LA FIERA DEL LIBRO 16-20 MAGGIO 2002 A TORINO LINGOTTO

"UNA BANCA DEL TEMPO PER LEGGERE MA SOLO SI LEGGE LA PUBBLICITA'" 

Di GIUSEPPE IANNOZZI

 

 

Come tutti gli anni, anche quest’anno Torino ha ospitato la Fiera del Libro: il tema, quello di una banca del tempo per leggere. E già cominciamo male: infatti, sembra che gli italiani non leggano più molto, non come un tempo, poi qualcuno avrà la bontà di spiegarmi punto per punto (punti esclamativi inclusi) quando mai gli italiani sono stati un popolo di lettori, di uomini di lettere o più semplicemente di spiriti liberi. Comunque…

La fiera c’è stata dal 16 al 20 maggio e Torino è diventata in queste giornate la mecca (per qualcuno la zecca!) della cultura, una cultura con la c minuscola, sia chiaro: gli italiani leggono al massimo la pubblicità, anzi è la sola cosa per cui rischiano la miopia o l’astigmatismo. Beh, qualche caso eccezionale c’è ancora: la figura dell’erudito non è morta nel water, diciamo che si è specificata in un preciso ramo, quello dell’interpretazione delle istruzioni intelligenti per un corretto uso della carta igienica per dieci piani di morbidezza. Il libro non è più un oggetto intelligente per spiriti liberi, per chi nutre velleità di conoscenza, il libro è diventato una bomboniera costosa con tanto di confetti e messaggio d’auguri che avverte il lettore di usare sempre e in ogni caso il profilattico prima di tentare un qualsiasi atto sessuale con un autore classico o contemporaneo che sia. Eh sì, gli italiani scelgono i libri come son soliti scegliere le donne, cioè in base al loro maschilismo: quindi pretendono che il libro sia innanzitutto erotico, una copertina affascinante e tanta carta dentro, possibilmente riciclata perché è molto simile al silicone. Intendiamoci, io non ho nulla contro la carta riciclata ma molto fastidio mi dà quando questa viene considerata silicone. Il nostro modello tipico di lettore è solitamente un tipo casa e chiesa, con le borse sotto gli occhi, gli occhiali spessi, un principio di calvizie maldestramente nascosto da un riporto (riporto o riportino, dipende dalla gravità del caso) e l’abitudine (vizio) a pizzicarsi la patta dei pantaloni con nervosismo; bene, il nostro tipico lettore se in copertina non trova una avvenente pin-up non ci pensa neanche a comprare il libro. Tuttavia il lettore tipico è spesse volte accontentato, difatti riesce sempre (o quasi) a trovare quello che fa al caso suo, poi, con immediata prestezza, si rifugia nella toilette e dà sfogo ai suoi impulsi culturali. Una volta uscito dalla toilette, un po’ smunto, un po’ claudicante per lo sforzo, si guarda intorno con aria frastornata, guarda con occhi famelici le lolite degli stand della fiera del libro, si sente mancare, allarga il nodo della cravatta, fa un paio di grossi sospiri e fugge via disperato con il suo libro fra le mani tenendolo per un lembo quasi si trattasse di trascinarsi dietro un cadavere. Il lettore tipico, una volta al sicuro nella sua libreria casalinga, ammucchia il volume fra i tanti delle passate stagioni e apre il cassetto dei suoi sogni, tira fuori un manoscritto e si interroga con gestualità e verbosità amletica: “sarò o non sarò uno scrittore pure io un giorno! Questo è il dilemma, se meglio una pippa oggi o un c***o in c**o domani!” Chiaramente non gli riesce di trovare una risposta soddisfacente neanche consultando il Kamasutra, quindi ripone il suo manoscritto rigorosamente scritto su rotoli di carta igienica e si fuma una Marlboro light perché alla sua salute ci sta attento però alla sigaretta non ci rinuncia perché altrimenti non sarebbe un intellettuale a trecentosessanta gradi!

