Aids ed emarginazione: Due mali incurabili?

Ricollegandomi in qualche modo a quanto scritto da Filippo Masi nel suo articolo "Questa insostenibile insofferenza dell'essere", non ho potuto fare a meno di constatare come nel corso della storia, sia recente che remota dell'uomo, vi siano stati diversi casi di malattie epidemiche che hanno spinto la maggioranza degli individui ad assumere atteggiamenti molto simili al razzismo. Basti pensare al colera, alla peste, alla lebbra o al tifo, solo per citarne alcune tra le più drammaticamente note. Queste malattie hanno di volta in volta assunto nomi, e presentato sintomatologie diverse, ma in effetti tutte avevano lo stesso comune denominatore, erano di tipo infettivo, ed erano letali. Anche la reazione del genere umano, al cospetto di questi mali oscuri, è sempre stata la stessa, indipendentemente dall'epoca in cui essi si sono manifestati: evitare qualsiasi tipo di contatto con gli ammorbati. A questo preciso scopo venivano istituiti i Lazzaretti, in cui essi venivano relegati ed ammassati come bestie, e la morte diveniva ben presto per loro l'unica speranza di salvezza. Mentre il fuoco rappresentava uno dei pochi rimedi efficaci per poter circoscrivere il diffondersi del contagio. Le case, i vestiti, come gli stessi corpi degli ammorbati dopo la morte, venivano quindi dati alle fiamme. Non dimentichiamoci comunque, che parliamo di tempi in cui la conoscenza medica si basava più sulle dicerie e la superstizione che sulla scienza vera e propria, scienza che del resto era in possesso di ben poche conoscenze e di altrettanto pochi, ed in questo caso inefficaci, rimedi per tentare di circoscrivere simili contagi. In epoche in cui, invece, la religione finiva spesso per sfociare nel fanatismo, si arrivava persino a considerare l'epidemia come un castigo divino, ed in questa prospettiva la realtà cambiava totalmente aspetto, in quanto l'ammorbato non veniva più considerato la vittima del virus, ma diveniva colui che riceveva il giusto castigo per i suoi peccati, non meritando per questo alcun tipo di conforto o compassione. Leggendo nei libri di storia di simili avvenimenti, molti di voi saranno rimasti inorriditi, per il barbaro e crudele atteggiamento assunto dai nostri predecessori, anche se dettato unicamente dal loro istinto di conservazione, comune, seppur in percentuali differenti a tutti gli esseri umani. Un fatto è certo, o almeno lo spero, tutto questo non rispecchia minimamente nessuna delle più nobili qualità dell'uomo, anzi, al contrario, rappresenta il concretizzarsi dei suoi più bassi istinti. Io però d'altro canto mi asterrei dal giudicare troppo duramente fatti che sono accaduti secoli fa, e che quindi non posso comprendere pienamente, in quanto non ho vissuto in quel tempo ed in quelle società. Sono invece portato a credere che simili comportamenti possano essere in parte giustificati dal fatto che a quei tempi si trattava veramente di malattie molto contagiose, in cui bastava un nonnulla per contrarre il virus, quindi il terrore, a volte folle, che si radicava nell'animo di ogni persona, era ampiamente giustificato. Terrore che poi veniva anche alimentato dall'ignoranza nel campo medico, in cui tutto era avvolto da un alone di mistero e di diffidenza, e le ricerche nell'ambito della farmacologia, della medicina e della chirurgia erano ancora agli esordi, o in alcuni casi completamente sconosciute, tant'è vero che i processi difensivi del sistema immunitario dell'organismo erano totalmente ignorati. Inoltre, il loro stile di vita era radicalmente diverso dal nostro, soprattutto per quanto riguardava le regole igieniche, anche le più basilari, che a quei tempi venivano ben poco rispettate, sia nei ceti più agiati che fra il popolo. Fattore, questo, che indubbiamente contribuì in maniera decisiva, se non a generare, sicuramente a diffondere le varie epidemie. Quindi, in conclusione, ciò che a noi oggi può apparire come un atteggiamento barbaro e crudele, a quei tempi ed in quelle determinate circostanze, può essere apparso loro come il più razionale degli atteggiamenti, e tale conclusione non mi stupisce affatto. Quello che invece non manca di stupirmi, è il fatto di come oggi nella nostra tanto amata e colta civiltà, a distanza di secoli da quei barbari popoli che ci hanno preceduto, si verifichino ancora, in certa misura, simili barbarie. A questo punto, qualcuno particolarmente suscettibile potrebbe opporsi a questa mia affermazione