Il corpo erotico

 

 

Il corpo erotico è il corpo cosmico attraversato dagli dei dell’amore. Il corpo che possiamo pulire, trasformare, dedicare alla gioia ed al piacere, invece che alle pesantezze ed alle materialità, è il corpo dove abita la principessa Psiche, che attende le visite del dio Eros. Invitiamo l’anima e l’immaginazione ad interpretare ed a risvegliare ciò che una conoscenza meccanicistica ed una morale repressiva hanno ammalato, intristito, volgarizzato.

     Esprimiamo la bellezza dei pensieri e delle emozioni per farla scendere nella bellezza del corpo, viviamo l’intimità come apertura energetica ed amorosa. Nella possibile armonia del corpo convivono il mistero della persona ed il mistero dell’universo. Al di là della funzionalità immediata, che ci siamo abituati a vivere con meccanicità, ogni parte del corpo, ogni funzione, trasporta una sovrabbondanza di simboli, significati, attrazioni. Le forme del piacere giocano con le forme corporali, vibranti di mutamenti energetici ed affettivi, al di là della relativa apparente staticità della forma.

       Come gli spiriti sottili, presenti negli elementi, accompagnano e guidano la creatività della natura, così le fate ed i folletti, le sirene e le salamandre, sono presenti nell’universo in miniatura presente nel corpo che abbiamo avuto in dotazione. La fantasia, il piacere ed il mistero nutrono ogni singolo aspetto del corpo, dove i sensi incontrano gli elementi, dove le onde energetiche si accendono, s’incontrano, si mescolano, sia in circuiti interni al corpo, sia negli spostamenti continui al di fuori della superficie corporale.

   “ Per trovare l’anima del sesso, dobbiamo strapparlo dal corpo materialista e meccanicista creato dalle filosofie moderne e riconciliarlo con il corpo sottile, fantastico e mitologico dell’immaginazione.” ( Moore 38 ).

 

   Esiste, sappiamo, un investimento libidinale, erotico, verso l’ambiente, la natura, la società. I campi dell’amore irraggiano il piacere e questo si accende attraverso i giochi delle forme e dei colori, attraverso l’approccio dei sensi al mondo interno ed esterno. In ogni momento possiamo provare un grande piacere profondo, se solo prestiamo attenzione al continuo ed inevitabile incontro fra i sensi e gli elementi ed i materiali. Ecco quindi che amare il proprio corpo può voler dire assecondare e risvegliare le potenzialità di questo erotismo universale.

   Senza dubbio il passato ed il presente della vita umana hanno volgarizzato e banalizzato la concezione dell’erotismo, senza dubbio i falsi romanticismi e le manipolazioni del potere e della seduzione hanno reso sospettabili le esigenze della bellezza e del piacere. Ma non possiamo certamente negare le pulsioni della vita e del corpo, negare l’amore e la bellezza universali, perché la violenza e la materialità hanno deformato ogni cosa.

    Oggi stanno rinascendo una forma di cura del corpo, una ricerca di rilassamento, un’attenzione igienista ed ecologica al corpo, un invito alla danza, al movimento. Può essere gentile e bello aggiungere a tutto questo il recupero della bellezza e del piacere, come gusto della vita, come manifestazione emozionale, come gioia, come fantasia, come irraggiamento luminoso. Viviamo allora fra i colori ed i materiali che personalmente arricchiscono il nostro umore, la nostra creatività, la nostra anima. Vestiamoci in modo da piacere, a noi stessi, agli altri, alle persone dell’altro sesso, alle energie ed alle presenze invisibili che ci collegano al cosmo.

   Sappiamo che i momenti della vita sono rapidi e funzionali, che le paure della violenza e della molestia hanno indotto le donne a vestirsi in modo maschile e sbrigativo, che gli spostamenti continui richiedono qualcosa di facile e di immediato, che sono scarsi i tempi per la cura di se stessi. Sappiamo tutto, ma sappiamo anche che, andando comunque sempre e solo in questa direzione, le nevrosi, le depressioni e le frustrazioni aumenteranno. La stessa polarizzazione sessuale, il gioco del maschile e del femminile, ha bisogno per svilupparsi di un ambiente erotico universale. Ci si veste e ci si cura, ci si circonda di pensieri e di colori, per piacere a se stessi, per esprimere la propria sessualità universale, e quindi per arricchire tutti gli incontri.

   Non si tratta, come si fa spesso in certi ambienti, come facciamo quando non siamo autentici,  di coprire l’inerzia interiore con colori esterni, di coprire un corpo che si crede inadeguato con vestiti che spostano l’attenzione dall’interno. Non si tratta di concentrare la bellezza sulle forme esterne, come se questo rendesse inutile sviluppare il mondo interiore. La vera bellezza promana ed irraggia dal mondo interiore, consiste nel piacere e nell’entusiasmo che si vivono. Certamente poi anche il gioco delle forme aiuta ad esprimere la bellezza, ma diventa contemporaneamente un effetto energetico ed un effetto estetico. Non si tratta neanche di attrarre come se si ponesse davanti all’altro il corpo fisico. Certamente, si manifesta il corpo fisico, ma prima di tutto si esprimono l’energia, la fantasia, il piacere, l’esuberanza, presenti sia nell’anima della persona, sia nel suo corpo, coltivato in modo che questo universo risplenda nelle sue energie più profonde.

    Si potrebbero opporre discorsi, da chi si sente inadeguato o limitato nel corpo, o da chi si sente limitato nei mezzi che si presumono necessari, da chi teme forme di selezioni e di ingiustizie in una presenza più ricca. Le forme non sono mai inadeguate. Senza dubbio sarà una valutazione complessa, ma ciascuno ha a sua disposizione la possibilità di gestire le energie, di crescere, di innamorarsi della vita, di manifestare la propria essenza: da queste sorgenti scendono l’energia, il magnetismo, il fascino, l’attrattiva, ed investono il corpo fisico, le forme, i gesti, il modo di vivere.

     Un segnale bello dei tempi, pure in mezzo agli inquinamenti di ogni tipo, riguarda la consapevolezza nascente dell'esistenza di beni interiori, energetici e corporali, che rappresentano una ricchezza potenziale in tutti, a prescindere da tutta la dipendenza dai beni economici.

     I corpi sono conduttori di energie, vivono, ricevono, distribuiscono e trasmettono intensità emozionali. Occorre liberarli dalle rigidità, dai significati, dalle regole, dalle funzioni rigide, dalle assegnazioni univoche.

     Le potenzialità sicuramente non sono realtà, e le parole non sono gli eventi. Possono essere esse stesse risonanze di energie e desideri. Noi diciamo, ah sì, questo è questo. Ma non è la mente che può ritenere e ricordare. Il viaggio è lo stesso: dalla ricerca della fonte energetica e spirituale alla pienezza del piacere e del sogno nel corpo. Allora potrebbero arrivare i tempi in cui la visione della nudità potrebbe provocare l’illuminazione.

