L'AMORE TRADITO

Di ANTONIO SBISA'

 

L’amore viene tradito quando viene affermato, evocato, e poi limitato, rimosso, distrutto. Questo avviene a tutti i livelli.

       L’amore viene tradito quando una persona non ama e non cura se stessa: così facendo non conosce direttamente l’amore. Amare vuol dire vivere, accogliere, sperimentare, un sentimento di gioia, di entusiasmo, di elevazione e di donazione, vissuto autonomamente nel proprio cuore, nella propria anima, nel proprio corpo, a prescindere dalle condizioni, dagli eventi e dalle persone esterne. Ma quando noi ci lasciamo vivere, subiamo, ci comportiamo meccanicamente, obbediamo passivamente alle istituzioni ed al potere, non accettiamo una parte del corpo o del carattere, sicuramente possiamo affermare che non viviamo l’amore, per noi ed in noi. Come poi potrebbero amarci gli altri, se non ci amiamo noi stessi? Non ci si ama quando ci si abbandona alle emozioni negative: se noi viviamo senza controllo le ansie, le insicurezze, le rabbie, le rinunce, le gelosie, le avidità, la depressione, la noia, certamente queste non ci trasformeranno in una persona amabile, né per noi, né per gli altri. Il primo tradimento verso l’amore avviene quando non lo viviamo, non lo realizziamo, non lo conosciamo. Se non liberiamo le nostre emozioni, se non approfondiamo le nostre sensazioni ed intuizioni, se non coltiviamo la gioia, la fiducia, la stima, il coraggio, in ogni occasione, l’amore non ha la possibilità di conoscerci, di farci visita, di amarci, di sgorgare dal nostro cuore.

 

L’amore di noi stessi comprende la cura della nostra autonomia. Se non coltiviamo la fiducia nelle nostre possibilità, l’esperienza del creativo, le mancanze si faranno sentire come complessi d’inferiorità, come impotenze, e quindi come proiezioni del bello e del bene solo sugli altri, o particolarmente sulle persone o sulle cose cui si rivolge la persona che ci ama.  Se osserviamo bene, le bramosie, le gelosie[1], nascono quando sentiamo forme d’impotenza e di depressione dentro di noi. In questa situazione di vuoto interiore, l’innamoramento di una persona costituisce la nostra difesa antidepressiva, la consideriamo una felicità provvidenziale. Quando questa persona si rivolge ad altri e ad altro, pensiamo che per lei tutto costituisca una fonte di attrazione maggiore rispetto all’esperienza che vive con noi: ci spaventiamo di fronte al confronto indiretto con le altre persone, possibili oggetti di attenzione. Avvertiamo il pericolo di una perdita del nostro stesso essere. Ma questa emozione è provocata dalla consapevolezza della nostra impotenza od inferiorità, e questa esisterebbe sempre, anche se l’amante ci riservasse in ogni momento tutte le sue cure. Le soddisfazioni ed i piaceri sarebbero soltanto delle forme provvisorie di occultamento della realtà interiore di vuoto, il vivere delle energie dell’altro ci potrebbe dare soltanto l’illusione di avere risolto qualcosa. Una persona dovrebbe quindi risolvere le proprie sensazioni d’inferiorità e d’incompletezza, prima o durante l’amore, senza difendersi ignorandole e coprendole.

Se siamo aperti nel cuore, apprezziamo i sentimenti, ma li rivolgiamo prevalentemente verso le persone esterne, rischiamo di considerare la vita e l’amore presenti soltanto nelle persone che amiamo e nelle esperienze che viviamo. Se mi amo, mi curo, ma poi penso di dipendere da qualcosa, sia pure i vissuti del mio mondo interiore, in realtà non mi amo. Se siamo formati in un modo per cui il cuore e la sensibilità non trovano la saggia mescolanza con la volontà, il pensiero, lo sviluppo delle capacità, non possiamo contenere l’amore. Tradiamo l’amore se non siamo capaci di realizzare i nostri interessi, i nostri desideri, i nostri sogni. La nostra stessa vita in costante realizzazione è il primo amante del nostro cuore. Chiaramente la vita presenta comunque sofferenze, prove, delusioni, fallimenti, impotenze, ma la forza dell’amore presenta quel mondo di entusiasmo, di visioni interiori, di possibilità di sentire, pensare e godere la vita, per cui si superano le prove con coraggio e con fiducia.