dicendo: "Quello che affermi è inammissibile e assolutamente privo di alcun fondamento, noi, che ben presto vedremo l'alba di questo nuovo millennio, siamo dotati di una grande intelligenza e disponiamo di adeguate conoscenze in campo medico e scientifico per poter cadere in simili, primitivi errori." Sono convinto che chi si esprime in questo modo, lo fa in assoluta buona fede, senza neanche rendersi conto che quello che ha appena detto è in netto contrasto con quanto gli sta accadendo attualmente intorno, e se smettesse di trastullarsi con queste sue demagogiche riflessioni, forse riuscirebbe anch'egli a cogliere il vero spirito dell'ambiente in cui vive. Questo è il nostro tempo, e il nostro mondo, spetta a noi che lo formiamo, e lo viviamo, il giudicarlo ed il modificarlo per il meglio, è troppo facile giudicare il passato, e gli errori commessi in esso, diviene, invece molto più arduo il giudicare il presente e gli errori che stiamo commettendo, ma starebbe anche a significare un grande segno di responsabilità da parte nostra il farlo. Perché sì, è vero, non lo nego affatto, disponiamo di molte conoscenze in campo medico e scientifico, ed in molti altri campi che fino a pochi anni fa, neanche esistevano. Abbiamo compiuto passi da gigante in questo senso nel corso di quest'ultimo secolo, è innegabile quindi che siamo dotati di una straordinaria intelligenza, soprattutto da un punto di vista pratico. Tutto ciò però a cosa ci è servito, o a che cosa ci può servire, se nonostante tutto continuiamo a commettere gli stessi errori del passato? A che cosa ci è servito scoprire la penicillina, o tutti quei vaccini che ci proteggono dalla maggior parte delle malattie infettive, se poi cadiamo nell'errore di sempre appena ci imbattiamo in un'infezione riguardo alla quale non esiste ancora un vaccino in grado di neutralizzarla? Il progresso, così duramente conquistato, ed il sapere di cui noi oggi disponiamo non bastano, e non possono bastare, per impedirci di commettere quegli stessi errori, ed il motivo è assai semplice, il terrore che si diffonde in noi ogni qual volta ci troviamo al cospetto di simili malattie, offusca in maniera irreversibile la nostra conoscenza e razionalità, lasciandoci in balia dei più primitivi istinti. I progressi che sono stati compiuti nel corso del nostro secolo riguardano in massima parte il settore medico, scientifico e tecnologico. Per quanto riguarda il settore umano, invece, siamo rimasti all'età della pietra, in quanto tutti i nostri buoni propositi riguardanti l'altruismo, la disponibilità verso gli altri, per non parlare della famigerata solidarietà umana, intesa in questo caso non soltanto da un punto di vista finanziario, ma soprattutto da un punto di vista morale, spariscano, o rimangano unicamente a livello teorico, appena si prospetti l'eventualità, o addirittura si pensi  soltanto che si possa presentare l'eventualità, che curando qualcuno, o stando vicino ad un'altro essere umano, si possa correre il rischio di contrarre un virus letale. Ed anche quando quella stessa scienza, di cui tanto andiamo fieri, ci dimostra, in maniera inequivocabile, che tale eventualità non esiste affatto, ignoriamo anch'essa dando la priorità al nostro istinto di sopravvivenza, per salvaguardare il quale siamo disposti a tutto, anche a calpestare, ignorandoli, i diritti, sia umani che civili, di chi ha contratto il virus, arrivando addirittura ad evitare con essi qualunque tipo di contatto umano. Ancora una volta si ritorna a parlare di isolamento, emarginazione, fino ad arrivare al più diretto di questi due fattori, la vera e propria ghettizzazione. Le pagine della storia sono piene di simili avvenimenti, noi ancora nel momento in cui scrivo queste pagine, non siamo arrivati al punto di istituire dei veri lazzaretti, ciò non toglie comunque che un simile atteggiamento ci mette alla pari in tutto e per tutto a quelle cosiddette barbare ed incivili popolazioni, a cui ho fatto riferimento nell'introdurre questo tema, vissute secoli prima della nostra civiltà, orientata a nostro dire, verso il progresso ed il benessere. Io posso dire soltanto una cosa riguardo a tutto questo, coloro che ci hanno preceduto potevano avvalersi della loro ignoranza come attenuante atta a giustificare il loro comportamento, ma a noi oggi, in virtù della nostra tanto decantata intelligenza ci è stata negata anche questa attenuante. In un certo senso è proprio la nostra stessa intelligenza a renderci ancora