Ma torniamo alla Fiera del Libro di quest’anno: io ci son stato e ho visto, ho visto, ho visto, in pratica ho visto fino a diventare cieco! Dovunque mi girassi c’erano femmine discinte che non potevo non notare mentre promuovevano i libri. Bene, io contro la bellezza femminile non nutro alcun sentimento contrario, ma tutte quelle donnine mi distraevano davvero e io ero al Lingotto per comprare qualche volume intelligente e non per far la parte dell’intellettuale cacciatore. E il cacciatore intellettuale, credete a me, è davvero una cosa brutta che più brutta non si può: in pratica, la leggenda narra che questo particolare tipo di cacciatore sia nato dall’incrocio di un lettore tipico e di una chellerina vergine, che non ha saputo resistere al fascino della barba brizzolata del lettore tipico che a lei si è spacciato come un intellettuale di alto e grande, grandissimo prestigio. Comunque, impossibile dire se le cose stiano veramente così, fatto sta che per fuggire la tentazione di guardare le donnine, alla fine mi sono cacciato nello stand di Avvenire nella speranza di trovare un mezzo prete che mi indicasse la retta via e scacciasse dalla mia anima il demonio maledetto: le cose non sono andate così come avevo sperato, perché al posto d’un pretaccio un po’ inquisitore e un po’ esorcista ho trovato invece due avvenenti ragazze che subito mi hanno cacciato in mano una copia del nuovo Avvenire e con mille blandizie mi hanno tentato a fare l’abbonamento al quotidiano del demonio Guareschi Uno & Trino (n.d.a.: il demonio è Peppone che insegue Don Camillo che a sua volta insegue un non ben precisato individuo che si fa chiamare con il nickname di Mi Castigo di Immenso! o anche Mi Illumino d’Immenso in Fiat!). Cacciato in una così brutta situazione, me la sono squagliata a gambe levate, peggio che se mi avessero buttato addosso l’acqua santa. Dopo questa traumatica esperienza che non raccomando a nessuno, ogni donna che mi si parava davanti non la riconoscevo come tale: i miei occhi vedevano solo una caricatura di Peppone in gonnella con grandi baffi neri! Beh, in un certo senso questo shock lo si potrebbe definire un miracolo perché poi ho potuto continuare tranquillamente la mia promenade tra gli stand del Lingotto e concentrare la mia attenzione esclusivamente su i libri: certo, l’inconveniente di vedere caricature di Peppone in ogni dove un po’ mi dava fastidio, però i miracoli non possono essere perfetti soprattutto quando sono operati su persone mortali che per illudersi che l’anima sia immortale devono legarsi per la vita ai mutui e alle cambiali della casa, della macchina, della bombola d’ossigeno, e così via! Comunque, sia quel che sia, mi son detto, ho sbadigliato un amen e ho continuato il mio giro di perlustrazione all’interno del Lingotto: non ho potuto fare a meno di notare come tutti fossero frettolosi, tutti facevano la gimcana, sembrava un girone dantesco, però mica ho capito perché tutti si davano tanta fretta… Misteri della fede. E per me ancor più mistero perché io di fede non ne ho nei confronti di qualsivoglia cosa animata o inanimata, che esista o non esista sulla faccia di questo nostro pianeta rotondo dove i conti non tornano mai. Ad un certo punto qualcuno mi ha toccato la spalla, mi sono voltato e una (o uno) mi ha spiegato che oggi è possibile imparare a leggere un libro in dieci minuti anche se conta più di mille pagine, almeno così mi è parso di intendere. Mi son grattato come una scimmia la testa, ho strabuzzato gli occhi e son scoppiato in una risata isterica… Poi non ricordo più nulla, un vuoto, solo so che mi son trovato disteso su di un tappetino verde e una musica fatta di OM prolungati all’infinito mi investiva gli orecchi: la New Age. Mi hanno pregato di restare perché a loro detta ero ancora convalescente per un trauma subito, ma io non ne ho voluto che sapere e sono scappato, meglio sarebbe dire che son ruzzolato fuori dallo stand per andare a scontrarmi contro una pila di pentole senza coperchi! Poi, quando ho realizzato che non erano pentole quelle che avevo investito, son stato invaso dal panico perché ho riconosciuto lo stand di… meglio tacere che è meglio. Poi ho sentito la voce della Barale, o almeno m’è parsa la sua, però io intorno a me vedevo solo caricature di Peppone e qualche volta, quando il cielo era misericordioso coi miei occhi, una qualche imprecisata caricatura di Don Camillo che a differenza di Peppone se non altro non ha i baffi. Comunque, la Barale io non l’ho vista e non me ne dispiace. E’ stata una allucinazione uditiva, diciamo così.

Ho fatto una meritata pausa e mi son centellinato una aranciata sfiatata e tiepida che mi ha messo di malumore ancora di più. Insomma sono entrato al Lingotto con tutte le buone intenzioni di questo mondo e subito mi hanno fatto salire il malumore e poi, quando ho deciso per una pausa, mi son visto costretto a bere una aranciata che non offrirei al mio peggiore nemico. Finita la pausa, mi son detto che per la mia anima sarebbe stato meglio provare con qualcosa di più intellettuale, ovvero tentare con la letteratura underground che si dice libera, almeno così vuole la leggenda sull’editoria indipendente: la mia disperazione ha raggiunto il culmine, perché non ho trovato nessuna novità ma solo titoli vecchi di almeno dieci anni e i pochi titoli nuovi erano tutti dedicati a scrittrici che avevano scritto libri su delle loro colleghe. Sono rimasto disgustato, così non ho acquistato niente e me ne son andato da quello stand di perdizione.

