CHAT

Consentitemi alcune riflessioni sulle chat dal punto di vista della scrittura. Ovviamente mi riferisco a situazioni in cui sia presente qualcosa da comunicare. Deliri intorno alla Juventus, genitali vari o riti satanici, anche se talvolta possono risultare divertenti, non rientrano nel ragionamento che vorrei proporre. Le statistiche confermano il livello culturalmente medio- alto dei chattatori, i quali hanno soprattutto un'età compresa tra i trenta ed i quarant'anni. Spesso sono singles. A proposito, diciamocela tutta: si chatta per cuccare. Donne e uomini. Sgombrato il campo da equivoci (ma esistevano), e limitata la zona d'indagine, vorrei considerare le chat non solo in termini di comunicazione, ma come forma di scrittura. La comunicazione è prevalentemente trasmissione d'informazioni. Al telefono ad esempio, non ci si preoccupa della forma espressiva, le parole non sono nè ricercate nè cercate, tutto è in funzione della chiarezza delle informazioni. Il linguaggio parlato è veloce, immediato, diretto. E naturalmente, implica la presenza di un interlocutore del quale spesso conosciamo la personalità. Quest'ultima si rivela poi chiaramente nel momento in cui il nostro interlocutore ci è davanti. Le parole in questo caso possono disperdere un poco della propria forza in quella comunicazione "non verbale" (tono della voce, rossori, sguardi laterali, movimenti della testa, delle braccia) che si muove parallela alla voce. Allora ecco che le parole del nostro interlocutore possono essere contraddette da un brusca contrazione della bocca, da uno sguardo che fugge lontano. Insomma poche possibilità d'equivocare, d'immaginare significati diversi della parola.
E nelle chat?
Qui la parola può emergere limpida e in tutta la sua forza evocativa, d'immaginazione. Il nostro interlocutore è quasi sempre un emerito sconosciuto, di cui non conosciamo nemmeno la voce, ci può raccontare una bella storia, magari non vera. Non possiamo collocarlo in un preciso ambiente. Abbiamo a disposizione solamente le sue parole con tutte le loro possibili sfumature. La ricostruzione della sua personalità, delle sue caratteristiche fisiche, è lasciata alla nostra esperienza e fantasia. Direi che questi sono processi mentali che si scatenano quando leggiamo un romanzo o un racconto e vogliamo immaginare un certo personaggio. Ovviamente chi comunica in chat non adopera gli strumenti linguistici dello scrittore (stile, ritmi e toni narrativi, figure retoriche), ma il risultato in ogni caso tende al rapporto esclusivo di un lettore nei confronti del libro che sta leggendo. Bello o brutto che sia. Dalla schermata del monitor, colano emozioni, passioni. Chi non ha creduto di innamorarsi in chat? La colpa, se di colpa si può parlare, è esclusivamente delle parole. Possiamo usare un mouse al posto di una penna, il modem invece del francobollo ma il potere evocativo delle parole è sempre il medesimo. Trovo sia questo l'aspetto più interessante e stimolante delle chat.
. Lo stile epistolare dato per disperso nei romanzi moderni prima, e successivamente nelle corrispondenze per lettera, può riemergere nelle chat (e perchè no, nei fulminanti messaggi SMS dei cellulari).
Ovviamente in uno stile riveduto e (s)corretto. Ho l'impressione che nella comunicazione in chat sia indispensabile, la sintesi. Questo è forse uno dei pochi punti di contatto tra la scrittura in chat e l'arte della scrittura. Frasi secche, tutte principali o con poche subordinate: costruzione paratattica. Poche descrizioni. Solo fatti ed accadimenti nei quali i personaggi (i partecipanti alla chat) affiorano con caratterizzazioni nette. E questa è la grande tradizione della letteratura americana. Da F.Scott Fitgerald a Hemingway, Faulkner fino a B. Easton Ellis. Certo il paragone è forte, paradossale.
Da semplice lettore di narrativa, ed approfittando dall'opportunità qui cortesemente concessa, mi permetto di presentarla. Ecco, quando partecipo ad una chat, ho la sensazione di sfogliare un libro scritto male, e del quale sono anche protagonista. Questo libro mi scatena delle sensazioni nonostante il verbo avere stravolto, i congiuntivi sconosciuti, le consecutio temporum impossibili. Le chat, di là da queste personali considerazioni, possono evidenziare le nostre lacune grammaticali. Sarebbe già un bel risultato esserne consci. Infatti scrivendo in chat, succede di accorgersi con sorpresa di non saper collocare esattamente le doppie o gli accenti in un termine, notare che quella parola non dice esattamente ciò che vogliamo esprimere, di comprendere il senso della punteggiatura.
Ancora una cosa. Il "libro" delle chat deve rimanare chiuso. Mi spiego: mai incontrare realmente il o la cooprotagonista delle nostre performance pseudo letterarie. Tutto quel convoglio di parole potrebbero deragliare dal loro mondo evocativo, fantastico nel quale abbiamo caricato tutte le nostre aspettative e scontrarsi con aspetti molto più convenzionali. Qualcosa di analogo succede quando un  testo narrativo viene tradotto sulla pellicola. Immaginavamo i personaggi di un romanzo associandoli a  volti che ci fluttuavano nella memoria . Rivedere tali volti con le fattezze belle ed impersonali degli attori, sposta il significato che avevamo attribuito al romanzo stesso. Una delusione. Un'altra considerazione, l'ultima. Si parla sempre più velocemente, i concetti volano, diventando leggeri ed alla fine inconsistenti. Perchè non adoperare anche in chat i ritmi  misurati della scrittura?

Stefano Reggio

"Possiamo usare un mouse al posto di una penna, il modem invece del francobollo ma il potere evocativo delle parole è sempre il medesimo. Trovo sia questo l'aspetto più interessante e stimolante delle chat."

"Nelle Chat, la parola può emergere limpida e in tutta la sua forza evocativa, d'immaginazione. Il nostro interlocutore è quasi sempre un emerito sconosciuto, di cui non conosciamo nemmeno la voce"

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