più colpevoli e responsabili per gli atteggiamenti che assumiamo, è lei in pratica a condannarci inesorabilmente, perché pur conoscendo persistiamo nell'errore. Il male che affligge il nostro secolo e di cui finora ho sempre sottinteso è l'Aids, una grave malattia che nel corso degli ultimi anni ha minato gravemente la salute fisica di molte persone, in prevalenza giovani, e vista sia l'entità che la velocità con la quale si è diffusa in varie parti del mondo, è stata ben presto definita "la peste del 2000". Anch'essa come le altre che nel corso dei secoli l'hanno preceduta è di tipo infettivo, e come tale il mezzo con cui si diffonde è un virus, il quale a differenza degli altri comunemente noti, non è stabile ma si evolve continuamente, vanificando così ogni tentativo di neutralizzarlo. Una malattia che ha seminato e continua a seminare vittime, in particolar modo fra omosessuali  e tossicodipendenti, ma non solo come è opinione diffusa tra noi, in realtà la vittima dell'Aids, può essere chiunque, e a qualunque età e per diverse cause, a volte indipendenti dal fatto che faccia o meno uso di sostanze stupefacenti, o dalle sue abitudini sessuali. Quello che è accertato al di là di ogni ragionevole dubbio, da delle rigorose ricerche mediche compiute in questo campo, è che l'unico fattore con il quale si diffonde il virus dell'Aids è tramite il contatto con sangue infetto. Non esistono altri fattori di contagio, ci tengo molto a precisare questo punto, perché nel corso degli ultimi anni in cui questa malattia si è diffusa anche qui da noi, ho sentito spesso delle voci non meglio definibili citare i più disparati, quanto assurdi fattori di contagio. In questa circostanza però, preferirei parlarvi più che della malattia in se stessa, riguardo alla quale non credo di essere la persona più adatta per poterne parlare nel modo più eloquente, senza correre il serio rischio di incrementare la confusione e la contraddizione di notizie che vi è già al riguardo. Mi prefiggo, invece di evidenziarne i risvolti umani, in quanto di fronte a questo male oscuro, di cui non comprendiamo bene l'origine, e di cui molto frequentemente ignoriamo o fraintendiamo persino il modo in cui si diffonde, scaturiscono vere e proprie manifestazioni, che si possono considerare a tutti gli effetti di origine discriminatoria verso chi è portatore di questo virus. Il quale si trova nell'infelice situazione in cui oltre a subire il trauma sia psicologico che fisico di questa devastante malattia, che nella sua fase terminale conduce fra atroci sofferenze alla morte, deve anche sopportare il martirio sociale della sua condizione. In quanto viene emarginato, allo stesso modo di come un tempo, che credevamo e speravamo ormai superato si faceva con i lebbrosi e gli appestati, ed anche il più piccolo conforto umano gli viene negato. A poco a poco perde gli amici, il lavoro, ed in alcuni casi anche la famiglia lo abbandona al suo triste destino. In sostanza la sua vita diviene invivibile, perché la società in cui dovrebbe vivere lo rinnega e lo uccide prima della malattia vera e propria, ritrovandosi solo nel momento in cui più avrebbe bisogno dell'aiuto e del conforto degli altri. Solo con il suo male, che giorno per giorno, implacabilmente, distrugge la sua vita, ed avendo conoscenza di tutto questo, diventa intollerabile il constatare come questa emarginazione, come del resto la maggioranza delle emarginazioni, sia totalmente ingiustificata ed ingiustificabile, non avendo alcuna ragione di esistere. L'unico risultato che essa riesce ad ottenere, è quello di alimentare i timori di quella gente che ha persino paura di avere qualsiasi contatto con un siero positivo. In quanto credono, che basti stargli vicino, che parlandogli, si possa contrarre il virus. Questo dimostra ancora una volta, come la nostra intelligenza, il nostro buon senso e razionalità, che hanno enormemente contribuito alla realizzazione del progresso di cui noi oggi godiamo, svaniscano non appena si prospetti il rischio, anche solo ipotetico d'infezione. Se si è venuto a creare un tale tipo di atteggiamento la colpa non deve ricadere soltanto su di noi come individui, in quanto in buona misura all'inizio ha anche contribuito una falsa informazione. Informazione mirante, come spesso accade, più al sensazionalismo che alla realtà dei fatti, che ha creato spesso un infondato terrore verso questo tipo di malattia, accentuandone volutamente, o in alcuni casi, inventandone