LA FANTASCIENZA DELLE IDEE, TRA LETTERATURA, POESIA, MUSICA E REALTA'

- L'opinione di uno che non conta niente...ma è ancora guerra -

Di GIUSEPPE IANNOZZI

SPEAK OUT

 

And a vast paranoia sweeps across the land

And America turns the attack on its Twin Towers

Into the beginning of the Third World War

The war with the Third World

And the terrorists in Washington

Are drafting all the young men

And no one speaks

And they are rousting out

All the ones with turbans

And they are flushing out

All the strange immigrants

And they are shipping all the young men

To the killing fields again

And no one speaks

And when they come to round up

All the great writers and poets and painters

The National Endowment of the Arts of Complacency

Will not speak

While all the young men

Will be killing all the young men

In the killing fields again

So now is the time for you to speak

All you lovers of liberty

All you lovers of the pursuit of happiness

All you lovers and sleepers

Deep in your private dreams

Now is the time for you to speak

O silent majority

Before they come for you

 

Lawrence Ferlinghetti

 

E mi chiedo, in questo momento storico non facile, che sta consumando un genocidio programmato, quanto sia giusto essere antiamericani e perché. Io sono antiamericano, ma sarebbe più giusto dire che sono contro Bush e i suoi scagnozzi. Anzi, a dirla tutta, sono contro le tre B, ovvero Blair, Bush, Berlusconi. Potrei essere io antiamericano completamente? Ho amato Jack Kerouac, Lawrence Ferlinghetti, Ernest Hemingway, William Burroughs, Allen Ginsberg, John Fante, Bob Dylan, Patti Smith, Joan Baez, e ancora Malcom X, anche un po’ J. F. Kennedy, e la lista potrebbe essere lunghissima, infinita. Sicuramente non posso pensare bene dell'attuale stato incivile che gli USA palesano con spocchia che non ha eguali, ma non posso dimenticare che anche in America qualcuno sta lottando contro. E dopo questo intermezzo "politico", dopo aver detto chi amo e continuo ad amare, naturali mi sovvengono le parole di Giovanni Lindo Ferretti che cantava (e canta) ancora "Cupe Vampe":

[...]
s'alzano i roghi al cielo
s'alzano i roghi in cupe vampe
brucia la biblioteca degli Slavi del sud, europei del Balcani
bruciano i libri
possibili percorsi, le mappe, le memorie, l'aiuto degli altri
s'alzano gli occhi al cielo, s'alzano i roghi in cupe vampe
s'alzano i roghi al cielo, s'alzano i roghi in cupe vampe
di colpo si fa notte
s'incunea crudo il freddo
la città trema
come creatura
cupe vampe livide stanze
occhio cecchino etnico assassino
alto il sole: sete e sudore
piena la luna: nessuna fortuna
ci fotte la guerra che armi non ha
ci fotte la pace che ammazza qua e là
ci fottono i preti i pope i mullah
l'ONU, la NATO, la civiltà
bella la vita dentro un catino bersaglio mobile d'ogni cecchino
bella la vita a Sarajevo città
questa è la favola della viltà


Troppo spesso ci si nasconde dietro sorrisi di circostanza, si fa la faccia bella, si tenta di non urtare la sensibilità altrui, ma così facendo non stiamo forse peccando di ipocrisia? Temo di sì. Viviamo ma come zombie pronti ad accettare la vita così come viene senza dire niente. Accade anche nella letteratura, purtroppo. Nutro terrore perché già impazzano decine di libri "prezzolati" sull'Iraq e lo scempio che in questo paese si sta consumando. Perché accade che l'editoria si fa malvagia? Perché si stampano le morti e dentro i libri "per vendere" vengono dimenticate? E' forse un modo come un altro per difenderci dalla nostra crudeltà? E l'impietosa caccia allo scoop? Cacchio! I giornalisti vogliono lo scoop, mica fanno informazione. Per lo scoop sono pronti a immolarsi, ma per la notizia, no. Questo vedo.

E ricordo un Boris Vian  che non era semplicemente un cantante. Vian, appassionato fin da giovane di letteratura, scrisse romanzi scevri di qualsiasi illusione, poesie e canzoni di protesta. Oggi potremmo definirlo un artista "multimediale": laureato in ingegneria e appassionato di jazz, suonava anche la tromba con un certo virtuosismo. Fu amico di Duke Ellington e di Miles Davis, e scriveva canzoni rivoluzionarie per la Francia, canzoni che furono portate al successo da grandi voci della canzone francese come Juliette Greco. Malato di cuore fin dalla nascita, visse la sua breve vita con la consapevolezza che la morte poteva arrivare da un momento all'altro, e infatti morì che aveva 39 anni.