     Iniziamo il nostro viaggio attraverso il corpo erotico.

 

   

La bellezza del volto

 

“ La bellezza fisica gioca un ruolo centrale nello svelamento dell’anima. Ma questo vale per tutti noi. L’archetipo della bellezza umana risplende in ogni corpo ed in ogni volto, specialmente per un amante o un genitore, e questa bellezza, con la sua carica seduttiva, è parte della vita dell’anima. “  ( Moore 39-40 ). 

 

Lascia solo che la mia bocca assetata

beva con gentilezza dalle tue labbra

come un’ape sorseggia il nettare

da un fragile, vergine bocciolo

( Kalidala, sakuntala, IV-V secolo )

 

Viviamo il sorriso, educhiamoci al sorriso. Immergiamoci interiormente nelle immagini e nelle sensazioni della felicità, della gioia, del piacere, e manifestiamo sorridendo. Sorridono gli occhi, dirigendo uno sguardo diretto, profondo, aperto come il mare, dolce, misterioso. Sorridono gli occhi volteggiando, verso l’alto, verso il basso, inclinando, accennando, guardando quasi all’interno. Ammiccano, accennano, e sensazioni calde salgono nel volto di chi osserva. Occhi ora aperti, frontali, spalancati, meravigliati come un bambino. Ridenti, indaganti, ti entrano quasi dentro. I colori degli occhi sono  fari magnetici che introducono a diversi mari e pozzi misteriosi. Corre l’attrazione come se ci volesse fare cadere in quei mari, come se volesse invitarci in essi, come se potessimo entrare negli occhi dell’altro.

Sorrisi e sguardi degli occhi, sorrisi delle labbra, della bocca, silenziosa come prima di una profezia. Sentiamo la bellezza delle labbra, della bocca, in noi stessi, quasi immergendoci in questa sensazione, come se potessimo essere tutto bocca e labbra. Apertura, succhi gustosi, il bacio sempre pronto e fusionale. Il bacio che parla, che canta, che gusta. Come se tutto potesse essere gustato e mangiato. Le labbra rosse come i frutti, come i fiori. Il sorriso delle labbra, mentre accompagna lo sguardo, ora enigmatico, ora espansivo come una cascata, ora sussureggiante come un torrente boschivo. Lo sguardo e le labbra penetranti, come se qualcosa ti raggiungesse direttamente, passi magnetici della magia. La lingua, nascosta ed operante, sinuosa e serpentina, ora si affaccia come un bocciolo sulle labbra, ora ride e si espande sui bianchi denti luminosi.

 

Sui capelli

 

“Occhi, fossette, fronti, guance, gole, spalle…tutte parti del corpo che possono scatenare la nostra immaginazione e diventare il fondamento di un’ossessione d’amore…I capelli sono una fonte di ispirazione costante nella vita come nelle arti, e nel dominio del sesso operano una magia tutta speciale…”.  ( Moore 41 ).

 

    Potremmo veramente soffermarci su ogni parte del corpo, e lì cantare le bellezze ed i talenti, le prove ed i misteri. I capelli sembrano la sede di una bellezza selvaggia e primordiale, che non viene certamente attutita quando fascinose e seducenti arti sembrano volerli addomesticare. Rappresentano il potere magico, manifestano i venti energetici che avvolgono il corpo e si espandono nei movimenti. Sono una lode alla sensualità della vita, parlano di complicità pagane con gli animali e le piante, ricordano antichi giochi di dei. Accompagnano l’espressione degli occhi e della bocca, completano ed irradiano il volto, ed il tutto rappresentato come in una studiata scenografia, per rappresentare un’opera che incalza, trascina, trionfa, esalta, e prosegue, come il fiume della vita.

   Possono richiamare angeli e spiriti sottili, costituiscono la frontiera dove l’invisibile gioca, ammicca e potenzia il visibile. Capelli briosi e capricciosi, solari e misteriosi. Coprono il volto quando gli occhi e la bocca si rivolgono al proprio interno, quando il corpo è come raccolto su se stesso. Ecco allora un quadro veramente potente, la copertura magica dei capelli ed una bocca che da sola parla ed emana. Possono essere timori o preoccupazioni, od umori latenti, il tendaggio dei capelli protegge, sfida, avverte.

 

“ Sul mio volto puro che vince un loto, ferma il

ricciolo impertinente

che a lungo ha formato davanti ai miei occhi

come uno sciame luminoso d’api nere “   ( Gitagovinda )

 

Vengono poi mandati indietro, quando invece l’ego appare in prima persona, quando gli occhi, il mento, la bocca, sono mirati e lanciati. Quando prevale l’attenzione equilibrata, quando lo sforzo tende il corpo, quando è necessario difendersi nell’azione, ecco che i capelli vengono quasi nascosti, quasi volessimo farli scomparire per un pudore radicale, o quasi potessero continuamente dare fastidio, muoversi da soli, fremere come una persona indipendente.

  Ma quando occorre imporsi, quando le emozioni della potenza vogliono sfavillare verso il sole, ecco che i capelli diventano serpenti e cavalli, leoni e gatti, e si lanciano nel movimento, come onde magnetiche, come cariche energetiche. Si spiegano ai venti nella loro potenza, così negli impulsi dell’amore, così nelle corse e nel gioco, così nelle voluttuose lotte amicali dove i corpi s’intrecciano.

    Spesso il nostro io è affaccendato, è occupato in molte cose, e non si accorge che cosa, comunque, nel corpo che inevitabilmente ci portiamo dietro, che cosa vive, che cosa succede. Quali complicità spesso fra le mani ed i capelli, quando le dita giocano, pregano, stirano, accarezzano, sciolgono, come se dialogassero fra di loro, come se fra di loro potessero rappresentare e sciogliere le emozioni, i pensieri, forse anche con maggiore attenzione ed intuizione rispetto all’io che pensa e che dimentica.

     Quali timori e potenze suscitano lo scioglimento dei capelli, la loro liberazione da acconciature e da nodi, la loro piena manifestazione. Sembra veramente di aprire l’individualità umana agli interventi diretti degli dei. Sembra di aprire le porte degli istinti e della divinazione, sembra che i capelli guidino verso l’esaltazione e l’ebbrezza.

     Vivere l’anima e l’immaginazione del corpo non vuol dire certamente inoltrarsi in fiabe e mitologie lontane dalla nostra vita quotidiana. Ciascuno porta con sé i propri capelli, li interpreta, li ama corti e lunghi, o variamente in diversi periodi. Ma ci saranno sempre motivi e simboli precisi, risponderanno alle esigenze profonde della persona. Non esiste nulla di futile o d’ininfluente nella vita.

