Da tanti anni ormai, la cucina Toscana mantiene inalterata la preparazione di
alcuni piatti tradizionali. I sapori dei prodotti tipici toscani sono senza
tempo.
La cucina Toscana è semplice, fatta di sapori straordinari creati dall’ingegno
della povera gente, dei contadini che erano costretti a utilizzare alimenti meno
costosi per la preparazione dei propri piatti.
In Toscana, infatti, si è preferito l’uso dell’olio a quello dello strutto e le
minestre diventano protagoniste di una cucina semplice ma gustosa e nutriente
anche se la semplicità non lascia niente al caso perché gli ingredienti sono
dosati con arte ed i sapori sempre ben equilibrati. Ma il vero protagonista in
Toscana è il pane. La sua caratteristica principale è la mancanza di sale. Ed è
proprio il pane l’ingrediente base di tante ricette toscane. Il pane in
Toscana, con tutte le sue varietà, è considerato un alimento molto importante e
non deve essere sprecato. Alcune ricette che ancora sono diffuse, come la
panzanella, la pappa al pomodoro, la ribollita, l’acquacotta,
sono fatte con il pane raffermo.
La semplicità della cucina Toscana, una cucina rustica, misurata e gustosa
può essere considerata, nello stesso tempo, anche raffinata e assolutamente
attenta alla propria tradizione culinaria.
La cucina Toscana è anche molto varia come gusto e come ricette e questa varietà
abbinata alla qualità e genuinità degli ingredienti usati la rende eccezionale.
Sono proprio gli ingredienti genuini generati dalla terra Toscana che rendono le
ricette di questa regione uniche e particolari ma questa terra non può essere
identificata con pochi piatti. È l’insieme dei prodotti e delle ricette
tradizionali che fanno il carattere della Toscana ed è per questo che
bisognerebbe immaginare una grande tavola imbandita con sopra, in bellavista,
piatti come: i pici all’aglione, i necci, la panzanella, la
fettunta, le bistecche di chianina, la trippa ed il
bargiglio fiorentini ed ancora i fagioli all’olio, le frittelle di
baccalà ed il cacciucco della Versilia e del Livornese, il
pecorino di Pienza, la pappa al pomodoro, l’acquacotta, la
soprassata, la bottarga di muggine maremmana....
Sono piatti di cui avrete sicuramente sentito parlare... chissà se li avete
anche assaggiati. Un consiglio? Fatelo.
La cucina toscana, tipica espressione della sana e appetitosa dieta
mediterranea, è famosa ed apprezzata in tutto il mondo, perché i suoi piatti
sono ricchi di ingredienti naturali, genuini.
E' una cucina in prevalenza povera ma piena di tradizioni, composta di sapori
mai perduti nel tempo, fondata su pietanze inventate con i prodotti
generosamente offerti dall'orto e dal bosco, accompagnati da carni allevate in
proprio, da olio rigorosamente extra vergine di oliva, da un pane che non ha
eguali e da un vino da veri intenditori.
La cucina di Arezzo ha caratteristiche che la differenziano dal resto
della regione. Fra le minestre più, sono da segnalare: le pappardelle
all'aretina o con la lepre, la zuppa di cavolo e la pappa al pomodoro; fra i
piatti lo stufato chiamato scottiglia, i fagioli al fiasco e i carciofi ripieni
all'aretina, il fagiano tartufato, l'arrosto d'agnello allo spiedo, l'anitra
all'aretina, con un abbondante sugo servito sulle pappardelle.
Firenze propone tutta la grande tradizione gastronomica regionale. In
particolare, sono da segnalare i fritti misti di carciofi, zucchine e cervella,
i fegatelli di maiale.
Da mangiare sono i differenti biscotti artigianali, dai cenci (nastri di pasta
dolce, fritti e cosparsi di zucchero) ai brigidini (cialde al sapore di anice),
ai biscottini di Prato e allo zuccotto.
A Grosseto, c’è tutta la cucina tipica maremmana, fra cui si sottolinea:
l'acquacotta, la torta con acciughe, il curioso brodo di fagiano, la polenta
alla maremmana, il risotto di carciofi, agnello e pollo alla cacciatora, il
cinghiale in agrodolce, la fricassea di agnello, l'oca alla maremmana.
La selvaggina è molto presente nella cucina della provincia di Grosseto, sono da
ricordare il cinghiali, beccacce, lepri, colombacci e allodole.
Famosi sono i funghi pregiati e i prùgnoli; i formaggi, specie ricotta e
pecorino.
La città di Livorno ha mantenuto negli anni la tradizione di una semplice
cucina marinara. Il piatto signore è, ovviamente, il caciucco e le triglie alla
Livornese. Fra gli altri piatti si possono citare il cuscusu, i tipici
minestroni invernali e estivi, il riso nero con le seppie.
La cucina di Lucca si distingue per la quasi totale assenza di grassi di
origine animale. La base del condimento è principalmente l'olio crudo, che
condisce le ottime minestre, come quella di magro, all'infarinata o alla
garmucia. Fra gli altri piatti si indicano: il risotto al piccione,
la rosticciana di maiale, l'agnello con le olive, i funghi
in gratella o trifolati e le curiose fòlaghe alla Puccini.
Massa Carrara offre tutta la cucina tipica della Lunigiana, con
particolare propensione per i testaroli (piadine di farina integrale con
una salsa di olio, pecorino e prezzemolo o con pesto), la bomba di riso
alla Lunigiana.
Pisa offre tutta la cucina toscana di terra e di mare, oltre ad alcuni
piatti particolare come la minestra di fagioli bianchi di S. Michele, le
bavettine sul pesce, la zuppa di ranocchi e quella di riso con
le arselle.
Tra i pesci, sono ottimi il mùggine della foce dell'Arno alla griglia,
il pesce ragno bollito e il baccalà in agrodolce. In numerose
preparazioni viene adoperata la selvaggina, in particolare: tordi,
anitre, fagiani, cinghiale, conigli di macchia e
lepri.
Della cucina di Pistoia è da segnalare, i crostini di milza, i
crostini di frattaglie di pollo (crostini neri) ed i crostoni di cavolo
nero.
Da citare, la zuppa di pane della montagna pistoiese, il carcerato,
la farinata con le leghe ed i maccheroni all'anatra (piatto
specifico della festa del patrono).
I secondi più rinomati sono lo zimino di lampredotto, e i fagioli di
sorana al fiasco.
La cucina di Siena ripropone in genere tutti i piatti regionali, ma con
una presenza più accentuata di di erbe aromatiche e aglio quali menta,
dragoncello.
Importanti sono le produzioni locali di salami, finocchiona,
salsiccia suina, salumi di cinghiale.
Fra i formaggi sono famosi il pecorino delle crete e il
marzolino.
I piatti più tipici sono: zuppa di lenticchie col fagiano, crostini di
rigaglie di pollo, zuppa di rane, di milza, di cacciagione,
zuppa di fagioli alla senese, la ribollita.
Lorenzo De Medici
Firenze ha documentate origini etrusche e da alcuni affreschi rinvenuti in tombe etrusche scoperte nel cuore di Firenze, si vede che già allora si preparavano pietanze che possiamo trovare ancora oggi sulle tavole dei fiorentini.
I cosiddetti piatti tipici, che variano da una zona all’altra della Toscana, con piccole o grandi differenze anche nel raggio di pochi chilometri, nascono nel Medioevo, quando il territorio era diviso in feudi, senza circolazione di merci o denaro fra l’uno e l’altro. Per questo ogni piccolo stato era autarchico e doveva vivere delle proprie risorse, le quali in genere erano scarse o inesistenti. Pare che la ribollita, il piatto che ancora oggi è l’emblema della cucina povera fiorentina, sia nato proprio in questo periodo. Infatti i signori locali, i feudatari che vivevano nei castelli, consumavano i loro lauti banchetti senza usare piatti né posate. Gli arrosti venivano serviti su focacce di pane azzimo, che alla fine del pranzo venivano date ai servi affamati. Questi le mettevano in pentoloni pieni di acqua e di quanto potevano racimolare nel territorio circostante, soprattutto erbe e qualche verdura. Nasceva così l’antenata della famosa “ribollita”.
Col rifiorire della civiltà, dopo l’anno Mille e soprattutto dopo il 1200, Firenze assunse un ruolo primario nell’economia della Toscana. Questo fu anche il tempo delle aspre lotte fra Guelfi (fedeli al Papa) e Ghibellini (fedeli all’Imperatore) e l’impegno economico era tutto proteso alle armi. Anche la cucina dei più facoltosi si basava fondamentalmente sul pane: fu questo il periodo della fettunta (pane con olio e sale), del castagnaccio (focaccia di farina di castagne, pinoli, olio e rosmarino), della ribollita, della panzanella e di mille altre minestre di pane. Anche i dolci erano a base di pane, a cui venivano mischiati miele (lo zucchero era ancora raro), uva e aromi vari: nascevano la schiacciata con l’uva e il pandiramerino a Firenze, il panpepato, il panforte e il torrone a Siena, il buccellato a Lucca, e così via per ogni paese o contrada della Toscana.
Quando nel 1300 Firenze divenne, come si direbbe oggi, una “potenza mondiale”, anche la cucina esplose, favorita dall’abbondanza di materie prime e dalla fantasia dei cuochi. Firenze fu il primo luogo al mondo (duecento anni prima della Francia) dove si usò la forchetta a tavola.
In questo periodo si vendeva una gran varietà di cibi: olio, carne chianina, agnelli, polli, verdure di ogni tipo e anche pesci, d’Arno ma anche di mare, sempre freschissimi perché conservati nel ghiaccio che proveniva da ghiacciaie sotterranee, dove si raccoglieva e si conservava il ghiaccio dell’inverno. In un libro di cucina di un anonimo del ‘300 si trovano molte ricette che ancora oggi si preparano nelle case e nelle trattorie fiorentine: paste fresche, timballi, cacciagione, pesci, torte di erbe e dolci con pinoli, marzapane, mele cotogne e zucca.
In un altro manoscritto del XIV secolo troviamo ancora spiedini di carni miste, la famosa “arista” di maiale, piatti di selvaggina, il “paparo al melarancio” (che è l’odierna francese “canard à l’orange”), carbonate (la famosa “bistecca alla fiorentina”), torte di erbe e piatti preparati col metodo cosiddetto “dolceforte”, particolare usanza fiorentina di accostare nella preparazione di un piatto miele e frutta a carne o pesce. Nella cucina di questo periodo, poi, rivestivano una parte di grande importanza spezie e aromi di ogni tipo, usati allora per coprire i sentori poco gradevoli dei cibi forzatamente conservati a temperatura ambiente, e importanti oggi per caratterizzare i nostri piatti più tipici.
La potenza di Firenze e quindi, non ultima, la sua cucina, raggiunsero il massimo splendore con l’insediamento della famiglia dei Medici, nella persona del suo capostipite Cosimo, al governo di Firenze. Ciò avvenne nel 1434, e solo pochi anni dopo, nel 1439, Cosimo riuscì a convincere il Papa Eugenio IV a portare a Firenze il Concilio Ecumenico fra chiesa cattolica e chiesa ortodossa, il tutto a spese del Banco dei Medici.
In questa occasione furono organizzati i più grandi banchetti che si fossero mai visti fino ad allora, con tavole splendidamente imbandite e raffinatissime portate.
La leggenda narra che in questa occasione nacquero due parole che sono rimaste nel nostro linguaggio culinario fino ad oggi: “arista” e “vin santo”.
