Le tempeste tropicali

 

 

 

 

Un uragano è una tempesta violenta che si forma sopra un oceano tropicale con venti che soffiano intorno a un'area centrale di calma chiamata occhio; nell'emisfero Boreale l'aria si muove in cerchio in senso antiorario; nell'emisfero Australe avviene il contrario. Convenzionalmente si definisce uragano: una tempesta in cui la velocità del vento raggiunge almeno i 64 nodi (~120 Km/h essendo 1 nodo = 1,852 Km/h).

Nel caso di velocità del vento inferiori ai 33 nodi si parla soltanto di depressioni tropicali, mentre se la velocità è superiore a 33 ed inferiore a 64 nodi si hanno le tempeste tropicali. Tali situazioni rappresentano spesso lo stadio iniziale, o finale, di un uragano.

I venti più forti prodotti dalla natura si trovano nei tornado, ma sono limitati ad aree piuttosto piccole, aventi un diametro di solito inferiore a un chilometro e mezzo e durate che si misurano in minuti. Negli uragani i venti più forti non superano normalmente i 250 Km/h, ma possono coprire aree con diametri di molte decine di Km e durare diversi giorni. I danni provocati da un solo uragano possono pertanto essere tragicamente elevati perfino in confronto agli effetti di un tornado.

Gli uragani hanno luogo in varie parti del mondo e sono chiamati con nomi diversi: le tempeste che si formano nelle regioni occidentali dell'Oceano Pacifico settentrionale e che si abbattono con regolarità sul Giappone sono chiamate tifoni; nella parte settentrionale dell'Oceano Indiano sono conosciute come cicloni; in Australia talvolta si dà loro il nome di willy-willy; in quasi tutte le altre regioni del mondo si usa comunemente la parola " uragano " (*).

A partire dal livello di tempesta tropicale vi è l'abitudine di assegnare un nome sia alle tempeste che agli uragani per identificarli più facilmente in particolare quando nella stesse regioni insistono più fenomeni dello stesso tipo. In tal modo risultano notevolmente facilitate le comunicazioni e gli avvisi al pubblico da parte dei servizi addetti alla previsione, alla sorveglianza e all'emergenza. Inizialmente i nomi erano esclusivamente femminili, a partire dal 1979 la OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale) e la NWS (US National Weather Service) stabilirono di alternare nomi di donna e di uomo. Soltanto nelle regioni settentrionali dell'Oceano Pacifico non si danno nomi ai cicloni tropicali.

 

Il luogo di nascita delle tempeste tropicali si trova sopra gli oceani, pressappoco tra i 5 e i 15 gradi di latitudine Nord e Sud. Come in molti vortici atmosferici, la principale fonte di energia che avvia e mantiene il vortice è il calore latente liberato dalla condensazione del vapore acqueo.

La maggioranza degli uragani si forma in certe regioni oceaniche e in certe stagioni dell'anno: in condizioni cioè in cui è massima la temperatura della superficie del mare (almeno 26 °C). Le suddette regioni coincidono con la zona delle calme equatoriali o di convergenza intertropicale, dove convergono gli alisei dai due diversi emisferi: sono zone caratterizzate da assenza di venti e da forti riscaldamenti della superficie marina a causa della costante azione della radiazione solare.

Il forte riscaldamento degli strati inferiori dell'atmosfera tende a renderli instabili e quindi a favorire la convezione, ossia il movimento verticale verso l'alto dell'aria caldo-umida sovrastante la superficie del mare; il raffreddamento di tali masse d'aria produce la condensazione e quindi la liberazione di grandi quantità di calore latente.

I moti convettivi creano una convergenza di aria verso la zona in cui essi si manifestano, tuttavia tale situazione non avrebbe una lunga durata nel tempo se non intervenisse l'azione della forza di Coriolis. Tale forza, causata dalla rotazione terrestre, è nulla all'Equatore, ma, ad una distanza di almeno 500 Km da esso, assume un valore sufficiente a produrre la deviazione dell'aria convergente che inizia a muoversi in cerchio, con velocità sempre più elevate man mano che essa si avvicina al centro del vortice. La deviazione è verso destra nell'emisfero nord, per cui l'aria acquista una rotazione antioraria, al contrario, nell'emisfero sud, la deviazione è a sinistra e la rotazione è oraria.

