Le genti di Lukezi e Pedena
Detti memorabili
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Ari va Labin!
Ordine dato ad un servo da un padrone: in un minuto questo era ad Albona con l'asino. Il padrone mandava il servo ad Albona per avere una risposta da qualcuno la mattina dopo, invece il servo era di ritorno con la risposta la sera stessa.

Angelo, vien te darò una kreka!
(Rosina [?] Leucovic'). Esempio di commistione di parlate.

Ti ga visto mio tovàr soto la graia de Marìn ch' el magnava foie de garmic'?
(Uno di Pedena). Altro esempio di commistione di parlate.

Tri cari boni o dva na lahko.
È la risposta data da Giovani Francovich, Bohtar, uno dei calzolai di Pedena, ad uno che gli chiedeva quanto fieno avesse fatto. La frase di risposta che significa tre carri ben pieni o due non comprimendo più di tanto il fieno, evidentemente sbagliata, ha fatto sorridere per molto tempo i pedenesi da fissarsi nella memoria popolare.

Prima Roma dopo Pedena!
(Iuvanin Marzaz, sarto del paese).

Dica nêc'e stârci puslusat.
(Svime Lukezv, Sarankôn). Trad. I giovani non vogliono ascoltare i vecchi.

Otrocic'i kolacic'i tri za liro!
(Venditrici di dolci di Galignana a Pedena).

Tarlis i bargese kuarnar i osan lir!
(Albonesi [labignane] che durante l'ultima guerra venivano a Pedena a vendere le vecchie tute dei minatori).

Bruto porco de s'ciavon vestido de nero come un pitacòn!
Frase gridata ripetutamente da Maria Nezic', sposata con Attilio Marzaz, figlio di Guido Marzaz, contro Iuvanin Benkovic' (Runko) quando venne il vescovo Fogar da Trieste per la cresima. I pedenesi ed il prete Pietro Renzi erano in rotta allora, perché lo calunniavano. Renzi diceva che erano maledetti da San Niceforo, e che con lui si comportavano nello stesso modo. Iuvanin Runko ed il prete avevano descritto in una lettera la situazione e tutta la cattiveria di Pedena verso il prete. Quando i paesani andarono incontro al vescovo alla Porta Romana, Iuvanin Runko su una sedia si mise a leggere la lettera. Il vescovo interruppre la lettura, dicendo che non era vero niente.
Ben petada!
Disse Camilo Monti, lo stagnino. Il vescovo comunque interruppe ogni festeggiamento e si recò subito in parrocchia. La Maria Nezic', nella sua bottega, sbottò con la frase riportata inveendo contro lo Iuvanin Runko anche per i continui dispetti da lui fatti verso il padre. (Il Nezic' e il Runko erano entrambi organisti).

Anzuli friti piturai caldi
(da Francesco Fumich). La frase era detta ai bambini che facevano capricci soprattutto per il mangiare. Ad esempio: Cossa ti vol? Anzuli friti piturai caldi?, oppure Se ti fa il bravo te darò anzuli friti piturai caldi, o anche Cossa xe ogi de magnar? Anzuli friti piturai caldi!. Che cosa fossero gli anzuli friti era un mistero, neanche mio padre sapeva il significato di quelle parole che da bambino mi ero sentito ripetere più volte. Recentemente ho trovato finalmente un riferimento preciso coerentemente con il contesto d'uso che, tra l'altro, rafforza i probabili legami tra le zone centrali dell'Istria e le zone alpine in termini di immigrazione. Nel suo corposo libro Lingua e cultura ladina (Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali), il prof. Vito Pallabazzer riporta la seguente voce (pg. 57):
ánz'oli friti (o fricv) m. pl. Ro. Al. cibo fantastico che si prospetta a chi è schizzinoso o domanda sempre che cosa c'è da mangiare.
Sempre nella stessa pagina si legge che ad Alleghe gli ánz'oi sono fritelle fatte con i fiori di zucca.



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Revised - May 28th, 2001