Pare che durante uno di questi sontuosi banchetti, il Patriarca bizantino, gustando un arrosto di carne di maiale, abbia esclamato: “Aristos!”, che in greco significa “Ottimo!” e i fiorentini, equivocando su questo apprezzamento, pensarono che questo fosse il nome della saporita preparazione, che da allora si chiamò appunto “àrista”. Però sembra che questa sia solo una divertente leggenda, perché in realtà la parola “arista”, riferita ad un arrosto di carne di maiale, si troverebbe già usata in documenti risalenti al 1200. Pare comunque che il suo significato (ottima) derivi proprio dalla parola greca, perché la presenza in Firenze, a partire dal 1200, di una comunità greca di mercanti di profumi è ampiamente documentata, tanto da aver dato il nome a una via di Firenze, Borgo de’ Greci.
Per quanto riguarda il vin santo, poi, la leggenda narra che un patriarca greco che partecipava al Concilio, assaggiando un tipico vino dolce fiorentino, abbia esclamato: “Ma questo è Xantos!” alludendo ad un vino dolce prodotto sull’isola greca di Xantos. Questa spiegazione sull’origine del vin santo, però, è controversa, e il nome potrebbe semplicemente derivare dal fatto che questo vino viene da sempre usato per celebrare la Messa.
Alla morte di Cosimo, nel 1464, gli succedette per un breve periodo il figlio Piero, detto “il Gottoso”, a causa della malattia che lo affliggeva e che la dice lunga sulle abitudini alimentari dei Signori di Firenze (mangiare molta carne era allora, e lo è stato per secoli fino ai giorni nostri, indice di ricchezza e di benessere).
Dopo la breve parentesi di Piero, gli succedette al governo della città il figlio Lorenzo, il quale si meritò l’appellativo di “Magnifico” per il suo governo illuminato e soprattutto per il lustro e la grandezza che seppe dare a Firenze, raccogliendo alla sua corte il fior fiore di pittori, poeti e letterati dell’epoca. Fu lui stesso un eccellente poeta e letterato e ci ha lasciato nei suoi scritti l’essenza della sua filosofia, che pone al centro dell’esistenza umana la ricerca del piacere. Proprio per questo fu anche un estimatore della buona tavola e lo dimostra in molti versi da lui composti. Lorenzo morì nel 1492 a soli 44 anni e dopo di lui la Signoria dei Medici subì alterne e non sempre fortunate vicende.
Oltre ad essere l’anno della morte di Lorenzo, il 1492 fu anche l’anno della scoperta dell’America, evento che da lì a non molti anni porterà sulle tavole europee tanti nuovi prodotti. E grazie all’importanza di Firenze come città di commerci, i fiorentini furono tra i primi a gustare questi nuovi cibi e ad introdurli come parte integrante della propria cucina. E con i nuovi prodotti arrivò quello che era destinato a diventare il re delle tavole fiorentine: il fagiolo. La sua comparsa si fa risalire al XVI secolo, in seguito ad un regalo fatto ai fiorentini da papa Clemente VII (Giulio de’ Medici). Ma il prezioso fagiolo non fu l’unico regalo che i fiorentini ricevettero da Clemente VII; egli, infatti, grazie ai suoi stretti rapporti con il re di Francia Carlo V, riuscì ad insediare il proprio figlio naturale Alessandro sul trono di quello che diventerà il Ducato di Firenze.
Alessandro, persona violenta e dissoluta, portò alla corte di Firenze la cucina tipicamente rinascimentale, con tutti gli eccessi di cibo e di cattivo gusto che la caratterizzarono. I dipinti dell’epoca ci mostrano tavole lussuosamente imbandite e drappeggiate, e incredibili portate costituite da animali interi i quali, dopo essere stati cucinati, venivano rivestiti del loro pelo o delle loro penne e guarniti con gli addobbi più fantasiosi. In realtà, quei cibi non venivano consumati dai convitati di quei banchetti, perché i cuochi impiegavano talmente tanto tempo a prepararli, che essi arrivavano nella sala del banchetto già abbondantemente putrefatti e facevano solo il girio dei tavoli a dimostrazione della ricchezza smisurata del padrone di casa. In quel periodo era tanta la voglia di stupire che nacque una specie di associazione fra artisti fiorentini del tempo, chiamata la “Compagnia del Paiolo”, il cui scopo era quello di progettare e realizzare banchetti così lussuosi e così bizzarri da far rimanere a bocca aperta i commensali. Nacquero anche componimenti poetici che inneggiavano alle più strane pietanze e al lusso delle tavole dei signori.
Grande spinta a livello internazionale fu data alla cucina fiorentina da Caterina de’ Medici, nipote di Lorenzo, la quale nel 1529 andò sposa al futuro re di Francia Enrico d’Orléans, che diverrà re col nome di Enrico II. Caterina, grande amante della buona tavola, portò con sé alla corte di Francia i propri cuochi, e con loro tanti piatti della cucina di corte che negli anni e nei secoli successivi ispireranno i grandi cuochi francesi. Fra questi piatti i più famosi ancora oggi sono, ad esempio, una “colla” a base di latte e farina, che diventerà la “béchamelle”, le “crespelle” (“crepés”), il “paparo al melarancio” che darà origine alla famosa “canard à l’orange”, e molto altro ancora.
Andando avanti nella tormentata storia di Firenze e dei suoi Signori, dopo l’assassinio del tirannico duca Alessandro, salì sul trono del Ducato di Firenze Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, eroico condottiero fiorentino. Cosimo risollevò le sorti economiche di Firenze dando grande impulso all’agricoltura e gettando le basi di quella che sarebbe diventata la zona del Chianti. Egli stesso coltivava piante rare nel Giardino di Boboli che faceva parte della sua residenza, Palazzo Pitti. Firenze fu la prima città italiana in cui si considerarono commestibili patate e pomodori, che nel resto d’Italia erano ancora considerate solo piante ornamentali. Ai fiorentini piacevano soprattutto fritte. Nonostante i suoi grandissimi meriti, Cosimo I non fu amato dai fiorentini, perché per risollevare le sorti della città aveva imposto fortissime tasse e i prezzi dei generi di prima necessità erano diventati altissimi. Alla sua morte il titolo di Granduca, che Cosimo si era conquistato verso la fine del suo governo, passò ai suoi figli, prima Francesco I, morto poco dopo in circostanze misteriose, e poi Ferdinando I, sotto il quale la corte di Firenze tornò ai grandi lussi e raffinatezze del passato. Famoso è rimasto il banchetto che nel 1600 Ferdinando imbandì per le nozze di sua nipote Maria (figlia di Francesco) con il re di Francia Enrico IV, matrimonio avvenuto per procura. Anche Maria, successivamente trasferitasi in Francia con i propri cuochi al seguito, contribuì ad arricchire la già ricca cucina francese.
Da lei i cuochi francesi impararono a preparare creme, paste fra cui la frolla e quella per bigné, e il gelato, che poco tempo prima era stato inventato dall’architetto fiorentino Bernardo Buontalenti. Egli fece scavare delle ghiacciaie nel Giardino di Boboli, creando le condizioni ottimali per fabbricare una bevanda ghiacciata fatta con latte e miele, che si diffonderà in tutto il mondo con il nome, appunto, di gelato. In questo stesso periodo, il mercante fiorentino Francesco Carletti portò da un suo viaggio in Sud America una nuova bevanda che prese il nome di “cioccolatte”.
Intorno alla metà del 1700 la dinastia dei Medici si estinse, dopo alterne vicende e personaggi quasi sempre inadeguati al loro ruolo, ma i fiorentini avevano ormai da secoli imparato a godere le gioie della buona tavola, fosse anche la più semplice e popolare.
Queste abitudini alimentari si ritrovano nei cibi, soprattutto dolci,legati alle varie feste, religiose e non, che si svolgevano e in parte si svolgono ancora nel territorio fiorentino, con giochi e manifestazioni di vario genere. Dopo un periodo di dominazione francese, che lasciò in eredità ai fiorentini molti termini legati soprattutto alla gastronomia, e dopo una decina di anni come capitale del Regno d’Italia, Firenze si ritrovò in pessime condizioni economiche e profondamente danneggiata anche sotto il profilo artistico, per la distruzione delle antiche mura e di bellissimi palazzi. L’opera di ricostruzione fu dura non priva di ulteriori danni per l’antico cuore della città. Sotto il profilo culinario, in questo periodo (fine del 1800) si distinguono due personaggi, diversi tra loro, ma che hanno contribuito a tramandare le antiche tradizioni della vera cucina fiorentina. Questi due personaggi furono: il giornalista Giulio Piccini, detto Jarro, che pubblicò per molti anni nel periodo di Natale gli “Almanacchi gastronomici”, e il ben più famoso Pellegrino Artusi, il quale, pur essendo di origine romagnola, visse e lavorò quasi sempre a Firenze. Egli scrisse quello che è ancora considerato la pietra miliare dei libri di cucina: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Questo libro nacque per vari motivi: per contrastare l’imperante moda della cucina francese, che aveva rimpiazzato quella fiorentina, per riportare all’uso dello squisito olio extra-vergine di oliva toscano, che aveva dovuto cedere il posto al burro, e per perpetuare nel tempo la semplicità e genuinità della grande cucina fiorentina.
Oggi non sempre è facile poter godere di queste antiche pietanze, molte delle quali richiedono lunghe ore di preparazione e molta dedizione, proprio perché fatte con pochi semplici ingredienti che hanno bisogno di una accurata lavorazione.
Ma vale pur sempre la pena conoscere e tramandare queste antiche ricette, che fanno comunque parte della nostra millenaria cultura.