Una volta innescata la rotazione le uniche forze che praticamente agiscono sono la forza di gradiente e la forza centrifuga, dirette, rispettivamente, verso il centro e verso l'esterno. In meteorologia si dice che tale equilibrio è ciclostrofico. L'azione convergente e rotatoria dell'aria produce un aumento di intensità del moto ascensionale ed una diminuzione sempre più accentuata della pressione nel centro della colonna, con conseguente aumento della forza di gradiente.

Le condizioni descritte non sono tuttavia sufficienti perché si formi un uragano, generalmente ciò avviene quando, oltre alla convergenza al suolo, si ha un sistema divergente ad alte quote che determina un'azione aspirante di aria dalle quote più basse e che si va a sovrapporre al moto convettivo di natura termica. Soltanto in tal caso la circolazione dell'aria sarà adatta allo sviluppo di un violento vortice.

La fase di sviluppo di un uragano può durare dalle 12 ore fino a diversi giorni, durante tale fase la pressione nel centro della tempesta diminuisce gradualmente ed i venti di solito non raggiungono la forza del vento di uragano e si mantengono intorno ai 60 Km/h.

Quando la tempesta si avvicina alla massima intensità i cambiamenti avvengono molto più in fretta: la pressione cade rapidamente, i venti aumentano fino a più di 150 Km/h in una stretta fascia circolare compresa fra i 15 e i 25 Km di distanza dal centro dell'uragano, nubi e pioggia si organizzano in fasce che si avvolgono a spirale intorno al centro di perturbazione.

Quando l'uragano raggiunge la maturità, le diminuzioni di pressione al centro sono relativamente piccole, ma l'area coperta da forti venti e piogge violente aumenta. La regione interessata dai venti d'uragano può estendersi fino a raggiungere un diametro che supera i 300 Km.

Gli uragani cominciano a indebolirsi e muoiono quando la fonte di energia, rappresentata dal calore latente di evaporazione, si esaurisce. Tale situazione si verifica quando diminuisce il rifornimento di aria calda e umida con il passaggio della tempesta sulla terraferma oppure con lo spostamento verso latitudini più alte, sopra acque oceaniche più fredde.

In molti casi l'uragano si indebolisce fino a diventare una semplice tempesta tropicale, oppure, se ha la possibilità di arrivare a latitudini più elevate, può trasformarsi in un normale ciclone extratropicale

L'occhio non è altro che il fulcro attorno al quale ruota tutta la spirale dell'uragano; esso ha in media un diametro di circa 25 Km, ma può raggiungere anche i 65 Km. Esso rappresenta una specie di muro cilindrico, i cui bordi sono formati da uno strato spessissimo di nubi che si estende da vicino al suolo fino a grandi altezze (anche oltre i 15 Km). I principali fenomeni osservati sono esposti brevemente di seguito.

I venti di solito sono molto deboli o sono completamente assenti.
Le precipitazioni sono deboli o assenti
La nebulosità è molto variabile, spesso il cielo risulta coperto, talvolta ci sono pochissime nubi con rari filamenti di cirri in alto attraverso cui si può vedere il cielo.
La temperatura al suolo mostra valori uguali o di poco superiori a quelli riscontrati nella regione circostante, mentre alle quote più alte si possono avere differenze di anche 10÷12 °C in più.
I fenomeni osservati fanno ritenere che dentro l'occhio ci sia un moto di aria verso il basso (subsidenza) che impedisce la formazione di nubi e di piogge. Tale moto produce una compressione dell'aria sottostante e quindi è responsabile delle maggiori temperature osservate; tuttavia si ritiene che l'aria non raggiunga la superficie marina e si arresti ad una quota di 1¸3 Km, dove si forma un'inversione termica.
Nello strato sottostante l'aria risulta relativamente umida e se si formano delle nubi, queste non oltrepassano il limite sopracitato. Dalle foto dei satelliti l'occhio è spesso uno degli elementi caratteristici di un uragano assieme all'aspetto spiraliforme delle nubi più alte che si irradiano dal centro con un moto contrario a quello che si ha al suolo, nell'emisfero nord la rotazione in quota è orari

Tutte le tempeste tropicali hanno una caratteristica comune: dopo essersi formate si muovono seguendo percorsi che le portano in direzione del polo. In generale gli uragani dell'Atlantico all'inizio hanno solo una piccola componente diretta verso il polo, ma dopo qualche giorno di spostamento lungo un percorso approssimativamente est-ovest cominciano a piegare verso nord.