di sana pianta le modalità di contagio. Instaurando così fra la gente un clima di allarmismo completamente ingiustificato, confondendo le idee a chi già le aveva confuse. Sull'Aids, si è detto di tutto, ma ci terrei molto, che voi teneste bene in mente una cosa: Nonostante tutto quello che vi è stato detto o che vi diranno al riguardo, un malato di Aids non vi può "uccidere" soltanto standovi vicino, siete voi, al contrario, che potete "uccidere" lui, con la vostra indifferenza, emarginandolo, dimenticandolo, in questo modo lo si uccide. Perché un malato di Aids, muore due volte, prima di morire fisicamente a causa del virus, muore socialmente a causa nostra e dei nostri atteggiamenti e stupidi preconcetti, con i quali finiamo per annullare completamente la sua entità sociale, strappandogli via spietatamente, anche la più piccola gioia di vivere, non ché la sua dignità non solo come essere umano, ma anche come infermo, condannato appunto da quella sua stessa infermità ad essere emarginato. Quasi come se il suo male rappresentasse una colpa, la colpa di essere siero positivo, e di rappresentare per questo un pericolo ed una vergogna per l'intera collettività. Per quella stessa collettività in nome della quale sono state compiute le più ignobili azioni, e che tenta di nascondere questi suoi abbietti sentimenti dietro una facciata di falso perbenismo e solidarietà. Dimenticandosi forse, che per fare della autentica solidarietà, non basta fare delle donazioni finanziarie, tanto per sentirsi a posto con la propria coscienza, o per dimostrare pubblicamente i propri incrollabili principi umanitari. La solidarietà, quella vera intendo, è fatta di ben altro, significa stare vicino a chi soffre o a chi è in difficoltà, cercando di comprenderne i sentimenti ed i bisogni. Confortandolo e non emarginandolo, come spesso, troppo spesso, accade. Un atteggiamento del genere in certe circostanze varrebbe indubbiamente più di qualsiasi donazione finanziaria, perché la dignità umana, quella non la si può di certo acquistare. Ricollegandomi a quanto dicevo poc'anzi rispetto alle due morti a cui potrebbe andare incontro un malato di Aids, non saprei dirvi francamente quale sia fra esse la più terribile, posso solo dire che con il nostro aiuto,  una di queste due morti si potrebbe facilmente evitare, e questo rappresenterebbe già molto per chi non ha ricevuto alcun rispetto da parte degli altri, e pensare che per raggiungere un tale obiettivo, basterebbe soltanto lasciare da parte la paura, e ragionare razionalmente e con un po' di autentico altruismo. Osservando più attentamente la situazione riguardante l'Aids, mi accorgo però che esiste un fattore che ostacola enormemente il concretizzarsi di tutto questo. Quello che a mio avviso rappresenta l'aspetto più inquietante dell'intero problema, è che questa particolare malattia colpisca in prevalenza, in quanto soggetti più a rischio, delle categorie di persone (come tossicodipendenti e omosessuali) che in un certo senso sono state già messe al bando dalla società, ed è proprio a causa di questa particolare caratteristica, che alcuni vedono in essa, la punizione divina atta a castigare e a cancellare dalla faccia della terra, tutti i tossicodipendenti e gli omosessuali, che considerando la vita dissoluta che hanno condotto, ricevono il giusto castigo. Vorrei che vi soffermaste un attimo a riflettere su queste affermazioni, non è, infatti, mia abitudine, emettere dei giudizi tanto scriteriati ed assurdi, come quello riportato qui sopra, o giudicare avventatamente le scelte che ogni individuo compie, nel bene o nel male, nel corso della sua vita, ma sinceramente, alla luce dei fatti per cui li si accusa e li si condanna, non credo meritino una simile sorte, in quanto esistono persone che hanno ucciso e rubato soldi alla povera gente e che oggi sono liberi di circolare in mezzo a noi. A questo punto mi viene spontaneo il chiedermi dove sta la tanto famigerata giustizia, non dico quella divina, ma almeno quella umana? Secondo un mio personalissimo punto di vista, penso che nessun essere umano, al di là di qualsiasi crimine abbia egli commesso, meriti una così tremenda punizione, ed inoltre non nascondiamoci, vigliaccamente, dietro il termine divino, per giustificare delle idee che sono solo frutto della più genuina meschinità umana. Il fatto stesso che si arrivi a questo tipo di conclusioni dimostra come ancora una volta ci troviamo di fronte, seppur in forme ed in contesti