da “Storie di Cucina” di Arnaldo Miniati
Lucrezia De Medici
Altra bibliografia:
“Il libro della vera cucina fiorentina” di P. Petroni - Bonechi editore |
|
”La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene” di P. Artusi - Giunti editore |
|
”La grande cucina regionale” di F. Guatteri - Rizzoli editore |
|
”Pranzi e conviti” di M.L. Lotterighi della Stufa |
|
”Desinari e cene” di M.L. Lotterighi della Stufa |
A chi c'ha fortuna, anche il gallo gli fa l'ovo. | |
Se voi vedè se uno è bono a poco, mettilo a accendè il foco. | |
Ovvia! | |
Chi un'ha cervello abbi gambe. | |
Gennaio zappatore, febbraio potatore, marzo amoroso, aprile carciofaio, maggio ciliegiaio, giugno fruttaio, luglio agrestaio, agosto pescaio, settembre ficaio, ottobre mostaio, novembre vinaio, dicembre favaio.. | |
In terra di ciechi chi ha un occhio è signore. | |
Al contadino non far sapere quanto è bono il cacio colle pere. | |
Si fa come i' Nardi che da presto fece tardi. | |
N'si frigge miha coll'acqua. | |
Serra l'uscio, 'un lo senti che zizzola?!. | |
A mezzo unn'è bona manco la Messa. | |
"Ci vòle occhio", disse il guercio. | |
Fai come i ladri di Pisa: di giorno litigavano e la notte andavano a rubare insieme. | |
Se un'è zuppa, è pan bagnato. | |
Senza lilleri 'un si lallera. | |
'Unn'è questo i' verso, disse quello che s'impiccò pe i piedi. / Unn'è questo i' verso, disse chello che s'appiccò pe' i piedi | |
Gl'ha piu garbo un ciuho a bere a boccia. | |
Io m'avvio disse il prosciutto. | |
Se la mi nonna aveva le rote era un carretto. | |
A pensà male, ci s'azzecca sempre. | |
Hai fatto il famoso guadagno di Pottino, che bruciava l'asciugamani per vendè la cenere. | |
E' come mette' una cravatta al maiale. | |
Chi t'accarezza più di quel che sole, o t'ha ingannato o ingannà ti vole. | |
Onora il senno antico. | |
Fino ai Santi fiorentini, non pigliare i panni fini. | |
D'aprile non ti scuoprire, di maggio vai adagio, di giugno cavati il codigugno, e se non pare tornatelo a infilare; di luglio vattene ignudo. | |
Chi vuol esser ben servito, muti spesso. | |
Mercante litigioso, o fallito o pidocchioso. | |
In chiesa co' santi e all'osteria co' ghiottoni. | |
In mancanza di cavalli, gli asini trottano. | |
In tempo di carestia pan vecciato. | |
Chi portasse al mercato i suoi guai, ognuno ripiglierebbe i suoi... | |
Non ti mettere in cammino, se la bocca n'sa di vino! | |
Pane finchè dura, ma il vino a misura. | |
Il vino di casa non imbriaca. | |
Il vecchio pianta la vigna, e il giovine la vendemmia. | |
Il vino fa ballare i vecchi. | |
Il vino fa dire la verità. | |
Chi ha buona cantina in casa non va pel vino all'osteria. | |
Chi accumula e altro ben non fa, sparagna il pane e all'inferno va. | |
Chi trova una chiave, trova due quattrini, ma chi la perde, perde due carlini. | |
Pecore e donne a casa a buon'ora. | |
Il male è per chi va, chi campa si rifà. | |
Chi ha le buche nelle gote si marita senza dote. | |
Quando s'ha a rompere il collo si trova la scala. | |
Chi va in collera perde la scommessa. | |
Di settembre e d'agosto bevi il vin vecchio e lascia stare il mosto. | |
Segreto confidato non è più segreto. | |
Tanto vale il cardone senza sale quanto far col marito il carnovale. | |
Ognuno vorrebbe il mestolo in mano. | |
Quando l'anno vien bisesto non por bachi e non far nesto. | |
Alla fine del gioco tanto va nel sacco il re quanto la pedina. | |
Fortuna i forti aiuta e i timidi rifiuta. | |
Al contadino non gli far sapere quanto sia buono il cacio colle pere. | |
Medico vecchio e barbiere giovane. | |
Chi fugge il lupo incontra il lupo e la volpe. | |
Chi sa ben trovar meloni trova buona moglie. | |
Quando scema la luna non seminar cosa alcuna. | |
Dio manda il freddo secondo i panni. | |
Il troppo guasta e il poco non basta. |
Il maiale nella tradizione della cucina toscana
Le famiglie dei ceti medio e basso, anche se vivono in città, verso la fine di novembre e i primi di dicembre si recano presso contadini, conoscenti o parenti per ravversare il maiale secondo la tradizione. Il maiale, un castrone dai 180 ai 220 Kili, viene macellato per avere una scorta di viveri per tutto l'inverno e parte della primavera. Questo perché in toscana, come in molte altre parti del paese, le carni selezionate e trattate con sale pepe e altre spezie vengono conservate appese ad un gancio in ambienti freschi ed asciutti.
Affettati
In questo modo vengono stagionati:
Prosciutto nostrano | |
Salame toscano | |
Salciccia da serbo | |
Pancetta, la pancetta stesa è detta anche Alano e Rigatino | |
Capocollo | |
Finocchiona |
Come costume si cerca di utilizzare il massimo senza buttare via niente del maiale, le budella per esempio venivano rovesciate e pulite per metterci gli insaccati, oggi vengono utilizzate per gli insaccati pellicole per alimenti così come le troviamo comunemente in commercio. Non tutte le parti però possono essere conservate e quindi devono essere mangiate subito nei primi giorni dopo aver ravversato il maiale. Alcune di queste costituiscono per gli appassionati, delle vere e proprie ghiottonerie come :
Fegatelli con la rete | |
Buristo |
Cinta Senese
La Cinta Senese è una razza suina allevata allo stato brado e semibrado su gran parte del territorio della provincia di Siena, nella parte meridionale della provincia di Firenze e in quella settentrionale della provincia di Grosseto. La razza è riconoscibile dalla caratteristica banda attorno al collo che contraddistingue gli animali, differenziandosi nettamente dal restante colore. Sono considerati eccellenti i salumi di Cinta Senese, prosciutto in primis, ma anche la carne, sotto forma di bistecca o di ragù, e il lardo. In generale, i prodotti di Cinta Senese sono considerati di nicchia.
La carne di manzo
Chianina e Maremmana
La Chianina e la Maremmana sono tipi di carne bovina ottenuti dai rispettivi capi che vengono allevati allo stato brado o semibrado, rispettivamente nella Val di Chiana e nella Maremma. Considerate entrambe di eccellente qualità, pur con caratteristiche diverse dovute ai distinti territori in cui pascolano, si prestano bene per la Bistecca alla Fiorentina, ove però viene percepita la maggiore sapidità naturale della carne maremmana rispetto alla chianina: per questa ragione, mentre la Chianina viene preferita per la classica bistecca, la Maremmana viene maggiormente utilizzata nella preparazione di spezzatini e brasati. Trippa e lampredotto [modifica]Una ricetta, la trippa alla fiorentina, vede l'utilizzo delle interiora di bovino adulto nella preparazione di uno dei più noti secondi piatti tipici di Firenze. La trippa viene usata anche nella preparazione di altre ricette che si differenziano a livello locale. Altrettanto conosciuta è la specialità del lampredotto.
Fegato, lingua e cervello
Seppur prive di ricette famose, anche il fegato, la lingua e il cervello sono sempre stati alla base di secondi piatti di carne bovina. Mentre il fegato è tuttora relativamente utilizzato, lingua e cervello hanno riscontrato il loro maggiore successo nei decenni passati, con il secondo che veniva cotto principalmente mediante la frittura. Uno dei piatti tipici è sicuramente il cervello alla fiorentina.
La cacciagione
La cacciagione è molto diffusa nella cucina toscana e viene utilizzata nella preparazione di ricette di primi e secondi piatti. Tra le carni più apprezzate sono da segnalare il cinghiale, la lepre, il daino, il capriolo e il fagiano. I piatti a base di cinghiale più noti sono le pappardelle al cinghiale, le bistecche, lo spezzatino alla cacciatora (in umido con pomodoro e peperoncino) e in dolceforte (con cioccolato fondente), oltre al prosciutto e ai vari tipi di salumi. Lepre, daino e capriolo vengono usati, sia per la preparazione di ragù per primi piatti che per spezzatini.
Ricetta tipica della tradizione contadina toscana, i pici all'aglione sono famosi soprattutto nella bassa provincia di Siena.
Ingredienti per fare i pici:
350 gr. di farina "00" bianca | |
acqua | |
sale |
Impastare insieme gli ingredienti per ottenere una pasta liscia e compatta. Lasciarla coperta per una ventina di minuti. stendere fino a spessore di 5 mm e tagliare in nastri larghi 1 cm. Poi torcere ogni nastro con le mani fino a ottenere una forma di spaghetti molto lunghi e attorcigliati. Tenere coperti con un canovaccio i pici via via che si preparano.
Se non si vogliono fare in casa, i pici si trovano già pronti nei supermercati.
Ricetta:
Tempo di cottura: 20 minuti
Ingredienti per 4 persone:
400 gr di pici | |
4 spicchi d'aglio grandi | |
4 pomodori ben maturi | |
1 peperoncino | |
Olio d’oliva | |
Sale |
Preparazione:
Mettete i pici a cuocere in acqua bollente. Schiacciate gli spicchi d’aglio e
fateli soffriggere nell’olio d'oliva a fiamma bassa, per evitare che l'aglio
bruci e sciupi il soffritto facendolo diventare amaro. Quando l'aglio si è
indorato spezzate il peperoncino, ed aggiungete i semi e la buccia nel
soffritto. Infine aggiungere al soffritto anche i pomodori tagliati a dadini,
avendo cura di eliminare per quanto possibile i semi, salate e fate cuocere fino
a che la salsa sia ben insaporita e densa. Appena i pici sono cotti scolateli,
versateli in padella con la salsa all’aglione e saltateli leggermente.
Caciucco alla livornese
Ingredienti per 8 persone:
3 spicchi aglio | |
1/2 cipolla | |
qualche foglia salvia | |
1 gambo sedano (piccolo) | |
1 mazzetto prezzemolo | |
Olio extravergine d’oliva | |
Peperoncino (a piacere) | |
2 cucchiai di concentrato di pomodoro | |
1 bicchiere vino bianco | |
Sale (a piacere) | |
2,5 kg seppie,totani,polpi (misti) | |
Palombo (Mustelus mustelus), | |
Grongo (Congerconger), | |
Cappone (Chelidonichthys), | |
Scorfano (Scorpaena), | |
2,5 kg cicale (Scyllarus arctus) | |
250 gr cozze | |
8 gamberoni (Caridea) | |
16 fette pane casalingo (possibilmente cotto a legna) |
Preparazione:
Mettere in un tegame l’olio d’oliva,l’aglio in spicchi, le foglie di salvia il
peperoncino e far bene rosolare. Aggiungere i polpi, le seppie, i totani
tagliati a pezzi e portare a cottura per 15 min. Bagnate con un bicchiere di
vino bianco e fate evaporare. Togliete l’aglio e unite il concentrato di
pomodoro (se volete anche 2-3 pomodori pelati). In una pentola a parte lessate
in circa 1 litro d’acqua i pesci spinosi (scorfano e gallinella) con la cipolla
,il prezzemolo e aggiustate di sale.
Una volta lessati i pesci , vanno passati al setaccio (per agevolarvi
nell’operazione , versare via via anche il brodo di cottura). Unite il passato
di pesce al tegame con i molluschi, aggiungendo il pesce che che non ha lische
tagliato a grossi pezzi. Cuocere ancora per 15 minuti aggiungendo anche le
cicale (se vogliamo rendere più ricco il nostro cacciucco a questo punto
potremmo aggiungere cozze e gamberoni). Ricordarsi che il cacciucco deve
risultare piuttosto brodoso.
Arrostire le fette di pane (2 a testa), strofinatele con l'aglio, metterne una in ogni piatto e versateci sopra il cacciucco. Servire ben caldo.
Nota: ricetta di Antonella Di Gati di Livorno.
Schiacciata alla fiorentina
La schiacciata alla fiorentina veniva preparata a Firenze principalmente
durante il periodo di carnevale, anche se adesso la si può trovare in molti
forni in ogni periodo dell’anno. In altre città della toscana vengono preparati
dolci simili, ma non sono vere e proprie “schiacciate”, in quanto sono alti e
ben lievitati. La versione che vi abbiamo proposto è un po’ “addomesticata”
rispetto a quella tipica. Se volete provare la schiacciata alla fiorentina
“tipica” sostituite i 4 cucchiai di olio d’oliva con 80 gr. di strutto ed
aggiungete all’impasto un pizzico di noce moscata, sale e zafferano.
La schiacciata alla fiorentina è una ricetta tipica del periodo di carnevale a
Firenze. Era chiamata “schiacciata unta”, per lo strutto usato nell’impasto. Vi
proponiamo la ricetta “leggera”, ma per tornare all’originale bastano
poche modifiche.