Si può vedere che ogni tanto gli uragani possono deviare dai percorsi gradualmente incurvati, e talvolta subiscono rapidi cambiamenti di direzione, arrivando perfino a descrivere un occhiello intorno a una particolare area: quando ciò accade la durata della tempesta sopra quest'area può essere considerevolmente più lunga di quanto normalmente previsto.

Gli uragani giovani nei tropici si muovono abbastanza lentamente raggiungendo una media di 20-25 Km/h. Quando le tempeste si rafforzano e la loro traiettoria comincia a curvarsi, le velocità aumentano. Talvolta gli uragani dell'Atlantico possono raggiungere velocità tra gli 80 e i 100 Km/h quando colpiscono la costa nord-orientale degli Stati Uniti.

Molto spesso un vortice si dissolve prima che se ne sviluppi un secondo e di quando in quando se ne forma un secondo quando esiste ancora il primo. La presenza di tre vortici ben sviluppati nello stesso tempo è del tutto eccezionale.

Quando gli uragani si spostano sopra grandi aree di terraferma, o sopra masse d'acqua più fredde, si indeboliscono rapidamente. I meteorologi chiamano questo processo riempimento dell'area di bassa pressione. Quando avviene il riempimento le velocità dei venti diminuiscono e la tempesta diventa il cosiddetto ciclone extratropicale, cioè un ciclone con caratteristiche comuni ai cicloni che si verificano fuori delle zone tropicali.


I venti fortissimi presenti in un uragano generano enormi onde che si propagano verso l'esterno in tutte le direzioni; tali onde possono arrivare anche a grandi distanze dal vortice sotto forma di onde lunghe. Nell'emisfero nord, il quadrante più pericoloso è quello destro (*) dove i venti dovuti al moto rotatorio antiorario si sovrappongono al moto dell'uragano (**).

Analogamente, le onde create nel quadrante posteriore destro sono le più violente create da un uragano e possono avere una velocità di propagazione di 1.500 Km al giorno.

Quando gli uragani arrivano in vicinanze delle coste, l'azione prolungata dei venti può provocare un rapido aumento del livello del mare, fino ad anche 5¸6 metri sopra la marea normale (Storm Surge); i valori massimi si hanno in corrispondenza del passaggio del minimo depressionario. Le onde, propagandosi sopra il nuovo livello della superficie marina, producono ulteriori innalzamenti del livello delle acque che possono arrivare fino a grandi distanze dalla costa.


La più alta percentuale di incidenti mortali e di danni si verifica nelle aree costiere; infatti quando gli uragani passano sopra la costa possono avere la massima intensità. I venti possono soffiare a velocità tanto alte da distruggere le case, strappare le linee dell'alta tensione e trascinare via barche, automobili e qualunque altra cosa non sia pesantissima e solidamente assicurata al suolo.

Il pericolo maggiore spesso non è rappresentato dai forti venti, ma dalle inondazioni causate dall'innalzamento del livello del mare a causa del moto ondoso. Un altro pericolo, nelle regioni montuose, è rappresentato dalle piogge torrenziali (anche oltre 500 mm in poche ore) che possono produrre improvvise piene di fiumi con conseguenti inondazioni e straripamenti.

