GLI ARGONAUTI DELLA NOOSFERA
Di Andrea Bertuccioli
Quella che si è conclusa lunedì scorso a Rimini è stata un'edizione particolarmente ricca e stimolante delle Giornate Internazionali di studio promosse dal centro Pio Manzù, non solo per la presenza cospicua di scienziati di fama mondiale, ma anche per il tema stesso che è stato al centro di queste giornate.
Quello della sfida rappresentata dalla mente e dai suoi segreti, della comprensione dei meccanismi della coscienza e del rapporto tra questa e la dimensione del cuore, quello spazio emotivo così essenziale per ciascuno di noi.
Alcuni tra gli scienziati più prestigiosi del nostro tempo hanno parlato sia dello stato delle loro ricerche sul cervello sia delle possibilità di ottenere un modello esplicativo esauriente della mente e della coscienza.
Se indubbiamente enormi sono i progressi nella conoscenza di quel miracolo di complessità che è il cervello umano, variegato si presenta il quadro teorico che fa da sfondo a queste scoperte. Il dibattito tra gli scienziati è quanto mai vivace. I riduzionisti estremi sostengono che la coscienza non è che uno dei tanti livelli di controllo delle funzioni del cervello e che sarà possibile in un prossimo futuro replicare l'intelligenza umana attraverso supercomputer, ciò che è noto come il programma delle Intelligenze Artificiali, di cui M. Minsky è uno dei massimi fautori. La mente insomma, ha spiegato Minsky, funzionerebbe come uno straordinario computer dotato di tanti programmi diversi, coordinati tra loro e inseriti in un programma superiore, quella che chiamiamo coscienza. Questa, che è insieme una tesi e un progetto, non convince il neuroscienziato, premio Nobel per la medicina, G.M Edelmann, il quale è scettico sulla possibilità di applicare alla mente umana modelli computazionali, ossia sistemi logico formali astratti fondati su calcoli logici. Egli ritiene, sulla base di approfondite ricerche, che lo sviluppo della rete neuronale come si presenta nell'attuale sistema nervoso centrale, sia il risultato di quello che in un libro ha definito "darwinismo neurale", cioè la selezione naturale che opera sulla incredibile varietà di cellule nervose, permettendo a gruppi di neuroni di specializzarsi e di ritagliarsi un'autonomia parziale rispetto al programma genetico originario di formazione, in seguitò a processi di variazione e adattamento selettivo imprevedibili. Lo sviluppo delle funzioni cerebrali sembra perciò non seguire affatto un modello uniforme e rigido. Ciononostante, secondo Edelmann, la mente non ha alcunché di trascendente, ma è una funzione prodotta dallo straordinario grado di complessità dei neuroni e delle sinapsi (collegamenti tra neuroni). I modelli della mente computazionali (che stabiliscono un analogia totale con le macchine) non tengono conto della variabilità, della dinamica interna dei processi di formazione delle funzioni cerebrali e della costante interazione con l'ambiente che ne consente la crescita e l'evoluzione.
Una posizione forse unica, certo ardita, è quella del fisico inglese Roger Penrose, autore de "L'ombra della mente" e de "La Mente nuova dell'imperatore", che cerca nei suoi modelli teorici di applicare le formule non deterministiche della meccanica quantistica per la comprensione dei fenomeni della coscienza. Occorre, ha detto Penrose una scienza nuova che colleghi per così dire la fisica relativistica, che vale su larga scala, con la quantistica, che vale per il mondo subatomico. Egli ha sostenuto che la mente è irriducibile a qualsiasi sistema formale coerente (del tipo della macchina di Turing).Infatti, in virtù del teorema del logico austriaco K. Gödel, qualsiasi sistema logico coerente di asserzioni, contiene inevitabilmente un'asserzione indecidibile, ossia di cui non se ne può mostrare la verità o la falsità. Occorre allora uscire da quel sistema ed introdurre un metasistema che ne stabilisca la validità. Nessun pur complesso sistema di calcolo perciò sarà mai in sé completo. Meglio allora utilizzare la dimensione indeterministica della fisica quantistica per capire il cervello, anche se a tal fine è necessario, secondo Penrose, un ulteriore sviluppo della stessa che permetta di superare i paradossi che oggi la caratterizzano, per cui un elettrone, ad esempio, può trovarsi in due luoghi simultaneamente (superposizione).
“Solo un superamento delle fisica attuale consentirà l'accesso ai segreti della coscienza”, ha ammonito il fisico inglese.
Assai interessanti poi le proposte teoriche esposte da Francisco J. Varela, scienziato cognitivo dell'università di Parigi. Varela, uno dei più noti esponenti del pensiero della complessità e creatore insieme al cileno H.Maturana della nozione di autopoiesi (autoproduzione), in base alla quale i fenomeni del vivente procedono ad un'autorganizazione generativa, ha esordito con quello che è il motto del suo modello teorico: "la mente non è nel cervello"; la mente sarebbe infatti il risultato di un interazione retroattiva sia con il corpo sia con l'ambiente circostante, nel quadro di un 'embodiement come incarnazione della mente, il suo essere cioè codeterminata dalla interrelazione con il corpo in un costante reciproco influenzamento tra interno ed esterno, tra il soggetto e l'ambiente naturale, storico ed affettivo. Inoltre l'estrema specificità e l'elevata differenziazione delle varie parti del cervello che si autorganizzano a livelli sempre più complessi, danno luogo a quella che Varela definisce l'emergenza vale a dire il gioco reciproco di stimoli esterni e schemi endogeni, che conduce ad una forma superiore di integrazione nei termini della coscienza di sé. Il passaggio dal locale al globale, dal semplice al complesso, dalle singole specifiche funzioni cerebrali, alla coscienza unitaria si svolge secondo un processo non-lineare, ma emergente, che genera le strutture cognitive senza nessi meccanici e causali.
