DAL MONTE ARARAT ALLE COLLINE

TOSCANE

       il vino dagli Etruschi agli Enotri

      i sapori della terra che ideò il Chianti

 

 

     Già presente nella Bibbia come elemento di contatti umani, il vino diviene, con il cristianesimo, simbolo di transustanziazione della divinità, che lo accoglie trionfalmente nell'Eucarestia.

     La produzione del vino, incomincia con la coltivazione della vite nelle sue varie fasi, che culminano nella vendemmia.

     Una volta fatto il vino, vi sono regole che vanno rispettate, quali la selezione e il comportamento, che è quasi immutabile.  

 

Un po' di storia

 

     La provenienza della pianta "Vitis vinifera sativa" non si conosce con esattezza. Con certezza si sa che deve avere avuta molta importanza per l'abitudine e il ritmo lavorativo dell'uomo e che deve aver costituito un incentivo, per fargli abbandonare la vita nomade, inducendolo a stabilirsi in luoghi collinari ameni per seguirne il ciclo, che dura tutto l'anno prima che l'uva giunga a maturazione e sia pronta ad essere trasformata prima in mosto e poi in bevanda, secondo pratiche enologiche millenarie.

     La leggenda attribuisce l'invenzione del vino a Noè, che sarebbe stato anche il protagonista della prima ubriacatura. Pur non prendendo per vera quest’ipotesi, resta vero il fatto che sulle pendici del monte Ararat si produceva il vino, come in quel gran centro semitico chiamato Transcaucasia. Da qui sembra sia passato nella Tracia settentrionale e per opera dei navigatori fenici sia giunto dalla Siria, alla Grecia, dalla Grecia all'Italia e dalla Gallia e l'Europa centrale, fino ai limiti climatici della coltivazione, per esservi stato portato dai legionari romani.

     In Egitto era considerato "simbolo di vita e di forza", ma per il suo alto costo era riservato solo ai ricchi. In Mesopotamia ci sono riferimenti al vino che risalgono a 2500 anni prima della venuta di Cristo. Sono stati scoperti dei documenti, nell'isola di Creta  e a Pilos che confermano l'esistenza del vino già da quattordici secoli prima di Cristo. Proprio da questi documenti rileviamo che anche allora si usavano i "bottiglioni" per fornire la bevanda; le coppe d'oro e d'argento erano usate solo dai re e dai dignitari di corte.

L'Italia  era chiamata Enotria o Enotria tellus cioè terra del vino: un complimento già meritato da quell'epoca.

     Gli Enotri occupavano la parte meridionale della Penisola, pressappoco alla zona che oggi chiamiamo Basilicata e Calabria, e il loro nome deriva da un pioniere greco di nome Enotrio, che, sembra abbia colonizzato quelle terre, piantandovi le prime viti che provenivano dall'Egeo. Poi la vite si diffuse in Sicilia, in Puglia, in Campania e quindi nel Lazio e nella Toscana, fino ad arrivare in Rezia una regione vasta che abbraccia il Trentino-Alto Adige, la Valtellina, il Friuli, il basso Veneto e la Valle d'Aosta. Secondo altre fonti, sembra che la vite abbia cominciato ad espandersi dalla Sicilia per merito dei colonizzatori di Micene; poi, mille anni prima di Cristo, sarebbe salita al Nord.

     Giovanni Dalmasso, studioso insigne d’enologia, ha fornito importanti notizie sulle origini del vino in Italia. Per quanto riguarda la Toscana  formulò delle ipotesi che proverebbero l'esistenza della vite, in questa regione già prima dell'avvento dell'era umana. Per cui, sembra che non siano stati i navigatori fenici a portare la pianta, che in quelle contrade esisteva già e lo proverebbero i reperti di travertino affioranti nella zona di San Vivaldo, dove furono trovate impronte fossili della "Vitis vinifera", l'antenata delle varietà che si coltivano attualmente.

     Certo è che furono proprio gli Etruschi gli antenati dei vignaioli del Chianti, conosciuti in tutto il mondo. Questo nettare, definito da Omero "miele del cuore", era bevuto dagli Etruschi nella "patera", un recipiente di mescita in uso sette secoli prima di Cristo. Spetta anche a loro l'introduzione dell'uso del vino "pretto", cioè naturale, mentre i Greci e i Romani lo pasticciavano con aggiunta non solo di acqua, ma di vari infusi di erbe, con miele ed altre sostanze dolcificanti.

