Dalla lotta per la guarigione della mano sinistra al canto dell'amore universale
CARISSIMO SIGNOR GIORGIO GABER

Accettiamo e divulghiamo il tuo testamento

di Reno Bromuro

 

Giorgio  Gaber,  vero nome Giorgio Gaberscik, nasce a Milano il 25 gennaio 1939. A quindici anni  inizia  ad  esercitarsi con la chitarra  per  curare  il  braccio  sinistro colpito da paralisi. Dopo  essersi  diplomato in ragioneria  s'iscrive alla facoltà di Economia e Commercio  alla  Bocconi, pagandosi  gli studi con i soldi guadagnati  suonando  e cantando al  Santa  Tecla, un  locale  di Milano frequentato tra gli altri da Celentano.Proprio in questo locale viene contattato  da  Mogol  che  lo  invita  alla Ricordi  per  un’audizione:  il  provino  va bene e lo stesso  Ricordi  gli  propone  di incidere  un  disco. Il  disco   contiene quattro canzoni,  la principale  è  «Ciao ti dirò».

Gli  anni  ’60  vedono  crescere  continuamente  la  sua  popolarità: partecipa  ad alcuni  Festival di Sanremo,  gira caroselli e  presenta   qualche  trasmissione  televisiva. Nel 1965 si sposa con Ombretta Pomelli (Colli).

«Canzonissima 1969»  presenta   «Com'è bella la città», una  tra  le prime canzoni in cui traspare la sua sensibilità sociale.

Nel 1970  il  Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire un recital, nasce  così «Il Signor G»:il primo di una lunga  serie di spettacoli  musicali  portati in teatro  che alternando  canzoni a monologhi trasportano lo spettatore in un’atmosfera che sa di  sociale,  politica,  amore, sofferenza e speranza, il tutto condito con una  ironia  tutta  particolare, che  smuove
risate e coscienze.

Gianluca Grechi su Letture di giugno/luglio 1992 scrisse, la gioia e l’amore di Giorgio per lo spettacolo, di cui riportiamo alcune frasi:«… Lo spettacolo non cede un solo istante alla noia o alla nostalgia fine a se tessa, non celebra ma stimola in ogni istante e colpisce per la sua calibrata arguzia e intelligenza».

In un’intervista a L’unità, nella rubrica «Cabaret» Gaber affermò: «Credo che il pubblico mi riconosca una certa onestà intellettuale. Non sono né un filosofo né un politico, ma una persona che si sforza di restituire, sotto forma di spettacolo, le percezioni, gli umori, i segnali che avverte nell’aria».

Lo scorso anno intervistato da Michele Serra (era appena uscito il suo album «La mia generazione ha perso»), sul contenuto del disco, Giorgio con infinita amarezza, con la voce spezzata dai singhiozzi dell’anima, affermò:

«Viviamo un passato tradito, per questo ho intitolato il disco «La mia generazione ha perso». Un album che racconta le riflessioni e un omaggio al Sessantotto.

«Il mondo ci sembra peggiore perché lo è davvero o perché non siamo più giovani, e ce lo sentiamo sfuggire di sotto i piedi? (esordisce Gaber) E quando ci si duole perché il mondo non ci capisce più, non sarà che siamo noi a non capire più il mondo?»

Michele Serra espone le sue considerazioni, con razionalità, senza quegli abbandoni retorici che a volte l’amicizia e l’ammirazione ti portano a vivere anche mentre verghi il resoconto sulla carta.  «Grande tema per una grandissima canzone, La razza in estinzione, inconfondibilmente gaberiana nel suo pathos acre, nella sua teatralità impetuosa. Canzone doppia, con un primo piano dominato dall'invettiva senza quartiere, dal malessere morale, e in secondo piano un dubitoso arretrare, un passo indietro rispetto a quanto si è appena detto sul proscenio. Forse l'età di cui si maledicono gli usi e i costumi ha soprattutto questo di insopportabile: che non è più la nostra.(…) A parte la nobiltà dell'omaggio al Sessantotto (è sempre Michele Serra che commenta), la grande intuizione artistica della canzone sta però in quell'umore aggiunto, in quella riflessione più pacata, e universale, sullo sfumare degli anni. Così che quasi ogni generazione, ascoltandola, potrebbe riconoscersi nel destino di anacronismo e di sconfitta che segna, sempre, l'abbandono della giovinezza».

