IDIOZIA DEL PACIFISMO

- STUPIDO UOMO BIANCO… IL COMMERCIO DELL’IRAQ CONTINUA IN PASSERELLA

 RASSEGNA STAMPA DELL’IDIZIOZIA PACIFISTA -

 

Di GIUSEPPE IANNOZZI

 

“Non temo le parole dei violenti, mi preoccupa molto

il silenzio degli onesti”

(Martin Luther King)

 

Allora, lo dico, lo ripeto, non so se l’ho già detto, ma la Pace gridata, mi dispiace, non funziona, è un articolo che si presta male all’importazione. Facile, troppo, gridare, pensare di essere tutti un unico movimento per la Pace. In mezzo, la confusione, ecco quello che sento e penso quando vedo la pace sfilare in strada accompagnata a urla e schiamazzi e bandierine. Vale l’illusione che tutti insieme si possa tirar giù di forza la pace, ma così non è, perché la pace non è né in cielo né in terra, non appartiene agli uomini e alle sue preghiere, non è manna che cade dal cielo. E’ strano, ma tutti sono pacifisti e, prima dello sgomento perché qualcuno la guerra l’ha promossa, c’è sentimento di paura, perché il megafono dei pacifisti tiene un volume troppo alto. Mi spaventa l’ALTO perché è sintomo di vertigine, e prima o poi si precipita, inesorabilmente a terra, in un punto qualunque, eppure questo punto è sempre abitato da almeno un eremita solitario che blatera la religione del pressappochismo. Non ce la faccio davvero a pensare che la politica possa essere schierata con la pace, concetto abusato da Destra e Sinistra. C’è chi la difende a forza di pietre, c’è chi si immola sul suo altare, ma è comunque pericoloso atto umano che a nulla conduce. Se mi guardo attorno, sento parole, una valanga che precipita nella coscienza dell’opinione pubblica, che messa alle strette decide di sventolare la PACE facendola prigioniera di un balcone.

Susan Sarandon e il marito Tim Robbins, Sean Penn e Laurence Fishburn, poi il trio femminile country delle Dixie Chicks, la voce del gruppo, Natalie Maines, Sheryl Crow,i Limp Bizkit, persino Shakira (che intanto promuove il suo tour mondiale con tanto di videoclip dove si fa bella mostra a pieno schermo della bandiera a stelle e strisce, giusto per sottolineare l’incoerenza), sono solo alcuni nomi, nomi che l’America non può sopportare. Ma la ciliegina sulla torta è “Madonna” che da brava trasformista è diventata pure lei antiamericana. E intanto, l’America guarda male a questi artisti impegnati e li ha già segnati sul suo libro nero: par quasi che si stia vivendo un'ondata di neo-maccartismo. Ma quanto c’è di vero in questi artisti che dicono e si mettono in mostra per il loro buonismo improvvisato, forse sincero, ma pur sempre soggetto alle regole del mercato della moda delle idee? Probabilmente la sincerità è quella di odiare la guerra, ma è anche mezzo per farsi discreta pubblicità. L’America domani li perdonerà e li accoglierà di nuovo fra le braccia della Statua della Libertà, perché le mode sono fatte per essere vissute e subito trasgredite quando non sono più alla moda. E’ tutto previsto, organizzato, anche il neo-maccartismo è una moda che gli USA&GETTA stanno promuovendo come prodotto, accessorio per le sfilate in passerella, o se preferite, per le marce in favore della pace.

