Lettera aperta per Daniela Bellotti e per gli artisti "non omologati" Catalogo Barracuda, nov.
2002
Una società basata
sui consumi, sui valori capitali, sul costume esige una cultura, popolare,
diffusa, basata sulle immagini. E' necessario stimolare interessi, bisogni.
Fondamentale è sostanziare svaghi, stuzzicare le necessità
all'acquisto, al possesso, alla determinazione dell'immagine del sè
nel rapporto con gli altri. Il Kult dell'immagine di tutto e di tutti,
diviene valore sociale. Le società, che amano farsi definire: civili,
democratiche, avanzate, industrializzate e assolutamente ricche, usano
la sfrenatezza all'acquisto come agente disinfettante e anestetico alle
ferite di classe, di razza e di identità negate. Le immagini sono
"spettacolo" per le masse, dispositivi efficaci di propaganda e di sorveglianza
per chi governa. La profetizzazione delle immagini diviene una vera e propria
ideologia e condizione esistenziale. Immedesimarsi nell'immagine, correggendo
fino alla cancellazione la naturalezza e la spontaneità dell'essere,
corrisponde ad un senso di "giustezza"; come dire che le mutazioni sociali
corrispondono alle mutazioni d'immagine. Anche l'arte sta subendo la "colonizzazione"
dell'invasione economica, non è sopravvissuta alla catastrofe della
modernità, della secolarizzazione, dell'illuminismo concettuale,
del particismo abituale e conveniente, del sadomaso spettacolare, dell'evento
occasionale e opportuno piuttosto che della condizione, quella catastrofe
dell'arte concettuale che sembrava aver cancellato inesorabilmente la bellezza
delle figure, la forza del colore, gli slittamenti del piacere, del gesto.
Allora, artisti non eletti e non omologati dalle Lobby dell'Arte. Voi
che sapete sospettare delle variazioni concertate - quelle del messaggio
definitivo, dell'interpretazione "saturante", voi che conoscete la variante
più preziosa - quella dell'insistenza di un senso originario, della
continuità di una passione: di sè nel mondo, che significa
il mondo in sé -, portateci nella tenda, raccontateci il verbo che
ci può dare forza, quella forza che sa lottare per l'indipendenza
del pensiero e dell'agire. Attraverso il paradosso decorativo fatevi autori
indipendenti di un manifesto anticolonialista che sappia risvegliare. Fatevi
voce a grana grossa di un lunedì nostro, difendeteci come guerrieri
luminosi dalla ferialità invasa. Anche con sostenibilissima leggerezza
fateci ritrovare e godere il fascino dell'anarchia della memoria. Dateci
racconti aperti, racconti obliqui e non lineari. Dateci quella rotazione
di pupilla che nell'avvolgenza del suo giro sa fare danza con la terribile
bellezza della vita. Dateci la straordinarietà di un punto, che
muore nella meravigliosa stravaganza di diventare linea.
Danilo Cognigni
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