TORINO: UNO SPACCATO DELLA SOCIETA’, DELLA CULTURA, DELLA SOLIDARIETA’ FRA MILLE CONTRADDIZIONI

- Le idee non mancano ma si fatica non poco a concretizzarle:  ci si domanda se quanto è stato fatto è stato fatto veramente e fino a che punto -

Di GIUSEPPE IANNOZZI

 

 Come non ricordare l’incursione negli ospedali torinesi di Antonio D’Ambrosio: di acqua sotto i ponti ne è passata e il ricordo è spento nell’anima dei più; presi di mira dalla ronda furono soprattutto il “Pronto Soccorso” dell’ospedale Molinette, del Mauriziano, del San Giovanni Bosco e del Maria Vittoria. Le critiche non mancarono e gli operatori sanitari si dissero tutti, a dir poco, profondamente offesi; l’Assessore regionale alla Sanità, Antonio D’ambrosio, all’indomani dell’incursione ebbe a dire: “Sono andato nei pronto soccorso anche per elogiare il personale, che non deve essere demotivato da polemiche strumentali. Studierò il sistema per premiare gli operatori sanitari anche da un punto di vista economico….”. D’Ambrosio chiedeva, oltre ad “'un intervento più concreto dei servizi di competenza del settore assistenza'', che le associazioni di volontariato si facessero carico “della questione di barboni, extracomunitari e tossicodipendenti che utilizzano i locali dei pronto soccorso quale rifugio per la notte…”.

La situazione, oggi, non è sostanzialmente cambiata da quella notte del 25-26 febbraio: i barboni continuano a rimanere barboni e gli extracomunitari hanno loro sede stabile nel quartiere San Salvario, un piccolo Bronx torinese, una polveriera pronta a saltare alla prima scintilla; se il disinteresse regnava allora, oggi la solidarietà deve fare i conti con l’imperante disprezzo dei cittadini, che con spirito manicheo puntano il dito contro una Torino multietnica.

La città cresce, e in maniera direttamente proporzionale dentro essa crescono e l’odio e il pregiudizio; Torino, da poco riconosciuta sede del Museo del Cinema presso la Mole Antoneliana, sembra quasi esser tutta proiettata ad evolversi nel guscio di se stessa piuttosto che proiettarsi all’esterno, un guscio sabaudo che non riesce ad accogliere altre etnie.

Maria Adriana Prolo, la “Signorina del cinematografo” come ancora qualche rigattiere del Balôn ama ricordare, (il mercato della Torino tradizionale oggi ancora più folkloristico e multietnico, quasi un mercato delle pulci francese che dai tradizionalisti piemontesi viene tacciato d’aver perso l’anima per venderla ai diavoli neri, cioè alle genti straniere), fu la fondatrice e l’anima del Museo Nazionale del Cinema di Torino per oltre 40 anni: la Prolo viene ricordata come una persona imprevedibile e scontrosa, e per questo amata dalla gente tanto che fu l’unica italiana ad essere nominata Gran Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere nel 1988 in Francia. La Prolo dedicò la sua vita al cinema così tanto da anteporlo alla stessa sua vita privata: il suo desiderio più grande fu quello di far conoscere in tutto il mondo Torino, una Torino che a sua detta era conosciuta dal mondo – quindi dagli stranieri – come sola capitale dell’auto e delle caramelle. Il Museo del Cinema accoglie senza pregiudizi ogni sorta di pellicola senza alcuna distinzione o razzismo culturale; peccato che il Balôn, tanto amato dalla Prolo, sia più uno spaccato delle contraddizioni sociali di Torino piuttosto che un centro di scambio culturale: il mercato sarebbe una ottima scenografia per un film, magari un film girato dal Wim Wenders di Buena Vista Social Club e The Million Dollar Hotel.

Intanto l'Assessore regionale alla Sanità, Antonio D'Ambrosio, ha già promosso l’idea dell'allattamento integrale dal seno materno invitando le future mamme a farne ricorso: trattasi di una delle iniziative inserite nella campagna per l'allattamento al seno intraprese dal Piemonte per attuare le direttive in materia impartite dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Il progetto, o l’idea, è lodevole e si articola in tre punti principali: un corso per manager di aziende sanitarie, uno per formatori, uno per pediatri di base; l’obiettivo è quello di avere madri che riscoprano il piacere salutare di allattare al seno i neonati, un piacere che se verrà riscoperto, si spera, possa portare ad un incremento delle nascite. E’ risaputo che l’allattamento materno fornisce al neonato maggiori difese organiche: i corsi dedicati ai manager hanno lo scopo precipuo di indurre ad un utilizzo consapevole ed ottimale delle risorse, affinché presso gli ospedali si attuino le direttive OMS senza incorrere in interpretazioni erronee. Compito dei pediatri, ostetriche e vigilitraci d’infanzia è quello di convincere le puerpere che l’allattamento al seno è cosa naturale; a tale pro un libretto in distribuzione gratuita presso asili nido e medici di base spiega perché il neonato ha bisogno del seno materno.

