LOTTE DEI CONTADINI DI CUTRO PER LA RIFORMA AGRARIA
 

     Nel 1811 il re emanò un decreto a favore  della Calabria e della Lucania con il quale donava la terra ai contadini di quelle regioni.Anche Cutro, che allora era un feudo denominato “Tacina Massanova”  , era esteso per quasi tredicimila ettari , contava tremila abitanti  e molte famiglie nobili come I Maida , i Di Bona, i Foresta  ecc.  ed era amministrato dal principe Doria, molte terre incolte furono assegnate  ai contadini con la clausola : Usi Civici che davano il diritto ai cittadini  di far legna nei boschi , di far pascolare gli animali nei fondi di “Corvino”, “Rosito “ ecc. e di farli abbeverare nel fiume Tacina.
      Con il passar del tempo  le cose cambiarono perché , alcuni ricchi signori  che tramite il Ministro della Real Casa   Falcone Lucifero , avevano ottenuto i titoli nobiliari di “ Conte”, “Marchese” e “Barone”,  cominciarono ad appropriarsi di terreni di proprietà comunale. Infatti la costruzione , da parte del Barone Baracco , dell’antico macello di via Ponte è costato al comune di Cutro il fondo “Arcieri”. Così tanti terreni  coltivabili sono divenuti proprietà  di questi nobili soltanto perché facevano piccole opere di infrastrutture  nel Paese “ strade, o pochi metri di fognatura “ Altri  ancora abusivamente perché incustoditi. Allargavano così sempre più i loro confini  tanto da creare il “latifondo” ed i contadini persero il diritto degli “Usi Civici”.

                      LE CONDIZIONI SOCIALI DEI CONTADINI

      I latifondisti erano sempre più ricchi ed i contadini sempre più poveri. I baroni vivevano nelle città e facevano amministrare le terre ai “fattori” che chiamavano a lavorare  i contadini per dieci dodici ore al giorno pagandoli così poco che   i soldi non bastavano nemmeno per sfamare la numerosa famiglia. I braccianti vivevano in piccole case, senza acqua  ,senza fogna e senza luce . Le loro condizioni erano drammatiche; i bambini spesso morivano nei primi mesi di vita  per mancanza di nutrimento e per malattie infettive. Quelli che sopravvivevano non avevano il tempo né di giocare né di andare a scuola perché dovevano aiutare la famiglia quindi rimanevano analfabeti e ignoranti. La stessa vita non conducevano i latifondisti . Essi davano i terreni in affitto facendo pagare, a fine raccolto, la “terraggera” che consisteva in un quantitativo di fave, favette o grano  senza tener conto della buona o cattiva “annata”.
            Nei fondi Sant’Anna , Foce Tacina e Votapozzo vi erano boschi fitti di alberi ad alto fusto e costituivano le tenute di caccia del barone Baracco infatti erano ricchi di selvaggina.Si dice che in queste tenute venisse a cacciare anche il re Vittorio Emanuele terzo. Ai  contadini non era permesso neanche di raccogliere legna ,né di far pascolare ai margini qualche animale senza incappare nelle fucilate dei guardiani o essere denunciati . D’estate, quando era il tempo della mietitura, donne e bambini chiedevano il permesso di andare a raccogliere le spighe che cadevano ai mietitori; i “fattori” concedevano l’autorizzazione soltanto dopo  che gli animali dei baroni si fossero ben saziati. Allora donne e bambini raccoglievano le spighe rimaste  e si portavano a casa qualche chilo di grano e sfamare la numerosa e prole. Le condizioni di vita quindi erano veramente misere. Ecco perché essi hanno sempre avuto “ fame di terra” e ne hanno cercato un pezzo da coltivare privatamente . Proprio per questo motivo , già dal 1919, dopo la prima guerra mondiale,, presero l’iniziativa di occupare le terre che i baroni lasciavano incolti. Ma essi non mollavano facilmente, così, dopo molte lotte, il due Settembre 1919, il governo  emise il “Decreto Visocchi” col quale assegnava agli ex combattenti piccole quantità di  terra dei latifondisti.