“Le déserteur” è la sua canzone più famosa e fu scritta durante la guerra francese in Algeria; ovviamente fu censurata e gli provocò non pochi problemi. La forza delle parole ricorda Georges Brassens. Mi sembra quanto di più attuale possa esserci, oggi, in questo momento storico.

 

Le déserteur

(1954)

 

Monsieur le président

Je vous fais une lettre

Que vous lirez peut-être

Si vous avez le temps

Je viens de recevoir

Mes papiers militaires

Pour partir à la guerre

Avant mercredi soir

Monsieur le Président

Je ne veux pas la faire

Je ne suis pas sur terre

Pour tuer des pauvres gens

C'est pas pour vous fâcher

Il faut que je vous dise

Ma décision est prise

Je m'en vais déserter

 

Depuis que je suis né

J'ai vu mourir mon père

J'ai vu partir mes frères

Et pleurer mes enfants

Ma mère a tant souffert

Qu'elle est dedans sa tombe

Et se moque des bombes

Et se moque des vers

Quand j'étais prisonnier

On m'a volé ma femme

On m'a volé mon âme

Et tout mon cher passé

Demain de bon matin

Je fermerai ma porte

Au nez des années mortes

J'irai sur les chemins

 

Je mendierai ma vie

Sur les routes de France

De Bretagne en Provence

Et j'irai dire aux gens

Refusez d'obéir

Refusez de la faire

N'allez pas à la guerre

Refusez de partir

S'il faut donner son sang

Aller donner le vôtre

Vous êtes bon apôtre

Monsieur le président

Si vous me poursuivez

Prévenez vos gendarmes

Que je n'aurai pas d'armes

Et qu'ils pourront tirer

 

“L’essenziale, nella vita, è dare giudizi a priori su tutto. In effetti, sembra che le masse stiano sempre dalla parte del torto, e che gli individui abbiano sempre ragione. Bisogna tuttavia stare attenti a non dedurre nessuna regola di condotta da questa constatazione: certe regole non hanno bisogno di essere formulate per essere eseguite. Solo due cose contano: l’amore, in tutte le sue forme, con ragazze carine, e la musica di New Orleans o di Duke Ellington. Il resto sarebbe meglio che sparisse, perché il resto è brutto, e la dimostrazione contenuta nelle poche pagine seguenti (n.d.r. : Vian si riferisce al suo romanzo) deriva tutta la sua forza da un unico fatto: la storia è interamente vera, perché io me la sono inventata da capo a piedi. La sua realizzazione materiale in senso stretto consiste essenzialmente in una proiezione della realtà, in un’atmosfera obliqua e surriscaldata, su un piano di riferimento irregolarmente ondulato e un poco distorto. Come si vede, è una tecnica confessabile, ammesso che ce ne siano.” (Boris Vian – New Orleans, 10 marzo 1946)

Un parere di Daniel Pennac a proposito de “La schiuma dei giorni”: “In quegli anni era facile cogliere gli aspetti antiautoritari, anticonformisti e antiborghesi di un romanzo percorso da una forte carica anarchicheggiante. Negli anni Sessanta non esisteva lo spettro della disoccupazione e il libro veniva letto attraverso la parola d’ordine della liberazione dal lavoro. Oggi non avrebbe senso. Tuttavia, “La schiuma dei giorni” resta una lettura contro corrente. E poi, comunque, un libro di questo calibro può essere letto più volte, nel corso degli anni, traendone impressioni diverse. A diciott’anni prevale la griglia della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo della tragedia che tutto annulla.”