 

Tutte le nostre abitudini di appoggiarsi sugli altri, di trovare l’oggetto dell’amore prima di tutto fuori di noi, di sentire che la nostra stessa vita ha significato soltanto se veniamo accettati ed amati da certe persone, tutto questo non è amore. Sarà molto umano, tristemente, continuamente umano, ma non è il vero amore. Cerchiamo gli amanti ideali, coloro che daranno significato alla nostra vita, che valorizzeranno la nostra persona. Se non abbiamo quella persona, ci arrabbiamo, ci lamentiamo, soffriamo, alimentiamo la sfiducia in noi stessi, fino a forme di ossessione. Ci hanno sempre insegnato questo, a cercare una relazione che ci renda interi e completi. Altrimenti ci sentiamo soli. Ma non siamo mai soli, e l’eventuale solitudine diventa una possibile fonte di percezione nuova e profonda, un modo per scoprire e manifestare se stessi. Se nell’amore cerchiamo la sicurezza affettiva, la tranquillità, il rilassamento,la conferma degli altri, il rinforzo della fiducia in noi, creiamo una strana formazione alla rovescia, per cui costruiamo sul nulla degli eventi psicologici che poi ci sembrano reali. Crediamo di essere più forti, sicuri, creativi, tutte cose di per sé bellissime, se gli altri ci amano. Se poi gli altri ci lasciano, ecco che crollano miseramente tanti presunti successi.

 

Un altro tradimento dell’amore riguarda la scelta di preferire l’affetto sicuro, fraterno e solidale alle intensità delle passioni: in questo modo non vivremo un vero amore sessuale[2]. Molte volte viviamo rapporti amorosi completamente convinti che sia giusto, bello e desiderabile cercare degli affetti sicuri e stabili, sui quali ci possiamo appoggiare. Abbiamo paura delle passioni, dell’intensità del sentire, abbiamo paura dei vortici amorosi che ci sembra ci allontanino dalla tranquillità superficiale della vita comune. Tradiamo allora l’amore perché non vogliamo abbandonarci ai misteri ed alle profondità sconvolgenti dell’amore: abbiamo paura di perderci, per cui non vogliamo coinvolgimenti intimi, non crediamo al cuore, non ci facciamo liberare ed innalzare dai venti delle emozioni.

Quando poi in qualche modo scegliamo dei rapporti, emergono altre forme di tradimento. Se non manteniamo la lealtà e la continuità della fedeltà a noi stessi, tradiamo noi stessi, l’amore e la persona che amiamo. Per due persone che si amano intensamente, il primo tradimento riguarda il non avere la cura costante di coltivare l’innamoramento permanente. Se riteniamo l’amore un fenomeno ricco soltanto di spontaneità, se condividiamo le abitudini di una vita esteriore, prima o poi la passione scenderà e si dissolverà, l’attrazione si cristallizzerà. Coltiviamo quindi la divinità dell’amore nostro intimo come in un santuario solenne. Se ci facciamo invadere dalle insicurezze, dalle depressioni, se scarichiamo tutto questo nel rapporto con il partner, per quanto umano ciò sia, tradiamo la giocosità dell’amore che vuole nutrirsi solo di ebbrezza. Senza dubbio l’amore è fatto di rinunce, attenzioni, sacrifici, solidarietà: ma tutto questo va indirizzato alla nostra crescita personale ed alla crescita della coppia che si aiuta ogni giorno a nutrire l’amore per l’amore, con fiducia, coraggio e fedeltà. Lo ripeteremo spesso: l’amore implica lo sforzo personale di superare le emozioni negative, risolvendo le prove della vita con fiducia e con coraggio, per poi abbandonarsi con il partner alla condivisione del piacere, della gioia, dell’entusiasmo, della fantasia, dell’abbandono, della donazione della parte migliore di noi, che fiorirà bene soltanto se sapremo coltivarla.