Ingredienti:
250 gr. di farina bianca 00 | |
150 gr. di zucchero | |
1 uovo | |
1 arancia (succo e buccia grattugiata) | |
15 gr. di lievito di birra | |
1 bustina di vanillina | |
Olio extravergine di oliva | |
zucchero a velo |
Preparazione:
Mettete la farina in una zuppiera, aggiungete il lievito e l’acqua, lavorate il
tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo. Coprite la zuppiera con un
tovagliolo e fate lievitare per circa un’ora. Aggiungete l’uovo, lo zucchero, la
vanillina, 4 cucchiai di olio ed il succo e la buccia grattugiata dell’arancia.
lavorate il tutto energicamente per qualche minuto. Ungete una teglia
rettangolare e versateci l’impasto. La teglia deve essere abbastanza grande da
far sì che l’impasto risulti spesso più o meno 2 cm. Fate ancora riposare
l’impasto per un’ora e poi cuocete in forno a 180 gradi per 20-25 minuti, finchè
la schiacciata non assume un bel colore arancio dorato. Una volta raffreddata la
schiacciata va cosparsa di zucchero a velo.
Cenci
Questa è una variante dei cenci toscani, dolce tipico del carnevale massetano, particolarmente apprezzata per la sua pasta particolarmente leggera, che non si riempie di olio durante la cottura.
Ingredienti:
500 gr. circa di farina tipo 00 | |
2 uova | |
40 gr di burro | |
un cucchiaio abbondante di zucchero | |
1 bicchierino di grappa | |
1 bicchiere di Monteregio bianco | |
1 arancia spremuta | |
1 bustina di lievito vanigliato | |
strutto di maiale per friggere (anche olio di semi) | |
zucchero a velo |
Preparazione:
In una terrina si rompono le due uova, si unisce lo zucchero e lo si impasta
bene, fino ad ottenere un composto omogeneo. Si aggiunge il burro,
precedentemente posto al di fuori del frigo, e lasciato sciogliere, quindi il
bicchiere di grappa, senza esagerare, il succo dell’arancia e la bustina di
lievito vanigliato. A questo punto, dopo che avremo lavorato un po’ il composto,
cominceremo ad aggiungere la farina: non c’è una quantità precisa, ma se ne
aggiunge, badando di continuare sempre ad amalgamare, quanta il composto ne
riesce a tirare. Alla fine avremo una pasta elastica, che con un matterello,
porteremo in sfoglie dello spessore molto fino, di circa 2/4 millimetri,
facendone poi con un coltello, o meglio con una rotella da dolci, dei rettangoli
delle dimensioni di circa 15 cm per 4 cm. Nel mezzo del rettangolo, si produce
una incisione nel “cencio”, di circa 4 cm, centrale e parallela alla sua
lunghezza maggiore. Si prende una estremità del cencio, e la si fa passare
dentro a questa incisione, producendo una forma attorcigliata del cencio. Si
friggono quindi velocemente i cenci in strutto di maiale (volendo va bene anche
del semplice olio di semi), si tolgono dalla padella e li si lasciano riposare
sulla tradizionale carta gialla per fritture, quindi si spolverano con zucchero
a velo.
Variante di Manuela1966
Fagioli al fiasco
Una ricetta dei nostri contadini ma per farla serve un pochino di tradizione.
Ingredienti:
1 camino accesso con molta brace | |
1 fiasco da vino senza la paglia | |
spago | |
1/2 bicchiere olio E.V.O. | |
3 spicchi aglio | |
5 foglie salvia | |
500 gr fagioli toscani o bianchi |
Preparazione:
Il giorno prima si ammollano 500 grammi di fagioli in acqua per farli
rinvigorire.
Si pongono i fagioli nel fiasco insieme a 1 bicchierino da caffè di olio d'oliva
extra vergine e possibilmente toscano, un bicchiere da vino di acqua di ammollo
dei fagioli, 5 foglie di salvia e 3 spicchi di aglio senza camicia.
Si chiude il fiasco con della carta da alimenti, possibilmente la vecchia carta
gialla, si lega il fiasco al collo con lo spago e si appende a qualche gancio
del camino, una volta si usava il sostegno orientabile del paiolo per l'acqua da
scaldare, adesso possiamo arrangiarci anche con un chiodo e un martello.
Per cuocere ci vogliono circa 2/3 ore, il tempo si accorcia se dopo un ora
abbiamo la possibilità di avvicinare il fiasco alla brace ma attenzione il
troppo calore rompe il fiasco.
Appena cotti serviteli caldi con un filo d'olio sale e pepe.
Cantucci di Prato
Ingredienti per 8 persone:
3 uova | |
3 tuorli d’uovo | |
200 gr. di mandorle intere | |
1/2 bicchiere di latte | |
400 gr. di farina | |
250 gr. di zucchero | |
1 bustina di lievito per dolci |
Preparazione:
Montare 2 uova e 3 tuorli con lo zucchero, aggiungere un po’ per volta la
farina, un pizzico di sale , il latte e il lievito. Amalgamare bene tutto ed
aggiungere le mandorle cercando di distribuirle bene nell’impasto. Risulterà di
consistenza piuttosto molle ed appiccicosa.
Su di una teglia stendere della carta da forno e formare con l’impasto dei
filoncini larghi circa tre dita . Spennellare con l’uovo rimasto. Cuocere in
forno a 150°c per circa 30 minuti. I biscotti devono prendere un bel colorito
marrone . Sfornare i filoncini e con un coltello ben affilato tagliateli in
obliquo con uno spessore di circa 2 cm. Rimetterli in forno per altri 5 minuti.
Viene consigliato di gustarli bagnati in Vino Santo secco od altro vino
liquoroso, ma sono buonissimi anche da "sgranocchiare" senza bisogno di essere
inzuppati.
Nota di manuela1966: questa ricetta mi è stata lasciata dalla mia nonna paterna che amava molto deliziare la famiglia con questi buonissimi biscotti. Li sfornava, solitamente, una volta alla settimana e li conservava in una scatola di latta dalla quale io rubacchiavo di nascosto.
Ricetta di (o arrivata a noi): la nonna di manuela1966
Fagioli all'uccelletto
I "fagioli all'uccelletto" sono un piatto tipico della cucina Toscana in
particolare dell'area Fiorentina. Per la preparazione la ricetta classica
consiglia di utilizzare fagioli cannellini, ma ci sono varianti legate al
territorio locale, come nel Mugello, dove si avvalgono di fagioli monachini o
schiaccioni mentre un'altra variante indica l'uso dei fagioli borlotti (chiamati
anche fagioli scritti) o Lamon.
Per la preparazione del piatto la tradizione vuole che si usi una pentola di
coccio.
Ingredienti:
400 gr. di fagioli cannellini secchi | |
400 gr. di pomodori maturi o pelati | |
4 spicchi di aglio | |
salvia | |
olio extravergine di oliva | |
sale | |
pepe |
Preparazione:
Lessate i fagioli a fuoco lento per circa 2 ore e lasciateli intiepidire
nell'acqua di cottura. In una padella fate rosolare in 8 cucchiai di olio di
oliva gli spicchi d’aglio schiacciati e qualche foglia di salvia. Prima che
l'aglio prenda colore aggiungete i fagioli scolati. Salate pepate e fateli
insaporire. Unite i pomodori pelati e senza semi e fate cuocere lentamente per
mezz'ora girando col mestolo di legno.
I fagioli alla fine dovranno essere densi ma non sfatti.
Gnudi fiorentini
Introdizione:
Variazione dialettale di "nudi" o come nel rinascimento "ignudi", grossi
gnocchi. In realtà questo piatto altro non è che il ripieno dei ravioli (senza
la pasta esterna, ecco perchè "nudi") composto da spinaci, ricotta, uova,
pecorino toscano grattuggiato, farina e un pizzico di noce moscata, si fanno
bollire proprio come per i ravioli
Vengono lessati in acqua salata, scolati, tritati finemente e messi in un
recipiente insieme a ricotta, uova, pecorino toscano grattugiato, farina, noce
moscata grattugiata, sale e pepe. Il tutto viene lavorato con le mani, fino ad
ottenere un impasto ben amalgamato. Sempre con le mani, dall’impasto si prendono
delle piccole quantità per ottenere, con la farina, delle piccole palline.
Queste vengono poi cotte in acqua bollente salata o nel brodo di carne, per 4-5
minuti.
Una volta scolate si possono condire con ragù o con burro e salvia, o con il
sugo che sgocciola dalla bistecca fiorentina cotta alla brace. insieme ad una
spolverata di pecorino toscano grattato.
La tipicità dei ravioli nudi è data dalla particolarità della lavorazione che
non prevede l’utilizzo della pasta fresca all’esterno, come avviene nei normali
tortelli o ravioli. La ricetta è stata tramandata nel tempo dalla tradizione
contadina; molti degli ingredienti sono di origine locale: la ricotta, gli
spinaci ed il pecorino.
Ingredienti:
ricotta | |
uova | |
pecorino toscano | |
farina | |
noce noscata | |
sale |
Preparazione:
leggi e segui qui sopra, all'introduzione alla ricetta.
Schiacciata con l'uva
Settembre mese della vendemmia e qui a Firenze si prepara questa
"Schiacciata" buonissima di cui noi fiorentini ne andiamo fieri e ghiotti!
Porzioni: 6
Tempo di preparazione:15’ + 40’
Tempo di cottura: 30’
Difficoltà: media
Ingredienti per la pasta di pane:
farina 400g | |
lievito di birra 20g | |
4 cucchiai d’ olio d’ oliva | |
Uva nera da vino(non quella grande da tavola) 1kg | |
8 cucchiai di zucchero semolato | |
Ramerino (*) | |
2 cucchiai di olio d’ oliva |
Preparazione della pasta di pane:
sciogliere il lievito in poca acqua tiepida e in una ciotola unirlo alla farina
e all’ olio. Lavorare l’ impasto e farlo riposare per un ora all’ asciutto e
coperto da un panno. A questo punto la pasta è pronta. Lavorare la pasta resa
elastica da un cucchiaio d’ olio per 5 minuti. Ungete d’ olio una tortiera
rettangolare dai bordi alti e stendetevi metà pasta: poi spargetevi sopra 2/3
dei chicchi d’ uva, pressandoli nella pasta e cospargendo con 3 cucchiai di
zucchero a pioggia. Coprite con la pasta rimasta,facendola aderire lungo i bordi
della teglia. Guarnite con i chicchi residui, sempre pressandoli, e cospargete
con il rimanente zucchero; deposto qua e la qualche aghetto di ramerino, versate
un filo d’ olio. Fate lievitare 40 minuti e infornare mezz’ ora a forno caldo.
La schiacciata è pronta quando la crosta superiore è dorata.
(*) Ramerino = rosmarino
Torta di mele
Questa è la ricetta della Torta di mele di mia nonna, ottima per la merenda
di grandi e bambini.
Andavo volentieri a trovare la nonna perché sapevo che dentro la "madia" in
cucina sotto un bel canovaccio ricamato, avrei trovato questa buonissima torta
Ingredienti:
100 gr burro | |
100 gr zucchero | |
250 gr farina bianca | |
500 gr, mele (renette o golden) | |
1/2 bicchiere di latte intero fresco | |
gherigli di noce | |
un pizzico di sale |
Tempo di preparazione: 50 minuti
Preparazione:
Lavorate la farina, burro, latte e zucchero e sale fino ad ottenere una sfoglia
uniforme, elastica ma sostenuta, spessa almeno 5/6 mm. Sbucciare le mele,
privatele del torsolo, tagliatele a metà e quindi a fette regolari, non troppo
sottili, nel senso della larghezza. Spalmate di burro l'interno di una teglia da
forno (non importa la forma), foderatela di pasta e riempitela con le mele,
cospargendole poi di gherigli di noce triturati. Fate cuocere a forno medio
(170°/180°) per una mezzora.
