Dalle prime interviste alla domenica sportiva

ADDIO "QUARANTANNI DI PAROLE":

SANDRO CIOTTI

Voce duttile nella sua raucedine che rapiva l'ascolto    

di Reno Bromuro

  

ROMA, 18 LUGLIO 2003 è morto il giornalista Sandro Ciotti, uno dei più famosi radiocronisti del calcio italiano, era nato nel 1928 a Roma.

Ciotti, 75 anni, si è spento dopo una lunga malattia. Per 40 anni, con la sua ormai nota voce roca e profonda, ha fatto informazione sportiva alla radio e, da qualche anno, anche in televisione. Nel suo libro «Quarant'anni di parole», aveva descritto le sue personali riflessioni sulla vita italiana.

Commentatore sportivo, una delle voci più note delle telecronache e delle radiocronache del calcio; come giornalista ha scritto per «La voce repubblicana», prima di entrare alla RAI nel 1960 come commentatore sportivo e inviato speciale. Alla radio ha presentato: Domenica sport, Ciak, Tutto il calcio minuto per minuto, mentre in televisione è stato per molti anni l'unico commentatore della Domenica sportiva. Nel 1964 ha ricevuto l'Oscar della critica nell'ambito del premio «Voci e volti del cinema italiano» e il Telegatto nel 1988.

Domenica 30 Marzo 2003 la «Domenica Sportiva», la più seguita trasmissione sportiva Sia alla radio sia alla TV, teneva gli ascoltatori incollati ho alla radio mentre erano al volante o come statue con la bocca semiaperta davanti alla TV, in attesa del «SUO» commento, ha festeggiato le 2500 puntate; eppure era nata come notiziario nel lontano 1954 e soltanto nel 1965, grazie ad Enzo Tortora, trasformata in vera e propria trasmissione. La Rai è legittimamente orgogliosa di festeggiare la sua più longeva trasmissione e il gruppo di RaiSport, con Massimo Caputi in testa, ripropone immagini, servizi d’epoca, personaggi che hanno fatto la storia del famoso rotocalco sportivo. «È motivo d’orgoglio - afferma l’attuale conduttore Massimo Caputi - e d’emozione entrare a far parte della gloriosa squadra della «Domenica sportiva». Mi viene la tremarella alle gambe nel ricordare Enzo Tortora, Lello Bersani, Sandro Ciotti, Adriano De Zan, Alfredo Pigna, Tito Stagno, personaggi che hanno dato lustro alla trasmissione».
E, proprio a Tito Stagno, uno dei capisaldi de «La domenica sportiva»: ha condotto le edizioni del 1979 e del 1985 e n’è stato il responsabile dal 1976 al 1993, che rievoca alcuni momenti: «La Domenica sportiva - dice Tito Stagno - era il fiore all’occhiello della redazione sportiva del Tg1. Una trasmissione faticosa ma anche entusiasmante, animata da grandi professionisti del settore. Avevo selezionato accuratamente tredici, quattordici inviati sui campi di calcio e, per la prima volta, decisi di chiamare in trasmissione anche un esperto di calcio, il numero uno Gianni Brera. Con la mia edizione del 1985 prendemmo il primo  «Telegatto» della storia della Rai. Certo oggi ha molte differenze con le edizioni del passato, ad esempio è migliorata tecnicamente. A mio avviso, invece, andrebbero ridimensionati i commenti in studio. Assolvo la «chiacchiera» qualificata e breve, non approvo quella logorroica. Approfondirei inoltre il preziosismo tecnico e la visione dei gol, che mostrerei da tutte le angolazioni. È ciò che al telespettatore interessa di più». Duemilacinquecento puntate portate in buona salute, senza dubbio. Oggi alla guida c’è Massimo Caputi, un giornalista e un conduttore affidabile, e la trasmissione si mantiene su buoni livelli. Confesso apertamente, però, che la guardo raramente perché la sera seguo le partite sul satellite. Il ricordo più bello legato alla mia gestione, molto temuto dalla stampa e dai tifosi è l’incontro tra Gianni Brera e Gianni Rivera. Quest’ultimo, dopo essere stato a lungo «punzecchiato» dal noto giornalista, accettò di farsi intervistare. Contrariamente a quanto si temeva, l’intervista fu talmente civile che, alla fine, Brera chiese l’indirizzo a Rivera per inviargli a casa le uova di sua produzione. Ricordo poi il commento da antologia, in soli tre minuti, di Brera sulla morte di Renato Curi a Perugia... Adesso è un vero peccato che Giorgio Tosatti, forse l’unico esperto del settore ad ampio raggio, sia passato a Novantesimo minuto. Tra i conduttori che hanno dato maggiore prestigio alla trasmissione, tra le donne sicuramente Simona Ventura, che allora prendeva solo due milioni a trasmissione. Curiosamente non le fu rinnovato il contratto lo stesso anno in cui io decisi di andare via dalla Rai. Emigrò a Mediaset ed oggi è tornata con grande successo. Sandro Ciotti, bravissimo, e Adriano De Zan, disciplinatissimo. Alfredo Pigna, infine, un eccellente organizzatore e un collaboratore prezioso. Voglio spendere una parola di elogio per la moviola di Sassi, irripetibile. Nessuno potrebbe sostituirlo. E’ vero che in televisione si fa overdose di calcio, no, si fa anche varietà, quiz, letterine e veline. Così come mi sembra che in questo momento si straparli dell’Iraq».