L’amore ha bisogno di continuità energetica, di presenza corporale ed animica, si coltiva nel mistero, nella bellezza, nell’impegno della volontà a proteggere ed espandere l’amore, in sé, nella coppia e verso il mondo.

Il grande tradimento verso l’amore riguarda il ricorso al possesso ed alla razionalità. La favola di Eros e Psiche[3] esprime bene la situazione. La principessa Psiche accoglie un amante meraviglioso, il dio Eros, anche se non lo ha mai visto direttamente: può riceverlo soltanto di notte e lei non deve accendere mai la luce. Sollecitata dai dubbi dei parenti, la donna viene indotta al timore che abbia un mostro per amante, e decide di accendere la luce. Vede un dio bellissimo, che però ora deve andare via e non potrà più tornare, perché lei non ha avuto fiducia. La luce è il simbolo qui della coscienza razionale normale, questa tende a fare scomparire l’eros. L'amore non prospera alla luce della coscienza ordinaria egoica, ma nelle regioni e negli stati di coscienza profondi. Se l’amore viene vissuto nel possesso, nella prevalente comunicazione razionale, nel volere sempre sapere tutto, di sé, dell’altro, dell’amore stesso, tende a spegnersi. Se l’amore viene chiuso nei rapporti formali ed istituzionali, viene bloccato ed esaurito.

Un altro modo di tradire l’amore riguarda la convinzione che possa finire. Può essere che la forma dell’amore sessuale per qualche motivo possa esaurirsi, può anche essere che un amore cambi forma e presenza. Ma l’intenzione della fedeltà all’impegno amoroso per la crescita, di se stesso e dell’altro, dovrebbe trovare nuove forme per continuare in modo diverso. Un vero amore fra due persone non muore mai. Nell’amore ci vogliono anche quelle doti di disciplina, costanza ed attenzione, per cui si sa che si tratta di un impegno creativo, in cui la volontà esplicita e forte di amare si esercita anche quando i sentimenti, le attrazioni ed i desideri possano esaurirsi. L’amore può attraversare il vuoto. Tutto questo non vuol dire che due amanti non possano considerare esaurita una fase di convivenza amorosa sessuale totale, che due amici intimi non possano decidere di rallentare la frequenza, anche perché la vita è fatta di molte esperienze, di molti amori, di molte conoscenze. Ma la fedeltà creativa terrà sempre comunque acceso quel flusso di comunione che ha unito due esseri.

Tutto questo assume una forma di urgenza pensando alle separazioni di coppie che hanno dei figli. La forma comune dell’affidamento ad un genitore, od a tutti e due, non è assolutamente sufficiente.  I figli hanno il diritto di continuare ad essere amati dai genitori, che dovrebbero continuare a vivere insieme, pure organizzando la situazione diversa di sospensione dell’amore sessuale. Si tradisce l’amore per i figli, in seguito alle separazioni, quando li si costringe ad abbandonare la convivenza con uno dei due genitori. Mutando serenamente la forma dell’amore, si potrebbero formare dei nuclei comunitari in cui i genitori rimangono amici ed i nuovi compagni eventuali si aggiungono alla comunità familiare. Mi sembra un segno di rispetto profondo e di reale amore anche per il compagno o la compagna, dal quale ci si separa soltanto per quanto riguarda l’amore sessuale.

 

L’altro grande tradimento verso l’amore è l’amore esclusivo, parente stretto dell’amore-consumo e dell’amore-possesso. L’amore si coltiva nella concentrazione animica profonda, ma non nell’esigenza o nell’aspettativa della convivenza costante, o nella concentrazione ossessiva dei due ego, o nella separazione fisica degli amanti dal mondo e dalla società, o nella selva oscura dei bisogni e delle difese incrociate dei due amanti. Non si coltiva l’amore escludendo le altre persone dall’amore. La concentrazione amorosa non è una segnaletica spaziale, in base alla quale si giudica che si sta con una persona perché questa è vicina fisicamente, ed invece le altre sono lontane. Non si sta con una persona cercando di non stare con gli altri. L’intensità energetica di una relazione si basa sulla fusione di due esseri unici, fusione unica che non viene disturbata dalla vicinanza di altre fusioni con altri esseri. Anzi, l’appartenenza in un ambiente energetico ed amoroso di una rete di rapporti offre energia, sostegno e slancio all’ebbrezza di ogni singolo amore fra i diversi individui. Si tradisce l’amore e si tradisce il partner quando ‘non’ amiamo gli altri, il mondo, il divino. Si tradisce l’amore per se stessi e l’amore per l’altro quando pretendiamo di vivere il corpo ed il piacere unicamente come una forma di consumo e di possesso all’interno di una coppia.