Ricetta della nonna di manuela1966
Castagnaccio
Si avvicina l'autunno e con questa stagione le Castagne, ragion per cui vi propongo il castagnaccio....... quant'è buona la farina di castagne! La mia bisnonna metteva un po' di farina dentro un ditale, di quelli per cucire, e lo poggiava sulla cenere della stufa, dopo qualche minuto era pronto un boccone semplicissimo e squisito....... perdonate questo ricordo che risale a quasi 40 anni fa!
Ingredienti:
500 gr. farina di castagne | |
1 pizzico di sale | |
olio d'oliva | |
zibibbo o uvetta | |
pinoli | |
gherigli di noce | |
1 rametto di rosmarino |
Tempo di preparazione: mezz'ora circa.
Preparazione:
Passate la farina di castagne al setaccio e mettetela in una terrina, aggiungete
il sale, 2 cucchiai di olio e acqua fredda, così da ottenere un composto
piuttosto liquido. Lasciate riposare e mettere il rosmarino a "sfumare" in un
padellino con 2 cucchiai di olio. Ungete leggermente d'olio una teglia da forno
dai bordi bassi e versatevi la farinata alta un dito. Cospargetela d'uvetta,
pinoli, noci spezzettate e irroratela con l'olio al rosmarino. Mettete in forno
e fate cuocere per mezz'ora a 220°. Il Castagnaccio è pronto quando la
superficie ha il bel colore marrone scuro della buccia delle castagne e la
crosta è crettata.
Panzanella
Ingredienti:
400 gr pane raffermo casalingo | |
3 pomodori maturi | |
3 cipolle piccole fresche | |
basilico | |
aceto | |
olio d'oliva |
Tempo di preparazione: mezzora (più il passaggio in frigorifero)
Preparazione:
Tagliate il pane a fette e mettertelo a bagno in acqua fredda (tanto da
intriderlo ma non sommergerlo) un quarto d'ora. Strizzatelo e sbriciolatelo in
una zuppiera. Aggiungete i pomodori a pezzi, le cipolle a fettine e il basilico.
Salate, condite e rimescolate. Mettete in frigorifero: servitela fresca, non
gelata, rifinendo con qualche goccia d'olio e d'aceto. Qualcuno, come mio
cugino, sulla sua panzanella vuole, affettato sottile, un bello spicchio
d'aglio, e di solito lo accontento, anche perché è scapolo!
Le varianti si sprecano: cetriolo oppure olive e formaggio, lattuga e
ravanelli freschi o uova e pezzi di tonno....... ma ricordate che se il pane non
è "sciocco (*) e raffermo".... meglio una scatoletta!!!
(*) sciocco = insipido, senza sale
Ingredienti:
400 gr pane raffermo casalingo | |
3 pomodori maturi | |
tre quarti di litro di brodo | |
4 foglie di basilico | |
uno spicchio d'aglio | |
olio d'oliva |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora.
Preparazione:
Fate rosolare lo spicchio d'aglio schiacciato in una casseruola con 4 cucchiai
d'olio, quindi unite i pomodori a pezzi e fateli insaporire per 10 minuti.
Aggiungete il basilico e il brodo e quindi il pane a pezzi (intendiamoci, non
sbriciolato, ma neanche a tocchi troppo grossi). Rimescolate energicamente,
coprite e fate cuocere finchè il liquido non sarà dimezzato e il pane non avrà
acquisito la consistenza di una pappa. Fatela riposare per 10 minuti e servitela
nelle scodelle, distribuendo in ciascuna un filo d'olio d'oliva e una tenera
fogliolina di basilico fresco.
Le statistiche dicono che circa 1/3 del pane prodotto viene sprecato e che il 15% di quello acquistato finisce nella pattumiera.
Un pezzo di pane buttato è sudore di chi lo ha coltivato, di chi con dolore la schiena ha piegato. |
|
Un pezzo di pane sprecato è un pasto mancato per chi anche oggi non ha mangiato. |
Vi suggerisco alcuni modi diversi per utilizzare il pane raffermo: La mitica
"Panzanella", la "Pappa
al pomodoro", la Ribollita e la "Fettunta"
Le varianti:
Sono pressoché infinite: qualcuno, evidentemente danaroso, si concede
profumatissime scagliette di tartufo; qualcun altro, dalle minori possibilità,
cosparge la fettunta di fettine di cacio pecorino, altri ancora la strofinano
anche con un bel pomodoro maturo. Ma se il pane non è buono e, sopratutto, se
l'olio non è purissimo succo d'oliva di prima spremitura, addio fettunta!
Si consiglia di gustare questo prelibato e nobile piatto quando arriva "l'olio
novo" quindi novembre-dicembre, ma se non saprete attendere e volete gustare la
fettunta anche ora, ci possiamo accontentare dell'olio dell'ultima spremitura,
rigorosamente di frantoio purissimo.
Ingredienti:
pane casalingo toscano (non salato) | |
spicchi aglio | |
olio d'oliva "novo" |
Il pane:
Rigorosamente casalingo, meglio se un po' raffermo, e tassativamente
"sciocco" [*], deve essere tagliato a fette non troppo sottili. Mettetele ad
abbrustolire sulla brace o sulla griglia da fornello, girandole per farle
colorire da entrambi i lati, ma senza farle annerire. Strofinatele subito
d'aglio, mettetele in una piatto, conditele d'abbondante olio d'oliva e salate.
Servitele subito.
[*] Sciocco =insipido, senza sale
Cecina
Curiosità:
in Liguria la chiamano panissa o panizza, oppure farinata; a Livorno torta
tout-court, mentre il nome cecina (con l'accento sulla "i") è chiamata in
Versilia. Non appartiene alla pur nobile progenie della focacce e delle
schiacciate, perchè un tempo veniva consumata perlopiù come companatico - povero
quanto volete, ma squisito, grazie all'intenso sapore dei ceci e alla grazia
dell'olio- fra due fette di pane: provate per credere. Oggi l'antica cecina,
tagliata a spicchietti e composta su un bel vassoio, risorge in guisa di
antipasto originale e succulento: servitela con un'acciugata, con cui
cospargerla o con una ciotolina d'olio buono in cui avrete fatto "sfumare"
salvia, rosmarino, alloro e uno spicchio d'aglio tritati finemente. E come sarà
con dei funghetti secchi ammollati e saltati nel burro? Fate così: preparate
tutte e tre le salsette in ciotoline separate e Buon Appetito!
Ingredienti:
gr. 400 farina di ceci | |
olio d'oliva | |
acqua | |
sale |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora.
Preparazione:
Versare 2 litri d'acqua a temperatura ambiente (non fredda) in una terrina e
fatevi piovere pian piano la farina di ceci, sempre mescolando in modo che non
si formino grumi: aggiungete un bicchiere scarso d'olio e 2-3 pizzichi di sale.
Mettete la farinata, che dev'essere piuttosto liquida, a riposare per mezz'ora.
(o anche un po' più)
Unta d'olio una teglia larga e bassa, versatevi il composto e mettete a cuocere in forno caldo: anzi, caldissimo! Quando la crosta è bella dorata, la cecina è pronta.
Trippa alla fiorentina
Ingredienti per 4 persone:
1 kg trippa | |
1 cipolla | |
1 costa di sedano | |
1 carota, | |
500 gr pomodori pelati | |
1 bicchiere e 1/2 di vino bianco | |
pecorino o parmigiano grattugiato | |
peperoncino | |
4 fette di pane abbrustolito (facoltative) | |
olio d'oliva di frantoio |
Tempo di preparazione: 2 ore
Il segreto per rendere assai delicato questo piatto "robusto" è la
scottatura iniziale.
La sostituzione del parmigiano con eventuale più energico pecorino e un tocco
personale, che spero apprezzerete così come l'aggiunta del pane abbrustolito.
Preparazione:
Lavate la trippa e tagliatela a striscioline regolari: scottatela in acqua
bollente con un bicchiere di vino bianco, quindi fatela raffreddare e
asciugatela. In una casseruola con 6 cucchiai di olio d'oliva e le verdure ben
sminuzzate, fate soffriggere la trippa e fatela rosolare bene, lasciandola poi
cuocere 10 minuti. Bagnatela col resto del vino bianco, fatelo evaporare e
aggiungete i pelati, sale, pepe e peperoncino. Coprite la casseruola e fate
cuocere a fuoco basso per 30-40 minuti, avendo la cura di aggiungere brodo o
acqua se la trippa si asciugasse troppo. Servitela calda, spolverata
abbondantemente di pecorino grattugiato e, se lo gradite, adagiata su fette di
pane abbrustolito.
Crostini toscani ai fegatini
Ingredienti:
300 gr fegatini di pollo | |
1 cipolla | |
50 gr capperi | |
1/2 bicchiere di vino bianco | |
pane casalingo (meglio se toscano) | |
1/2 scodella di brodo di carne | |
olio d'oliva di frantoio |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Per pulire i fegatini occorre asportare la vescichetta del fiele, indi lavarli
sotto acqua corrente. Tritare la cipolla molto fine e farla imbiondire piano in
una casseruola con 2-3 cucchiai d'olio. Unite i fegatini e fateli rosolare:
aggiungerete sale e pepe, versare il vino e fatelo evaporare. Dopo mezz'ora
circa di cottura a fuoco moderato, unite i capperi sgocciolati. Togliete dal
fuoco, tritate finemente il tutto e rimettetelo nella casseruola onde assorba il
residuo fondo di cottura.
Tagliate il pane a fette, dividetele a metà (o in quattro se sono grandi) e
fatele abbrustolire: inumiditele con poco brodo e spalmatevi un po'
dell'intingolo. Sono squisiti sia caldi che freddi.
Ribollita
Ingredienti per 6 persone: (altrimenti viene male)
2 cipolle | |
3 mazzi di spinaci | |
3 mazzi di bietola | |
400 gr. fagioli bianchi | |
1/2 verza | |
150 gr di pelati o conserva concentrata | |
1 cavolo nero | |
1 porro | |
300 gr pane (non salato meglio se toscano) raffermo | |
olio d'oliva di frantoio |
Tempo di preparazione: 3 ore per la zuppa, 24 per la ribollita
Nota:
La ricetta svela schiette origini contadine: rappresenta il sapiente riciclaggio
(con aggiunta di pane) del minestrone del giorno prima, i cui sapori semplici e
genuini, grazie all'ulteriore bollitura, si "maritano", fondendosi in un
equilibrio rotondo e delicato, e compongono un piatto di notevole statura
gastronomica. Un piatto squisito, che nella sua raffinata semplicità esprime il
meglio della cucina toscana: ma deve essere fatto proprio a regola d'arte,
dedicandogli tempo e premura, diffidando dalle raffazzonate, immangiabili e
ahimè diffusissime imitazioni.
Preparazione:
Mettete al fuoco i fagioli in una pentola d'acqua fredda, facendoli bollire
pianissimo e a lungo: una volta cotti, non senza averne lasciati alcuni da parte
interi (un paio di cucchiai), girateli ben bene nel passaverdure, riversando il
passato nel liquido di cottura. In una casseruola con 7-8 cucchiai d'olio fate
appassire una cipolla tritata fine, stemperandovi una punta di concentrato
diluito (oppure i pelati ben sgocciolati). Unite le verdure lavate e spezzettate
grossolanamente, salate, pepate, coprite e fate cuocere piano per 6-7 minuti,
quindi unite il passato di fagioli col suo brodo. Dopo un'ora di lenta cottura,
aggiungete i fagioli interi e il pane, a fette non troppo sottili. Fate cuocere
pianissimo per un altro quarto d'ora, quindi spegnete il fuoco e lasciate
riposare la zuppa finché non sarà tiepida. A questo punto la potete anche
mangiare: ma si tratta di "zuppa", per quanto prelibata, e non di ribollita;
perché la metamorfosi si produca occorre, il giorno dopo, portarla di
nuovo a bollore e farla tornare tiepida, servendola irrorata d'un filo d'olio
purissimo di frantoio.
