MARCELLI E L'ENIGMA DEL CONCLAVE

di Reno Bromuro

 

 

Amico mio diletto;

questa non solo per augurarti un Ferragosto, il più sereno possibile e nemmeno per raccontarti tutti i disturbi e le corse fatte in questi «lunghissimi» giorni in cui non ci siamo sentiti.

Ho corso tanto amico caro! Mi lambiccavo e amareggiavo perché avevo dato la parola a Valeria Borgia (che tu conosci tramite i comunicati telematici che ti pervengono e se non sbaglio anche per corrispondenza), di spendere qualche parola sul libro «Lo Svizzero» di Claudio Marcelli, che ha vinto la prima edizione del premio Elsa Morante; però ho trovato il tempo per leggerlo; e tra un’attesa e l’altra mi ha fatto compagnia.

         Devo dirti subito, mio amico, che la «ruffianeria» della narrativa mi ha avvinto al punto che avrei continuato a leggere anche mentre mi facevano il tracciato dell’ ECG. Permettimi di ringraziare Valeria per avermi dato l’opportunità di esaminare un manufatto come il mercato editoriale e l’ambiente culturale italiano non vedevano dall’agosto del 1962. Parlo de «La Monaca di Monza» di Mario Mazzucchelli (dall’Oglio Editore).

         La storia, amico mio, potrebbe apparire banale, anzi banalissima, se leggessi per prima l’introduzione fatta dallo stesso autore, il quale per inesperienza (eppure ha trent’anni di giornalismo con l’incarico di fotoreporter) mette tutto in chiaro e se non hai nessun interesse culturale o impegno assunto, chiudi il libro e lo rimetti nello scaffale, perché già ti è tutto chiaro. Ecco perché ho usato il sostantivo «ruffianeria».

Io che non leggo mai la prefazione, o l’introduzione di un libro (sapendo di trovarvi solo elogi e mai una parola di critica), sono partito col leggere la prima pagina ed ecco apparire quella forma di voler ingraziarsi, ad ogni costo qualcuno, per ottenerne i vantaggi che si è prefisso. Andando avanti nella lettura, mi riempio di meraviglia: ho trovato una narrativa: sciolta, elementare, senza complicazioni intellettualistiche, e mi sono subito sentito imprigionato dall’accattivante narrazione.

         «Un giovane prete svizzero (Il libro ha per titolo «LO SVIZZERO») si trova implicato in un fatto più grande di lui: Paolo Sesto sta morendo e lui deve, organizzare il Conclave. Intanto in America, appena giunta la notizia della morte del Papa, un addetto alla sicurezza del Presidente, è costretto ad accettare l’ordine di venire a Roma e cercare di guidare l’elezione del nuovo Papa. Il giovane prete svizzero, non conosce ancora gli intrighi della politica e permette, con la sua ingenuità, l’elezione al soglio pontificio del Cardinale Albino Lucani, Patriarca di Venezia, che assume il nome di Giovanni Paolo Primo.

         La CIA e il KGB si scontrano, dandosi fastidio a vicenda, mentre gli addetti al Servizio di Sicurezza della Casa Bianca tramano, perché dal Conclave sarebbe dovuto uscire Papa un Cardinale dell’Est.

         Bastono cinquantatré giorni perché il Conclave si riunisse di nuovo ed eleggesse alla Cattedra di Pietro «Karol Woytila», un Papa dell’Est come aveva voluto il servizio di sicurezza della Casa Bianca».

         Come puoi notare, la storia potrebbe essere definita «elucubrazione utopistica»: persone del servizio di sicurezza della Casa Bianca che s’intromettono nei fatti privati della Chiesa, ma non è così. La storia va avanti con un’alternarsi accattivante e avvincente come un thriller, che non ti permette di respirare. E’ accaduto, che avevo la gola secca ma per non smettere di leggere, rinunciavo a bere, oppure lo facevo senza mettere da parte il libro.

         Questa forza, l’opera l’acquista per mezzo del linguaggio, appunto come dicevo più su, perché è semplice e senza lacrime di nostalgia, senza alambicchi di onomatopee o parole ricercate, senza complicazioni intellettualistiche: linguaggio che capiscono anche i bambini per la sua semplicità. Ciò che non si può affermare della storia narrata.

         La lettura, come ti accennavo, è avvincente per il modo in cui l’autore svolge l’ordito della trama. Quando parla il giornalista usa il linguaggio giornalistico, quando racconta usa il linguaggio del narratore, per i fatti storici il linguaggio, ovviamente storico, che, come sai, si differenzia dal narrativo e dal giornalistico, perché inconfondibile.

         All’alternarsi di questi tre linguaggi che si susseguono, e che l’autore dipana con intelligenza, per la lotta continua tra l’«IO» creativo e il «SE» razionale, spaziando liricamente; sì, proprio come facevano i tragediografi greci; ma forse è meglio rimanere più vicini a noi e nella nostra Terra. Per spiegarmi, pensa ai Cori de «Il Conte di Carmagnola» di Don Alessandro Manzoni.

         Ed è proprio in questi «sprazzi» lirici che viene fuori la grandezza del narratore, che è il medesimo cui nella presentazione era parso sprovveduto, così ingenuo da fare tenerezza.

         Una volta giunto a pagina cento ecco che il punto interrogativo inizia a scomparire, si allunga e diventa esclamativo appena Don Arnold (il giovane prete svizzero) allontana gli occhi dal giornale e li posa, quasi inavvertitamente sopra il documento sulla scrivania, e scopre trattarsi del trattato di Yalta, dove, nel 1945, i tre potenti del tempo, vale a dire Roosevelt, Churchill e Stalin si divisero il mondo e dove era fissato che fino ad un certo anno nulla si sarebbe dovuto cambiare. C’èra stato un tentativo dopo la destalinizzazione e subito fu guerra fredda. Solo alla fine della lettura del documento Don Arnold si rende conto di aver sbagliato a stare zitto, che avrebbe dovuto parlare, ma oramai il Patriarca di Venezia era stato eletto Papa, ed aveva assunto il nome di Giovanni Paolo Primo, e a nulla valeva piangere sul latte versato; ma c’èra da piangere poiché i Servizi Segreti manovravano nell’ombra. Avrebbe voluto agire, anzi si muove per agire ma… il fatidico mercoledì 28 settembre 1978 aveva visto il sole sorgere con un grido di dolore: Papa Giovanni Paolo Primo era morto, il Conclave si sarebbe riunito e sarebbe stato eletto Papa un Cardinale dell’Est: il vescovo di Cracovia, Karol Woytila.

         Era l’inizio dell’attuazione del documento di Yalta, l’Europa si avviava verso il definitivo cambiamento: la Russia è smembrata e a governare la Polonia è chiamato, dal popolo osannante, l’elettricista Lech Walesa.

         Non ho voluto essere più chiaro perché vorrei che certe cose le cogliessi da te, per non toglierti il gusto della lettura e della scoperta.

         Vedrai, fra qualche giorno, penso per il 19 o 20 p.v. riceverai una copia e poi avremo modo di parlarne più chiaramente.

         Mentre ti abbraccio fraternamente con tutto l’amore che posso, permettimi di ringraziare la meravigliosa e gentile Signora (Valeria Borgia) che mi ha permesso, dopo tanti anni, di leggere un buon libro.             

Reno Bromuro

 Roma 14 agosto 2001

 

 

Per informazioni

Scrivete a Guido Ferranova E-mail:

guidoferranova@tiscalinet.it