 

La nascita del fiasco

 

     Parlando del Chianti è d'obbligo raccontare la nascita del Fiasco toscano, ancora oggi il contenitore più popolare, specie per quanto riguarda il vino rosso.

La prima documentazione di recipienti di vetro simili al fiasco risale al 1275 e sembra sia nato a San Gimignano per opera di un certo Cheronimo, che aveva ricevuto dal comune il permesso di aprire una fornace per "l'arte del vetro". Fu così che il fiasco ebbe il privilegio di soppiantare i contenitori di creta smaltata e di terracotta; anche perché, nel XVI secolo ad un "certo"  Leonardo Da Vinci venne in mente di inventare un involucro che lo salvaguardasse da facili rotture, e su richiesta di alcuni vetrai "rivestì il fiasco di paglia".

     Una volta nato il fiasco, qualche furbo pensò anche di farlo sempre più piccolo, costringendo le autorità di Firenze ad emettere  un decreto che stabiliva la capacità del fiasco in "mezzo quarto", cioè il corrispondente di 2,280 litri; successivamente le vetrerie ricevettero l'ordine di stampigliare sul collo del fiasco il bollo comunale, cioè il giglio di Firenze, per garantire l'esatta misura. Peccato che ora il fiasco sia destinato ad essere soppiantato da altri contenitori, un po’ perché non si trovano più "impagliatori", e un po’ perché  la manodopera per l'impagliatura ha raggiunto un costo proibitivo.

     L'era atomica, poi, è stata siglata dall'"umor che dalla vite cola", come dice Dante Alighieri. Infatti, il dottor Winger e i suoi collaboratori, tra cui Enrico Fermi, il 2 dicembre 1942, brindarono alla scoperta della pila atomica con un bel bicchiere di buon Chianti.

 

La coltivazione

    

     La vite può moltiplicarsi per via gamica o per via agamica. La moltiplicazione per via agamica non si usa se non per produrre nuove varietà e nuovi ibridi. In tutti gli altri casi si utilizzano le talee o barbatelle, che sono piante giovanissime fornite di radici fittizie a forma di barba. Nei vigneti specializzati le viti variano da 2000 a 10.000 piante. Per i sistemi si tiene conto dei terreni, dei climi e delle pendenze. La vite richiede una lavorazione attenta e periodica cui non si può non attendere. Il terreno richiede tre momenti di lavorazione: una più profonda nel periodo di riposo, in primavera una media e una superficiale nel mese di agosto. Ma molto più importanti sono i trattamenti antiparassitari contro le principali malattie crittogamiche, quali l'oidio e la peronospora.

 

La vendemmia

 

     Alla conclusione delle fatiche che durano tutto l'anno, ininterrottamente, si ha la vendemmia, che si può fare da luglio a ottobre, a seconda del tipo di uva.

Per prima si raccolgono le uve bianche, quelle nere si vendemmiano comunemente di ottobre. I disciplinari che regolano la produzione di vini DOC, stabiliscono limitazioni precise. Per il Chianti non sono ammesse produzioni superiori a 125 quintali per ettaro, per il Chianti classico 115 quintali per ettaro.

La prima operazione dopo la vendemmia è la pigiatura dell'uva, cioè la riduzione dell'uva in mosto. Scopo della pigiatura è quello di  provocare la rottura della buccia e la fuoriuscita della polpa dell'acino.

     A questo punto il vino è messo a fermentare in appositi tini, dove è lasciato per un certo periodo di tempo, Operazione questa già nota agli Assiri, ma sono stati i Romani che l'hanno perfezionata.

     La fermentazione inizia dopo qualche giorno: l'anidride carbonica che si libera in forma di bolle si porta alla superficie formando una schiuma semisolida, mista a frammenti del frutto.

     La sistemazione ideale per il vino è la cantina, che dovrebbe trovarsi sempre nel sottosuolo perché offre maggiori garanzie rispetto agli sbalzi di temperatura, che non dovrebbe mai scendere sotto i 12 gradi e mai salire a più di 15. Bisogna tener presente che il vino è una sostanza molto sensibile e soffre terribilmente gli sbalzi di temperatura.