Eccovi davanti alla vera, genuina, inimitabile ribollita, col pane soffice come
una nuvola e le verdure che vi si sciolgono in bocca. C'è chi sostituisce la
"ribollitura" con un passaggio in forno caldo (lo fanno in certi ristoranti, per
tirar via): non va bene, ma se proprio avete fretta
Fiorentina
La vera bistecca alla fiorentina:
è una lombata di manzo, rigorosamente con l'osso, alta due dita
[più bassa equivale a una soletta, più alta resta troppo cruda al centro] e
dotata di filetto e controfiletto [anche se gli estimatori della
cosiddetta bistecca "nella costola" - senza il filetto - la ritengono, non del
tutto a torto, più tenera e saporita].
Ricorda: la bistecca va tirata fuori dal frigorifero almeno due ore prima della cottura, altrimenti risulterà tigliosa. E' reato ungerla d'olio sia prima che dopo la cottura. E tenuta possibilmente vicino al braciere [senza che cuocia, ovviamente] in modo che al momento di porla sulla graticola la carne non subisca un brusco stress da temperatura che ne farebbe contrarre i tessuti.
Preparazione:
La bistecca, per essere fatta a regola d'arte, va cotta sulla brace, ardente ma
senza fiamma (si può usare il grill del forno, ma non è la stessa cosa).
Sistemarla al centro della graticola, tenerla per 5 minuti, girarla, (senza
bucarla!!!) e cuocerla dall'altro lato. La carne deve essere arrostita in
superficie, al sangue dentro. Un pizzico di sale e pepe macinato al momento:
sistemarla su un tagliere, portarla subito in tavola, dove la taglierete in
porzioni.
Ingredienti per 4 persone:
2 carciofi | |
2 spicchi d'aglio | |
2 cipolle | |
150 gr. piselli finissimi | |
100 gr. fave fresche | |
8 asparagi | |
150 gr. magro di manzo | |
1 litro di brodo vegetale | |
2 fette di pane toscano abbrustolito | |
prezzemolo | |
olio extravergine d'oliva | |
sale | |
pepe in grani da macinare | |
Parmigiano Reggiano o Pecorino |
Tempo di preparazione: un ora circa
Preparazione:
Tagliate finemente le cipolle e l'aglio e soffriggeteli coi gambi del prezzemolo
tritati in una casseruola con 5 cucchiai d'olio. Fatevi rosolare a fuoco medio
la carne tagliata a dadini; nel frattempo lavate e mondate le verdure, tagliando
le cime verdi degli asparagi a tocchetti e i carciofi a spicchi. Unite le
verdure al soffritto, salate e pepate e fate insaporire, quindi aggiungete il
brodo, coprite e fate cuocere per tre quarti d'ora circa. Versate la "garmuglia"
nelle scodelle in cui avrete messo il pane tagliato a cubetti. A piacere
spolverate con parmigiano grattugiato o meglio ancora pecorino.
Nota:
La ricetta ha origini nella terra di Arezzo, dedicata al Vescovo Tarli, Signore
di Arezzo nel '300
Ingredienti
Per il brodo:
1/4 di pollo | |
1 cipolla | |
1 costa di sedano | |
1 carota | |
1 pomodoro maturo | |
1 ciuffo di prezzemolo |
Per la zuppa:
1/2 cipolla | |
1 spicchio d'aglio | |
1/2 carota | |
1/2 bicchiere di vino bianco | |
1 tuorlo d'uovo | |
parmigiano grattugiato | |
panna da cucina | |
2 fette di pane casalingo | |
noce moscata | |
olio extravergine d'oliva |
Tempo di preparazione: un ora e mezza circa
Preparazione:
Preparate il brodo cuocendo per un ora in 2 litri d'acqua tutti gli ingredienti
previsti per il brodo. Disossate il pollo, soffriggete in una casseruola la
cipolla, l'aglio e la carota tritati finemente, rosolatevi il pollo spezzettato,
aggiungete il brodo e fate bollire per un quarto d'ora. Tolta la casseruola dal
fuoco, amalgamate al brodo la panna e il tuorlo sbattuti con un paio di cucchiai
di parmigiano, un po' di noce moscata, sale e fate riposare per qualche minuto.
Servite la zuppa non troppo calda nelle scodelle in cui avete messo in
precedenza il pane abbrustolito ragliato a cubetti.
Ingredienti per 4 persone
800 gr. di baccalà ammollato | |
2 porri | |
300 gr. pelati o passata di pomodoro | |
4 spicchi d'aglio | |
prezzemolo | |
farina | |
olio extravergine d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: mezzora
Preparazione:
Se utilizzate i pelati, passarli. Fate soffriggere i porri fatti a fettina e
l'aglio tritato in 5 cucchiai d'olio, aggiungete il pomodoro e fate cuocere
lentamente la salsa per un quarto d'ora. Intanto tagliate il baccalà (spellato e
privato delle lische) in 8 pezzi, infarinateli e friggeteli a fuoco medio
facendoli dorare da ambo i lati. Scolateli dall'olio e asciugateli bene,
metteteli a insaporire nella salsa di pomodoro per circa 10 minuti, aggiungendo
sale e pepe (oppure peperoncino)a piacere. Servite il baccalà caldo, spolverato
con il prezzemolo tritato.
Ingredienti per 4 persone
1 Kg. di asparagi | |
4 uova | |
80 gr. di burro | |
parmigiano grattugiato | |
sale | |
pepe macinato al momento |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Pulite bene gli asparagi, legateli a mazzo e immergeteli ritti in acqua fredda
dentro una pentola coperta. Fate bollire per una decina di minuti e saggiatene
la consistenza: dovranno essere al dente. Lasciateli intiepidire, scolateli,
eliminate la parte bianca e metteteli in una padella dove avrete fatto
sciogliere il burro. Rosolate gli asparagi 5 minuti a fuoco lento, toglieteli e
nella stessa padella friggete le uova, salandole e spolverandole di pepe.
Disponete gli asparagi in un vassoio, adagiatevi le uova e cospargete
abbondantemente di parmigiano.
Ingredienti:
4 uova | |
30 gr. di uvetta | |
30 gr. di pinoli | |
30 gr. di madorle sbucciate | |
200 gr. di zucchero | |
1/2 bicchiere di vin santo (tipico vino liquoroso toscano di uve passite) | |
1/2 litro di latte | |
1 cucchiaio di miele d'acacia | |
vaniglia |
Tempo di preparazione: un ora
Preparazione:
Fate bollire il latte in un pentolino con metà dello zucchero e la vaniglia,
mentre sbattete bene le uova con l'altra metà dello zucchero. Togliere il
pentolino dal fuoco, fatevi sciogliere il miele, aggiungete le uova sbattute e
amalgamate. Caramellate l'interno di stampini da porzione, entro i quali
metterete l'uvetta, i pinoli, le madorle e il composto di uova e latte; fate
cuocere in forno a bagnomaria per 50 minuti a 180 g°.
Serviteli, a piacere, con una salsetta al vinsanto per la quale occorrono: 2
tuorli d'uovo, 2 cucchiai di zucchero e un cucchiaio di vinsanto. Lavorate bene
i tuorli con lo zucchero, aggiungete il vinsanto e cuocete a bagnomaria
mescolando in continuazione finché la salsa non raggiunge una certa consistenza.
Ecco un'altra ricetta per la tavola delle feste appartenente alla tradizione
toscana, in particolare alla zona del "Chianti".
Il Soppelo è la parte della carne bovina macellata corrispondente alla punta del
petto attaccata alla spalla. In alternativa potrà essere usata anche la spalla
del maiale, ma ovviamente non è la stessa cosa!
"Quando le nostre nonne la cucinavano, l'intingolo serviva anche per condire la
pastasciutta"
Preparazione:
Preparare la carne legandola, steccandola con una carota e una costola di sedano
intere e mettendo qua e la alcune foglie di salvia. Porre intanto a soffriggere
in un capiente tegame un abbondante e grossolano battuto di sedano, carota,
cipolla e poco aglio. Mettete la carne nel tegale e lasciarla rosolare a fuoco
brillante su tutti i lati. Ridurre quindi il calore e a circa metà cottura
bagnare generosamente con un buon vino Chianti Classico. Lasciar evaporare il
vino, versare pomodoro quanto basta e aggiustare di sale e pepe. Ultimate la
cottura per anche due ore, aggiungendo ogni tanto del brodo do carne. Tagliate
il soppelo alla chiantigiana, a fette non troppo sottili e servitelo in tavola
copiosamente cosparso con la salvia.
Ricetta trovata dall'antichissima macelleria del Chianti "Antica Macelleria Falorni"
Nota: la ricetta è di Lorenzo e Stefano Falorini di Greve in Chianti ed è riportata nella sua forma originale.
Nota: Questo piatto veniva servito alla tavola di Caterina Dè Medici a Firenze. Rappresenta quindi una pietanza dell'antica cucina tradizionale fiorentina.
Preparazione:
Prendete un pezzo di "sorra" (un taglio di spalla di terza scelta facile da
riconoscere per l'ampia nervatura centrale - in alternativa un pezzo di muscolo
o comunque un taglio di carne da stracotto), legatela ben stretta e pillottatela
con un battutino di aglio, peperoncino, prezzemolo,pinoli, mandorle, uvetta
sultanina, sale e pepe. Mettere la carne a fuoco con olio d'oliva e un battuto
di cipolla e carota. Fatela rosolare da tutte le parti. Aggiungete molti pinoli,
mandorle e uvetta sultanina tritati insieme, coprite il tutto con vino Chianti
Classico e fate cuocere per 3 ore, fino a che il vino non si è ritirato,
lasciando il posto a una salsa molto densa. Tagliate la carne a fette e
copritela con la salsa di cottura prima di servire.
Nota: Piatto adatto alle stagioni fredde, alle tavole apparecchiate accanto al camino acceso, al sapore del pane cotto a legna, all'allegria del vino buono.......
Preparazione:
Inumidire lo stinco con sale bagnato e pillottarlo con aglio, rosmarino, sale e
pepe. Sistemare intanto nel forno una teglia contenente del vino Chianti (meglio
se rosso e non troppo invecchiato), sopra la quale sarà posta una griglia, in
modo che lo stinco possa arrostirsi e insaporirsi senza essere direttamente a
contatto col vino. Mettete la carne sulla griglia nel forno ben caldo e cuocere
a 250g° fino a che la cotenna risulti croccante. Ultimare poi la cottura
abbassando la temperatura a 150/180 g°. Servire lo stinco di maiale bello
fumante e accompagnato da appetitosi contorni come rape saltate nel burro,
lenticchie o fagioli bolliti con salvia.
Nota: la ricetta è di Lorenzo e Stefano Falorini di Greve in Chianti ed è riportata nella sua forma originale.