assai differenti, alla superstizione e al fanatismo religioso, proprio come era già accaduto nel corso dei secoli scorsi, ad inoppugnabile testimonianza dell'inesorabile ripetersi della storia. Del resto affrontando il tema dell'Aids, in modo realistico, come mi auguro di aver fatto fino ad ora, non posso negare il fatto, che esso rappresenti per la nostra civiltà una realtà scomoda, una realtà che ci piacerebbe molto cancellare, dimenticandola, come se bastasse dimenticare per risolvere il problema. Questo però non sarebbe giusto, non dobbiamo e non possiamo dimenticare tutte le persone che sono morte, o che muoiono, che hanno sofferto, o che continuano a soffrire, a causa di questo male incurabile, e non ricordiamoci soltanto dei personaggi famosi, che sono caduti vittima di questo virus. Infatti, sembra quasi che ci si renda conto, della realtà e della drammaticità del problema dell'Aids, soltanto quando ne viene colpito, o ne muore, un personaggio importante, poiché in quel momento, e solo in quel momento, l'opinione pubblica viene sensibilizzata, ne parlano i giornali, con i titoloni in prima pagina, per aumentare le vendite, o i telegiornali con servizi dettagliati, per incrementare l'odience, e l'Aids, diviene per loro uno sponsor, lo sponsor della morte che fa notizia, e la gente compra e ascolta, avida di notizie ed indiscrezioni, come se si trattasse della trama di un'avvincente film dell'orrore, un film dove tutto però è maledettamente reale, ed è proprio questo particolare ad attrarci così morbosamente. Se ne parla in famiglia, a scuola, sul lavoro, tra amici e conoscenti, e per un momento, per un attimo solo, forse anche inconsciamente, ci si sente veramente vicini alle vittime dell'Aids. Si riesce a vederne e a comprenderne tutti i suoi aspetti, fino a sentire quasi la sua incombente presenza, ed il malato di Aids, ritorna ad essere un essere umano, riconquistando la sua dignità e la sua entità sociale, ma è soltanto un attimo, il tempo di un'ingannevole attimo, al termine del quale dimentichiamo tutto, e ripiombiamo nell'oblio della quotidianità. Domani in fondo è un'altro giorno, altre notizie ed altri avvenimenti. Considerando tutto questo, mi rattrista molto il pensare che per ogni personaggio famoso morto di Aids, altri cento, o forse mille sconosciuti (e gli sconosciuti non fanno notizia, secondo la spietata legge dell'odience), hanno subito la stessa sorte, hanno perso la vita a causa di questo virus. Voglio ancora dire una cosa prima di concludere questo argomento, voglio sperare che tutta la meschinità, la malvagità e l'ignoranza che avvolgono il problema dell'Aids, vengano ben presto superate, per poter tutti insieme combattere una battaglia, che vede già impegnate molte persone, non solo sieropositive, in tutto il mondo, col preciso e nobile intento di debellare un nemico comune, che non condanna soltanto certe categorie di persone, ma che minaccia seriamente tutti quanti noi, è quindi auspicabile, per il benessere comune, che si riesca al più presto a trovare il vaccino in grado di neutralizzare questo virus. Facendo sì che tutto quello che io ho scritto io queste pagine, non abbia più alcun senso. Vorrei che questo fosse già possibile fin da ora, rappresenterebbe sicuramente un'altro, importante traguardo raggiunto dalla scienza e dalla ricerca medica, e per tutti i siero positivi sarebbe come risvegliarsi da un lungo e terrificante incubo. Un incubo, che purtroppo, anche al nostro risveglio lascerà indelebili tracce di se. I vuoti incolmabili di tutte quelle persone che sono scomparse in questi lunghi e duri anni di lotta, e di trepidante attesa, per la scoperta del vaccino, che metta fine a questo terribile flagello. Comunque vadano le cose, dobbiamo fare tutto il possibile, per non perdere mai la speranza che tutto questo un giorno possa davvero accadere.

Paolo Santi

"Sull'Aids, si è detto di tutto, ma ci terrei molto, che voi teneste bene in mente una cosa: Nonostante tutto quello che vi è stato detto o che vi diranno al riguardo, un malato di Aids non vi può "uccidere" soltanto standovi vicino, siete voi, al contrario, che potete "uccidere" lui, con la vostra indifferenza, emarginandolo, dimenticandolo, in questo modo lo si uccide. Perché un malato di Aids, muore due volte, prima di morire fisicamente a causa del virus, muore socialmente a causa nostra e dei nostri atteggiamenti e stupidi preconcetti"

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