 

Imbottigliamento

 

     La tradizione vuole che il vino sia imbottigliato, indiscutibilmente, nel mese di marzo, perché qualsiasi vino giovane o vecchio che sia, durante il periodo invernale deposita nel recipiente, la maggior parte delle sostanze tenute in sospensione, per cui, finito questo ciclo, alla fine dell'inverno è maturo per essere imbottigliato.

     Una volta deciso l'imbottigliamento, si passa alla scelta del vino. Dopo aver scelto il vino, si procede all'operazione con delicatezza e prudenza. Occorre tener presente inoltre, che la bottiglia va riempita in modo che rimangano due centimetri di vuoto dal livello superiore del vino a quello inferiore del tappo. Questo affinché nella bottiglia vi sia la giusta quantità d'aria, per cautelarsi contro i fenomeni della natura. Anche la scelta del  tappo, come la sua preparazione è molto importante. Gli esperti suggeriscono che, non bisogna iniziare il travaso del vino se prima non si sono preparati tutti i tappi necessari per completare l'operazione di imbottigliamento, ed anche quest’operazione va fatta con cura: prima si lavano energicamente con acqua fredda, per asportare tutta la polvere che vi è rimasta attaccata durante la lavorazione, metterli ad asciugare sopra un tavolo, in ambiente pulito, aggiungere qualche goccia d'olio di vasellina e farlo penetrare bene con soffregamenti delle mani. Mentre per i tappi delle bottiglie occorre tutta l'attenzione descritta, per quelli che si utilizzano per fiaschi, bottiglioni, damigiane o altro non occorre essere tanto scrupolosi. Però una cosa bisogna tener sempre presente: "il tappo più è lungo e di buon diametro, meglio assolve il suo compito".

 

L'etichetta

 

     Il biglietto da visita del vino è l'etichetta. Questa deve essere: comprensibile e veritiera, in modo che rappresenti il curriculum esatto della bevanda. Questo documento incollato sul dorso della bottiglia, tutela a vista il consumatore, specialmente oggi che il vino rappresenta un completamento dei consumi alimentari.

     Sull'etichetta dev'essere descritto: la natura merceologica del prodotto; il contenuto minimo garantito del recipiente, il nome della ditta e la ragione sociale, con indirizzo della sede della cantina o dello stabilimento, la cosa più importante è mettere in evidenza il nome completo del vino e l'indicazione DOC, se il vino ne ha diritto.

     Oggi che la Cantina sociale va acquistando sempre maggior credito e importanza, il senso di cooperazione ha fatto molti progressi nel campo vinicolo; i piccoli vignaioli, che mancano di adeguata attrezzatura, non riescono ad ottenere credito, per cui hanno capito che solo conferendo le loro uve a un centro produttivo, guidato da un enotecnico di professione, hanno tutto da guadagnare.

 

Azione bio-fisiologica del vino

 

     Il vino di buona qualità deve essere limpido, trasparente, di colore definito e non deve lasciare alla bocca sapore acidulo, né amaro.

A seconda della qualità, il vino contiene in proporzioni diverse, acqua (da 800 a 900 g. per litro), alcool (da 90 a 150 g. per litro), e zucchero (da due a otto g. per litro).

     L'estratto secco è costituito per 2/3 da glicerina, da acido malico, acetico e succinico, da tannino, da bitartrato e solfato di potassio, da malato e cloruro di calcio; per il 1/3 rimanente da sostanze coloranti, proteine, gomme, ecc...

L'Aroma o Bouquet, particolare di ogni singolo vino è dovuto ad oli essenziali.

Queste suo proprietà esercitano sul fisico dell'uomo azioni avvincenti, se preso a piccole dosi; funziona da narcotico, se bevuto a grandi dosi. In quantità moderata dà la sensazione di calore, accelera la circolazione e favorisce la digestione.

     Il vino è una bevanda ad azione nutritiva e tonica. Un litro di vino con 10 gradi equivale, dal punto di vista energetico, a 690 grammi di latte, 638 grammi di pane, 585 grammi di carne senza osso, cinque uova.

In riferimento con altre bevande, più o meno alcoliche, un litro di vino fornisce 750 calorie, il sidro 250, la birra 264, il caffè 95, il te 20, l'acqua zero.

Recentemente è stato osservato e dimostrato, che il vino, aggiunto in quantità moderata alla dieta, aumenta il rendimento muscolare e diminuisce la fatica. Per esempio, se si aggiunge vino ad una razione di vena  o di crusca di un cavallo si costata non solo che l'animale aumenta di peso, ma anche  che rende di più come lavoro; perché tale aumento di rendimento raggiunge il  15-20%.