Nota: La chianina, razza nobile per eccellenza, è rinnomata oltre che
per la sua carne tenera dalla consistenza vellutata, per il buon profumo e
colore rosato; gradevole quindi sia al palato che alla vista, l'assenza di fibre
ed infiltrazioni di grasso nelle parti muscolari, la compattezza ed il sapore
delicato ne fanno la carne più indicata per questo piatto. Attenzione al
taglio............ deve essere fine come se fosse prosciutto ed eseguito contro
il verso delle fibre.
Si siedono delle fettine sottilissime di chianina su un piatto e si condiscono
con olio "bono", limone, sale e pepe. Poi si aggiunge del parmigiano a scaglie e
si copre il tutto con verdure crude tagliate finissime (finocchi, carciofi,
rucola), si condisce di nuovo con limone, sale e olio. Dopo un riposo di 15
minuti il piatto è pronto. Il massimo del gusto si avrebbe sostituendo le
verdure con funghi porcini, ovoli o tartufi. Un altro modo è anche condirla con
limone e formaggi fusi.
Nota: la ricetta è di Lorenzo e Stefano Falorini di Greve in Chianti ed è riportata nella sua forma originale
Nota: Un piatto tradizionale della Maremma Toscana, nato dall'arte culinaria delle massaie e dei contadini che dovevano fare di "necessità virtù" e sfamarsi con quel poco che la terra gli offriva; realizzando al tempo stesso, piatti gustosi che hanno retto la sfida del tempo e sono ancora apprezzati ai nostri giorni.
Ingredienti:
2 cipolle | |
4 fette di pane casalingo | |
4 uova | |
300 gr. di pomodori maturi o pelati | |
basilico | |
mezzo litro di brodo | |
pecorino stagionato grattugiato | |
una cima di sedano | |
olio extravergine d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: un ora e mezzo
Preparazione:
Mettete le cipolle, tagliate finemente a "struggersi" lentamente in una
casseruola con 5/6 cucchiai di olio. Quando saranno quasi sciolte, aggiungere i
pomodori e il sedano a pezzi, sale e pepe. Lasciate cuocere per un ora
abbondante, versando di tanto in tanto un ramaiolo di brodo. Sistemare sul fondo
di ogni scodella una fetta di pane abbrustolito e versateci sopra l'acquacotta
bollente. Rompervi nel mezzo un uovo, lasciandolo riposare il tempo necessario
affinché cuocia come se fosse in camicia, non senza aver spolverato di
abbondante pecorino grattugiato o a scagliette.
Nota: Qualche commensale saputello potrebbe farvi notare che non di cucina toscana trattasi, bensì del famoso "Carnad à l'orange" vero must della grande scuola culinarea francese. Allora voi, sorridendo amabilmente, pregatelo di andarsi a rivedere la storia di Firenze e della grande Caterina Dè Medici, nata nel 1519, sposa di Enrico II e madre di due Re: Enrico III e Carlo IX. L'incauto apprenderebbe come la grande dama e Regina introducesse la sua alta gastronomia alla corte di Francia.
Ingredienti
un anatra di poco più di un Kg. | |
2 arance | |
2 spicchi d'aglio | |
1 ciuffetto di salvia | |
1/2 bicchiere di vino Chianti classico | |
1 cipolla | |
1 carota | |
1 costa di sedano | |
1/2 cucchiaio di farina | |
1 cucchiaino di zucchero | |
olio extravergine d'oliva | |
sale e pepe |
Tempo di preparazione: 1 ora e 20 minuti (oltre al tempo per spennare e predisporre l'anatra)
Preparazione:
L'anatra deve essere spennata, aperta, privata delle interiora e fiammeggiata;
non dimenticare di eliminare oltre alla testa e le zampe, anche la ghiandola
tipica dei palmipedi sul fondoschiena vicino al codino. Introducetele nel ventre
l'aglio, un arancia sbucciata a spicchi,qualche foglia di salvia, sale e pepe;
cucitene i lembi col filo da cucina, ungete l'anatra con olio e ponetela in una
teglia. Mettetela in forno a calore medio e fatela cuocere per un ora,
bagnandola spesso e volentieri col vino e col suo fondo di cottura. Toglietela
del recipiente e tenetela al caldo. Nella sua teglia mettete a rosolare gli
odori tritati finemente, aggiungete la scorza dell'arancia tagliata a listelle
dopo aver eliminato ogni traccia di cellulosa, aggiungete lo zucchero e legate
la salsa con un pò di farina, facendola sobbollire per 3/4 minuti. Tagliate
l'anatra a pezzi (eliminando il ripieno) e rimettetela nella teglia; fatela
insaporire bene e servitela cosparsa di sugo e guarnita con fette d'arancia
appena tagliate.
Ingredienti:
800 gr. di triglie medie freschissime | |
farina | |
mezza cipolla | |
2 spicchi d'aglio | |
500 gr di pomodori maturi o pelati | |
prezzemolo | |
olio extravergine d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: 1/2 ora
Preparazione:
Lavate e pulite le triglie, infarinatele da ambo i lati, quindi doratele in una
padella con 6 cucchiai d'olio. Tolte le troglie e posate a far asciugare su una
carta da cucina, fate immbiondire nella padella la cipolla e l'aglio tritati
finemente, mettete il pomodoro tagliato a pezzi e dosate di sale e pepe. Dopo
circa 10 minuti, unitevi le triglie a insaporire a fuoco bassissimo, rigirandole
con delicatezza perchè sono molto fragili, finché la salsa non si è ritirata.
Servitele calde nel loro sugo, spolverate di prezzemolo tritato.
Nota: Tradizionale dolce natalizio della cultura culinaria Senese,
oggi un qualcosa in più da aggiungere al succulento ed abbondante pasto
natalizio; immaginiamocelo però in epoche in cui l'alimentazione era piuttosto
povera... Allora, questi dolci erano davvero un toccasana e una riserva di
energia per affrontare quei lavori dei campi che adesso non esistono quasi
più...
Ingredienti per 6 persone:
150 gr. di cioccolato amaro | |
150 gr. di zucchero | |
400 gr. di mandorle | |
300 gr. di miele | |
350 gr. di cedro e melone canditi | |
1 cucchiaio di arancia candita | |
200 gr. di farina | |
40 gr di mandorle amare | |
2 chiodi di garofano | |
cannella in polevere | |
noce moscata | |
pepe in grani | |
1 manciata di pinoli | |
zucchero a velo |
Tempo di preparazione: 50 minuti
Preparazione:
Sgusciate le mandorle, pestando sia quelle amare che metà delle dolci, le altre
le mescolerete ai pinoli. Scaldate il miele in una casseruola finché non diviene
trasparente, toglietelo dal fuoco e unitevi gli altri ingredienti, mescolando a
lungo con delicatezza. Quando l'amalgama è perfetta, trasferite il miscuglio in
uno stampo basso e circolare, leggermente infarinato, porlo nel forno già caldo
a media temperatura per mezzora. Il panforte dovrà risultare alto poco più di un
dito, scuro e ben compatto. Fatelo freddate e servitelo spolverato di zucchero a
velo.
Nota: I Ricciarelli di Siena sono una ricetta tradizionale toscana che ha le sue origini nel lontano 1800 e come il panforte sono dolci da gustare nel periodo natalizio.
Ingredienti per 6 persone:
350 gr. di zucchero | |
600 gr. di mandorle | |
100 gr. di farina | |
la scorza di mezza arancia grattugiata | |
1 albume | |
1 cucchiaio di zucchero vanigliato | |
zucchero a velo |
Tempo di preparazione: 50 minuti (oltre alle due ore per far riposare l'impasto)
Preparazione:
Sgusciate le mandorle, pestatele o passatele al mixer, riducendole a pasta, che
mescolerete con lo zucchero, 8o gr. di farina e la scorza d'arancia. Amalgamate
bene e lasciate riposare almeno per due ore. Aggiunti al composto lo zucchero
vanigliato e l'albume, ritagliate i ricciarelli, spessi mezzo dito. lunghi 10
cm. a formare la losanga. Allineateli in una teglia leggermente infarinata e
metteteli in forno gia caldo a media temperatura per una ventina di minuti.
Fateli raffreddare e spolverate con zucchero a velo misto alla restante farina.
Ingredienti:
300 gr. di milza di vitella | |
1 cipolla | |
80 gr. di burro | |
1 bicchiere di vino Chianti classico | |
2 acciughe | |
concentrato di pomodoro | |
pane caslingo (meglio se cotto a legna) a fette | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Togliete la pelle alla milza, quindi raschiatene la polpa col dorso della lama
di un grosso coltello. Lavate le acciughe, togliete la lisca e sfilettatele.
Tritate finemente la cipolla e fatela imbiondire nel burro fuso in una piccola
casseruola; aggiungete la milza, un cucchiaio scarso di concentrato di pomodoro,
sale e pepe. Fate cuocere dolcemente una mezzora, quindi verste il vino e i
filetti d'acciuga. Fate ritirare pe una decina di minuti, sempre mescolando
delicatamente. Affetate il pane e ricopritelo dell'intingolo.
Nota:
In toscana si usa moltissimo il cavolo nero e tra l'altro pare che abbia origini
piuttosto antiche. Il cavolo nero si trova sul mercato tutto l'anno, ma il
momento più indicato per il consumo sono i mesi più freddi dell'anno, dopo le
prime gelate, quando le foglie spesse e bollose diventano più tenere.
[***] Questo piatto gustosissimo e antico ha una preparazione
estremamente semplice. I cavoli vanno lavati e lessati in abbondante acqua
salata. Nel frattempo si taglia il pane a fette non troppo sottili che devono
essere abbrustolite e poi agliate. Dopo circa un'ora il cavolo sarà cotto e
dovrà essere tolto dal fuoco, ben sgrondato e adagiato sulle fette di pane.
Aggiungere abbondante olio e pepe nero (meglio se macinato all'istante) e
servire ben caldi. [***]
[***] [questa nota da Firenzeturismo]
Fette col cavolo nero
Ingredienti per 4 persone:
10 foglie di cavolo nero | |
4 spicchi d'aglio | |
4 fette di pane casalingo toscano (non salato) | |
olio extravergine d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: un ora e un quarto
Preparazione:
Nettate e lavate bene le foglie di cavolo, quindi mettetele in una pentola
d'acqua fredda a bollire per un'oretta: una volta spento il fuoco lasciatele
nella pentola, finché non sono tiepide. Allora scolatele (conservando l'acqua di
cottura), strizzatele leggermente e tritatele finemente. Nel frattempo tagliate
a metà le fette di pane e abbrustolitele, stofinatele d'aglio e bagnatele con un
cucchiaio scarso dell'acqua di cottura che avevate tenuto da parte. Adegiate il
cavolo sui crostini e condite con pepe, sale e abbondate olio purissimo di
frantoio.
Nota:
Nella tradizione contadina, e sarebbe ancora una buona regola, nulla viene
sprecato. Le massaie di una volta, conservavano gli avanzi della carne per poi
preparare questo ottimo sugo per condire la pastasciutta. Non solo; venivano
conservate anche le interiora del pollo, ben pulite e lavate, e perchè no anche
gli avanzi della cacciagione.
Ingredienti:
300 gr. di avanzi di carne (in alternativa macinata di manzo) | |
100 gr. polpa di pomodoro | |
1 cucchiaio di funghi freschi di stagione (o secchi) | |
1 cipolla | |
1 costa di sedano | |
1 carota | |
qualche foglia di salvia | |
1 rametto di ramerino (rosmarino) | |
1 foglia di alloro | |
1/2 bicchiere di vino rosso | |
olio extravergine d'oliva | |
pepe nero in grani | |
sale |
Tempo di preparazione: 2 ore e mezzo
Preparazione:
Pulite e spezzetate i funghi (se usate quelli secchi metteteli a bagno). Mettete
gli odori e le erbe aromatiche tritati finemente ad appassire in una casseruola
con 4 cucchiai d'olio, quindi rosolatevi gli avanzi di carne, precedentemente
triturata; bagnate col vino, unite i funghi e fatelo evaporare. Aggiungete il
pomodoro, sale a piacere, pepe in grani, fate staccare il bollore e coprite la
casseruola, cuocendo a fuoco bassissimo per un paio d'ore.