   Sia che vogliamo inquinare il corpo, inondandolo con i pregiudizi, le paure, le rigidità, reprimendo l’istintualità, ignorando la spiritualità, sia invece che abbiamo deciso di incamminarci verso la liberazione, il corpo ed i capelli invieranno le loro specifiche energie e capacità, interpreteranno la distruzione o la creazione.

   Possiamo allora domandarci come coltiviamo la cura di noi stessi, come curiamo i capelli, la loro bellezza, la loro potenza, i loro simboli e significati. Parleranno di loro e di noi prima ancora di aver aperto bocca. Apriamo allora il nostro cuore ai nostri capelli. Conservano i segreti della forza, dell’innocenza, del gioco. Invitano ad una manifestazione emozionale profonda. Accompagnano sulle vie dell’ebbrezza. Si abbandonano negli impulsi dell’amore.

 

“ Intreccia fiori, o adorabile, alla mia chioma

lucente, bella, sparsa nel piacere,

fantastica come la coda di un pavone, quasi

vessillo nello stendardo d’amore “   ( Gitagovinda )

 

Sui seni

 

   Ora il discorso accomuna il corpo maschile e quello femminile, ora più direttamente la contemplazione si volge al corpo femminile. I capelli hanno anche una decisa storia maschile, la loro bellezza si esalta nel corpo femminile.

   Le forme del piacere inseguono il piacere della forma. Sembra  spesso concreto il corpo, quasi schiacciato nell’evidenza delle funzioni, anche quando si tratta del piacere. Ma in realtà i misteri, le forme e le energie hanno un qualcosa d'irriducibile ai significati ed alle funzioni. La contemplazione dei seni femminili può impegnare da sola giornate e periodi di meditazioni, esercizi, abbandoni, che fanno viaggiare molto al di là delle dimensioni corporali terrestri, molto al di là di ciò che siamo abituati a comprendere, ad accettare, ad amare. Nell’amplesso amoroso il contatto con il seno fa immergere e regredire, fa diventare bambini nel grembo, amanti impazziti, artisti dell’amore, sacerdoti della potenza femminile.

Potenti ed universali i richiami alla madre, ma anche questi riveleranno il loro potere in altri contesti. Richiama il seno il nutrimento, l’alimentazione, ma al di là e dentro quest’esperienza costituisce una delle forme della penetrazione e della fusione amorosa. Un luogo dove un individuo può precipitare in un abbandono sciolto nel corpo stesso della donna. Dove un qualcosa attrae ed attrae senza sosta, portando nell’infinito. Rappresentano una porta cosmica i seni: sembra di premere, nel contatto, con le mani, con il bacio, sembra di immergerci in un piacere senza fine. Sembra di rientrare nella madre e di entrare nell’amante.

   Il seno come forma simbolica e forma concreta, dalle colline e dalle montagne alle cupole. Il seno come cupola celeste. Il seno esprime in modo stranamente autonomo il piacere e l’immersione, ma costituisce anche un emblema radicale della femminilità, la sua esaltazione, la sua liberazione. Le donne rivoluzionarie, con il seno scoperto, irraggiano il piacere e la potenza, sfidano e dissolvono le negatività, alludono ad un diverso equilibrio e rapporto fra il maschile ed il femminile. Parlano di una vita dove trionfano il piacere, l’amore e la felicità. Parlano di un cosmo divino, accennano a misteri femminili insondabili.

     Auspichiamo che la trasformazione, la discesa dell’intimità, lo scorrere di una nuova vita interiore nel corpo femminile, ne rivelino la forza ed il mistero, l’oceano d’intimità.

 

Sulle gambe

 

    Le gambe manifestano e festeggiano la posizione eretta del corpo umano. Innalzano il corpo come un trofeo ed una bandiera. I piedi, le caviglie, le ginocchia, le cosce, ogni parte di questo universo è ricchissima di riferimenti e simboli. I rituali religiosi, i movimenti della danza, le attività sportive, implicano ovunque la ricerca dell’equilibrio, della forza, della solennità, della bellezza,  del piacere, espressi dalle gambe. I ritmi del camminare, del correre, dello spostarsi, indicano come le gambe controllino la distribuzione della presenza nello spazio. Rappresentano la posizione verticale attraverso il dominio della posizione orizzontale. Figlie della terra anch’esse, sembrano alludere a delle forme di alberi che abbiano conseguito la possibilità dello spostamento, pure rimanendo sempre a contatto con la terra.

  Il movimento non impedisce questa presenza del senso delle radici, della penetrazione quasi nella terra, per estrarne continuamente la linfa e la forza, per manifestare una necessità che consente comunque l’autonomia.  Mantenendo il corpo eretto, salgono le energie dalla terra attraverso le gambe, e salgono per lanciarsi verso il cielo. Una forza tende verso il basso, accoglie la gravità terrestre, immerge le radici profonde. Un’altra forza tende verso il cielo, chiede di salire, di elevarsi, di trasformarsi. In questo equilibrio delle due forze, il contatto con la terra si esprime continuamente come posizione e come radice, ma anche come sradicamento, distacco, spostamento. I piedi eleganti diventano allora veicoli, ali, venti, le dita ed il tallone giocano in un ridente ritmo alternato. Le forme sono possenti, forti, i flussi energetici molto vibranti. 

   Le ginocchia sembrano sposare il cielo e la terra, concedendo la possibilità di alternare la posizione verticale e quella orizzontale. Guidano molte possibilità: la concentrazione sul bacino, l’equilibrio liberato pure nella vicinanza globale alla terra, la vicinanza della testa alla parte genitale ed alle radici, il controllo sull’esterno, nelle forme della vigilanza nascosta. Le energie seguono le forme del corpo e del movimento, ed agiscono e si plasmano le une sulle altre.

   Le cosce avvicinano la forza e l’abbandono, il piacere e l’intimità. Ferme o in movimento, contengono il calore, la luce, i segreti. Sembrano fra le parti meno agite, vengono visitate nei momenti profondi dalle mani e dai corpi amanti, altrimenti sembrano comunque raccolte misteriosamente in una loro dimensione. Si esaltano nel gioco e nella forza, nell’impetuosità dell’amore, ed allora sembrano vulcani in eruzione, prese fortissime adatte ad estrarre i succhi del piacere e la potenza dell’energia.

       Con modalità profondamente diverse, le gambe celebrano la virilità maschile e la potenza femminile. Irraggiano le energie vitali e sessuali, accennano ai sigilli della presenza genitale.

       Per quanto reciproci siano gli istinti, per quanto i corpi maschili e femminili si attraggano ugualmente, una sottile diversa potenza del corpo femminile accresce per tutti il piacere e l’entusiasmo per la vita e per la bellezza. La contemplazione delle gambe femminili ha una risonanza molto profonda in tutta la specie umana.