                L’OCCUPAZIONE DELLE TERRE E LE  LEGGI DI RIFORMA
 
                               I     CONTADINI   SUI   PODERI

         Quando i vari fondi furono assegnati non vi erano strade per poterli raggiungere.Nel 1955 l’Opera Sila, con i fondi stanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno  cominciò la costruzione delle prime strade poderali e inter-poderali. Dal 1953 al 1956 furono costruite le case coloniche nei vari fondi. Con la costruzione delle case molte famiglie si trasferirono dal paese nelle varie campagne dove però la maggior parte di esse viveva in condizioni molto disagiate ; infatti mancavano i servizi essenziali come luce elettrica, acqua, fogna e scuola. Il rifornimento dell’ acqua avveniva per mazzo di autobotti. La scuola era ospitata in una casa colonica ed era frequentata da pochi bambini di età diversa che formavano le pluriclassi. Essi raggiungevano la scuola a piedi e spesso si assentavano perché dovevano aiutare i genitori nei lavori dei campi o governare gli animali.
           Inizialmente i nostri contadini erano inesperti nella coltivazione della terra secondo il nuovo modo di fare agricoltura. Era necessario trattare il terreno con concimi dosati secondo il tipo di seme da coltivare; seguire le colture in modo che la terra producesse il massimo; usare le nuove attrezzature che essi non conoscevano. In questo lavoro erano guidati dai tecnici dell’O.V.S. che li consigliavano nella rotazione delle colture. Facevano alternare ogni anno, oppure ogni 2 anni le coltivazioni di grano, fave, favette, orzo e ceci per consentire al terreno di produrre di più.
Il lavoro dei campi aveva, bisogno di manodopera.
Prendeva tutto il loro tempo e quello di tutta la famiglia, ma non sempre il raccolto era abbondante o giusto per coprire le spese. Infatti nei primi anni in cui i nostri contadini coltivavano autonomamente le terre non si ebbe un buon raccolto cosi non poterono pagare tutte le spese che avevano affrontato. Inoltre il vitto, il vestiario e tutto ciò che serviva per la famiglia, veniva comprato “ncridenza” cioè il negoziante forniva le robe, segnavi il costo su una “libretta” e poi si faceva pagare a “ricota” quando si trebbiava il grano. Purtroppo nella maggior parte degli anni i raccolti erano scarsi e quindi non potevano pagare tutte le spese per cui i debiti diventavano sempre più esosi.
Negli anni sessanta fu masso in pratica un piano di irrigazione che portava l’ acqua nelle campagne attraverso canalette di cemento. Ma neanche con queste infrastrutture i nostri contadini riuscirono a ricavare il necessario guadagno per poter vivere degnamente. Allora molti giovani lasciarono le campagne per andare a lavorare nel Nord Italia o all’estero “Germania o Svizzera” dove c’erano le fabbriche che richiedevano manodopera. Perciò, dopo appena 10 anni dalla loro assegnazione, le campagne cominciarono a spopolarsi.
             Negli anni settanta/ottanta fu fatto un altro piano di irrigazione. Furono costruiti bacini artificiali (uno a fondo “cavaliere”) e vasche grandissime, una a fondo “Palombella”mai utilizzata ed un'altra a fondo “Santa Anna”.
Ma neanche questo piano di irrigazione è riuscito a frenare lo spopolamento delle campagne. Ormai sono pochissimi i giovani che vi rimangono. Spesso ci sono soltanto anziani che non sono capaci di continuare a sostenere il ritmo di lavoro richiesto dalla coltivazione della terra.
Un’altra causa dell’abbandono  delle campagne e’ stato, ed e’ tuttora , il basso prezzo sul mercato del prodotto coltivato. Esso, infatti ,ancora oggi e’ molto alto quando si compra e molto basso quando si vende. Anche se il ministero dell’agricoltura da’ “l’Integrazione “, cioe’ un contributo , non si riesce a coprire le spese .
          Alcuni terreni sono coltivati ad ortaggi , frutteti o barbabietola ma neanche queste colture consentono un grosso guadagno in quanto il costo della produzione è più alto di quello di vendita non essendoci nelle vicinanze industrie di trasformazione.
 