     Questo sistema, essendo nota da tempo, è usato molto spesso nel mondo delle corse ippiche.

     Inoltre il vino è considerato una Bevanda viva, grazie alle vitamine in esso contenute: si tratta soprattutto della vitamina B2, fattore di utilizzazione alimentare, e della vitamina B3, potente stimolatrice del metabolismo cellulare. E ancora, in esso si trovano delle diastasi. già presenti nell'uva, molto simili a quelle contenute nei succhi digestivi. Possiede anche una certa radioattività misurabile: maggiore nei vini bianchi.

     E' antisettico: un cc di vino distrugge il 99% dei bacilli tifici, dei coli e dei vibrioni colerici contenuti in una quantità pari di cultura. Esercita un'azione profilattica contro talune intossicazioni, come quella da sparteina o da stricnina. Attiva la secrezione intestinale, stimola la peristalsi, combatte le atonie intestinali, e, quindi, indicato nelle stitichezze primitive e nelle colibacillosi.

     Dice Berget che "il vino ha tre età: la gioventù in cui occorre allevarlo, la maturità in cui va bevuto, e la decrepitezza da cui bisogna salvarlo e curarlo".

 

Il Chianti e la sua terra

 

     Indubbiamente il Chianti è il vino italiano più conosciuto nel mondo e ha reso famosa, anche sotto il profilo enologico, una regione già conosciuta per i richiami artistici e turistici. Le aziende vitivinicole di questa regione sono circa 132.000 e rappresentano oltre il 75% delle aziende agricole.

     In Toscana, la produzione del vino oscilla fra i tre milioni e mezzo di ettolitri, nelle annate scarse e i cinque milioni di ettolitri nelle annate abbondanti. Mentre per la produzione totale la Toscana è superata dalla Sicilia e la Puglia, per i vini DOC occupa il primo posto in Italia, con circa un milione di ettolitri di media annua.

     I viticoltori ed enologi di Montaperti, quando si resero conto che il Chianti ormai circolava per terra e per mare in tutto il bacino del Mediterraneo, che era il miglior vino in circolazione, per gusto, per gradazione alcolica e per colore, nel 1250 costituirono la "lega del Chianti", non immaginarono, neanche lontanamente, di aver ideato la moderna Cantina sociale. 

     Montaperti, a otto chilometri a Est di Siena (ora celebre per essere stato ricordato da Dante  nei canti dell'Inferno X - vv. 85/86 e XXXII, vv. 72 e seguenti, per la battaglia avvenuta in quel luogo tra guelfi fiorentini e ghibellini senesi), era già un centro agricolo-viticoltore. I monaci di Vallombrosa, già da un secolo, cioè dal 1160, coltivavano la vite e producevano un vino prelibato, che tuttora producono, Sangiovese, Canaiolo, Trebbiano e Malvasia, che certamente sono stati la fortuna dei moderni e gustosissimi Chianti Classico, e Chianti riserva.

     Da Siena andando a Sud verso Arezzo, visitando Pieve di Pacina, Villa di Sestano, Castelnuovo Berardenga, già ci troviamo in piena terra del Chianti. Le file di viti sembrano opere architettoniche, costruite lungo le pendici della collina.

     A Castelnuovo Berardenga si può visitare il castello del XIV secolo, da cui prende il nome, e la splendida Villa Chigi-Saracini col suo enorme parco popolato di magnifici lecci, costruita sulle rovine di un castello del basso Medioevo, non più esistente, celebre perché ritrovo di artisti.

Più in alto, un'antica torre con la sua cinta muraria del XIV secolo testimonia l'esistenza di un castello. Nella chiesa dei SS. Giusti e Clemente è custodita la parte centrale del polittico Pecci di Giovanni di Paolo, del 1426, che rappresenta la Madonna col Bambino sulle ginocchia (l'altra parte è ospitata nella Pinacoteca di Siena e  un'altro particolare si trova alla Walters Art Gallery di Baltimora), un dipinto radicato nella cultura gotico senese, per la definizione aspra e tagliente delle immagini, in cui l'impegno devozionale e la rappresentazione analitica, fondamentalmente irrealistica dello spazio, denotano apertamente l'influenza avuta su di lui da Gentile da Fabriano e dal Beato Angelico. Trovandosi sul posto, non si può tralasciare di visitare il Santuario della Madonna del Patrocinio.