Per meglio valutare la forza distruttiva di alcuni uragani si possono citare:

Tifone Tip nel Pacifico Nord-Ovest, il 12 Ottobre 1979, fu misurata una velocità di 165 nodi (circa 305 Km/h) ed un minimo depressionario di 870 hPa
Tifone Nancy nel Pacifico Nord-Ovest, il 12 Settembre 1961, furono stimati venti di 185 nodi (circa 340 Km/h) ed un minimo di 888 hPa
Uragano Bathurst Bay, in Australia nel 1899, produsse un aumento nel livello del mare di 13 m.
Ciclone in Bangladesh nel 1970, produsse circa 300.000 morti a causa di un'onda di marea che penetrò per decine di Km all'interno della costa molto bassa.
Per una classificazione degli uragani sono state create delle tabelle fra cui quella di Saffir-Simpson riportata di seguito, che indica gli effetti in funzione dei valori della pressione minima e della velocità media del vento

 
Tipo Categoria Danni Pressione
(hPa)
Venti
(nodi)
Surge
(metri)
Depressione       <31  
Temp. tropicale       31-63  
Uragano 1 Minimi >980 64-83 1.0-1.7
Uragano 2 Moderati 965-979 84-96 1.8-2.6
Uragano 3 Estesi 945-964 97-113 2.7-3.8
Uragano 4 Estremi 920-944 114-135 3.9-5.6
Uragano 5 Catastrofici <920 >136 >5.7


Prevedere la nascita di un uragano è praticamente impossibile, una volta individuata una depressione o una tempesta tropicale, è possibile seguirne il percorso e l'evoluzione, in particolare per verificare se essa può evolvere in un uragano e quali possono essere i suoi successivi spostamenti.

La posizione precisa di un uragano non è facile da identificare con le sole misure di pressione atmosferica e di velocità del vento; tali misure sono infatti eseguite in punti situati ad intervalli piuttosto irregolari sulla terraferma e molto distanziati tra loro sull'oceano. Fortunatamente oggi i servizi meteorologici utilizzano anche molti altri strumenti quali i satelliti artificiali, dalle cui foto, applicando particolari metodologie di analisi, è possibile stimare l'intensità degli uragani.

Il National Hurricane Center USA possiede anche aeroplani attrezzati per eseguire speciali misure sulle tempeste tropicali. Essi localizzano l'uragano e gli girano intorno e, se le condizioni di volo lo permettono, penetrano nell'occhio e ne determinano la posizione esatta. Avvicinandosi alle coste, l'uragano può essere seguito con dei Radar Doppler anche quando sono distanti 150 Km ed oltre.

Allo stato attuale le probabilità che un uragano colpisca di sorpresa sono praticamente nulle, il grosso problema che il meteorologo deve affrontare è la previsione dei suoi futuri spostamenti, affinché le aree minacciate possano ricevere adeguate segnalazioni di pericolo.

I meteorologi usano vari schemi per prevedere il futuro percorso di un uragano, tali schemi sono generalmente adattati ai diversi luoghi in cui si possono avere tali fenomeni.

Gli uragani seguono frequentemente un percorso regolare, per cui una stima delle possibili posizioni future può essere fatta estrapolando dalle posizioni precedenti. Tal sistema può essere attendibile soltanto per un periodo di qualche ora, diventa inaffidabile sui lunghi periodi di tempo e non dice nulla sui cambiamenti di direzione irregolari.

Per eseguire previsioni con due o tre giorni di anticipo è necessario prendere in esame la circolazione dell'aria sopra la maggior parte dell'Emisfero in cui si trova l'uragano. I venti in quota a circa 6.000 m (in corrispondenza delle superficie isobarica di 500 hPa) sono in generale dei buoni indicatori della circolazione generale nella troposfera, questo livello è spesso chiamato livello guida (steering level) in quanto si può considerare che il flusso del vento a questa quota sia quello che "guida" l'uragano.

In tutti i paesi che sono regolarmente colpiti da uragani le autorità si preoccupano di creare un'efficiente rete di prevenzione, fornendo utili informazioni e suggerimenti alla popolazione, ad esempio negli USA è disponibile la "Federal Emergency Management Agency's" con la sua pagina on line "Hurricane Page" dedicata agli uragani o ad altri eventi simili egualmente dannosi. Altri suggerimenti utili si trovano presso l'"Hurricane Hunters" della Air Force Reserve.