  Come possiamo liberare oggi l’uomo dall’ideologia della pura sopravvivenza, della pura funzionalità, come possiamo liberare la sessualità da una forma esclusiva di funzione legata alla procreazione, così anche la contemplazione del corpo può considerare le parti del corpo come accenni di una realtà nascosta misteriosa, come un irraggiamento di sensazioni che provengono da dimensioni superiori.

   Quello che la ragione considera ovvio e futile, quello che spesso l’ego considera quasi una concorrenza, l’attenzione per il corpo, privilegiata rispetto all’attenzione continua verso le ossessioni dell’io, diventa stranamente un obiettivo nella commercializzazione del sesso, del corpo e delle immagini. Questo vuol dire che in realtà si sospetta un qualcosa che sembra avere una potenza inesauribile, anche quando viene represso, deformato e pervertito.

    La sovrabbondanza della bellezza e della potenza del corpo femminile si rivela solenne, impetuosa e delicata nella contemplazione e nella cura delle gambe. L’eleganza delle forme, il calore immenso, la pelle vellutata, le sensazioni che irradiano come petali invisibili, tutto risveglia in profondità il desiderio, tutto risuona la vitalità traboccante del fiume della vita in cui invisibile sempre nuota e danza lo spirito.

    Quando l’io maschile vive nella volgarità e nella banalità, ecco sorgere gli impulsi sessuali che sembrano volere possedere qualcosa. Ma in realtà il desiderio che si esprime in questo contatto, tattile, visivo, o immaginario, con le gambe femminili, apre un fuoco che nessun atto potrà scaricare e diminuire. Che lo vogliamo o no, in noi, piccoli uomini che sembriamo onnipotenti, in ogni momento, in ogni situazione, si apre il mistero cosmico. Le gambe femminili aprono al mistero, come danzatrici ammiccanti, come sacerdotesse solenni. O attraverso una gagliarda, pudica, travolgente, solare nudità, od attraverso i veli della luna e del mistero, o attraverso gli stessi movimenti dei tessuti sul corpo, quali amanti maschili ed espressioni femminili ad un tempo, le gambe suscitano un fiume inebriante di intimità, desideri, bellezze, emozioni, avventure.

   Allegri e pieni di canzoni e di vitalità sono stati i tempi della rivoluzione delle minigonne, al di là delle banalizzazioni e delle volgarizzazioni, che riguardano le capacità inquinanti dell’umanità, presenti sempre e comunque. Oggi purtroppo un ritorno ad una forma d’identificazione con il maschile, una forma di difesa istintiva, ma anche una forma di stanchezza mentale, sembra occultare nuovamente le gambe. Se i vestiti ci sono dovrebbero essere prolungamenti degli odori, delle forme, delle energie del corpo, Dovrebbero accompagnare, provocare ed elaborare le energie irradianti dal corpo, comunicare i voli della fantasia, del vivere la propria anima.

 

       I gesti

 

      Ci sono dei luoghi e dei gesti particolari dove i percorsi sessuali ed i percorsi spirituali s’intrecciano e si rilanciano, aumentando il mistero e le felicità presenti in entrambe, fino a formare un tutto unico. Gesti che promuovono l’incontro fra il corpo e la natura, gesti che fanno scivolare l’anima, gesti che accennano ai comportamenti enigmatici degli dei.

   Seguiamo ed espandiamo alcune indicazioni di Moore.

 

       Anadyomene: colei che emerge dalle acque

 

    Il riferimento di partenza riguarda il dipinto del Botticelli, La nascita di Venere. La sensualità e la sessualità del corpo divino emergono dal mare, la fluidità delle sensazioni sensuali e sessuali stimola una consapevolezza profonda, inebriante, liberatoria. Le sensazioni sono intrise dell’acqua, come elemento primordiale, come nascita della vita e dell’incarnazione. Sembra annunciare l’inizio di un nuovo mondo, dove tutto è puro, felice, creativo. Alzarsi dalle onde del mare, come elevarsi dalle energie genitali.

 Il mare s’increspa, le onde sembrano giocare in un vortice, un vortice di luce nell’acqua. Si trasformano quasi nei capelli splendenti che si affacciano, come un’isola che ascende alla luce. Si alzano lentamente i capelli, e scendono i rivoli e le cascatelle sul volto e sulle spalle che emergono ora nettamente. Scendono i capelli e l’acqua sul volto divino che si alza dal mare. Gli occhi penetranti si rivelano lentamente, fra i capelli e l’acqua, le guance e le labbra sembrano fatte dell’acqua che continua a scendere. Emergono ora il seno, le braccia, come il sorgere del sole, le mani salutano ed accennano alle profondità del cielo e del mare. Avanza ora la dea, ed il mare scivola via dal grembo, dalle gambe, quasi li volesse abbracciare ancora, prima che il corpo bagnato e luminoso lasci l'acqua.

 

 

“ Oh era bella, bella con i suoi capelli scuri

raccolti in alto, mentre scendeva

sempre più giù, più giù nello stretto

e ora mentre sorgeva più su, più su,

con le cosce forti che lentamente

venivano fuori dall’acqua man mano..

e mormorò:

ecco, Dio è uno, ma qui, nel crepuscolo

fatto di dio e di amore

viene Afrodite

fuori dal mare, verso di me “

( Moore 61 )

  

    La dea esce dal mare, e sembra che esca dall’incontro d’amore e di fusione con l’acqua. Sembra il mare il misterioso amante che l’ha avvolta e penetrata, ed ora felice lei esce e si eleva. La forma divina esce dalla matrice primordiale, dall’acqua che tutto riempie, sommerge, alimenta, trasforma. Sembra quasi che una sovrumana bellezza senza forma abbia preso forma nell’acqua, per rivelarsi in una forma bellissima, ma più accessibile dei misteri da cui proviene. L’acqua media fra il cielo e la terra, la forma bagnata ricorda i piaceri immediati e misteriosi del sentire e la presenza dell’energia universale. Il mare come grembo primordiale, da cui nasce e si manifesta la dea.

   Sembra quasi rappresentare la bellezza scintillante del corpo bagnato e gocciolante, e l’anima trepidante che scorre quasi fuori dal corpo, come l’acqua.

    Non sono ragionamenti, non sono slanci poetici, la forza del mito e dell’immagine focalizza l’esperienza comune, è presente in tutte le situazioni in cui una donna gioca con l’acqua, entrando ed uscendo, da una piscina, da una vasca. I misteri sono accessibili attraverso l’attenzione, l’abbandono, l’espressione dell’anima, in ogni momento e luogo. Anche l’uomo evoca la dea mentre si alza dall’acqua, dal mare o dalla vasca. Questo sorgere indica l’ascesa dell’energia sessuale, dai genitali verso il cuore e verso l’anima.

