PROCESSO AL GRANDE FRATELLO… TREMATE, TREMATE LE STREGHE SON TORNATE SU I TG

Di GIUSEPPE IANNOZZI

 

La nostra generazione è perduta. Una frase fatta, non c’è dubbio. Nessuno ha intenzione di prendere le difese della nostra generazione: siamo soliti piangerci addosso per ogni più piccolo accadimento, oggi piangiamo perché il fidanzato ci ha lasciato, domani siamo da Maria De Filippi ad impetrare il perdono del nostro Principe (o Principessa) Azzurro (o Rosa); se poi domani ci sbattono fuori a calci in culo dal lavoro, domani siamo da Maurizio Costanzo a vestire gli improbabili panni di Che Guevara e a sparare a destra e a manca che la situazione sociale/politica attuale non ci soddisfa affatto e che qualcosa, qualcuno dovrà pur farla e presto perché altrimenti lo scontento generazionale rischierà di implodere.

Bene, questo è quello che fa la nostra generazione, quella degli anni Settanta e che oggi sono giovani trentenni arrabbiati con la bava alla bocca sempre disposti a credere che l’erba del vicino sia più verde. La nostra generazione è nata perduta, questo sia chiaro, non è che si è persa per strada. Nati intorno agli anni Settanta siamo passati incolumi (o quasi) attraverso gli anni Ottanta e siamo arrivati tranquillamente al Duemila pienamente borghesi, fatti e strafatti di idiozie pubblicitarie: la nostra albagia ci ha illusi di essere i padroni del mondo, quando in realtà non siamo altro che degli schiavi inconsapevoli del sistema, ma soprattutto siamo schiavi di noi stessi che è peggio ancora. Il Sessantotto, quando noi non eravamo ancora nati, in quel periodo turbolento qualcuno si è illuso che il mondo poteva esser cambiato in meglio; oggi, storicamente parlando, facendo le debiti analisi del caso ci rendiamo conto che i sessantottini, pur essendo animati dalle migliori intenzioni, non sono riusciti a portare avanti i loro progetti ‘per un mondo migliore’. Il fatto è che ‘un mondo migliore’ non esiste se non néi sogni di ogni generazione: ognuno di noi vive il suo proprio momento storico, può tentare di smussare le acerbità della sua condizione sociale, ma osare oltre è un impegno impossibile perché mancano i mezzi ma soprattutto mancano le idee; se nel Sessantotto le idee c’erano per quanto confuse, oggi idee non ne ha più nessuno. Nel Duemila, il nostro oggi è quello dei giovani che pretendono tutto senza neanche aver coscienza di cosa è loro per diritto e cosa non lo è: ci si gonfia il petto, si mettono in mostra barbe incolte, si parla uno slang volgarmente italiano e ci si dice alternativi, poi si va in strada e si sputa in faccia al primo venuto. No, questo comportamento non mi piace, non è solo ampiamente discutibile, questo modo di fare non è punto e basta: è solo borghese ‘fascismo’ travestito da socialismo rivoluzionario. Ora, sicuramente, in molti (forse in troppi!) ce l’avranno su con me: peccato per loro, evidentemente se la loro rabbia gli è arrivata alla testa è perché hanno la coscienza sporca. E gli spiego anche perché: come è possibile credere anche solo in via teorica ad un rivoluzionario, ad un alternativo che mi difende “Il Grande Fratello” e compagnia bella? Bene, qualcuno mi dice che l’alternativo ricusa in pieno la filosofia del “Grande Fratello”, eppure io continuo a non credergli. Perché? Semplice: il vero alternativo non ha bisogno di etichette, non ha bisogno di sbandierare ai quattro venti la sua fede politica (o religiosa), non  ha bisogno di mettersi in mostra vestendo abiti improbabili, non ha bisogno di sputare in faccia a chiunque indossi una giacca e una cravatta: il vero alternativo è colui che è alternativo nella testa, nel cervello, che se fotte della moda dell’apparire a tutti i costi, che se ne strafotte di vestirsi come una bandiera per darsi una identità fittizia. Ragazzi, anche questo modo di atteggiarsi, queste positure socialiste anarchiche sono immagine a trecentosessanta gradi assimilabili a quello che è il concetto pseudo-filosofico del Grande Fratello; non avete mai avuto l’impressione che il mondo è solo un grosso contenitore, una camera oscura dove le nostre coscienze vengono sviluppate secondo il piacere di pochi, dei soliti che ci vogliono in catene? Io ho la netta impressione che ogni mio passo è spiato, analizzato, inquadrato e classificato: mi spiego meglio: se oggi vestissi i panni di Alice nel Paese delle Meraviglie, domani tutti mi guarderebbero in tralice e mi direbbero dietro le spalle (ovviamente!) che sono almeno un po’ tocco se non di peggio. Se poi domani continuassi ad ostinarmi a vestire i panni di Alice, bene, non susciterei più tanta attenzione da parte della massa perché questa mi ha già inquadrato, quindi sono un fenomeno sociale e come tale posso servire alla causa del capitalismo. Il fenomeno sociale è quanto di peggio in questo momento storico si possa immaginare: questo viene preso da chi ama il Grande Fratello e lo mette in bella mostra néi TG e non contento di ciò lo invita pure ai talk-show. Ora qualcuno sarà veramente incazzatissimo, come posso dargliene torto! Ovviamente, mi sembra chiaro, che non tutti si lasciano incastrare, ma i più ci cascano. Prendiamo ad esempio gli accadimenti di Genova per il G8 del 2001: i mezzi di informazione non hanno esitato a far di tutta l’erba un fascio, gli schermi televisivi sono stati invasi da pura violenza gratuita, nessun commento da parte dei giornalisti il più delle volte convinti che le immagini si commentassero da sole, e difatti si sono commentate da sole, o meglio l’opinione pubblica le ha adattate alla sua propria mentalità borghese, ha finito con il condannare tutto e tutti, anarchici, gruppi sociali, pacifisti, insomma la mentalità borghese ha detto che i giovani di oggi fanno solo casino. Detto in termini molto brutali questa, purtroppo, è la realtà: le immagini, solo le immagini sono state tradotte in messaggio, in notizia, e queste immagini-notizie la televisione ha continuato a strumentalizzarle proponendole giorno dopo giorno senza commenti (o con un timido accenno di commento, giusto l’imbeccata necessaria all’opinione pubblica per metterla sulla buona/cattiva strada), insomma le ha usate come una droga e tutti (o quasi) si sono lasciati violentare da questa droga. Volenti o nolenti, contestatori o meno, tutti sono stati strumentalizzati dal tubo catodico, dal Grande Fratello. Poi, chiaramente, qualcuno finisce néi talk-show, da Maurizio Costanzo, i più sfortunati, quelli che Costanzo non considera poi troppo prodotti nostrani li spedisce a ‘C’è posta per te’, comunque si rimane tutti caldamente in famiglia.