Non ci stupisce, che un provato «attorecantore», dopo mezzo secolo di carriera e trent’anni di grande teatro (è stato direttore artistico del Teatro Stabile di Trieste), riesca a erigere la sua figura a gigantesco strumento artistico.

La razza in estinzione continua il racconto, iniziato quando ancora ragazzo cominciò a sfiorare le corde della chitarra per tenere efficiente quella mano che non voleva saperne di guarire, sento che non è finito, anche perché sono convinto che nessuna generazione sia stata mai vinta se ha lottato per i propri Ideali, per la Pace, per l’Amore Universale tra i Popoli; finché un Poeta avrà le parole e il coraggio per raccontarla.

Dal sito Gaber ho tratto il commentato dei brani, fatto dallo stesso Giorgio.

SI PUO' - «Libertà» è una delle parole più usate nel vocabolario della politica. Se ne fa un uso talmente strumentale da farle perdere qualsiasi significato. E soprattutto, in un mondo così disposto allo sproloquio, diventa un contenitore nel quale ognuno ci può mettere quello che vuole. In un'epoca dominata dal mercato e così piena di innovazioni siamo travolti da possibilità effimere, desideri inconsistenti e aspirazioni fasulle. Quello che ci manca e di cui spesso siamo inconsapevoli è l'unica libertà vera che è quella di pensare.

VERSO ILTERZO MILLENNIO - Il nostro vivere quotidiano è continuamente coinvolto da situazioni e avvenimenti che ci sorprendono e che ci creano sconforto. Ciascuno di noi ha dentro di se un'indignazione che non trova risposta e che si traduce in una sorta di depressione e di impotenza rassegnata. Ma forse questo non è uno specifico del nostro tempo. Forse la condizione umana è sempre stata attraversata dalla fatica e dal dolore che una volta accettati consentono all'individuo una visione della realtà più lucida e consapevole e una possibilità più concreta e meno velleitaria di cambiare le cose.

IL CONFORMISTA - L'uniformarsi ai cambiamenti e ai percorsi della storia non è in se un fatto negativo e, anzi, può rappresentare il reale desiderio di partecipare all'evoluzione dell'essere umano. Ma quando l'individuo aggrappato ai suoi vecchi principi e ideali non accetta il cambiamento costituisce un freno per la comunità. Il conformista di oggi è ancora diverso: si adegua, si trasforma e si adatta a qualsiasi nuova situazione con estrema facilità e per malcelato opportunismo. D'altronde in questa società superficiale e disgregata, i requisiti della propria affermazione in ogni campo sembrano necessariamente dover passare attraverso un mutevole e modaiolo conformismo.

QUANDO SARO' CAPACE D'AMARE - Nonostante la fragilità delle famiglie e delle coppie l'amore sembra restare un valore assoluto. In suo nome si accetta qualsiasi tipo di trasgressione e a volte anche qualsiasi tipo di nefandezza. Le nostre vite si riempiono così di facili innamoramenti e di brividini vanitosi che ci gratificano, ci esaltano e ci appagano. Forse sarebbe opportuno interrogarci su questi amori e chiederci ogni tanto se siamo effettivamente capaci di amare.

LA RAZZA IN ESTINZIONE - E' come se, ad un certo punto della propria vita, si sentisse l'esigenza di un bilancio non solo personale ma anche generazionale. Noi, con i nostri slanci, i nostri ideali, le nostre passioni e le nostre utopie siamo riusciti davvero a migliorare il mondo? Sembrerebbe proprio di no. Tutto quello in cui noi abbiamo creduto non ha più riscontro, non esiste più. Ma forse non è una catastrofe, forse il riconoscere i nostri fallimenti ci fa male ma è l'unica soluzione per ritrovare energia, entusiasmo e soprattutto voglia di vivere.