         Per cui non può mai risultare come tradimento nella storia di una relazione una disponibilità amorosa di un partner verso altre persone, sia che sia realizzata con la mente, con l’anima o con il corpo.  Il senso del tradimento, come mancanza di lealtà, mancanza di amore, un venir meno dell’accordo amoroso, può avvenire pertanto soltanto all’interno di un rapporto, mai facendo riferimento a comportamenti verso persone esterne. Si può tradire una persona, nella coppia, fra gli amici, in genere, se si rinnega o si nega l’amore verso quella persona, o se si danneggia direttamente la vita e l’esperienza della persona che abbiamo deciso di amare. Oggi si continua a pensare che una persona tradisca il partner se fa all’amore con un’altra persona. Si pensa lo stesso al tradimento, ma molto meno, se la stessa persona sviluppa interessi, verso un’altra persona o verso ideali o altre attività, che possono coinvolgere anche molto di più del singolo atto sessuale. L’amore ha una natura espansiva, esaltante, intrisa di felicità e di beatitudine, che costituisce una forma di ambiente universale. Quando questo amore viene sentito e coltivato, aumenta, e non diminuisce, l’energia dell’amore verso una persona precisa. L’amore aumenta se si espande, si ritira se esclude.

   Tutto questo non vuol dire che gli amori, come le persone, non siano unici. Ma l’unicità viene vissuta vivendo profondamente il rapporto con la persona o l’attività che si ama, e non al contrario, vivendo superficialmente il rapporto, e poi negando tutti gli altri tipi di amore. Si tradisce l’amore non vivendolo fino in fondo, e non perché altri amori si accendano verso altre persone.  Io posso amare intensamente Claudia, avvertire un amore per Irene, fare all’amore con Chiara, in un modo che l’amore per Claudia aumenti a dismisura. Io posso amare intensamente Claudia, ma posso anche essere innamorato di Dio, di una comunità, di un’arte, di uno sport.

    Potrebbe quindi succedere tranquillamente che una persona innamorata, e che vive nella parte profonda di se stessa, abbia un cuore ed una mente aperti. In questa apertura entrano la vita, l’universo, gli altri. Può anche essere che con questo spirito incontri un’altra persona, se ne innamori, nell’anima o nel corpo, o in tutti e due. Chiaramente darà attenzione a questo nuovo rapporto, vivrà intensamente il nuovo amore, ma senza togliere nulla all’amore con la persona che già amava. Anzi, la nuova ricchezza, si trasformerà in una nuova energia anche per il rapporto precedente.

 

 Chiaramente occorre avviare un processo di trasformazione profonda delle persone per realizzare in modo autentico ed ardente questa prospettiva[4]. Occorrerà realizzare il viaggio dell’eroe. Non è certamente lo stesso fenomeno quando le persone dicono d’impegnarsi nel contratto della monogamia, e poi invece cercano di vivere altre esperienze nascondendole al partner.