Intanto, quasi parallelamente, il 25 febbraio di quest’anno presso la sala conferenze del palazzo della Giunta regionale è stata presentata  la quinta edizione del “Festival Internazionale del Cinema delle Donne – In viaggio con noi; il Festival organizzato dall'Associazione Culturale La Moviola con il contributo di Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino, Museo Nazionale del Cinema, ha visto la proiezione di trenta opere (film, documentari, cortometraggi) provenienti da tutto il mondo. Al tempo, Clara Rivalta, direttrice del Festival, ebbe a dire che le registe già affermate ed esordienti “con il loro bagaglio di stile, convincimento, unito ad uno sguardo particolare sulle donne, i rapporti umani, la società ed il suo avvenire" avrebbero aperto la strada ad un nuovo modo di interpretare la condizione femminile. Il 28 febbraio a Torino, quasi a sottolineare la sovranità monarchica della donna, in una veste quasi littoria (sorpassato e vecchio stereotipo della condizione femminile), ha luogo il convegno “Scrigni, sipari, piume e velette: storia delle Signore Sabaude - Donne di Casa Savoia nella storia del Piemonte e d'Italia” organizzato all'Archivio di Stato di Torino, dall'Associazione Immagine per il Piemonte con il contributo dell'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte. Il convegno offrì l’opportunità di studiare sotto il profilo storico come ogni figura regale ha saputo influenzare, modificare comportamenti, modi di vivere il quotidiano, gusti, idee sociali e politiche propri dei diversi momenti storici legati alla donna intesa come Regina: si può dire che le donne di Casa Savoia hanno trovato assai più popolarità presso il popolo che non i loro mariti, e il popolo ha visto in loro, non poche volte, o delle Sante o delle Masche (le masche sono le streghe nella cultura piemontese – il più delle volte il popolo ha riconosciuto nelle donne di Casa Savoia delle streghe e rarissime volte delle sante). Iniziative siffatte non servono di certo a proporre una immagine vera e moderna della donna di oggi impegnata nella solidarietà concreta piuttosto che nei miracoli e nelle stregonerie.

Tra le molte associazioni presenti sul territorio torinese/piemontese un posto d’onore sicuramente viene occupato dal Gruppo Abele, che rivolge la sua attenzione verso tossicodipendenti, sieropositivi, alcolizzati, minorenni sfruttati e maltrattati; i livelli di intervento sono così strutturati:

servizi di prima accoglienza (per attività di ascolto, consulenza, e eventuale presa in carico), comunità di pronta accoglienza (residenziale e semiresidenziale per percorsi di due/sei mesi), comunità di accoglienza (per coppie tossicodipendenti con bambini, persone alcoldipendenti e politossicodipendenti, madri e/o neonati sieropositivi, e malati di AIDS - anche conclamato), assistenza domiciliare e case alloggio. Il Gruppo Abele è convinto che sia indispensabile il fattore interazione possibile solo per mezzo, e con, le attività di accoglienza; per questo ha dato corpo al Centro Studi Documentazione e Ricerche (dal 1975 si preoccupa di  raccogliere materiale circa i maggiori  temi del disagio e delle problematiche sociali), l'Università della strada (impegnata a realizzare corsi di formazione per operatori del pubblico e del privato sociale), l'Università internazionale della strada (una struttura formativa innovativa sulle politiche sociali) e l'Ufficio Scuola (collabora con le strutture scolastiche per progetti formativi su disagio giovanile e prevenzione, rivolti a genitori, studenti e insegnanti).

Anche sul piano del reinserimento lavorativo il Gruppo Abele non è rimasto a guardare e ha dedicato grande interesse soprattutto nei confronti dei giovani; alcune iniziative lavorative permettono ai giovani di provarsi in  attività quali falegnameria, pelletteria e realizzazioni di parchi gioco (Piero & Gianni), vendita di piante e fiori o allestimento giardini (Il Filo d'Erba), produzione e vendita capi di abbigliamento (La Rosa Blu), attività di data-entry (Oltre il Muro), lavorazione per conto di terzi (Arcobaleno e Creattività); l’Oasi di Cavoretto , complesso alberghiero, è in gestione al Gruppo Abele solo da poco tempo e già accoglie importanti seminari e convegni. Inoltre il Progetto Cartesio, la cui gestione è stata affidata al Gruppo Abele, vede impegnate le sinergie delle cooperative Arcobaleno e La Rosa Blu, iniziativa questa del Comune di Torino e dell’AMIAT per la raccolta differenziata della carta.