L’INIZIO DI SANDRO CIOTTI

Tra i tanti commenti sulla morte di Luigi Tenco, ricordo quello di Sandro Ciotti, fatto durante un’intervista, subito dopo aver appreso della tragedia. Un Ciotti ancora sotto choc, che però già non crede che Tenco potesse essersi ammazzato per una canzone; egli fu il primo a mettere in dubbio la versione ufficiale dei fatti, anche se ovviamente era troppo presto per dubitare circa la vera causa della morte di cantante.

D - Questo Festival di Sanremo ha avuto una macchia triste. Ciotti?

R - Sì, eccomi.

D - Io so che tu eri amico, buon amico, di Luigi Tenco.

R - Sì.

D - Vorrei che tu ce lo ricordassi un attimo. E poi vorrei che ci dicessi se veramente una canzone può valere una vita. Si è parlato di protesta, di tante cose. Il suicidio è una parola addirittura innominabile, che fa spavento, va bene? Si può arrivare a tanto, per il mondo della canzone?

R - Io assolverei il mondo della canzone da quanto è accaduto. Per quanto c'è un mondo della provvisorietà, che costituisce una chiave indubbiamente importante, invadente. Un cantante intelligente si rende conto appena entra in questo ambiente che la provvisorietà è appunto il connotato forse più ricorrente del mondo della canzone. E tuttavia non ritengo che Tenco abbia fatto quello che ha fatto solo perché ha perduto a Sanremo. Sarebbe una spiegazione prima di tutto troppo semplicistica e poi che offenderebbe l'intelligenza che senza dubbio Tenco aveva. C'è piuttosto da dire questo, che a prescindere dall'ambiente nel quale Luigi ha vissuto, lui ha cercato nel modo più sbagliato e più doloroso, più impietoso verso se stesso e gli altri, la strada per raggiungere la serenità che ha cercato invano per 29 anni.

Nel marzo 1962 un cronista della RAI, allora poco conosciuto ma oggi popolarissimo, ovvero Sandro Ciotti, intervistò per una trasmissione radiofonica della RAI Luigi Tenco, in quel tempo noto per aver scritto solo una canzone di un certo successo, «Quando».
Di lì a qualche mese Tenco avrebbe girato il film «La cuccagna» e avrebbe pubblicato uno dei suoi capolavori «Mi sono innamorato di te».

CIOTTI - Il nostro ospite di questa sera è Luigi Tenco, cioè uno dei personaggi venuti alla ribalta più recentemente nel mondo dei cantautori, no Tenco?

TENCO - Beh, insomma... sono venuto alla ribalta abbastanza recentemente, questo è vero, ma non... non credo di essere ancora venuto veramente alla ribalta, ecco, di quelli che stanno per venire alla ribalta.

CIOTTI - Tentiamo allora una analisi del suo personaggio: lei dove è nato?

TENCO - Io sono nato in Piemonte, in provincia di Alessandria.

CIOTTI - E quanti anni ha?

TENCO - Ho 24 anni adesso in questi giorni.

CIOTTI - Ecco, prima del successo di "Quando", la sua canzone di maggior notorietà, cosa faceva?

TENCO - Ah, io facevo lo studente in scienze politiche... commerciante, un sacco di cose, ma mai... non mi occupavo di musica in senso professionale.

CIOTTI - Quello della musica non è stata allora una vocazione, è stata una cosa incidentale.
TENCO - No, non è che sia stata un... sì, era una vocazione... era un hobby, ecco, per meglio dire, cioè è sempre rimasto un hobby e invece da un anno a questa parte è qualche cosa di più, in quanto mi ha dato alcuni risultati, per cui penso che...

CIOTTI - Lei si ritiene un personaggio adatto per un festival, per un recital, per un night, per le sole incisione discografiche, per cosa?

TENCO - Beh, io mi ritengo forse adatto per un recital, cioè ad un certo punto potermi mettere su un palcoscenico, spiegare che cosa voglio dire con le mie canzoni, poi cantarle, poi... per poter fare in modo di chiarire anche quei punti che forse nella canzone non sono chiari, perché non ho fatto sempre delle cose perfette, ecco.