Viviamo oggi tutti la coesistenza del richiamo alla coppia, alla monogamia ed alla famiglia, con una vita sociale che moltiplica a dismisura le situazioni di promiscuità fra i sessi, determinando una stimolazione continua di aspetti degli amori, delle amicizie, delle collaborazioni, dei desideri sessuali. L’alternarsi fra la fedeltà alla coppia e l’apertura come amanti tradizionali agli altri rapporti, sembra una malattia congenita. Questa ha le radici inevitabili sia nell’esistenza di una sessualità di specie che produce continuamente attrazioni e pulsioni naturali, come funzione positiva e sovrabbondante della natura, sia nell’esistenza di una socializzazione che pone a confronto continuo le persone fra di loro. La socializzazione si confronta attraverso i ruoli sociali, le maschere psicologiche, i comportamenti opportunistici, i principi di prestazione e di competitività in ogni situazione. Accanto a questa abbiamo una formazione delle persone abbandonata a se stessa, non esiste un’educazione della sfera emotiva, affettiva e morale. Per cui le persone ritengono normale vivere nelle insicurezze, nelle impotenze, nelle nevrosi, nelle reattività, non pensano neppure che possono intervenire e risolvere i problemi di identità. E’ naturale che le ansietà, i bisogni, le dipendenze e le gelosie poi si moltiplichino nei rapporti affettivi. Aggiungiamo la considerazione che gli innamoramenti, in queste condizioni sociali, tendono ad esaurirsi, quindi o le persone si abituano ad una forma di amore sentimentale o abitudinario, o tendono a mutare i rapporti, o cercano di affiancare l’amore abitudinario delle famiglie con le avventure occasionali.

L’invito all’amore universale, al rispetto ed all’amore per gli interessi e gli amori dei partner, può essere quindi accolto dalle persone che vogliano diventare autonome e mature sul piano della trasformazione personale. Sul piano delle libere scelte delle persone e delle coppie, possono esistere diversi oggi tipi di contratto di relazione che le persone possono concordare fra di loro. Anche qui, il principio del rispetto del mistero delle persone e dei rapporti non vuol dire che si debbano giustificare ipocrisie, opportunismi e falsità deliberate. Precisato tutto questo, non rimane che ribadire….

 

   Sì, amici miei, è bello pensare che si possa finalmente liberare l’amore !!! Liberare l’essenziale da quello che non è essenziale, liberare le finalità più profonde dalle necessità radicate, liberare la felicità e la gioia dalla prudenza e dalla paura, i desideri ed i sogni dai bisogni incessanti.

Amici miei, guardiamo lontano, apriamo nuovi orizzonti, e domandiamoci veramente se non sia possibile introdurre un radicale cambiamento storico, una mutazione epocale, in tutti i rapporti amorosi ed affettivi[5]. Non abbiamo timore, nessuno vuole intaccare quello che possediamo oggi, nessuno vuole aprire crisi a catena, ma guardiamo dove ci sono gli indizi e le tracce per iniziare un percorso che conduca verso queste forme di nuova realizzazione amorosa. Apro degli interrogativi, senza un ordine particolare, un modo per fare risuonare liberamente qualcosa di nuovo.

 

Liberiamo l’amore dal bisogno: dal bisogno dell’altro che sostituisca i propri eventuali vuoti interiori, dal bisogno dell’altro che occupi il tempo libero e che soddisfi la presenza, dal bisogno dell’altro che sostituisca la nostra diretta personale stima di noi stessi.

Liberiamo l’amore dal possesso e dalla protezione, non confondiamo l’amore con la pretesa della disponibilità dell’altro, con l’esigenza di guidare la vita dell’altro, con la tendenza a difenderlo dalla vita.

Liberiamo l’amore da ogni forma di esclusività, da ogni forma di monopolio. Non è vero che non si ama una persona se si ama un’altra. Non è vero che sembra impoverito o spento un rapporto se un uomo od una donna provano piacere ed amore anche con altre persone.

Liberiamo l’amore dall’ipoteca corporea, il corpo non è in proprietà ed in usufrutto per certi rapporti, mentre per gli altri intervengono forme di lontananza, di distanza emozionale ed espressiva. Abbiamo sempre con noi il corpo, non possiamo farne a meno.

Liberiamoci dalle forme di pretese e di richieste. Una cosa è auspicare una comprensione, un dialogo, una forma di attenzione, un’altra cosa è imporre una specie di aggressiva richiesta di amore come rinuncia a se stessi, un’altra cosa è imporre i propri bisogni interpretando arbitrariamente i silenzi o le reazioni dell’altro.