Ma che cosa racconta Boris Vian ne “La schiuma dei giorni”? Colin, giovane parigino agiato quanto annoiato, trova finalmente in Chloe la felicità: è l’amore, il sogno; la felicità è tanta che decide di coprire di denaro l’amico del cuore, Chick, ingegnere senza risorse e accanito seguace di Jean Sol Partre, di cui colleziona tutto, suscitando nella fidanzata Alise una crescente avversità per il filosofo. Parigi come la Metropolis di Fritz Lang o come il Paese delle meraviglie di Lewis Carroll, i sogni dei cinque protagonisti che vanno in frantumi. Surrealista, profondamente esistenzialista, si nasce si vive si muore da soli, “La schiuma dei giorni” ritrae la disillusione nei confronti della vita investendola d’una carica fintamente fiabesca. Romanzo politico, prepotentemente anarchico, trova nella morte l’unica soluzione per un nessundove possibile proprio perché caratterizzato dall’impossibilità, o meglio, dalla quiddità della non-esistenza. Ritratto ante litteram delle atrocità che Ballard descriverà ne “La mostra delle atrocità”, Vian esaspera la normalità, la dilata, la consuma, la uccide con rapidi, veloci, taglienti colpi di fantastica poetica: la realtà cade a pezzi sostituita dal surrealismo, architetture svettanti, vetrine orrorifiche, situazioni senza capo né coda, e per questo assai più reali della realtà, Parigi esprime il senso del disagio, il ventre stesso che partorirà la rivoluzione sessantottina. La schiuma invade, travolge i protagonisti, li contamina a forza di jazz ossessionante, li traduce in note esistenziali, e ancora la schiuma è la musica dei giorni che passano e non tornano più. Romanzo più che mai attuale in questi giorni, fantascientifico, fantastico, sociale. Celebre è un suo racconto, “Le formiche”: “[…] Sono immobile sulla mina. Siamo partiti stamattina con la pattuglia, come al solito stavo in fondo; gli altri l'hanno solo sfiorata, io invece ho sentito uno scatto e mi sono bloccato. Scoppiano soltanto quando si toglie il piede. Ho lanciato agli altri quel che avevo in tasca, ho gridato di andarsene.

Sono solo adesso. Dovrei aspettare che ritornino, ma li ho pregati di non tornare: potrei cercare di buttarmi a pancia in giù, ma non vorrei vivere senza gambe. Ho tenuto soltanto il taccuino e la matita. Li lancerò prima di cambiare piede, dovrò farlo per forza, non ne posso più della guerra. E mi stanno venendo le formiche.”

Ieri si avevano idee, oggi le idee sono un accessorio o quasi, o almeno, i più credono che non ci sia bisogno di un’idea per cambiare il mondo. Si preferisce la tragedia spettacolare dello scoop a tutti i costi. Se poi, uno ha una idea che vale quel che vale, subito viene censurato, brutalizzato come in un 1984 orwelliano.   

La fatiscenza delle idee si esterna nella putredine, nel risaputo, nella solita marcia retorica, quella che striscia e sussurra all’orecchio “questo è giusto” e “questo è sbagliato”.

Quando è scoppiato ‘sto casino, si è levato un coro di protesta: non ci si poteva aspettare niente di meglio o di peggio, questione di punti di vista, perché, spesse volte, la vista è corta. Il pacifismo? Un altro ismo, abusato, talmente abusato che è triste davvero, perché moda in bocca a un po’ tutti. Ma meglio è che cominci dall’inizio, quando sembrava che non dovesse essere, eppure si sapeva.

Sono uscito di casa che l’aria era ancora fresca e il crepuscolo mattutino non era inquinato dai gas di scarico delle macchine. Non avevo idea di quello che mi aspettava: passo davanti all’edicola e leggo i titoli in prima pagina dei giornali: è guerra. E così dico anche io, nella mia mente, che è scoppiata la guerra e non è uno scherzo, nulla affatto. Ma poi rimugino un po’, e mi rendo conto che non è la guerra, non è. Semmai è un genocidio, che è cosa ben diversa. Già, un genocidio organizzato, programmato, voluto, desiderato.

Tempo fa, abilmente, commercialmente, il sospetto è d’obbligo, uscì un video a cartoni animati e una canzone di George Michael, Shoot the dog. Il video così come la canzone furono pesantemente censurati e dall’Inghilterra e dall’America, la qual cosa è a dir poco sospetta. Ma che diavolo cantava George Michael?

 

[…]

 

999* c'é un casino

gente avete visto quel fuoco in città?

sembra che abbiamo esaurito i democratici

dovreste prendervi un gingillo semi-automatico yeah..

per questo motivo io sono sempre fatto yeah

per questo motivo esco a divertirmi

bravo cagnolino, bravo cagnolino

continua a fare le feste..

Mustapha

Mazeltov

i ragazzi di Gaza

tutta quella roba santa

Quando mi riprendo ho la sensazione che

loro spareranno al cane, spareranno al cane

Quindi, mia cara Cherie

potresti concederti stanotte?

digli

"Tony, Tony, Tony, so che sei arrapato ma

in Bush c'é qualcosa che non va"

999* c'é un casino

per questo motivo sono sempre fatto

per questo motivo esco a divertirmi

bravo cagnolino, bravo cagnolino

continua a fare le feste..

