. Come noto, dalle sponde di Goa sono emerse più di una perplessità sulla tenuta delle due imprese. Vendere musica online non è. allo stato attuale un business remunerativo e niente lascia pensare che lo sarà. La sfida Napster a pagamento sarà un ottimo banco di prova, ma che certo non dirà l'ultima parola sul rapporto tra Vitaminic ed il pubblico dei navigatori italiani. Anche per Freedomland ci sono forti perplessità che, nella migliore delle ipotesi, possono riassumersi in un termine :precocità. Freedomland fa cose e le vende in un modo che gli italiani impareranno ad amare tra qualche anno. Tuttavia, i fatti dicono che allo stato attuale Freedomland non offre grande stabilità né prospettive di crescita. Il mercato le ha, comunque, premiate nel mese scorso, ma è chi ancora non è passato all'incasso, occhio perché potreste avere brutte sorprese.

Venerdì 2 Febbraio 2001, 8:24
De Agostini, vuole il 10% di Freedomland

La De Agostini ha presentato una manifestazione di interesse per una quota del 10% di Freedomland. Il gruppo editoriale avrebbe depositato singolarmente a Piero Gnudi, ma i suoi legami con altre società interessate, fanno pensare alla preparazione di una cordata che punti all'intero capitale.

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