Ora, a me la situazione attuale sembra esser radicalmente vicina a quella che George Orwell descrisse nel suo più famoso romanzo, 1984: siamo tutti strumentalizzati, volenti o nolenti e chi si ribella usando la testa, bene, subito viene escluso dal mondo, neanche più guardato come un personaggio caratteristico dell’Italia dei costumi che cambiano. Chi usa la testa è una persona pericolosa: se qualcuno ha letto Jack Folla Alcatraz e No di Diego Cugia sa di cosa sto parlando. Per molti, forse, quello che sto dicendo può apparire come fantascienza di bassa lega, paranoie; peccato che così non sia, piacerebbe anche a me che le cose non stessero così come le ho descritte. Quando guardo i telegiornali non posso fare a meno di guardare giornalisti inquadrati a mezzobusto, in posa, con tanto di cachinno stampato sul volto pittato e sentire dalle loro bocche oltremodo stuprate da un rosso acceso rossetto che l’undici settembre 2001 è stata una giornata che ha cambiato il volto del mondo… Il problema è che ti dicono certe cose con la naturalezza tipica di chi sta dando notizia che la nuova Barbie immessa sul mercato ha già venduto in tutti i paesi (quelli del Terzo Mondo compresi!) milioni di pezzi. E’ incredibile la superficialità che il giornalismo attuale ha saputo inglobare in sé: si parla di stragi, di guerre, di fame, di morti con il sorriso sulle labbra, poi un momento di contrizione affettata, giusto il tempo perché il servizio vada in onda, e come nulla fosse, si volta pagina e l’utente viene avvolto e sodomizzato da quello che è il suo grande eterno amore, lo sport, nella fattispecie il calcio. Ora diciamocelo pure chiaramente: problemi o non problemi, quando l’italiano medio borghese sente parlar di calcio dimentica subito tutto il resto, poco importa a quale classe sociale e fede politica appartenga, perché il calcio, nel bene come nel male, mette in disaccordo tutti che è come dire che unisce tutti nell’unanime grido “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali di altri!”. Ed allora volano gli insulti, la guerra é dimenticata, la fame nel Terzo Mondo pure, perché domani è Domenica e non ci si può esimere dall’andare allo stadio a spaccare qualche testa nel nome della solidarietà sportiva, nel nome dell’agonismo.