Tutto questo l’ho già detto, ma lo ripeto, non mi piace, non mi interessa affatto sapere che fuori c’è “chi” ha deciso che la pace sia un accessorio per le passerelle. Giovanni Lindo Ferretti, leader storico dei CCCP, CSI e ora dei PGR, recentemente, con molta coerenza ha detto: “Faccio fatica a parlarne, anche perché mi rendo conto di poter suscitare polemiche. La pace non è una soluzione, è una parte enorme della questione. La condizione umana è contingente, determinata da una serie infinita di problemi. Non accettare il fatto che il mondo vive una serie infinita di cambiamenti incredibili e veloci, urlare Pace!, Pace! in un tempo in cui molto intorno a noi è guerra, è come urlare Sanità! Sanità! in una corsia d’ospedale. Tutti noi vorremmo vivere in pace, tutti noi vorremmo essere sani: non sempre è possibile, non sempre è plausibile, non sempre ce la fai. In Jugoslavia io non volevo credere all’esistenza di una guerra durata anni e anni e che noi consideravamo alla stregua di una guerra in Patagonia. Io da lì ho cominciato un orribile percorso intellettuale che cercava di fare dei conti che nessuno intorno a me voleva fare. Lo dico con tristezza: quello che penso della guerra è molto diverso da quello che pensa il mio mondo. Io non so cosa farci. Viviamo in un mondo che si è fatto della condizione umana un’idea un po’troppo superficiale e può capitare di doverla pagare. Agli jugoslavi è successo. Non sono cose che possono essere risolte con una battuta o con una bandierina alla finestra”.  Come non essere d’accordo? Io, il 7 aprile al Teatro Regio di Torino c’ero e c’erano anche i PGR al completo: Ferretti e compagni non hanno detto una sola parola contro la guerra e soprattutto non hanno sbandierato una inutile bandiera pacifista. Hanno suonato e cantato, hanno infiammato il pubblico per due ore e mezza, e la musica è stato il vero messaggio di protesta, un messaggio gridato con saggezza che è propria di chi sa quando è il momento di non stuprare le idee per venderle al pubblico. Diceva Marter Luther King: “Non temo le parole dei violenti, mi preoccupa molto il silenzio degli onesti”. Forse oggi suona male, forse suona meglio “non temo le parole dei violenti, mi preoccupa molto l’abbaiare di chi si dichiara onesto (pacifista).” Anche io ho detto slogan, anche io purtroppo. Ma è tempo di tacere con giudizio, bisogna tacere per non rendersi ridicoli, per non far la fine del pacifista in passerella.

Michael Moore, regista di "Bowling for Columbine", ha detto attraverso il suo sito: “Sembra che l’amministrazione Bush nel giro di qualche giorno avrà completato con successo la propria colonizzazione dell’Iraq. E’ un errore di tale portata che lo pagheremo per gli anni a venire. Non valeva la vita di un singolo ragazzo americano in uniforme, tanto meno le migliaia di Iracheni che sono morti, e le mie condoglianze e le mie preghiere vanno a tutti loro. [...]Al momento quello che mi preoccupa maggiormente è che tutti voi – la maggioranza degli Americani che inizialmente non appoggiava questa guerra – non vi facciate zittire o intimidire da quella che sarà propagandata come una grande vittoria militare. Ora, più che mai, le voci della pace e della verità si devono poter sentire. Ho ricevuto un mucchio di lettere da gente che sta provando un profondo senso di disperazione e crede che la propria voce sia stata soffocata dai tamburi e dalle bombe del falso patriottismo. Alcuni sono spaventati dell’emarginazione sul posto di lavoro o a scuola o nei quartieri per essere stati attivi sostenitori della pace. Gli è stato detto e ridetto che non è ‘appropriato’ protestare una volta che il paese è in guerra, e che il loro dovere ora è di ‘sostenere le truppe’… Bene, la buona notizia – se ci può essere una buona notizia questa settimana – è che non solo né io né altri sono stati ridotti al silenzio: milioni di Americani che la pensano allo stesso modo si sono uniti a noi”.

E ancora Michael Moore in una lettera al presidente George W. Bush, “Per favore, caro presidente mandi in Kuwait le sue figlie” pubblicata su “La Repubblica” il 21 marzo 2003: “Caro Presidente Bush, e così è venuto il giorno che lei chiama "il momento della verità". Sono lieto di sentire che questo giorno è finalmente arrivato. Perché, glielo devo proprio dire, essendo sopravvissuto per 440 giorni alle sue bugie, non ero sicuro di poterne sopportare ancora. Ho anch'io alcune piccole verità da condividere con lei:

1) Non c'è nessuno in America che sia felice di andare alla guerra. Esca dalla Casa Bianca e cerchi in qualsiasi strada d'America almeno cinque persone felici di andare ad uccidere gli iracheni. Non li troverà. Perché? Perché nessun iracheno è mai venuto qui a uccidere uno di noi.

2) La maggioranza degli americani ovvero quelli che non hanno mai votato per lei non ha perso la testa. Sappiamo bene cosa affligge le nostre vite quotidiane: due milioni e mezzo di posti di lavoro persi da quando lei si è insediato sulla poltrona presidenziale, la borsa diventata ormai un gioco crudele, la benzina a due dollari. Bombardare l'Iraq non risolve nessuna di queste questioni.

3) L'intero mondo è contro di lei, Signor Bush. E tra di loro metta anche i suoi compatrioti Americani.