Liberiamoci allora dalle nostre paure, dalle nostre insicurezze, dai nostri complessi d’inferiorità, dalle rigidità dei nostri io. Procediamo nella trasformazione!



[1] Cfr. “..E’ dunque logica la parte che può avere un impulso a ‘valere’ in termini di possesso erotico-sessuale in chi ha bisogno di un’autoconferma: come mezzo per illudersi che si ‘è’ nelle relazioni erotiche .. Ancor più verso l’esterno si trova ciò che nel fenomeno della gelosia può essere dettato dal semplice amor proprio e dall’idea sociale dell’amore….quando l’io cerca nel sentimento del possesso una compensazione o un anestetico per il suo oscuro sentimento d'inferiorità, quando il sentimento del possesso gli fornisce il ‘surrogato’ dell'essere, quasi sempre l'effetto reale è un rafforzamento appunto dell’egoismo dell’individuo empirico nella sua limitatezza e chiusura: cosa che va contro la tendenza al trascendimento di sé costituente la possibilità superiore di ogni eros.“  J. Evola, Metafisica del sesso, op. cit. p.106-107.

 

 

[2] Cfr. J. Evola, Metafisica del sesso, op. cit.:   “ Nell’amore possono anche aver parte affinità ideali, devozione e affetto, spirito di sacrificio, manifestazioni elevate del sentimen­to; ma tutto questo rappresenta, dal punto di vista esistenziale, qualcosa di ‘altro’, o qualcosa d’incompleto, se per controparte non si ha quell’attrazione che si suol chiamare ‘fisica’, la cui conseguenza è il congiungersi dei corpi e il trauma dell’amplesso. E’ in questo punto che si ha, per così dire, il precipitato, il pas­sare ad atto e il consumarsi in un apice, suo naturale terminus ad quem, di tutto l’insieme dell’esperienza erotica in quanto tale. Quando si desta, per attrazione fisica’, l’impulso sessuale, si muovono gli strati più profondi dell’essere, strati esistenzialmente elementari rispetto al semplice sentimento. L’amore più elevato fra esseri di sesso diverso è, in un certo modo, irreale senza quella specie di corto circuito, la cui forma più grossolana di apparire è il climax dell’orgasmo sessuale, ma che è esso a racchiudere la di­mensione trascendente, non individuale del sesso. Certo, anche un puro amore può portare di là dall’individuo attraverso, ad esem­pio, la dedizione continua e assoluta e ogni specie di sacrificio di se; ma come una disposizione spirituale la quale potrà fruttificare concretamente solo in altra sede: non in una esperienza in atto, non in una sensazione e quasi in una reale frattura dell’essere. Le profondità dell’essere, ripetiamolo, nel dominio di cui stiamo par­lando vengono toccate e mosse solo con l’unione effettiva dei sessi.”

[3] " Le conclusioni a cui siamo indotti dai dati empirici ricavati dal lavoro analitico sono che l'anima diviene psiche attraverso l'amore e che è l'eros che ingenera la psiche. ... Il creativo è un risultato dell'amore. E' contrassegnato da immaginazione e bellezza, e dalla connessione con la tradizione come forza vivente e con la natura come corpo vivente. … Con amore non intendiamo 'semplicemente un certo sentimento dell'anima', gli affetti e gli entusiasmi di una funzione psichica. Eros non è una funzione di Psiche, così come l'eros che sperimentiamo non è una componente della nostra individualità umana, qualcosa di 'interno' al nostro 'inconscio', che è soggetto a sviluppo, analisi, adattamento. Eros non è mai qualcosa che abbiamo; esso ha noi. " J. Hillman, Il mito dell'analisi, Adelphi, p.68, 80.

          

 

[4] Cfr. A. Sbisà, Educazione e famiglia, La Nuova Italia. – D. Cooper, La morte della famiglia, Einaudi. – R.D.Laing, La politica della famiglia, Einaudi.

[5] Cfr. M. Maffesoli, L'ombra di Dioniso, Garzanti. - A. Sbisà, La creatività, Le Monnier. – D. Francescato, Amore e potere, Mondadori.

ANTONIO SBISA'


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