L'Ayatollah viene bombardato yeah

guardate come si diverte il sergente Bilko

bravo cagnolino, bravo cagnolino

continua a fare le feste per l'uomo

credo, credo in quello che disse il vecchio uomo

anche se so che lassù non c'é nessun signore

credo in me, credo in voi

e sapete che credo nell'amore

credo nella verità anche se dico tante bugie

soffro durante le fasi della vita

non mi importa della fatica che mi costa

continua a credere nell'amore

e dico

Cherie tesoro, accendi una canna

ho voglia di spassarmela

e guardare la coppa del mondo con te

si, cosi va bene

Ci stiamo lasciando andare stanotte

resta con me stanotte

divertiamoci un pò mentre Tony é impegnato

andrà bene

andrà bene

vedi Tony che balla con Dubya

non immagini perché?

 

Ah, ecco. Ora si spiega tutto, o quasi. Era scomodo perché aveva anticipato i tempi, aveva detto il vero, era stato fin troppo profetico con un disco, e certe cose non si possono digerire tanto facilmente, neanche se le accuse le muove un ex membro degli Wham, gruppo pop che cazzeggiava e non diceva nulla. Ma, adesso, George Michael ha detto la sua, e Tony Blair sapeva che era vero. E George Bush sapeva che era vero. Oh, insomma, inutile stare a menarla per le lunghe, tutti sapevano e tacevano. Ma non avevano fatto conto con il popolo dei perennemente incazzati, quelli che stanno nascosti come funghi e, poi, quando succede il casino si ergono in tutta la loro bassa statura gridando che non è giusto. Non è giusto cosa? Chi? Non è giusto che questo genocidio sia iniziato tanto tempo fa, quando ancora D’Alema era al Governo e ha dato tutto se stesso nella Guerra del Golfo. Da lì sono cominciati tutti i nostri mali recenti, perché, per chi se ne fosse dimenticato, il caro D’Alema che oggi invita alla pace, è stato guerrafondaio più di Berlusconi e Bush messi insieme. Ve la siete dimenticata la Guerra del Golfo? Eppure, io, girando per le strade, ad ogni angolo leggevo scritto con indelebile bomboletta spray che D’Alema era un assassino. Oggi, pace vostra, tutto dimenticato. Come risorgono gli uomini, come subito li si dichiara santi, è un fatto straordinario di cui ancora non riesco a comprendere il meccanismo sociologico. Così è stato. E’ storia. Oggi, la storia con la stessa retorica si ripete, solo che adesso non è D’Alema a capo del Governo bensì Berlusconi. Io ancora mi domando quale differenza intercorre fra il governo di sinistra e quello di destra: penso proprio nessuna. Il potere quando uno ce l’ha fra le mani se lo spupazza come meglio crede, ovvero lo utilizza a soli fini malvagi. Il Potere, questo Moloch dovremmo temere. Gli innocenti, i colpevoli, ma chi li ha mai visti? Io non ho mai guardato in faccia un innocente “innocente”, mai un colpevole “colpevole”: siamo tutti vittime e carnefici. Certo, i marines volontari che sono morti per andare ad ammazzare ignobilmente gli iracheni, quelli non mi fanno pena. Non posso assolverli. Penso che torneranno a casa dentro bare avvolte da bandiere americane: e che qualche madre piangerà il figlio perduto. I morti non sono tutti uguali. Ah, la morte non conosce differenze, neanche facili razzismi. Lei colpisce e gliene frega niente se il morto è un iracheno o un marine americano. I morti sono testardamente morti: non c’è modo di svegliargli dal sonno eterno. E la morte, quella gliene frega ancor meno di preoccuparsi se ha fra le mani corpo d’innocente o di colpevole. A lei, alla morte, solo interessa che si finisca sotto due metri di terra. Domani, il marine caduto avrà una bella tomba, l’irakeno ammazzato dalla viltà americana no: fra dieci anni, il marine avrà ancora la sua tomba, corrosa dal tempo, e l’irakeno ancora niente. Fra cento anni, il marine non se lo ricorderà più nessuno, l’irakeno sì, perché, lui, senza tomba, è “tanti”. E TANTI sopravvissuti ricorderanno chi è stato brutalmente ammazzato da un americano sconosciuto. Oh, inutile che mi facciate vedere in Tv l’eroe giovane e bello, il marine, che dà da bere al piccolo iracheno in segno di pietà! Quale pietà vi hanno chiesto gli iracheni? Quale ipocrisia vi hanno chiesto? Non mi sembra che via abbiano chiesto proprio niente, non la vostra ipocrisia che è tanta e che pensate di lavar via svendendola via con un sorso d’acqua che il bambino iracheno, frastornato, beve. E sa, perché lui sa che domani, tu, marine, tornerai e sarai armato fino ai denti e sgancerai le tue bombe e ammazzerai i suoi genitori e i suoi compagni di giochi e ucciderai anche lui. Lui sa, ma cosa credi che possa fare? Ha sete. Beve, tenta di sopravvivere a un domani che non sa immaginare.