  Si può insistere proprio su questo momento della nascita del mistero, della bellezza, in ogni piccolo momento. Venere sorge dalle acque in noi quando qualcosa di bello e di nuovo, d'imprevedibile e di affascinante, sta prendendo forma. Può avvenire quando un desiderio insolito occupa improvvisamente il corpo o la mente, o quando sensazioni sensuali e magiche ci attraversano, nei momenti e nei luoghi più impensati.

    Non esiste una vita così piena ed ordinata che non possa essere sconvolta dalle visite di Afrodite sorgiva. Il fiume della vita esprime la piena sessualità animica invitando  a vivere presso la fonte delle ispirazioni, delle possibilità e dei desideri, attenuando le rigide pianificazioni della vita.

   

“ Graziosa fanciulla, affrettati al bagno.

L’amore mi ha inseguito e colpito al cuore.

Le vesti, nel fiume, si attaccano al corpo:

così, hai il potere di suscitare la passione anche negli asceti.

L’acqua scende in rivoli attraverso i riccioli dei capelli,

e mi appare nera come una notte senza luna.

I tuoi seni sono come due piccole, belle anatre:

coprile, coprile con le tue mani di loto.

E se temi di soffocarle nel laccio delle braccia, non esitare:

afferrale strette, o altrimenti

voleranno in paradiso. “

( Canzone popolare del paese di Mithila, Vidyapati Thakur, XIV secolo )

       

“ Come una fanciulla al bagno,

l’Aurora

scopre tutto il suo fascino

e si avvicina a noi, seduttrice.

Soffocando il nero Nemico,

eccola, la Figlia del Cielo !

Come una donna, andando verso l’uomo,

scopre con gioia il suo seno,

Ella offre in prezioso dono ai devoti

L’amabile bellezza del Suo corpo,

e irradia ovunque la luce ! “

 

 

Parakyptousa

 

    Indica Afrodite che si china per sbirciare, che si protende per guardare: la dea del sesso guarda di lato. Viene raffigurata nell’arte mentre guarda dall’altra parte rispetto al corpo, dando l’impressione che sappia quello che sta accadendo. Siamo nel regno dell’ambiguità, dell’ambivalenza, un mondo d'insinuazioni, sfumature, suggestioni, giochi.

  Noi tutti guardiamo, sbirciamo, naturalmente, rispondendo alle attrazioni delle persone, degli eventi, delle energie. Tutto vive come se fosse un grande teatro, e tutto riguarda ciascuno di noi, anche quando i fatti e le espressioni sembrano riguardare decisamente gli altri. Osserviamo, sbirciamo, sulle attrazioni amorose che stanno nascendo, sulle intimità di gesti e di pensieri che incrociamo, sui volti e sui corpi che appaiono fugacemente. Sono tendenze naturali, ci piacciono, sentiamo eccitazione, quasi potessimo vivere anche le emozioni degli altri. Un modo per vivere direttamente il contagio delle sensazioni e dei comportamenti. L’anima ci viene incontro dall’interno, con il nostro mondo interiore, ma anche dall’esterno, dove ogni evento gioca con le nostre reazioni.

  Afrodite ci attira, lontano dalle abitudini quotidiane, da una vita seria ed ordinata, fa espandere la conoscenza e la consapevolezza. Essa rappresenta la vita che scorre.

 

Anasyrma

 

     Il gesto di sollevare la veste. Certamente sembra paradossale viverlo come un gesto simbolico, come un mudra religioso. Ma se il corpo è buono, divino e ricco, non possiamo sottovalutare la creatività e la provocazione profonda di questo gesto. Riguarda l’azione del sollevare un abito, un indumento, per rivelare le parti intime. Provoca un irrompere di diverse emozioni, dall’intimità amorosa, al rinnovamento, al gioco, al riso. La sessualità universale si apre improvvisamente in una situazione di dono, di speranza, di mistero, di entusiasmo.

 

Il mistero degli organi genitali

 

   Quante e quali battaglie non avrà conosciuto la nostra storia intorno a quanto sia lecito o positivo o buono, o quanto invece sia immorale o perverso, l’avvicinarsi o il rivelare le parti intime del corpo umano ?

  Si tratti di manifestare direttamente la nudità del corpo, o di scoprire solo e fino ad un certo punto alcune parti, o si tratti di rappresentare, nell’arte o negli spettacoli, o in qualsiasi produzione d'immagini, come comprendere la potenza delle energie che sempre vengono messe in movimento, sia nel desiderare e nel proporre, sia nel negare, nel nascondere, nel colpevolizzare ?

  Quali sono le motivazioni ideali in gioco ?  Trattandosi del nostro corpo intimo, trattandosi comunque di organi con i quali viviamo sempre, che cosa induce a limitare estremamente la loro segretezza, anche nel privato, e che cosa stimola invece a farne oggetto di desideri e ritualizzazioni pubbliche ?

   Si temono le potenze vitali e sessuali che scorrono quotidianamente attraverso i nostri corpi, ed influenzano comunque anche gli altri ? Esistono una vergogna, un senso di colpa innati, che ci fanno nascondere, temere e limitare i nostri organi genitali ? 

  Perché, se fossimo noi gli dei creatori, che cosa avremmo escogitato ? Una procreazione attraverso il pensiero ?

 

         Articoliamo la situazione. Esiste un rapporto fra come viviamo le energie vitali e sessuali, in se stesse, nella loro impulsività e dinamicità, come viviamo il loro attraversare il corpo, e poi nel come le sentiamo manifestarsi attraverso gli organi genitali. Abbiamo poi il nostro modo intimo di vivere la presenza, il riconoscimento, l’attivazione, di questi organi, sia nei riguardi di noi stessi, sia nei riguardi dei partner sessuali.

    Una considerazione successiva riguarda il come vivere questi organi, sia in rapporto al vedere ed al non vedere, al toccare ed al non toccare, sia in rapporto alla loro esperienza interiore, con le persone cui siamo legati affettivamente ed intimamente. La possibilità di condividere maggiormente la conoscenza e l’amore di questa parte del corpo può incontrare la tematica delle proprie paure, o delle restrizioni morali religiose, o degli accordi-contratti con gli stessi partner. Esistono la discrezione e l’intimità del proprio privato personale, ed esistono la riservatezza e l’esclusività del rapporto sessuale. Abbiamo già considerato come l’eccessiva limitazione di questi aspetti fa perdere il contatto fra gli amori interpersonali e l’amore universale, ma disturba anche la stessa spontaneità del vivere l’affettività intima senza temere sempre l’avvicinamento a delle parti che comunque ci portiamo sempre dietro.

     Esiste un altro aspetto, che non sembra comunque disturbare direttamente il senso privato personale e la regolazione delle relazioni sessuali, e questo riguarda la manifestazione e la rivelazione degli organi attraverso le immagini. Qui la rivelazione che le parti intime personali hanno comunque un rapporto con l’amore universale e  con il condividere l’esperienza della specie, torna a riemergere.