Questo sugo, dal sapore unico ed inimitabile, è il condimento ideale per
qualsiasi tipo di pasta, ma la tradizione lo vuole come condimento per la
polenta.
Nota:
Non si hanno molte notizie sulle origini di questo piatto, sicuramente
appartenente alla tradizione contadina toscana; molti lo attribuiscono alla
maremma, altri al livornese, ma poco importa, perché quando la mangerete
apprezzerete solo il gusto senza porvi ulteriori domande.
Gramigna del Creatini
Ingredienti per 4 persone:
300 gr. gramigna (pasta) | |
100 gr. di spinaci in foglia | |
150 gr. di ceci bolliti | |
80 gr. di guanciale (o pancetta) | |
1 spicchio d'aglio | |
olio d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: 12 minuti (oltre al tempo di bollitura dei ceci)
Preparazione:
Lavate e mondate gli spinaci, cuoceteli per 5 minuti in una pentola con un litro
d'acqua bollente, che conserverete dopo la cottura.
Mettete a cuocere la pasta in acqua salata bollente; nel frattempo fate
soffriggere in una capiente padella con 2 cucchiai d'olio la pancetta fatta a
piccole stiscioline. Dopo un minuto aggiungere i ceci lessati, gli spinaci
scolati, strizzati e sminuzzati; aggiungete un po' di acqua di cottura che
avevate conservato e fate cuocere per 3 minuti a fuoco vivo.
Appena la gramigna è al dente, scolatela e saltatela in padella con il
condimento, amalgamando bene. Accomodate la pasta in una fondina di portata e
servitela ben calda, irrorandola d'un filo d'olio d'oliva.
Nota:
Il nome della ricetta di questa zuppa si deve a un fatto Storico. Dovete sapere
che gli abitanti di Montalcino, la bella cittadina toscana della Val d'Orcia,
portano il soprannome di "beccamorti" fin dal 1260, quando giunsero così in
ritardo alla battaglia fra ghibellini senesi e guelfi fiorentini da venir puniti
dai vincitori, che li utilizzarono poi per seppellire i morti.
[***] Nota: Il nome della ricetta di questa zuppa, e cioè "pan lavato dei Beccamorti", si deve a un fatto storico. Dovete sapere che gli abitanti di Montalcino, la bella cittadina toscana della Val d'Orcia, portano il soprannome di "beccamorti" fin dal 1260, quando giunsero così in ritardo alla battaglia fra ghibellini senesi e guelfi fiorentini da venir puniti dai vincitori, che li utilizzarono poi per seppellire i morti.
Questa tipica minestra dal nome così inquietante e moltalcinese, è una sorta di "ribollita" col cavolfiore al posto del più classico cavolo, è ottima per combattere il freddo inverno della zona; richiede soltanto uno stomaco preparato alla scarsa digeribilità del cavolfiore e naturalmente ci vuole il pane "sciocco" toscano senza sale. [***]
[***] [questa nota da: RadioRai Il Cammello]
Ingredienti per 4 persone:
1,5 Kg. di cavolfiore | |
400 gr. di pane casalingo raffermo | |
parmigiano grattugiato | |
pepe macinato al momento | |
olio d'oliva extravergine | |
sale |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Mondato il cavolo dal torsolo e dalle foglie esterne, fate bollire il fiore
tagliato a pezzi e le foglie più tenere per una mezzora; poi scolateli ben bene
conservando l'acqua di cottura. Abbrustolite le fette di pane, sistemandole a
strati in una terrina profonda, bagnatele con poca acqua di cottura e
alternatele a pezzetti di fiore e alle foglie bollite. Ogni strato andrà condito
con olio, sale, pepe e parmigiano; è facoltativo l'uso dell'aceto. Servite
subito rifinando il piatto con un filo d'olio extravergine d'oliva.
Nota:
E' questo un classico piatto invernale "povero". Gli ingredienti sono infatti
cavolo nero, che viene usato dopo le gelate che lo rendono più tenero, e l'olio
di frantoio. Il cavolo viene lessato in acqua calda salata. Quando è quasi cotto
si abbrustoliscono delle fette di pane tagliate alte un dito, che vengono poi
strusciate con una steccia d'aglio e bagnate con l'acqua di cottura del cavolo e
pezzetti di cavolo, condite con sale, pepe, olio e poco aceto. Il piatto deve
essere servito ben caldo. Il cavolo nero se non era disponibile, veniva
sostituito con il cavolfiore. Il risultato è comunque ottimo.
Fonte: Lamiaterradisiena
Cibreo di rigaglie
Nota:
Il Cibreo è un tipico secondo piatto della cucina fiorentina. È celebre per
essere stato uno dei cibi preferiti da Caterina de' Medici che tentò di
esportarlo in Francia, peraltro senza successo duraturo. Si racconta che la
Regina dal sangue fiorentino fosse talmente golosa di questo piatto da prenderne
una pericolosissima indigestione.
Ingredienti per 4 persone:
400 gr. di fegatini, creste e bargigli di pollo | |
30 gr. di burro | |
2 uova | |
1/2 bicchiere di marsala | |
1/2 limone | |
un pò di farina bianca | |
un pò di brodo |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Pulite bene i fegatini, eliminando il fiele e le parti a contatto con esso.
Scottateli brevissimamente in acqua bollente insieme a creste e bargigli che,
una volta scolati, dovranno essere spellati e il tutto ridotto a pezzettini.
Fate dorare dolcemente creste e bargigli nel burro per una trentina di minuti;
aggiungete infine, i fegatini, sale e pepe, date un'ultima rimescolata e
spengete il fuoco. In una terrina avrete sbattuto due tuorli d'uovo, unendovi un
cucchiaio scarso di farina, il succo di un limone e, poco a poco, mezzo ramaiolo
di brodo tiepido; versatevi le rigaglie, rimescolando bene e servite subito.
C'è chi lo considera un primo, chi una pietanza "ad libitum" (anche se
inorridirei al pensiero di dover mangiare qualcosa DOPO un delicato cibreo), in
ogni caso, è squisito!
Cibreo di rigaglie
Nota:
Tipici biscottini fiorentini del periodo della quaresima, a forma di lettere, a
base di cacao.
Sono senza dubbio uno dei dolci tipici della tradizione di pasqua
fiorentina.
Squisiti biscotti al cioccolato fatti a forma di “lettera dell’alfabeto”
appaiono nelle migliori pasticcerie di Firenze nelle settimane del periodo
Pasquale.
Se sei alla ricerca di sapori della cucina tipica di Firenze nel periodo
di pasqua e pasquetta, allora ti consigliamo di fermarti in una delle
diverse buone pasticcerie artigianali della città e provare i buonissimi
biscotti quaresimali (adorati dai bambini per le loro forme con cui
“giocare” e non solo per la cioccolata!)
Consigliamo di provare solo biscotti artigianali, anche se nei negozi di
alimentari della città e anche nei supermercati (coop ed esselunga) è possibile
trovare i biscotti quaresimali anche confezionati da piccole
aziende locali e la cui qualità rimane alta.
Quaresimali
E per stare in tema Pasquale:
vi segnaliamo i consigli di Giovanna, la nostra planner a Firenze! Come sapete
da qualche mese we:plan è attivo anche a Firenze e Giovanna è la nostra
simpaticissima e attivissima wedding planner! Non vi preoccupate, avremo modo di
avere maggiori informazioni e consigli utili da lei per organizzare i vostri
matrimoni da favola in Toscana. Giovanna ha una grande passione per la sua
città, per la sua storia e per le sue tradizioni… ecco dunque cosa ci consiglia!
Per chi non l’avesse mai vissuta lo scoppio del carro è un’esperienza da
non perdere!
I fiorentini sono molto affezionati a questa cerimonia che risale all’epoca
medioevale, che vede il “Brindellone” – il carro – protagonista del
giorno di Pasqua. In Piazza Duomo il carro, scortato da 150 fra armati, musici e
sbandieratori del Calcio Storico Fiorentino, si incendia dopo essere stato
colpito da una “colomba” (detta anche “colombina"), un razzo dalle sembianze di
un bianco piccione: la colombina deve tornare indietro all'Altare Maggiore del
Duomo, da dov'è partita, ripercorrendo da sola il percorso di andata. Se non
compie il percorso il raccolto dell'anno non avrà buoni auspici.
E per concludere in dolcezza la manifestazione non devono mancare i biscotti
quaresimali, senza dubbio uno dei dolci tipici della tradizione della
Pasqua fiorentina.
Squisiti biscotti al cioccolato fatti a forma di “lettera dell’alfabeto”
appaiono nelle migliori pasticcerie di Firenze nelle settimane del periodo
Pasquale. Se siete alla ricerca dei sapori della cucina tipica di Firenze nel
periodo di Pasqua e pasquetta, allora vi consiglio di fermarvi in una
delle buone pasticcerie artigianali della città e provare i buonissimi biscotti
quaresimali.
Quaresimali
Ingredienti:
150 gr. Farina bianca | |
2 Bianchi d’uovo | |
180 gr. di zucchero a velo | |
30 gr. di cacao amaro | |
Scorza d’arancia |
Preparazione:
Mescolate in una terrina lo zucchero, la farina ed il cacao. Separatamente
montate bene a neve le chiare dell’uovo. Mescolate poi le chiare montate con il
composto di zucchero, cacao e farina, fino ad ottenere un impasto cremoso e non
troppo solido, aggiungendo la scorza d’arancia precedentemente grattugiata. A
questo punto, usando una sacca da pasticcere, create le lettere dell’alfabeto
disponendo il composto su una teglia (consigliamo la carta da forno per ottenere
un risultato migliore) e infornate per 15/20 minuti a temperatura non troppo
elevata (sui 150° è perfetto). I Biscotti quaresimali, sono già pronti!
Cianchetti di maiale in forte dolce
Nota:
Questo è un piatto delle "feste" della cultura contadina toscana, legato a
ricordi di un tempo, quando i giorni in cui se lo potevano permettere erano
pochi; memorie, profumi e gesti....... "la massaia cominciava presto la mattina
a preparalo, e quando veniva l'ora di pranzo........"
Per Cianchetti si intende del buon spezzatino di maiale o polpa di maiale fatta
a cubetti.
Preparazione:
Mettere la carne al fuoco e lasciarla brevemente rosolare in olio d'oliva
extravergina, aggiungere un abbondante battuto di sedano, prezzemolo e molta
cipolla e far imbiondire il tutto. Versare poco per volta del Vino Chianti
Classico e lasciare ritirare il sugo al punto giusto. Unite quindi poco passato
di pomodoro, sale, pepe e continuare la cottura per due ore a fuoco lento. A
cottura ultimata aggiungere scagliette di cioccolato fondente, una spruzzatina
di aceto rosso, poco zucchero, uvetta candita e pinoli in quantità. Servite i
cianchetti ben caldi e affogati nella salsa ricca e gustosa che costituirà anche
un ottimo contorno.
Nota: la ricetta è di Lorenzo e Stefano Falorini di Greve in Chianti ed è riportata nella sua forma originale.