Infine assolutamente incantevole è stata la prolusione di Oliver Sacks, medico, neurologo, autore di besteseller come "Risvegli" da cui è stato tratto l'omonimo film e di "Un Antropologo su Marte". Con la passione, l'affabilità, il talento narrativo che gli sono propri, Sacks ha mostrato come la malattia, in particolare certe alterazioni psichiche inneschino, in taluni soggetti, capacità creative, potenzialità latenti, che spesso un approccio medico puramente patologico e "scientifico" non riesce a valorizzare. Sacks ha cercato sempre di instaurare un rapporto di empatia con i suoi pazienti ,di ascoltare i deboli ma preziosi segnali che costoro gli inviano. L'attività clinica del medico empatico alla Sacks diviene allora una condizione privilegiata per vedere all'opera quella inesauribile capacità di riadattamento nelle forme più diverse che consente all'uomo, anche, talvolta proprio nelle condizioni patologiche più estreme, di ricostruire creativamente il proprio rapporto col mondo e con gli altri.
La memoria è, nel significato più profondo, ha detto, Sacks “ sempre , oltre che riproduzione, anche ricostruzione dei vissuti”, rielaborazione delle esperienze al fine di un continuo riadattamento a nuove, mutate condizioni di vita.
Nel contesto delle giornate del Pio Manzù, si è parlato di un'altra grande sfida, quella posta dalle tecnologie avanzate, dalla espansione vorticosa delle reti informatiche, che sembrano prospettare quell'interconnessione globale il cui emblema più popolare è certo Internet. Si delineano nuove utopie, la più nota è quella del cyborg come ibridazione tra l'uomo e la macchina, creazione di un'interfaccia che consentirebbe di potenziare le capacità umane attraverso l'inserimento nel corpo di supporti computerizzati o di microrobot. Una prospettiva che alcuni definiscono il Trans- o postumano. Ma al di là degli eccessi e, in taluni casi, di deliri visionari da parte dei cultori delle biotecnologie, è interessante rilevare, come ha fatto Carlo Formenti nel suo intervento, il fatto che in una società sempre più secolarizzata, il bisogno insopprimibile di metafore di salvezza un tempo soddisfatto dalle religioni, sia alimentato oggi in misura crescente dal repertorio simbolico, talvolta risultato di distorsioni divulgative, fornito dall'immaginario scientifico. Spesso forzando oltre il lecito il significato di certi sviluppi della più avanzata ricerca scientifica, gruppi o singoli autori sognano di macchine o sistemi che, raggiunto un livello critico di complessità e di interralazione, sarebbero in grado di produrre un quid autocosciente, che le doterebbe così di quell'anima di cui costoro negano l'esistenza nell'uomo. Formenti, saggista ,scrittore (autore tra gli altri del saggio "Piccole apocalissi": tracce della divinità nell'ateismo contemporaneo) ha definito questo genere di visioni "teologie scientifiche", in cui l'anima cacciata attraverso il materialismo e il riduzionismo dalla porta rientra per la finestra delle superintelligenze artificiali e dei robot biologici.
Gruppi web o comunità virtuali come Estopy o Transhuman, basandosi sulle teorie di guru americani della robotica come Hans Moravec, sostengono che non è lontano il giorno in cui sarà possibile "scaricare" (la terminologia è mutuata dal gergo informatico, in cui il download è l'immissione nella memoria di un computer di files o programmi) una copia integrale di un'intelligenza umana. L'anima poi non sarebbe che un prodotto-surrogato delle tecnologie avanzate, e la coscienza non è che un come fantasma informatico che emerge dalla estrema complessità delle reti di intelligenze artificiali. Ritornano allora figure come quella dell'immortalità dell'anima e della salvezza che appartenute per millenni al corpo dottrinario religioso, sono ora fatte proprie da gruppi che ne producono delle versioni aggiornate e corrette per l'era digitale.
Anche Fritiof Capra, reso noto dal besteseller "Il Tao della Fisica" che ne ha fatto, suo malgrado, uno degli esponenti di punta del movimento New Age, oggi direttore del centro di Ecoletteratura dell'università di Berkeley, ha parlato dell'importanza dei sistemi di reti sia da un punto di vista ecologico come risposta alle reti forti del turbocapitalismo finanziario globale. Alla base del su pensiero vi è quell'ecologia profonda che considera la terra come un enorme organismo vivente in simbiosi costante autoregolazione con le sue parti che tendono ad intessere una trama sempre più fitta di relazioni.
Ogni rivoluzione scientifica produce delle metafore dominanti. Nel corso dell''illuminismo si parlava del mondo in termini di un orologio meccanico, nell'ottocento si usò l'immagine del motore, oggi nel pieno della rivoluzione informatica è la rete ad occupare un posto centrale nelle nostro immaginario. Capra guarda con simpatia alla crescita di mezzi quali Internet e al fatto che dalle reti neurali come replica artificiale del sistemo nervoso, alle reti economiche fino a quelle ecosistemiche, la nozione di rete sia sinonimo di crescita spontanea, non gerarchica, capillare analoga ai fenomeni di autorganizzazione del vivente come strutturazione spontanea di un ordine emergente. Le singole menti possono allora giungere a connettersi in un'unica grande rete degli organismi viventi e pensanti, come una sorta di supermente o coscienza globale planetaria, che Capra chiama "la rete della vita".
Sono certo prospettive stimolanti ed innovative anche se in fondo idealistiche ed utopistiche. Sono queste le nuove grandi utopie scientifiche.
Andrea Bertuccioli
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