                        CUTRO NELLA VITA AMMINISTRATIVA  

            Dopo il 1946  la vita non è stata facile per nessuno. L a guerra era terminata da poco e c’è voluto molto tempo per risollevare il paese sia moralmente che economicamente. L’instabilità amministrativa fu una delle cause della non soluzione di tanti problemi che lo angustiava.
         All’inizio degli anni cinquanta  Cutro contava circa 2480 nuclei familiari  costituiti  da  sei o otto membri.   Le strade  erano fangose e dissestate, soltanto quelle del centro storico  e le principali erano fatte con pietre e lastroni.  C’erano molti alberi una volta!
    Dal 1946 al 1960  la vita amministrativa subisce interruzioni caratterizzate dall’alternanza di diversi sindaci :
 1946/47   Pietro Antonio Grisi;
 1947/48   Giovanni Villirillo;
 1948/50   Alfonso Sestito;
 1950/52   Alfonso Frijo;
 1952/60  Vincenzo Mancuso.
      Come si può rilevare dai dati l’unico a completare le legislature è stato il sindaco Mancuso. Durante tale reggenza il paese ricomincia a cambiare aspetto. Vengono asfaltate  le strade principali ; viene costruito il serbatoio  idrico di via nazionale, la rete fognaria , l’edificio scolastico di piazza Gio. Leonardo Di Bona, illuminati il Corso Nazionale  e il centro storico. Nel 1958 si stipula la convenzione
tra O.V.S.  e il comune per la realizzazione della scuola Agraria di Scarazze , viene costruito un villaggio di case popolari “UNRA CASAS” dotato di una scuola ed un centro sociale.
       Durante gli anni sessanta si alternano all’amministrazione comunale altri cinque sindaci:
  1960/62  Domenico Ruperto;
  1960/64  Luigi Camposano;
1965 Angelo Carella;
  1966/67  Ercole Foresta;
 1968/70   Antonio Cotruzzolaro.
        Gli anni sessanta non sono stati molto positivi per la popolazione . E’ da ricordare  la data del 7 Novembre 1967  in cui avviene l’incendio della casa comunale; un fatto eclatante! Infatti s’interesseranno molte testate giornalistiche nazionali: La Stampa , Gazzetta del Sud , Il tempo, Rinascita ,L’Unità e Mondo Nuovo. In questo periodo vengono costruite alcune case  comunali, la scuola media di via Rosito e la scuola elementare “Diego Tajani”.
              Negli anni settanta si alternano all’amministrazione  quattro sindaci:
1970/72  Nunzio Musumeci  commisario prefettizio;
1972/74  Antonio Stirparo;
1974/75  Antonio Cotruzzolaro;
1975/78  Giuseppe Sestito.
   Durante questi anni all’interno dei partiti politici  a Cutro vi sono state molte diatribe  che si sono riversate sulle amministrazioni  con gravi disaggi per la popolazione.
     Nel 1978 viene eletta una giunta di centro sinistra con a sindaco Francesco Voce che durerà fino al 1988. In questo periodo il paese si era ingrandito notevolmente; i nuovi rioni  erano  privi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.  Grazie all’operosità di questa giunta sono state rifatte le fogne, le condotte dell’acqua, le strade, un nuovo impianto d’illuminazione ; è’ stata istituita una sezione staccata dell’Istituto Commerciale per ragionieri; è stato costruito  il secondo cimitero, il secondo serbatoio idrico, il verde attrezzato di via Nazionale e  il centro sportivo  di via Rosito. Ma  l’opera  più importante , che ha qualificato quest’amministrazione ed ha portato tanta utilità ai cittadini è stata la metanizzazione del paese.
     1988/91   Luigi Chiellino;
     1991         Salvatore Migale;
     1991/92   Francesco Voce ;
    1992/96    Salvatore Migale.
  In questi anni il paese progredisce sia dal punto sociale che culturale. Viene completata   la Villa Comunale, si avviano i lavori della scuola sita in località Pozzo Seccagno completata nel 1996. Viene ultimata la scuola media numero due in via Giovanni XXIII. Finalmente per i cutresi si realizza  un grande sogno: il Poliambulatorio di primo soccorso; presso la piazza G.L.  Di Bona  sorge il Centro Anziani, viene riportata alle origini Via Roma,  si ristruttura  la chiesa della Santissima Annunziata e la piazza G.L. Di Bona  al centro della quale viene costruita una scacchiera gigante  dove il 12 Agosto di ogni anno in ricordo della sfida tra il cutrese Leonardo di Bona ed il vescovo Ruy Lopez, viene disputata la partita di Scacchi viventi.