   Prima di entrare nel merito, va comunque ricordata sia la capacità umana di deformare e pervertire la propria natura, dando poi quasi la colpa alla natura, sia la forza oggettiva ed universale dei processi, che rimane autonoma, indipendente dagli ego personali e sociali. L‘anima e l’eros cercano comunque di parlare e di esprimersi, anche se spesso li costringiamo a rivelarsi nelle contraddizioni più intense.

    Il pene e la vagina hanno sempre dato origine a pensieri ed  a sentimenti primordiali, rispetto ai quali la difesa ha sempre riguardato le più radicali, capillari, letterali, e spesso assurde, misure di controllo. L’assurdità e l’efficacia riguarda sempre la contraddizione in cui ci si imbatte quando un qualcosa di evidentemente fisico, che in realtà non è prevalentemente fisico, viene assoggettato a controlli fisici esteriori.

    Il corpo non è un accumulo di organi meccanici, ma una costellazione di punti energetici e di significati e funzioni animiche  e spirituali. La tendenza a spiegare ed a giustificare tutto come esigenza della sopravvivenza biologica della specie, come riferimento alla procreazione, non permette di comprendere né la ricchezza simbolica del corpo e degli organi genitali, né le loro potenziali funzioni profonde.

    Partendo dall’immediato, da noi stessi, possiamo riconoscere le preoccupazioni e le valutazioni con cui investiamo i nostri organi sessuali. Cerchiamo di riconoscere il nostro mondo personale di emozioni, paure, istinti, come qualcosa di prima di tutto personale, nostro. Questo vuol dire che è sempre la nostra problematica personale ad emergere, anche in questo confronto con il corpo. Se noi ci lasciamo andare alla dispersione passiva, alle paure, alla vergogna, al rifiuto di noi stessi, e poi non comprendiamo che questi processi hanno origine nel nostro atteggiamento interiore, ci possiamo ritrovare successivamente a credere che i responsabili dei nostri problemi siano eventi reali ed oggettivi, come l’avere un certo corpo, l’avere un certo tipo di organi sessuali.

    Se una persona si alimenta di una profonda fiducia in se stessa, cerca la propria essenza, è difficile che si trovi improvvisamente coinvolta nel dare una valutazione dei propri organi genitali, come se si potessero determinare le dimensioni, il peso ed altre caratteristiche fisiche, e come se queste avessero un’importanza determinante.

   Nel mondo sociale, un uomo ed una donna ben dotati sono diventati un ideale cui aspirare. Succede senza dubbio che gli esperti ed i giornali avvertano per esempio gli uomini che la loro felicità sessuale è indipendente dalle dimensioni del pene. Questi interventi psicologici dovrebbero comunque essere individualizzati, ciascuno può cercare di comprendere da solo come e perché le paure o le ricerche interiori cerchino certi confronti. La confusione della vita sessuale viene alimentata da questa tendenza generale a valutare e vivere tutto in termini di efficienza immediata, a prendere sul serio le dimensioni fisiche degli organi, gli obiettivi letterali dei desideri e delle immagini. A livello psicologico personale, è facile comprendere il rapporto fra la forza dell’ego, la sua voglia di apparire e di dimostrare, e la grandezza del pene o del seno.

  

    Esiste un condizionamento profondo primordiale che ha permesso al pene ed al seno di avere un peso emotivo così grande. La risonanza simbolica del fallo non traduce soltanto la conoscenza e la funzione del pene. In alcune culture il fallo è il simbolo della potenza divina.  Su questo sfondo, il pene simboleggia la potenza della vita, in un senso più ampio, universale e divino: una potenza che stimola, cui si aspira. Si tratta quindi di trasferire il desiderio della potenza da una valutazione quantitativa degli organi genitali ad un modo di comprendere, coltivare e sviluppare la possibilità e la capacità di amare attraverso la sessualità. Si tratta di accogliere e di diffondere la generosità e la pienezza del dio Eros.

   Ritorniamo quindi alla disponibilità a fare entrare l’amore, e ad espanderlo. Nutriamo l’amore per se stessi, la voglia di piacere e di essere amati, ed uniamolo al desiderio di piacere  all’altro, all’umanità.

    Le dimensioni del pene o del seno non sono determinanti, calmiamo la problematica personale. Ma riconosciamo, dietro questa esigenza, al di là della volontà di conferma e di affermazione, questo ideale universale di vivere e diffondere una sovrabbondante vitalità erotica. In questo senso più generale, anche le donne esprimono il desiderio di agire il fallo.

   Il mistero ed il fascino accompagnano questo paesaggio di una fonte inesauribile di amore divino erotico. Il mare della pienezza crescente dell’energia vitale e sessuale accompagna le fantasie e l’amore per gli organi genitali.

   Molti  dei sono raffigurati come particolarmente fallici, espressione del potere divino. L’amore supera la morte, come supera la morte tutta la dimensione del conoscerci e sperimentarci come scintille divine.

 “ L’esibizione del corpo e soprattutto, naturalmente,  delle parti intime, gli organi abitualmente nascosti, può contribuire a renderci vitali e vibranti e, come direbbero i greci, in contatto con l’immortalità. E’ chiaro che un individuo ansioso potrà usare questo potere per un interesse personale, ma l’abuso del potere fallico non definisce né nega la sua potenzialità terapeutica “  ( Moore 54 ).

 

      Le società primitive vivevano la sessualità nel senso della pienezza cosmica, come sviluppo ed attivazione delle potenzialità dell’uomo e della natura. Noi da una parte l’abbiamo ridotta ad un aspetto fisico e ad un aspetto emozionale-egoico, dall’altra cerchiamo una vita autentica separandola dalla fonte perenne universale della sessualità e della natura, oltre che dallo spirito divino.

“ il fallo simboleggia la vita stessa…che procrea e dà piacere, che si alza e si abbassa, che penetra, che sana, che resiste. L’attrazione che proviamo per immagini rappresentanti il fallo e i seni, i glutei o l’inguine, deve servirci semplicemente a spingerci verso una vita ricca e piena di significati. “ 

( Moore 54 )

 

  Non è chiaramente facile proporre questi temi in tempi di pornografia, di nevrotica predominanza maschile, di arroccati atteggiamenti difensivi. Ma occorre sempre distinguere fra un abuso nevrotico, del fallo e della sessualità, ed una genuina venerazione, che risalta da antiche e nuove percezioni del divino. Dobbiamo comprendere che spesso le istanze virtuose in base alle quali condanniamo la sessualità, o la limitiamo per le perversioni dominanti, non sono così nobili come sembrano. Nascondono in realtà il timore per la sovrabbondanza della vita.

