AIUTAMI A FARE DA SOLO!
Il "mestiere dei genitori" e l'autonomia dei figli
Di Rosalba Sgroia
Si dice che il
“mestiere” di genitore sia il più difficile. Non amo parlare per luoghi
comuni, per frasi fatte, ma così è.
Ci si ritrova a confrontarsi
con i propri figli, con il loro mondo in continua evoluzione, con le loro
scoperte, le loro curiosità, i loro dubbi e le loro certezze e non sempre si
è preparati all’incontro-scontro che ne esce fuori.
I nostri comportamenti si
foggiano di continuo, si modellano intorno alle loro esperienze, si delineano
man mano e prendono forza e vigore nel tempo.
Ma nel continuo acquisire
dimestichezza nel “gestire” i nostri figli, accumuliamo ansie da
prestazione e da insicurezza che , inevitabilmente, ricadono su di loro.
Si parte dal primo vagito,
dall’interpretazione di quei strilli penetranti e angoscianti,
dal panico delle prime
nottate. La tranquillità del bambino è legata alla nostra capacità di
gestire i suoi bisogni e di “sentirli” empaticamente e non dal seguire
pedissequamente i consigli “prefabbricati” da altri.
Poi la fase dei “no”, quella dai due ai cinque anni (se
tutto va bene!) destabilizza il rapporto simbiotico e di perfetta sintonia
(con la madre, ma anche con il padre) che
faticosamente si era riusciti a costruire. Inizia, allora, la sfida: il
bambino marcia in direzione di un distacco dalla figura genitoriale attraverso
l’autoaffermazione e il desiderio di indipendenza; i genitori interpretano
quei sani tentativi di conquistare l’autonomia come semplici e dannosi
capricci e non sempre accettano il fatto che il distacco sia giusto e
indispensabile.
La frase “aiutami a fare da
solo”, dovrebbe essere una sorta di filo conduttore per tutti i genitori.
Troppo spesso si assiste a “spettacoli” poco piacevoli ( vi assicuro che
come insegnante ne ho visti parecchi!), a mamme, papà, nonne e nonni che si
sostituiscono ai propri figli e nipoti. Si affannano a seguirli in ogni loro
attività: li vestono e li svestono, li
imboccano ed eseguono i loro compiti di scuola, anche se i bambini sono dell’età giusta per
poter compiere tali azioni
in piena autonomia.
Questi adulti, spesso ansiosi
ed esigenti, adottano questi
comportamenti perché sono convinti di agire per il loro bene o , a volte,
perché non hanno tempo da perdere e non hanno voglia di pulire la pappa che
il bimbo si “sbrodola” addosso. Non sempre sono consapevoli che, così
facendo, non si dà al bambino la possibilità di sperimentare e potenziare le
proprie capacità di districarsi nelle “avventure” della conoscenza con
indipendenza e soprattutto con serenità.
Occorrorono, sicuramente,sia
un contenimento ragionevole alla volontà di poter agire in modo pericoloso e
sconclusionato, tipico dei bambini , sia un sostegno psicologico e pratico, ma
solo con lo scopo di aumentare, nei propri figli, l’autostima e la
consapevolezza di poter migliorare nella crescita.
Nella mia esperienza di
insegnante ho notato che gli alunni ( i bambini molto di più rispetto alle
bambine) troppo seguiti in questo senso, sono anche quelli che frequentano una
miriade di corsi e che praticano mille attività extra-scolastiche. Non hanno
un momento di tempo per se stessi, per escogitare un modo creativo e
assolutamente personale per evadere dalla noia. Si ritrovano a seguire una
serie di attività preparate da altri e spesso non sanno apprezzare i sani
momenti di solitudine e di tranquillità. La noia li assale, hanno paura del
silenzio e pretendono di avere sempre qualcuno che li guidi, che li ascolti,
che li “intrattenga”.
Questo, purtroppo, oltre ad
essere dannoso per se stessi è anche un problema che si ripercuote nella
scuola e nella società in generale, sfociando in veri e propri disagi
giovanili. Di qui l’insofferenza a sopportare le responsabilità dello
studio personale e all’incapacità di concentrarsi in un’attività.
L’autonomia non è anarchia ma responsabilità. Pensiamoci, se vogliamo un futuro migliore per i nostri figli.
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