CANZONE DELL'APPARTENENZA - La nostra evoluta società è riuscita grazie alla tecnologia a fornirci strumenti rapidi e veloci di conoscenza, di informazione e di comunicazione. Il mondo è diventato più piccolo e siamo addirittura in grado, schiacciando un bottone, di rapportarci con qualsiasi individuo in qualsiasi parte del mondo. E allora come mai ci sentiamo sempre più isolati e più soli? Forse quello che ci rende sempre più smarriti e incerti sul futuro è la sensazione di non essere parte di una reale aggregazione, di una vera comunità. Ci sembra che tutto ci appartenga ma ci rendiamo conto che noi non apparteniamo a nulla.

IL POTERE DEI PIU BUONI - E' difficile pensare che ci sia stato un altro periodo della storia in cui gli uomini siano arrivati al nostro livello di egoismo. Un uomo oggi, non avendo remore di morale e di coscienza, quanto più gli conviene tanto più è cattivo. Sembra che il mondo sia dominato da interessi unicamente personali. Eppure non si è mai parlato così tanto come in questi tempi di solidarietà e di bontà. Forse per illuderci di essere migliori, forse per confonderci un po' le idee o forse perché anche in questo caso c'è qualcuno a cui conviene.

UN UOMO E UNA DONNA - «Questa cosa che noi chiamiamo amore» è certamente il sentimento più importante della nostra esistenza. La complementarietà e la contrapposizione fra un uomo e una donna costituiscono i presupposti della vita e quindi della nostra sopravvivenza. Ma tutto ciò che ci circonda ci condiziona e ci disorienta rendendo sempre più difficile e problematico il rapporto intimo fra due persone che vogliono costruire un progetto comune profondo e duraturo.

DESTRA E SINISTRA - Le diverse posizioni degli schieramenti politici sono oggetto di estenuanti dibattiti, dichiarazioni e interviste che ci arrivano addosso dai giornali e dalle televisioni. In assenza di ideali e forse anche di idee, tutti si preoccupano di esasperare le differenze per affermare e giustificare una propria peculiare identità che al contrario ci appare sempre più confusa e indistinta. E allora vien voglia di esasperare il gioco: questo è di destra, quello è di sinistra. Ma cosa sono realmente la destra e la sinistra?

IL DESIDERIO - La sociologia, la psicologia, le terapie analitiche, addirittura la religione, sono da sempre costantemente impegnate a comprendere, ad elaborare teorie e a dare risposte sulla natura e sulle difficoltà dei rapporti umani. Ma sembra che tutto questo sforzo non riesca a tradursi in un aiuto effettivo volto a semplificare e a rendere più autentiche le relazioni tra le persone. Ciò che forse non viene tenuto nella giusta considerazione è quel sentimento tanto semplice quanto misterioso che chiamiamo desiderio senza il quale nulla riesce ad essere vitale.
L'OBESO - Come per certe malattie che hanno contraddistinto le varie epoche della storia, l'obesità può forse essere intesa come metafora del nostro tempo. Non si tratta solo di un eccesso di peso che non riesce ad essere smaltito, quanto di una predisposizione collettiva ad assorbire una quantità esagerata di stimoli e di conoscenze che non hanno nessuna possibilità di essere effettivamente metabolizzate e OEfisicizzaté dagli individui. E che ci rende tutti, magri e grassi, «obesi».

QUALCUNO ERA COMUNISTA - La caduta delle ideologie se da un lato ci consente una visione più critica della realtà, dall'altra ci rende orfani. Nel sentirsi comunista ognuno ha tentato a modo suo di crearsi non solo un'identità, ma anche un'appartenenza capace di ridare un senso collettivo alla vita di milioni di persone. E nello stesso tempo ha rappresentato un modo di essere "contro" per cambiare veramente la vita. Ora tutto questo non c'è più. Ora è rimasto solo il ricordo e la nostalgia di una generazione che ha creduto in certi valori e in certe idealità, che soffre di questa mancanza e che si ritrova sola con un senso di vuoto e di doloroso smarrimento.
Se analizzate con attenzione, i singoli brani o tutto l’insieme dell’opera (album) vi rendete conto che, nonostante il titolo pessimistico e deludente, in essi sprizza ottimismo e credo nell’amore infinito dell’uomo. Ed è proprio questo il messaggio il Suo Testamento spirituale per un domani in cui dalla terra fertile dell’amore sbocceranno mani pronte a stringersi per camminare verso un mondo dove regni solo la Pace e questo nobile sentimento.

Reno Bromuro

 

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