    Il fallo rappresenta quindi il potere divino ed il potere della natura, che scorre negli uomini e nelle donne. Il pene pornografico nasconde il bisogno di riscoprire il fallo, e di seguire una nuova divina comprensione misterica della natura e della realtà. Manca proprio la  comprensione religiosa del pene come presentazione e stimolazione dell’incommensurabile potere della vita.

    Nello sivaismo il fallo interpreta il principio creatore, e quindi stabilisce il rapporto con la forza creativa divina. L’intero corpo umano sviluppato rappresenta un fallo eretto, un segno della creazione, un ‘linga’.

 “ Nel Kali-Yuga la venerazione del fallo è quanto di più efficace ci sia nel mondo. ..Il sesso reca i piaceri in questo mondo e la liberazione nell’altro. Venerando il fallo ci si identifica con Siva.   ( Danielou 176 ).…Siva dice: Non mi distinguo dal fallo, il fallo è identico a me. Avvicina a me i miei fedeli, dunque lo si deve venerare. Miei cari ! Ovunque si trovi un sesso eretto, sono presente io stesso ( Siva Purana )…Il mondo intero si basa sul fallo. Tutto è originato dal Linga. Chi desidera la perfezione dell’anima deve venerare il Linga.(Linga Purana)…E’ il Signore, la sorgente di ogni piacere…affinché l’esistenza sia gioia, il fedele deve venerare il fallo che è lo stesso dio Siva…" ( Danielou 55 )

 

   La vagina sembra esprimere ‘il rifugio dai pericoli e dagli affanni dell’esistenza, meta di una regressione verso la pace delle origini’. Può essere accostata ai semi, alle grotte, nei boccioli e nei frutti. Luoghi dove la vita germina e fiorisce.

 “ La vagina è il sancta sanctorum, il luogo  cui il pene trova la beatitudine e dove approda la vita dopo essere discesa dall’eternità….Anche quando il sesso è appassionato e aggressivo, credo che il rifugio eterno e ultraterreno della vagina sia comunque presente nelle profondità delle fantasie degli amanti e che la generosità sessuale della donna abbia il suo fondamento nella regressione e nel conforto che offre non meno che nel potere della sua espressività amorosa . “  ( Moore 58-59 ).

   Sembra veramente una fornace alchemica, l’incarnazione diretta di una dea, il luogo della fusione e della creazione: la vagina è la divina yoni. Accenna alla dimensione dell’essere, ad una dimensione umana più lieve, misteriosa. Testimonia l’apertura del corpo umano, che solo la donna possiede, e questo rende diversa la sua stessa condensazione fisica. Riunisce ciò che è stato separato, il maschile ed il femminile, permette la congiunzione nell’unità d’amore.

  “ La natura manifestata, l’energia cosmica universale, è simboleggiata dalla yoni, l’organo femminile che avvolge il lingam. La yoni rappresenta l’energia che genera il mondo, la matrice di tutto ciò che è manifestato..(Lysebeth Tantra 204 )…L’universo proviene dall’unione di una yoni con un lingam. Di conseguenza, tutto porta la firma del lingam e della yoni. E’ la divinità che, sotto forma di falli individuali, penetra in ciascuna matrice e procrea così tutti gli esseri. “ ( Lysebeth Tantra 204 ) “.

    La sottile superiorità femminile fa comprendere come anche il lingam sia una yoni indissociabilmente unita al membro virile. La potenza divina maschile è pur sempre compresa nella matrice divina femminile.

    Nella contemplazione della yoni abbiamo alcuni fatti molto concreti e profondi: l’invisibilità, l’apertura, il luogo della creazione attraverso la formazione del bambino, l’inesauribilità della capacità di sentire e di sperimentare ed estendere l’energia sessuale.

    L’invisibilità dell’organo genitale femminile comprende una forma di non controllabilità, una forma di non cedimento all’evidenza formale, una forma di presenza fisica anteposta da una forma boschiva e manifestantesi in una forma liquida. Si contrappone all’organo maschile, visibile sempre e comunque, controllabile e leggibile nelle sue funzioni, con l’aspetto di produrre e creare spazio ed energia. Questo rappresenta una forma dinamica, di un tipo diverso di condensazione fisica, rispetto al resto del corpo. Sembra un qualcosa che voglia condurre, spingere, adattare il resto del corpo: qualcosa che rappresenta sia un’espressione solare di possibile capacità ed elevazione, sia la ricerca della completezza nella yoni, che sostanzialmente viene prefigurata ed attesa.

    Nella sua invisibilità e nella sua apertura, la yoni manifesta immediatamente il carattere del mistero, si può non sapere che cosa avviene dentro, che cosa succede, come si viene trattati. Il mistero richiede la sfida, la potenza, il rischio, chiede sia l’abbandono che il controllo, sia il piacere che la donazione venerazione alla dea. Sembra un tempio il triangolo sacro della yoni.

  La superiorità femminile appare nel costituire poi il misterioso ricettacolo biologico della creazione, e di conseguenza una presenza diretta delle forze divine creatrici. Consideriamo la superiorità sessuale della yoni. La donna è stata descritta come ‘geneticamente programmata campionessa erotica di tutte le categorie..’. Normalmente le donne ignorano il loro potenziale sessuale, ma qualsiasi donna è in grado di vivere orgasmi multipli.( Lysebeth 166): ‘ gli orgasmi a raffica possono succedersi così velocemente che si fondono in un unico orgasmo continuo ‘. La maggiore forza sessuale della donna senza dubbio tiene conto delle necessità biologiche riferite alla riproduzione, ma s’inserisce nel destino umano di approfondire liberamente e creativamente la sessualità.

    Ecco che la generosità e l’apertura della yoni parla direttamente, dell’oceano dell’amore cosmico, della libertà del piacere, della possibilità di stati di coscienza che sono ancora sconosciuti. La contemplazione del mistero invisibile fa risuonare in tutti queste potenzialità.

   “ Quando la donna è eccitata, il sangue affluisce negli organi genitali e in tutto il bacino. A questo punto i fasci nervosi si aprono, i muscoli che circondano il clitoride, l’entrata della vagina e dell’ano si dilatano sotto l’afflusso del sangue caldo. Il tessuto spugnoso che circonda l’ingresso della vagina si gonfia tre volte il suo spessore ordinario. Le labbra della vulva raddoppiano di volume, tutti i muscoli della regione genitale si riempiono di sangue “ ( Lysebeth 165)

 

   La yoni simboleggia ed agisce la presenza della dea, l’archetipo della femmina divina. La nudità femminile testimonia direttamente la sostanza divina sciolta da tutte le forme, la materia primordiale divina, il momento della creazione prima dello sviluppo delle forme. La danza dei sette veli rappresenta un simbolo di questa progressiva liberazione (Evola 192)  della potenza femminile da tutte le forme e dai vincoli, fino a manifestarsi nella sostanza divina, anteriore e superiore ad ogni forma.