Per parlare di pacifismo, seriamente, ci saremmo dovuti svegliare un po’ tanto prima: quando? Negli anni Ottanta, negli anni Sessanta oserei dire. Beh, negli anni Sessanta il pacifismo era all’ordine del giorno, peccato che tra una manifestazione e un’altra passassero un po’ troppe canne, così alla fine, le idee sono morte, o meglio, si sono estinte per vedersi cangiate in “pubblicità dell’immagine” negli anni Ottanta. Chi se lo ricorda il Drive-In? Le immagini, la sua cultura, ci è stata cacciata nel cervello a forza, ci ha rintontiti ben bene, ed intanto il mondo colava a picco. Oggi, qualcuno si è svegliato e ha cominciato a manifestare contro. E io dico bene, per fortuna, speranza non è morta. Ma ci si è svegliati con troppo ritardo. Ormai è sotto gli occhi di tutti che gli USA stanno giocando seriamente a fare gli imperialisti, i colonizzatori. Bush mica c’ha le palle quadre! Quel che dice e fa è tutta opera CIA e FBI. Insomma, è un ometto, pallido, smagrito, che fa perché non può fare altrimenti. Ve lo vedete voi uno come Bush a dir di “no” a dei pezzi di marcantonio come quelli della CIA? Io, no. Insomma, un simulacro, un manichino che vien spupazzato da chi ha veramente in mano il potere.

I giornalisti, poi, dove spari prendi bene - vai tranquillo fratello! -, perché, se non ve ne foste accorti, sono tutti ansiosi, terribilmente ansiosi che manco se ingollassero un barile di Valium si calmerebbero. Smaniosi, perniciosi, ruffiani, insomma, ridicoli. Vogliono tutti lo scoop, tutti. Lo Scoop manco fosse la marca d’un detersivo! Ma che c’hanno al posto del sangue: il Dixan? Parlano di “spettacolari immagini” e mi mostrano la morte e la distruzione in diretta. Come si può definire spettacolare la barbarie che si sta consumando minuto dopo minuto in Iraq?