4) Il Papa ha detto che questa guerra è sbagliata, che è un peccato. Il Papa! Quanto ci vorrà prima che lei realizzi che è solo in questa guerra? Naturalmente, non la combatterà personalmente. Lascerà che altri poveri disgraziati lo facciano al posto suo, proprio come lei fece ai tempi del Vietnam. Si ricorda, vero?

5) Dei 535 membri del Congresso, solo uno ha un figlio o una figlia nelle forze armate. Se vuole difendere l'America, per favore invii ora le sue due figlie in Kuwait. E lo stesso facciano tutti i membri del Congresso che abbiano figli in età da militare.

6) Certo, i francesi possono anche essere dannatamente noiosi. Ma non ci sarebbe stata l'America se non fosse stato per i francesi, per il loro aiuto nella guerra rivoluzionaria. La smetta di pisciare sui francesi e li ringrazi. Ma sorrida, questa guerra non durerà a lungo perché non saranno poi tanti gli iracheni pronti a sacrificarsi per Saddam. Si impegni nella vittoria, sarà un bel viatico per le prossime elezioni. Mantenga viva la speranza! Uccida gli iracheni che rubano il nostro petrolio!!!

Suo, Michael Moore”

A questo punto o Michael Moore è uno con le palle quadrate o abbiamo a che fare con un geniale dilettante, che ce lo sta mettendo dabbasso e noi manco ce ne siamo resi conto affamati come siamo di trovare una antiamericano tra gli americani. Oggi, forse, non si sta facendo una buona pubblicità, ma la guerra finirà, e Bush non sarà più insediato alla Casa Bianca. Le guerre non giovano all’immagine pubblica e politica di nessuno, e Bush domani sarà ricordato veramente male, mentre Michael Moore potrebbe persino proporsi lui come presidente. Perché no? In fondo, un attore hollywoodiano l’America l’ha già promosso Presidente: Ronald Reagan non è stato un film, è stata la realtà. Se domani Moore venisse eletto Presidente, non sarò io a dichiararmi incredulo. No, Moore, con tutta probabilità non sarà Presidente, ma intanto sta facendo tesaurizzazione di buoni propositi, che domani gli frutteranno un bel po’.

Intanto “Stupid White Men” di Michael Moore è già in libreria anche in Italia e promette di diventare uno dei titoli più venduti del 2003, un libro-accusa contro l’amministrazione Bush che in America – sottolineo in America non altrove – ha venduto oltre 600.000 copie. Bene, allora l’America non è così cattiva come la disegnano i giornali, forse qualche bravo americano onesto c’è ancora. Indubbiamente. Peccato che 600.000 anime sono niente in un territorio che vanta una popolazione di…!!! Pensate, New York City da sola conta 7.380.906 milioni di abitanti: 600.000 anime pie sono una briciola.

Il pacifismo, la protesta, sono diventati capitale da investire per il futuro, un capitale che frutterà soldi e gloria. Ma già sta fruttando oggi questo capitale: i tanti pacifisti dell’ultimo momento, italiani e non, quelli che lo sono da sempre, si sono impegnati alacremente a dar corpo a libri, commedie teatrali, gadgets, tutto in nome dell’anima del commercio pacifista. Magari i fondi raccolti attraverso questo commercio verranno destinati “in missioni umanitarie”, ma chi sarà promotore degli aiuti di oggi e di domani? Chi? E chi ne godrà?  