    In questa direzione lo sguardo incontra, teme, desidera, si apre, sperimenta l’abissale. L’individualità incontra qualcosa che può farla dissolvere in qualcosa di superiore, che può farla riunire con qualcosa da cui si era separata. Se l’amore tende a questa unità di due in uno, se tende alla misteriosa androginia, il grembo femminile comprende già la possibilità fisica dell’unione di due esseri, quando forma il bambino.

    L’invito allora riguarda l’estasi. Le figure femminili ebbre, che offrono la coppa, rivelano il femminile come principio e causa di ebbrezza. (Evola194)

 

    Noi viviamo e siamo questi organi genitali che ci portiamo sempre dietro. Rappresentano il motore energetico ed il confine e le possibilità della forma. Abbiamo sempre i veli, i vestiti, i ruoli, ma sappiamo in che modo la nudità rinvii alla bellezza, al piacere, come vie per la fusione. Sentiamo che l’amore in qualche modo ci precede, in questo viaggio dal corpo femminile materno al corpo femminile dell’amante. Sentiamo che l’essere ed il diventare individui rappresenta un compito, un’occasione ben determinata, per uno scopo preciso. Non certamente per girare il mondo come birilli che non sanno come evitare a scontrarsi o ad incontrarsi.

   Ecco quindi che le figure che vediamo separate e statiche, indifferenti le une alle altre, tranne casi isolatissimi, uomini e donne, sono in realtà sempre in stato di vigilanza ed accensione sessuale. Ecco quindi il timore, l’intimità e praticamente l’imbarazzo, di vivere con questi organi, sostanzialmente autonomi dai nostri piccoli io.

    Amiamoli questi amici intimi, sono con noi per vivere un’altra dimensione, per portare nella vita quotidiana un’altra dimensione, di amore, di mistero, di piacere. Accettiamo i nostri intimi timori, esploriamo le possibilità cui non abbiamo mai pensato, potenziamo le capacità del sentire e del piacere che viviamo come destino. Le forze divine sono presenti e nascoste in questi organi, possono accendere una capacità molto precisa: quella di vivere una beatitudine permanente.

   Se gli uomini e le donne non sono coperti di pelli come gli animali, se manifestano questa nudità e questa disponibilità diretta della pelle al contatto, anche questo rientra nel destino erotico globale della specie: vivere una sessualità radicale ed intensa, immersa nell’amore e nella creazione universali, che ci porti a sperimentare il divino.

 

La contemplazione sessuale

 

    Passeggio per la via, una finestra aperta, una fanciulla gioca con i capelli, le spalle scoperte, lo sguardo assorto, gli occhi verdi misteriosi. Un sospiro del mio cuore, una ventata improvvisa, l’immagine mi raggiunge ed esplode, nel mio cuore, nella mente, nell’anima. Una piccola folgorazione, un desiderio nostalgico di gioia, una lievità mi attraversa. Come se la fanciulla mi avesse visto, si fosse trasformata in una fata, fosse volata da me, raggiungendomi come una nuvola, circondandomi, sorridente ed avvolgente, per poi lanciarmi improvvisamente, non so dove e come, felice ed aperto. Vola via poi la fata, ma ha lasciato una fata ardente dentro di me. Non sono più lo stesso, ed il mio vecchio io è partito in grembo alla fata.

 

    Nella pienezza del meriggio solare, lei gioca e parla con un bambino. Ride, scherza, curvandosi attenta, sussurrando qualcosa. Tiene le mani fra le sue ginocchia, dall’interno, mentre la gonna si arriccia intorno alle cosce splendenti. Il bambino sorride, ride allegro, corre fra le sue ginocchia, cade lei sorpresa all’indietro sull’erba, ride il bambino sulla sua pancia.

 

   Capelli biondi al sole, occhi verdi, labbra molto rosse, umide. Mi scruta, mi parla, accenna. Alza le braccia verso il cielo, sembrano colonne di cristalli vivi, scendono poi le mani verso il mio volto, frusciando  lievi. Mi scorre un tremito felice, mi sento trasportato nel suo sguardo, lei m’interroga, non riesco a sentire, io rispondo con le labbra, ed esce come una voce strana, vibrante. Lo sguardo mi attrae sempre di più, le sue mani mi liberano, il mondo verde delle sue pupille mi rapisce.

  Chino il volto, uno sguardo fugace. Gambe bellissime, caviglie sottili dorate, un ginocchio si alza, una gonna svela qualcosa. L’altra donna si rialza, si muove, ed il mio cuore rimane fra le sue gambe. Le rivedo negli occhi verdi complici. Si legano le emozioni come un fiume che mi avvolge e mi dilata.

 

    Una ragazza impaurita, disturbata dai suoi pensieri, cammina salendo per il sentiero. Il corpo è bello e slanciato,  i pensieri sono grigi e tristi. Ha scelto i vestiti che l’imprigionano, gli occhi sono quasi languidi. Il vento, l’aria frizzante, le montagne, non vede. Cammina e non vede, non sente che i pensieri.

   Il vento ed il silenzio. Un rumore ritmico improvviso, delle braccia scattano al sole con una scure, un uomo taglia dei rami. Petto muscoloso ed aperto, libero. Lo sguardo acceso, il gesto diretto. Qualcosa raggiunge il cuore della ragazza, improvvisamente. La bellezza dell’uomo entra come il raggio improvviso del sole fra le nubi. Volano via i pensieri e le nuvole, si raddrizza la schiena, si stirano le gambe e le braccia. L’uomo solare è nel suo cuore, la sua forza è diventata la sua energia.

  

   Si snoda il sentiero sotto il sole, tutto canta pieno di gioia, gli alberi, i fiori, le sorgenti.

   Scende un uomo dalla montagna, forte e solo, presente nei suoi confini, sente il fuoco nel suo corpo. E’ sereno, limpido, felice, ma vuole trattenere qualcosa, vuole fare rimanere dentro di sé il suo bene. Cammina forte e sicuro, come un castello chiuso e sicuro.

   Sale la fanciulla, pensa, rimugina. Sente la natura, gli uccelli, il sole sfavillante. Anche i pensieri sono belli, conseguenti, fini. Non sente bene però i suoi occhi, il suo seno, le sue gambe. Se potessero parlare, le gambe ed i fianchi l’inviterebbero all’amore, al gioco, alla fantasia.

  Scende l’uomo, sale la donna. Uno sguardo distratto, uno sguardo incuriosito, le mani si sfiorano quando sono vicini. Un refolo misterioso, un canto divino, e cadono le mura dell’uomo fra le braccia e le gambe della donna, fuggono i pensieri di lei a giocare con le mura che cadono.

 

  

Eros Dioniso

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