Gli ideali del Gruppo come Associazione sono molto forti, forse troppo forti, tanto da spegnere parte dei suoi nobili scopi in inutili distinzioni all’interno degli stessi emarginati: il caso più eclatante è sicuramente dato dall’Associazione Davide e Gionata, associazione per soli omosessuali di fede prettamente cristiana, quando occorre ricordare, per chi non lo sapesse, che Torino è stata,

recentemente, sede di proiezioni di film dedicati al tema dell’omosessualità senza che si evidenziassero il alcun modo razzismi religiosi o elitari.

Quest’anno l’Annuario Sociale del Gruppo Abele è edito dalla Feltrinelli con prefazione di Luigi Ciotti: “I media hanno… profittato, al contempo sollecitandolo, di uno slittamento del comune senso del sentire, vale a dire della cultura sociale, in direzione di una diversa modalità di fruizione delle informazioni sempre più caratterizzate dalla velocità, dall’approssimazione e dalla “leggerezza”, poiché l’obiettivo primario è quello di intrattenere….”, così si legge nella prefazione di Luigi Ciotti; in sostanza Ciotti esprime la paura che l’informazione sia stata ridotta a merce, ad un prodotto acquistabile e di conseguenza soggetto a manipolazioni da parte dei mass-media, che tenderebbero a immettere sul mercato prodotti anziché notizie attendibili a carattere oggettivo e non di parte.  E’ questa una paura giustificata: come si è visto le contraddizioni esistono e sono proprio quest’ultime che spesse volte non permettono di realizzare progetti concreti di aiuto nei confronti di tutti i bisognosi.

Livia Turco, Ministro per la Solidarietà sociale, ebbe a dire a proposito del volontariato, in occasione della Conferenza nazionale del volontariato del 1998, che “è interesse delle istituzioni disporre di un volontariato non addomesticato, che si qualifichi quindi per la lotta alla povertà e alla solidarietà”, parole veritiere quanto teoriche, in quanto, a tutt’oggi non si è avuto un riscontro pratico se non in sporadici casi isolati. Un esempio lodevole e pratico ci viene offerto dal Coordinamento sanità e assistenza (CSA) di Torino che criticò fortemente il Testo unico di riforma all’assistenza messo a punto il 12 novembre 1998 dalla Commissione Affari Sociali della Camera: “il testo non prevede interventi specifici per chi non ha le risorse indispensabili per sopravvivere… infatti, esso prevede l’allargamento degli interventi assistenziali e sociali a tutti, con benefici e vantaggi soprattutto per i benestanti, mentre le autorità affermano continuamente che lo Stato non dispone dei mezzi economici per assistere persone e nuclei familiari che spesso vivono in condizioni subumane”; inoltre il CSA chiedeva che la legge affermi con piena chiarezza che i patrimoni delle Istituzioni Pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) stimati intorno ai 50 miliardi vengano utilizzati per attività esclusivamente sociali e non per coprire i costi di gestione. Sempre il CSA di Torino mosse aspra critica contro il DDL di riforma dell’assistenza approdato alla Camera; in tale occasione Livia Turco ebbe a specificare che “… dobbiamo prevedere efficaci poteri sostituivi quando gli Enti locali sono latitanti…”. A questo proposito fu parere del CSA che  il DDL giunto in aula era pericoloso in quanto “non stabilisce alcun diritto esigibile” circa le categorie sociali più deboli, poiché trasferisce gli anziani invalidi dal settore sanitario a quello assistenziale; è lapalissiano come una situazione così definita non poteva essere accettata tacitamente. E in occasione della Conferenza sull’handicap, Vinicio Albanesi, Presidente del CNCA, precisò che “ora serve un grande movimento che abbia la capacità non solo di esigere ma anche di proporre, perché attendendo oltre misura, le risposte oltre a tardare rischiano di essere programmate a freddo da ‘esperti’”, parole queste vere quanto dure che si spiegano da sole. I portatori di handicap che sopravvivono ai loro genitori possono continuare a vivere grazie alla sola solidarietà, soprattutto quando questa è definita solo parzialmente nelle sue regole sociali e di intervento?

Torino è una città dal grande cuore, un cuore purtroppo minato dall’ignoranza circa il vero significato di solidarietà, difatti proprio all’interno di chi fa e promuove la solidarietà sono presenti evidenti contraddizioni e razzismi a tutt’oggi irrisolti.

Passeggiando lungo le vie del quartiere San Salvario ancora oggi ai balconi si sciorinano lenzuoli bianchi, bandiere che stanno a significare “gli extracomunitari non li vogliamo!”, quando ad un isolato di distanza sorge un centro per la solidarietà fra arabi e cento metri più avanti un altro centro per la solidarietà fra marocchini, e tra di loro non comunicano, questa la tristezza più grande.

 

GIUSEPPE IANNOZZI

 

 

 

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