Se questa è la nostra generazione siamo davvero messi male. Con l’innocenza dei bambini abbiamo attraversato gli anni Settanta per trovarci subito scaraventati nel mondo dell’immagine degli anni Ottanta: qui siamo stati bombardati da milioni di tettone e volgari comici da Drive-in, che ci hanno illuso che la società è perfetta così com’è e noi non abbiamo neanche approntato una qualsivoglia critica agli anni Ottanta e nemmeno abbiamo osato far esame di autocritica, poi gli anni Novanta sono entrati nella nostra vita con la prepotenza del NULLA e neanche ce ne siamo accorti perché questi erano anni bui, da medioevo, insomma è stato come esser stati buttati nel bel mezzo di un buco nero; miracolosamente, ma neanche poi tanto, siamo entrati nel Duemila con la testa nel pallone. E finalmente ci siamo accorti che qualcosa di marcio il sistema stava covando: indarno abbiamo tentato di combattere contro tutto quanto non ci andava a genio, ma abbiamo lottato nel modo sbagliato, ci siamo serviti dei mezzi sbagliati, quegli stessi mezzi che ci hanno definitivamente eletti schiavi degli schiavi. Se i nostri padri che hanno fatto il Sessantotto e ne sono usciti sconfitti pur avendo delle idee per quanto organizzate così così, noi se non ci diamo una svegliata schiavi siamo nati e schiavi rimarremo delle immagini, degli stereotipi che questa società ci impone. Il Grande Fratello ci ha assorbiti quasi tutti, ci ha ridotti a delle larve viventi, sembra quasi che il mondo che ci circonda non sia altro che una macabra scenografia lovecraftiana commista a piani dimensionali escheriani, ovvero null’altro che una prigione che apre porte su altre prigioni e così per sempre. Noi questo modello ‘eterno’ di ‘sempre’ dobbiamo evaderlo, darci una identità propria che non si basi su nessun pregiudizio: dobbiamo imparare ad usare la nostra testa e prima lo faremo meglio sarà per noi tutti.

Un ultimo consiglio: guardiamo meno televisione, boicottiamo i telegiornali faziosi e prezzolati, leggiamo di più, molto di più, di tutto, senza pregiudizi, solo così sarà possibile avere una visione a trecentosessanta gradi di quella che è la realtà che i mass-media di largo consumo non ci vogliono far conoscere, solo così sarà possibile evadere da questa prigione escheriana. Possiamo essere ancora una generazione che ha molte cose da dire, da fare, tutte originali, l’importante è uscire dal coro informativo del “Tremate, tremate le streghe son tornate”, da quel coro che fa bella mostra di sé néi Tg.

GIUSEPPE IANNOZZI


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