Da l’arengario Bush persevera a franare parole su parole indicando l’Iraq come il nemico. Non manca ovviamente di esprimere solidarietà per i marines caduti, ma a vederlo lì, davanti ai microfoni, si ha netta l’impressione che sia un simulacro, un personaggio triste, tanto triste, che se non fosse per quel poco di cervello che bene o male lo indirizza a pisciare (perché nutro sospetto che anche pisciare sia atto per lui assai difficile, e spesse volte centro non lo fa mica!), si potrebbe persino tributargli la vuota garanzia di un po’ di cristiana pietà. Ma sospettando che un po’ di energia cerebrale ce l’abbia, noi non possiamo davvero tributargli neanche la pietà, in nessuna forma. Eppure non è così colpevole come si potrebbe pensare: questo simulacro che parla tanto e si liscia i brizzolati capelli sulle tempie, non sarebbe nulla se non ci fossero CIA e FBI a pensare al suo posto. Stanno dietro a Bush-simulacro, e la posizione non è occasionale, diciamo pure che è quella solita, abituale, quella del vizio che si ripete giorno dopo giorno nella storia della presidenza americana, e così, Bush strizza l’occhio a Tony Blair e al sempre più alto nostro presidente Berlusconi. Insomma, guardatelo bene ‘sto omarino, non vi fa pena neanche un po’? Blair è terribile, nel senso che è pericoloso davvero, perché lui, a differenza di Berlusconi, per stare dietro a Bush, non ha bisogno di calzare coturni o altre diavolerie del genere, come dire che il vecchio Blair, lui, fa centro e glielo mette dabbasso quando vuole. E Berlusconi, coi suoi coturni immaginandosi Napoleone, fa quel che può, cioè cerca di far centro pure lui, perché alla storia non vuole mica passare come l’unico che non l’ha fatto con Bush in un cespuglio! E poi Le Pen! Le Pen che mi parla come un compagno convinto, tanto si sa che è finto marcio: che c’ha lui da guadagnare a dichiararsi pacifista? Mah, la torta è grande e quando sarà ora di far le fette, anche lui avrà in mano coltello assassino, perché pugnalare alla schiena – sempre ‘sto vizio di stare “dietro” – è costume vecchio che risale a Caino e Abele. Intanto, dopo le vuote parole come bestemmia vomitata dalla bocca perché ha insultato tutti noi che crediamo nella pace, già si vendono collezioni d’arte che ritraggono la Guerra del Golfo e le firme, quelle, sono di artisti francesi. Insomma, Le Pen ha fatto tirare fuori dagli armadi i vecchi scheletri in attesa di produrne di nuovi e più attuali da piazzare sul mercato. E la sfacciataggine è quella di dirmi che c’è dell’arte nella guerra, nella morte, nel genocidio, perché questa non è una guerra, è un massacro comandato, voluto, una vile esecuzione, sterminio di massa autorizzato da un cazzo di decerebrato che si crede presidente della nazione più forte del mondo. E allora, io che sono scemo del villaggio e non capisco di politica, dico che Le Pen è guerrafondaio e compagno di letto (e gabinetto) di Bush, Blair e Berlusconi. E poi c’è il Papa, tanto buono pure lui, costretto nella vecchiaia del corpo e dello spirito, che continua a balbettare che “la pace… la pace… la pace…”, ma non arriva mai a concludere perché non ce la fa proprio, allora ordina a un suo scagnozzo di pronunciare l’anatema in conferenza stampa. ‘Azzo! E’ scoppiato un petardo e non era  dei migliori, un fuoco fatuo oserei dire. Ma il Vaticano che diavolo c’ha in mente? Parlare di pace per pura retorica, lasciar volare colombe bianche, questo solo sa fare. Insomma tutta una pantomima per lucidare l’avorio, l’oro e l’argento della Santa Sede Papale e farla sembrare spirituale agli occhi invasati dei fedeli, che proprio non ce la fanno a staccarsi dai beni materiali, e allora si uniscono pure loro, con voce tremante, al miagolio papale per invocare “pace” quasi che questa possa essere “miracolo”. Ma non gliel’hanno insegnato al catechismo che i miracoli li fanno gli uomini e non il cielo! E poi, anche se ci fosse un Dio contro la guerra, mi spiegate come cazzo potrebbe produrre un miracolo? C’è un cielo da paura in Iraq che le nuvole si sono esiliate nel Sahara. Attraverso il cielo iracheno non ci passa uno spillo, e noi non si è così fessi di pensare che ci possa passare un miracolo grosso come la “PACE”.

E allora, per il momento, concludo dicendo quello che Francesco Guccini gridava più di trent’anni fa:

 

[…]

 

M'han detto

che questa mia generazione ormai non crede

in ciò che spesso han mascherato con la fede

nei miti eterni della patria e dell'eroe

perché è venuto ormai il momento di negare

tutto ciò che è falsità

le fedi fatti di abitudini e paura

una politica che è solo far carriera

il perbenismo interessato

la dignità fatta di vuoto

l'ipocrisia di chi sta sempre

con la ragione e mai col torto.

È un Dio che è morto

nei campi di sterminio, Dio è morto

coi miti della razza, Dio è morto

con gli odi di partito, Dio è morto.

 

Io penso

che questa mia generazione è preparata

a un mondo nuovo e a una speranza appena nata

ad un futuro che ha già in mano,

a una rivolta senza armi

perché noi tutti ormai sappiamo

che se Dio muore è per tre giorni

e poi risorge.

In ciò che noi crediamo Dio è risorto,

in ciò che noi vogliamo Dio è risorto,

nel mondo che faremo Dio è risorto!

 

Nel mondo che faremo, nel Dio risorto che noi mortali pacifisti tireremo giù dalla croce, in questo miracolo possiamo solo sperare, perché noi non si nascerà da soli, non si vivrà da soli e, soprattutto, non si morirà da soli per il ferale genocidio promosso da tre B (Bush, Blair, Berlusconi). Infine, non facciamo del “pacifismo” una moda da esporre nuda in pubblico per una questione modaiola, crediamoci veramente, crediamoci concretamente e aboliamo ogni “ismo” dalla parola Pace.   

GIUSEPPE IANNOZZI


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