La psicoanalisi e la ricerca della verità

La prima grande scoperta della psicoanalisi è, senza dubbio alcuno, quella della verità del soggetto, non una singola verità assoluta e incontrovertibile, valida per tutti, per ora e per sempre, ma la verità dell'individuo. Questo in definitiva è il vero oggetto d'indagine della psicanalisi, essa è dunque scienza, in quanto si serve di un metodo universale estensibile a tutti, ammesso che quei tutti ne diano il consenso, ma allo stesso tempo scienza diversa dalle altre, perché non è alla ricerca di un'universale, di un assoluto, di una verità fissa e immobile, bensì di una verità complessa e mutevole che ognuno ha il compito di cercare dentro se stesso, e non esiste nessuno che possa farlo meglio di un altro o al posto di un altro. Non per questo la verità soggettiva che indaga la psicoanalisi è priva di senso e di dignità e proprio per questo essa è anche immensamente più libera delle altre scienze dal loro pregiudizio di fondo. Esse, infatti, per quanto dovrebbero essere  semplici strumenti a servizio della crescita dell'uomo, perché è lui in definitiva che le muove, finiscono per diventarne fini e sembra che piuttosto lo facciano scomparire, s'illudono di volerlo superare a tutti i costi e alla fine lo azzerano, lo cancellano, spesso lo mutilano. Non si tiene in debito conto che sono proprio essi i soggetti che muovono l'indagine, com'è possibile, dunque, che i risultati raggiunti siano in assoluto oggettivi, se colui che li agisce è un soggetto, nulla può fare un soggetto che non sia anche soggettivo, è falso e ipocrita sostenere il contrario, non esiste in nessun luogo una realtà separata in soggetto e oggetto, ma gli scienziati sembra quasi che in nome della loro scienza possano tutto, anche rendere reali quelle astrazioni che avvengono nella loro mente, perché essi mirano a ciò che è superiore. Allora io mi chiedo, se è vero che il pensiero è qualcosa dell'uomo, come si può pretendere di arrivare alla conoscenza di verità che sarebbero fuori di lui, perché a lui superiori? in definitiva chi è che ha il diritto di decidere dov'è il superiore, il più grande dell'uomo, l'altro con la a maiuscola e di proclamare di possederne la conoscenza o solo di poterci arrivare? è quasi come se le scienze preferissero indagare su ciò che non è, o meglio su ciò che è una proiezione dell'essere, piuttosto che su ciò che solo e veramente è e che spesso si preferisce far finta che non sia. Una grande intuizione Freud ha avuto il coraggio di avere, fatta di tanta umiltà e buon senso, la realtà, per quante parole possiamo usare, per quante cose possiamo agire, resta pur sempre e anche un fatto soggettivo e l'oggettività tanto decantata dalle scienze non è che un aspetto di questa soggettività, il suo rovescio di medaglia o meglio di cannocchiale, come più piace chiamarla. Quella soggettività che noi sentiamo come tanto pericolosa e imprigionante, non è poi tanto lontana dalle scienze, ma è solo forse un po' più scomoda e nessuno osa chiedersi il perché. E dobbiamo imparare a vedere che anche nella soggettività ci può essere la verità o meglio c'è la  verità e tutte quelle cose che ci fa più comodo vedere altrove o forse, semplicemente, ci è più facile vedere fuori. Riconoscere queste cose, prima di tutto con se stessi, potrebbe portare ad essere tutti tanto più tolleranti verso molte cose ed evitare che si consumino tante ingiustizie sotterranee, tanti assassini quotidiani, normalmente taciuti e nascosti a se stessi, perché tanto scontati e soggettivi, a cominciare da quello più grave e primo ad essere consumato del proprio Se. In definitiva ciò che Freud ci ha dato, non è una verità, ma un metodo di ricerca delle verità e di conoscenza di noi stessi, tutto grazie al suo enorme spirito di osservazione e al suo forte senso di umiltà. Non capisco dunque il punto di vista di coloro che lo contraddicono, in quanto, se così stanno le cose, egli non pretendeva di dire nulla che potesse valere come verità assoluta, il criterio della messa in discussione perenne, è ciò che prima di tutto muove tutta l'osservazione di Freud stesso, esso è l'unica verità che solo vale sempre in tutta la sua ricerca, dunque che senso ha mettere in discussione qualcosa che già di per se ha come presupposto la messa in discussione continua dell'individuo, non è che forse è un modo ulteriore di difendersi dalla paura di questa messa in discussione, che parte prima di tutto da se stessi. Fermiamoci un attimo a riflettere in definitiva su questo, com'è sempre e più facile mettere in discussione ciò che è altro da noi, ciò che sta fuori, perché tanto poco ci tocca veramente, ma alla fine così non aggiungiamo mai nulla a noi stessi, perché stiamo parlando sempre di verità che stanno fuori di noi e non abbiamo mai il coraggio di fare il passo definitivo per riprendercele. E' vero la ricerca di cui parla Freud è immensamente più dura e più faticosa, perché passa attraverso di noi, attraverso la consapevolezza che tutto ciò che c'interessa fuori è sempre e continuamente in relazione anche al dentro, che noi abbiamo o meno il coraggio di coscientizzarlo, ma alla fine non certo ci lascia vuoti, perché ci permette di ritrovare ciò che è dentro noi stessi nelle sue relazioni o meglio nella sua unità col fuori, ci colma di un vuoto che è continuamente in grado di ricreare se stesso e allo stesso tempo di riempirsi.



Emilia Pacelli

Un'analisi attenta e dettagliata della verità seguendo il pensiero freudiano

Sigmund Freud il padre della moderna psicoanalisi

"Io mi chiedo, se è vero che il pensiero è qualcosa dell'uomo, come si può pretendere di arrivare alla conoscenza di verità che sarebbero fuori di lui, perché a lui superiori?"

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