     A Villa a Sesta,  siamo stati attratti dalla chiesa parrocchiale Santa Maria, col campanile romanico-orientaleggiante e, visto che solo tre chilometri ci dividevano da San Gusmè, ci siamo andati godendo del profumo particolare e singolare delle viti, dalla cui uva nasce il Chianti, che "a scala" si inerpicano come se volessero portare il "viandante"  in Paradiso. Sì, proprio così!

Non sappiamo se qualcuno di voi, trovandosi in mezzo ad un vigneto ha fatto mai caso al suo profumo, che penetra nell'anima e aguzza i sensi, fino a far captare l'odore dell'aria stessa; un profumo che coinvolge il cervello per primo e da questo penetra il corpo fino a far muovere la lingua da sola che emette parole che la vite soltanto e il cielo sentono, come noi l'odore: linguaggio "puro e semplice" del vigneto.

     San Gusmè, sembra "inventato" da un pittore fantasioso: un agglomerato di case, sovrastate dal campanile orientale (testimonianza della presenza di missionari orientali inviati da Roma nel VII o VIII secolo). Un borgo caratteristico del Chianti, quindi, che ha conservato intatta la sua provenienza medioevale. Prima del XIV secolo era uno dei principali centri del Chianti.

     Tutt'intorno si nota la vigorosa bellezza naturale, costellata di edifici di antica nobiltà architettonica, castelli (Castello di Montalto, del XI secolo, baluardo di difesa della Repubblica Senese; Castello di Brolio, residenza di Bettino Ricasoli, detto il "Barone di Ferro" che, sembra sia l'ideatore del Chianti), badie (abbazia camaldolese, che risale all'867, di cui è ancora visibile lo stile romanico in un lato della chiesa, nel campanile, nell'abside, nel transetto e nella suggestiva cripta), ville patrizie (Villa Arceno, ora un bellissimo Hotel immerso nel verde di un parco di 20 ettari), case coloniche che riecheggiano la maestria e il gusto dei costruttori delle ville.

     San Gusmè e, con esso, Castelnuovo Berardenga godono i vantaggi del ruolo nuovo di un'area periferica della società metropolitana, che delega loro, dotate di una bellezza maggiore, la funzione di aree di residenza e di ricreazione. Un'ipotesi suggestiva nella quale vogliamo credere è la consapevolezza che, i presagi di oggi siano le componenti del tessuto sociale del comune chiantigiano, il volto della società di domani, prenda forma dalla sommatoria della loro peculiarità evolutiva. Tra la speranza ed il dubbio, lasciamo alla realtà il difficile compito della scelta.

     In questo aspetto reale della vita si agisce nella Fattoria Pagliarese, alla quale non mancano mai ospiti, e ci si adopera di dare al vigneto una forma di sfruttamento di carattere specializzato: considerare la "Nuova Azienda", in una società nuova, con un progetto ambizioso, iniziato già nel 1242 e continuato con la produzione del Claretto, "nato per rendere onore alla tradizione enologica e culturale del chianti"; con il Paglierino, "che si affianca al bianco Valdarbia dei Colli dell'Etruria Centrale e si presenta con un gusto forte, con la mandorla e la noce tostata, è fresco e giustamente acidulo"; con il Vinsanto DOC, "un vino tra sacro e profano, che si consuma tradizionalmente con i dolci tipici toscani. Un lavoro metodico e scientifico che le ha  fatto vincere, nel 1988, l'Oscar dei Vini  che l'Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vini assegna ogni anno ai vini DOC e DOCG "più buoni" d'Italia. Impegnandosi alla creazione del Camerlengo, "un vino da tavola favoloso"; al progetto "Chianti Classico 2000" a cui unisce un'attività di carattere terziario, l'offerta di soggiorno nelle antiche case coloniche, rimodernate appositamente, dotandole dei servizi di cui erano sfornite, che rivelano la propria grazia architettonica, che le incastona in singolare sintonia nell'ambiente naturale, mettendo in risalto il "Trionfo del vigneto". Inoltre è stato ideato, il Tour del "Gallo Nero", che permette di andare in pulman da Firenze o da Siena per "visitare i castelli medioevali, le tombe etrusche, le vinicole e i paesi del vino con degustazioni e pranzo rustico in un giardino privato".

 

Reno Bromuro

 

 

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