In Iraq, le milizie americane dopo aver fatto i porci dei comodi loro -  hanno ammazzato per il semplice gusto di ammazzare, perché Saddam Hussein non l’hanno mica beccato, e poi beccare Saddam era tutta una scusa per mettere le mani sui pozzi di petrolio, io la vedo così – e adesso, tentano di formare una polizia locale. Ma chiaramente, il nuovo regime militare sarà americano. Niente di strano fin qui, nel senso che da certi americani non ci si poteva aspettare nulla di diverso. Ma ora, ciò che mi preoccupa è che gli americani per formare questo “regime poliziesco di pulizia etnica” hanno chiesto aiuto agli iracheni. Ma quali iracheni? Ex agenti che si dice esser stati contattati perché ostili a Saddam prima che venisse rovesciato il regime di quest’ultimo. E questi ex agenti, io non li vedo affatto bene: chiaramente sono al soldo di Bush, ma la caduta di Baghdad è avvenuta troppo facilmente. E’ stato come tagliare un panetto di burro con una piuma. Sospetto che proprio questi iracheni venduti abbiano operato affinché le forze angloamericane entrassero a Baghdad senza troppi problemi. Intanto due di questi agenti venduti a Bush si sono appellati attraverso il network arabo al Jazeera agli ex colleghi "per ricostruire insieme l'Iraq". Quale Iraq? I saccheggi continuano e i network propongono immagini di iracheni festanti perché Saddam non c’è più. Ma stranamente sono gruppetti quelli che i network ci fanno vedere, gruppetti pagati per far pubblicità ai marines liberatori americani? Basta spostare l’occhio dalle immagini proposte in tv, perché ci si renda conto che il popolo iracheno è smembrato e vige la legge della giungla: il più forte prende tutto e il debole (bambini, anziani, malati, ecc. ecc.) soccombono. I saccheggi, si dice, che siano concentrati soprattutto nelle case degli alti esponenti del regime, ovviamente tutti irreperibili (!!!). Ma non è vero. Non per me. I saccheggi sono in ogni angolo dell’Iraq, o meglio in un territorio ormai invaso dai marines e, soprattutto, dalle mafie locali. A Kut, nel sud est dell'Iraq, sono in molti a paventare attentati terroristici da parte dei paramilitari asserragliati nello stadio, che vorrebbero interferire coi piani dei leader locali intenzionati a lasciare la città alle forze della coalizione. E intanto il comando americano di Doha ha reso noti i nomi dei cinquantacinque super ricercati del regime iracheno. In testa, ovviamente, Saddam e i figli Qusay e Uday. Una vera e propria caccia all’uomo o solo una finta? Saddam si dice che sia morto. Una leggenda vuole addirittura che si sia sottoposto a plastica facciale. Per me Saddam è sporco, anche lui al soldo di Bush, o almeno lo è stato. Ha consegnato Baghdad agli angloamericani e di lui non c’è più traccia, ma, stranamente, gli ex agenti iracheni contro Saddam, non contenti del ruolo infame di Giuda, adesso collaborano con i “terminatori etnici made in USA”. Jalal Talabani, un leader curdo, ha affermato che collaborerà per la creazione di un Iraq democratico ma pretende allo stesso tempo di conservare l'autonomia per la sua etnia; ma quale autonomia? L’Iraq è stato venduto agli americani e io sospetto che sia stato lo stesso Saddam. Se le cose stessero veramente così, allora… Non voglio trarre conclusioni affrettate, perché ho già disegnato un quadro fantapolitico abbastanza orwelliano, ma forse in questo mio delirio c’è qualcosa di vero, qualcosa che è solo possibile intuire e che non si può dimostrare, ma ciò non significa che abbia detto solo stronzate. Che sia l’intuizione forma e mezzo per conoscere verità altrimenti impossibili da mettere a nudo? Non lo so. Forse sono solo mie paranoie, ma non ci vedo giusto. Troppi elementi non quadrano, insomma come animale sento puzza di marcio. E anche se Saddam non fosse (stato!!!) al soldo degli americani, se Saddam fosse già morto stecchito, adesso gli USA darebbero la caccia a un fantasma? Perché? Quale l’interesse nascosto oltre l’avere la testa di Saddam Hussein? Non lo so. Non ancora.