Alcune voci… mi son avvicinato… degli editori… li sento inalberarsi e alzare la voce: riesco a capire che secondo loro la Fiera di quest’anno è davvero brutta perché ci sono degli editori che proprio gli stanno sullo stomaco e che non possono digerire. Bella scoperta! Lo sappiamo tutti che fra di loro gli editori si punzecchiano, comunque è interessante alle volte rinfrescare la memoria e con questo spirito ho origliato la loro conversazione. Poi, all’improvviso si intromette un tizio, uno scrittore in erba che caccia fuori da una busta un dattiloscritto e fa per porgerlo a uno di quegli editori, ma subito viene redarguito con male parole, perché l’editore gli spiega che l’editoria non ha proprio bisogno di voci nuove, piuttosto ha bisogno di far maggiore pubblicità a quelle vecchie cariatidi che già ingombrano i magazzini delle case editrici con i loro impossibili saggi e storie di vita vissuta. Il giovane scrittore, mortificato, si è fatto piccino piccino e rosso come un peperone se ne è andato via tutto trafelato. Il crocchio di editori ha continuato a dare sfogo ad una serie interminabile di pettegolezzi su tutto e su tutti: alla fine non ho retto più le loro chiacchiere e li ho lasciati da soli e la mia coscienza mi suggerisce che non ho mai visto degli uomini più soli e sporchi di loro.

Chiamo sul cellulare un mio amico, ma questi ha la segreteria inserita: furbo lui! Perché non ci ho pensato anche io…? Ma non posso fare marcia indietro, o almeno potrei ma ho pagato ben sette Euro per entrare alla Fiera e mi scoccia non poco andarmene dopo neanche un’ora. Così decido che è il caso di restare ancora un po’: visito un po’ tutti gli stand maggiori, Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, ma tutto è confuso, so solo che sono passate almeno un paio d’ore e io ho comprato un po’ di libri che mi sono sembrati intelligenti (n.d.a.: una volta a casa, dopo due giorni di intensa lettura, mi son detto che ho fatto davvero dei cattivi affari tranne per qualche rara perla, ma così è – e va – il mondo del lettore!). Mi squilla il cellulare e rispondo: è un mio amico, mi dice che si trova lì anche lui, ci incontriamo ed è l’unico momento felice della giornata. E’ la prima volta che lo incontro di persona, perché ci siamo sempre scambiati mail attraverso la posta elettronica: parliamo di libri, di quelli veri, poi un accenno all’editoria elettronica, poi il mio amico deve fuggire, ci stringiamo la mano con reciproca stima e amicizia e ognuno se ne va per la sua strada. Rimango da solo in mezzo a tante facce di Peppone. Continuo a ramingare. Non so che pesci prendere e nemmeno so se è il caso di fare la moltiplicazione dei pesci. Più mi addentro negli stand della Fiera, più mi rendo conto che la New Age, il Cattolicesimo, il Cristianesimo, il Capitalismo sono i veri Padroni dei libri. Al Diavolo! Che io sia dannato! Scambio qualche parola di circostanza con alcuni editori, ma non riesco a reggere la loro ipocrisia così decido che forse è il caso di tornare a casa. Tuttavia qualcosa ancora mi frena e mi frega, diciamo le cose come stanno: devo capire che cosa è La Banca del Tempo per Leggere. Vagolo senza una meta, poi mi trovo davanti a un cartellone che recita: “Una mamma sta amorevolmente dando il latte al figlio, ma è così immersa nella lettura di un libro da non accorgersi di infilare il biberon nell'orecchio dello stupito neonato.

E' questa l'immagine, commentata dal claim "Ritrovare il tempo", della campagna per l'edizione 2002 della Fiera Internazionale del Libro, che si svolge al Lingotto di Torino dal 16 al 20 maggio.

Una comunicazione che rimanda, con leggerezza e ironia, al tema centrale della Fiera di quest'anno: il tempo.”  Non posso credere a quello che ho letto, nel senso che non ha senso. Cerco di capirne di più:  “Il giornalista televisivo Alessandro Cecchi Paone, l'allenatore del Perugia Serse Cosmi, gli olimpionici Massimiliano Rosolino e Roberta Brunet. Gli attori Neri Marcorè, Claudia Koll, Paolo Calissano, Gabriele Cirilli, Alessandro Preziosi e Sara Ricci. Le conduttrici tv Paola Barale, Enrica Bonaccorti, Rosita Celentano e Peppi Franzelin. I cantanti Gigi Comedda dei Tazenda e Mino Reitano. Il mago Tony Binarelli. Volti noti dello spettacolo che hanno scelto di mettere a disposizione un po' del loro tempo per regalarlo a chi è meno fortunato, donando un'ora o più per leggere ad alta voce e portare un sorriso in un ospedale, in un istituto per anziani, in un istituto di pena. Sono i primi testimonial della Banca del tempo per leggere, l'iniziativa di solidarietà lanciata dalla Fiera Internazionale del Libro e legata al tema della Fiera 2002, appunto il Tempo…