CIOTTI - Senta, un'altra cosa: lei è cresciuto e vissuto a Genova, no? Come spiega che Genova, questa città insomma di tradizioni piuttosto austere, piuttosto severe, abbia dato tanti personaggi recentemente alla canzone italiana: non so... Joe Sentieri, Umberto Bindi, Gino Paoli, lei stesso, eccetera.

TENCO - Beh, dunque, il fatto è questo che... per quanto riguarda me e Gino Paoli ci siamo conosciuti e non siamo venuti fuori da un ambiente che sia Genova o non Genova, il fatto è che noi ci siamo conosciuti a Genova perché abitavamo qua, ma non abbiamo fatto mai... non abbiamo niente in comune con il resto dell'ambiente di Genova, tanto è vero che non credo di essere particolarmente conosciuto qua a Genova. Per quanto riguarda Sentieri e Bindi, non so se siano prodotti dell'ambiente genovese o meno, comunque, da quel poco che posso pensarne io, non credo perché penso che...

CIOTTI - ... sarebbero venuti fuori comunque, in qualunque ambiente fossero cresciuti. E tra questi colleghi tra i cantautori, qual'è quello che lei preferisce, che apprezza di più.
TENCO - Dunque ci sono Gino Paoli, questo anche per motivi di amicizia, poi perché mi piace molto, poi un certo Piero Litaliano che non è molto conosciuto ma mi piace molto e fa delle parole che sono veramente ottime. Di quelli che non conosco, Modugno penso sia senz'altro il cantautore che mi piace di più.

CIOTTI - E la sua più grande ambizione,a questo punto ancora iniziale della sua carriera, qual è?

TENCO - La mia più grande ambizione è quella di fare in modo che la gente possa capire chi sono io attraverso le mie canzoni, cosa che non è ancora successo.

CIOTTI - Ma adesso è tempo di migrare, cioè tempo di congedo. Vogliamo salutare gli ascoltatori con un brano,naturalmente di Luigi Tenco.Quale canzone vogliamo scegliere?
TENCO - Beh, scegliamo «Ti ricorderai», visto che è il pezzo forse che è stato trasmesso più volte.

CIOTTI - E poi ha un titolo vagamente presago, no?

TENCO - Speriamo bene...

CIOTTI - Augurale, per lo meno.

Sandro ci ha lasciato anche un libro dal titolo significativo «Quarant'anni di parole» pubblicato dalla Edizioni Rizzoli.

Vi trascrivo soltanto le prime righe:«Dopo quarant'anni passati a raccontare fatti e persone, a descrivere in diretta gli avvenimenti nel loro svolgersi (molti avvenimenti, se è vero che ormai ho superato le quattromila dirette), insomma a parlare degli altri, provo un certo imbarazzo a parlare di me, della mia vita, delle mie passioni. È difficile, quando ci si racconta, rifugiarsi dietro il comodo schermo del distacco professionale: non sono al di fuori degli eventi, ma fin troppo addentro. E l'imbarazzo che mi assale è quello classico che - mi auguro - deve provare qualunque persona di buon senso che si accinga a raccontare la propria vita, cercando di non sembrare né immodesto né ipocrita: perché se uno si fa bello dei propri successi fa la figura del megalomane, e se invece ostenta un'umiltà francescana verrà accusato di falsa modestia.

Perché allora, dopo tanti anni, ho ceduto alle lusinghe dell'autobiografia, nonostante gli imbarazzi e le ritrosie? Intanto perché, dopo essere andato ufficialmente in pensione, mi sento fuori dalla mischia: non sono più braccato dagli infiniti eventi che dovevo seguire come radiocronista. Ma soprattutto perché talvolta ho l'impressione che questi quaranta anni di parole non siano nulla di più di quarant'anni di chiacchiere».

Sandro Ciotti era nato nel 1928 a Roma. Nella vita ha fatto il calciatore, il cantante, il violinista, il paroliere, il giornalista. Soprattutto, è stato una delle voci più popolari della radio, per la quale ha raccontato quattordici Olimpiadi, quindici Giri d'Italia, nove Tour de France, quaranta Festival di Sanremo e oltre duemilaquattrocento partite di calcio e presentato una «Domenica sportiva» da conservare negli annali; così lungimirante da capire che a quattordici anni Gianni Rivera era già un fenomeno. Capace di realizzare un film sull'amico Johan Cruijff, quel «Profeta del gol» che, in realtà, era un inno all'Ajax e al calcio totale. Quanto ci mancherai Sandro. Che all'improvviso, ai Giochi di Città del Messico, dopo dodici ore di cronaca sotto la pioggia si ritrovò con la voce rauca. «Edema alle corde vocali, intervento rischioso», disse il medico. E lui, al diavolo la chirurgia, se la tenne quella voce. Per fortuna. Era il 1996 quando andò in pensione, dopo una radiocronaca al Sant'Elia di Cagliari, dove si tolse grandi soddisfazioni quando descriveva i gol di Gigi Riva al punto di materializzartelo davanti agli occhi.

Reno Bromuro

 

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