Ma so di per certo che l’Iraq non esiste più: è diventato territorio di una milizia mafiosa irachena e angloamericana, che ha come precipuo interesse quello di attuare “pulizia etnica”, “terminare gli oppositori”, quelli che guardano male i marines, i fottuti liberatori. Mi dispiace, ma gli americani, il governo, quelli che hanno distrutto, ammazzato, tutti quelli che si sono promossi volontari nazisti, non li posso assolvere, non li perdonerò oggi né domani; e se un dio disgraziato esiste in cielo o all’inferno o in qualsiasi dove, anche lui è colpevole quanto e più di Bush, Blair, Berlusconi & Affini, e anche questo dio ipotetico non merita assoluzione alcuna. Le telecamere puntano i loro obbiettivi su gruppetti sparuti di iracheni festanti, ma io penso che questi iracheni che gridano “W gli americani” siano stati costretti con la forza o pagati. La verità è là dove gli obbiettivi delle telecamere non arrivano. Le telecamere, qualche volta per sbaglio di regia, hanno inquadrato anche la disperazione e la sofferenza, e forse gli operatori non ne erano neanche coscienti. Hanno catturato frammenti di una devastazione senza confini, frammenti che dicono più di mille parole. Ma proprio per la loro caratteristica d’esser “frammenti di orrore e miseria”, sono passati inosservati agli occhi dei meno attenti. Ciò che rimprovero ai giornalisti è di aver ricercato a tutti i costi lo scoop, quello d’effetto, e di aver dedicato poca o nulla attenzione a tutto l’intorno fuori dal loro obbiettivo. Nutro tema che non tutti si siano resi conto di ciò, ovvero che la guerra è stata magnificata quasi fosse un evento da godere. Noi abbiamo visto, noi che abbiamo occhi attenti, ma molti hanno chiuso gli occhi per difendersi dalla crudeltà della guerra, o forse solo perché questi frammenti di orrore sono passati velocemente sugli schermi delle tv. Adesso stanno smontando tutti le tende: vige l’anarchia del più forte, e il cibo gettato a terra, l’acqua distribuita malamente, i pochi medicinali, quelli sono, purtroppo, un lusso che solo pochi giovani riescono a prendere con le loro proprie mani febbricitanti di paura e sgomento. Gli anziani, i bambini, le donne, avranno mai la possibilità di ottenere un minimo sollievo dagli aiuti umanitari? Temo di no.

In Iraq c’è confusione panica. Gli americani, loro che si definiscono liberatori, adesso vogliono la testa di Saddam. Hanno fatto terra bruciato di tutto, e se la sono lasciata alle spalle. Chi ne paga le conseguenze è il popolo iracheno. E se domani arriveranno degli aiuti *reali*, come saranno gestiti? Chi li gestirà? Probabilmente iracheni mafiosi al soldo degli USA.  

Intanto alcune voci ufficiose fanno pensare che presto gli americani muoveranno guerra contro la Siria.

E in mezzo a tutto questo disumano sfacelo, il museo archeologico di Baghdad è stato saccheggiato, la biblioteca è stata data alle fiamme. E nessuno ha fatto niente. I predoni hanno danno alle fiamme tutta la storia dell’Iraq, hanno saccheggiato: sono al soldo di Bush? Temo di sì. E infatti, i marines voltano il capo facendo finta di nulla. In pratica, lasciano che siano gli sgherri iracheni al soldo degli americani a fare questo sporco lavoro di cancellazione della memoria storica-culturale che, comunque, presto o tardi, avrebbero fatto con le proprie mani made in USA&GETTA. 

Se non è stata presa alcuna contromisura è perché Bush mirava anche all'annientamento storico e culturale del popolo iracheno. Anche di questo Bush dovrà rispondere... Tanti dovranno rispondere delle loro azioni… Mi chiedo quando sarà e se sarà.

Il Comando centrale statunitense ha iniziato a ritirare le forze aeree dispiegate nello scacchiere del Golfo: il Pentagono ha spiegato la decisione come diretta conseguenza delle parole dell'amministrazione Usa, secondo cui le battaglie campali "sono ormai alle spalle". Ritirati i bombardieri stealth B-2 ora presso la base aeronautica Whiteman, nel Missouri, ritirati i caccia F-117 ora presso la base statunitense di Holloman, in Nuovo Messico, il Pentagono dice che sono stati tutti destinati ad altre missioni, ma molti sono stati messi “in garage”. Le forze americane stanno accelerando le procedure di ritiro dall’Iraq, anzi se ne sono già andate: sono ormai rimasti pochi “capetti”, che non è escluso che loro compito principale (personale) sia di raggranellare qualcosa.

La CCN italiana commenta tutto ciò così: “Si sta aprendo, dunque, una nuova fase nella strategia militare americana in Iraq. Le forze di impatto cessano di avere una funzione principale e d'ora in poi saranno impegnate solo le unità terrestri, chiamate a controllare e stabilizzare la regione, e l'aeronautica, chiamata a controllare i cieli sopra Baghdad. Il primo obiettivo, ora, diventano le armi di distruzione di massa.”

Dunque qualcuno resterà in Iraq… Gli americani hanno deciso che, in fondo, il mezzo migliore per uccidere gli uomini è ancora l’uomo, infallibile corruttibile macchina da guerra. “Non temo le parole dei violenti, mi preoccupa molto il guerreggiare di chi si dichiara onesto pacificatore”, questo dico io. E in ultimo: “Mai più pubblicità alla guerra e al facile pacifismo.”     

GIUSEPPE IANNOZZI


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