I donatori-lettori offriranno il loro tempo alle istituzioni, associazioni o aziende che desiderano realizzare al loro interno incontri di lettura. Le adesioni saranno raccolte sia in Fiera nell'apposito sportello della Banca del tempo per leggere allestito nel Padiglione 1, sia sul sito www.fieralibro.it grazie alla collaborazione di YouManCom.

YouManCom è una società impegnata da anni a proporre e sostenere iniziative umanitarie mettendo in contatto le organizzazioni non profit che cercano fondi per le proprie iniziative e le aziende che desiderano abbinare il proprio marchio e la propria attività alle cause etiche.

Come già l'anno scorso con l'atto di respirare i libri, il versamento del tempo per leggere verrà ripreso nel set fotografico annesso allo stand dall'obbiettivo del fotografo Alberto Ramella, e i ritratti dei donatori di tempo saranno esposti in una galleria in progress allestita negli spazi della Fiera.” Adesso mi è tutto più chiaro, una chiara operazione commerciale utile alle aziende e ai personaggi della TV che si fanno un po’ tanta pubblicità gratuita e si fanno passare per benefattori della società. Non ho dubbi in proposito, e non voglio saperne di più. ‘E’ pura ipocrisia!’, questo penso ad alta voce, molti si sono girati e mi hanno squadrato in tralice. A me la Banca del Tempo per Leggere mi andrebbe pure a genio, ma il fatto è che solo Dio, e manco lui forse) sa che cosa leggeranno per beneficenza (chiamiamola così… beh, si fa per dire… cioè… bocca mia cuciti!) quelli lì. E io non intendo essere complice dei loro crimini.

Bene a questo punto ne ho proprio le scatole piene della Fiera del Libro: ho girato tutti gli stand, e solo un paio mi hanno convinto, nel senso che mi sono sembrati ragionevolmente onesti almeno a parole. Mi guardo attorno: e l’intorno è tutto un correre frettoloso di persone annoiate con pacchi di volantini pubblicitari fra le mani, qualcuno (i più arditi e intellettuali) hanno persino acquistato un paio di libri di quelli che garantiscono dieci piani di morbidezza. Il mio bilancio non può che essere negativo: gli italiani non hanno bisogno di libri perché non sanno cosa sia un libro, gli italiani sono schiavi della loro ignoranza e la propagandano ai quattro venti senza alcuna vergogna. Ho la netta impressione che l’unica cultura possibile per l’italiano medio sia quella dello spaccio dell’ignoranza, nel senso che l’italiano per imparare qualcosa ha bisogno di imbottirsi il cervello di spazzatura con la raccolta differenziata, ma ciò non toglie che la natura della spazzatura è quella di essere a tutti gli effetti spazzatura, punto e basta.

Finalmente esco all’aria aperta: mi si avvicina un giovane che mi caccia in mano una biro dicendomi che è per una causa buona. E io: “Che causa?”

“Tu hai qualcosa contro i tossicodipendenti?”

E io: “No.”

“Allora tieni la penna: le facciamo noi, ex tossicodipendenti.”

Non ci posso credere.

“Se mi lasci qualcosa…”

“Sì, qualcosa ti lascio: la tua penna.”

Lui mi guarda male, allora mi spiego. “Il fatto è che tu non sei un tossicodipendente, queste penne sono fatte in serie.”

“E anche se fosse?”

“Contro la penna io non c’ho nulla, ma non mi sta bene il fatto che mi vieni a dire che sei un tossico quando non è vero, ma sorvoliamo pure su questo punto. Quello che mi fa incazzare è che le penne che te, e quelli come te spacciate, in realtà servono a foraggiare attività collaterali.”

Il tipo fa il finto tonto.

“Ti spiego… queste penne che affibbiate agli sprovveduti sono armi di morte. I soldi che ricavate dalle penne, forse tu non lo sai, servono a scopi per nulla nobili. Insomma servono a far fare soldi a chi ce ne ha già a palate, e chi si intasca i guadagni di questa attività li investe per produrre armi.”
”E tu come fai a saperlo…?”

“Me l’ha detto un uccellino.”

Il tizio tace, poi si allontana sbottando qualcosa che non intendo.

Bene gente, questo è tutto, o quasi. Spero di esser stato chiaro… la penna è un’arma terribile in mano a chi la usa per scrivere ma anche a chi la commercializza per quello che non è.

GIUSEPPE IANNOZZI


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