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Le buone maniere | Odamaki-mushi | ||||
Kamaboko | |||||
ingredienti:
250 g di salmone fresco, o tonno, o pesce spada o spigola
prezzemolo
salsa di soia
senape piccante
rafano fresco grattugiato
zenzero finemente affettato.
Preparazione:
Nettate il pesce di ogni lisca e della pelle, se ne ha, e metterlo in
frigorifero: ve lo lascerete finché sarà perfettamente sodo e freddo come
ghiaccio, benché non congelato. Al momento di usarlo, posatelo sul tagliere e
con un coltello affilatissimo tagliatelo, in senso perpendicolare a quello delle
fibre, in fettine il cui spessore non deve superare i due millimetri e mezzo.
Accomodate le fettine in un piatto in forma di pesce, sovrapponendole
parzialmente l'una all'altra; guarnite con il prezzemolo, servite circondando il
piatto contenente il pesce con ciotoline contenenti la salsa di soia, la senape,
il rafano e lo zenzero: ogni commensale penserà a insaporire le proprie fette di
pesce con il condimento di sua scelta.
Ingredienti:
1 aragosta freschissima
lattuga
cavolo
½ tazza di salsa di soia
1 cucchiaino di glutammato monosodico
2 cucchiaino di succo di limone
rafano.
Preparazione:
Vi occorre un'aragosta freschissima ma non viva. Estraete la carne della coda
conservando solo la parte superiore del guscio, che baderete a non sciupare.
Lavate la carne della coda in acqua molto fredda, tagliatela in 10 – 12
pezzetti, immergetela in acqua ghiacciata e passatela per 15 minuti in
frigorifero. Sacolatela e asciugatela bene. Bollite il guscio svuotato finché
diventa rosso; sciacquatelo e passatelo in frigorifero. Riempitelo parzialemente
con parti eguali di lattuga e cavolo tagliati a listarelle; sopra questo misto
di verdure accomodate i pezzetti di coda di aragosta. Battete insieme
leggermente la salsa di soia, il glutammato monsodico e il succo di limone;
versate questa slasetta in scodelline individuali, che distribuirete ai
commensali, insieme a piattini di rafano fresco grattugiato. Ognuno mescolerà la
quantità desiderata di rafano alla propria salsetta, nella quale immergerà
pezzetti di carne d'aragosta prima di mangiarli.
Ingredienti:
4 piccoli cetrioli
4 cucchiaini di sale
½ kg di filetti di sogliola
1/3 di tazza di salsa di soia
1/3 di tazza d'aceto
1 cucchiaio di zucchero
1 cucchiaino di zenzero grattugiato
1 cucchiaio di saké.
Preparazione:
Pelate i cetrioli, tagliateli a metà per lungo, eliminate i semi; tagliateli per
lungo a fette sottili, distribuitele su un piatto di portata, cospargetele con 2
cucchiaini di sale e lasciate riposare. Sciacqaute il pesce in acqua ghiacciata,
asciugatelo bene e tagliatelo a fettine sottili come carta e leggermente più
piccole delle fette di cetriolo. Cospargete con il sale rimanente e lasciate
riposare mezz'ora. Dopo mezz'ora, stendete una fettina di pesce su ogni fettina
di cetriolo, arrotolate strettamente, fermate con uno stecchino; accomodate
questi involtini in una ciotola di grandezza conveniente e versatevi sopra un
condiemnto preparato battendo insieme tutti gli altri ingredienti. Passate in
frigorifero per 1 ora prima di servire come antipasto.
Ingredienti:
2 tazze di riso
3 tazze d'acqua
3 cucchiai d'aceto
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di mirin
¼ di cucchiaino di glutammato monosodico
30 g di wasabi
180 g di tonno fresco
180 g di seppia.
Preparazione:
Riunite riso e acqua in una casseruola, portate a forte bollre; coprite,
diminuite la fiamma, cuocete 20 minuti e lasciate riposare a fuoco spento, nella
casseruola sempre coperta, mentre preparate la salsa. Riunite in una casseruola
piccola l'aceto, la salsa di soia, il mirin e il glutammato monosodico, portate
a leggero bollore, togliete dal fuoco e versate sul riso, mescolando bene.
Versate il riso in un grande piatto di portata, stendetelo in uno strato
uniforme e lasciatelo raffreddare.
Quando è abbastanza freddo da poterlo lavorare, ricavatene piccole crocchette
rettangolari e su ciascuna di questa mettete un pizzico di asabi. Tagliate il
tonno ben ghiacciato in fettine rettangolari della stessa orma e grandezza delle
crocchette di riso. Tagliate la seppia in fettine sottili e stendetele sulle
fettine di tonno. Passate in frigorifero finché tutto è ben ghiacciato e servite
con una guarnizione di vostra scelta.
Ingredienti:
2 tazze di riso
3 tazze di acqua
¼ di tazza d'aceto
3 cucchiaini di sale
5 cucchiai di zucchero
15 g di funghi cinesi
½ tazza d'acqua
½ carota
2 cucchiai di salsa di soia
½ cucchiaino di glutammato monosodico
2 uova
180 g di filetti di pesce (di carne bianca)
carminio
60 g di fagiolini verdi teneri
½ cucchiaino di zenzero sott'aceto
1 foglio di nori sbriciolato.
Preparazione:
Cuocete il riso nell'acqua; passatelo in una ciotola e conditelo con l'aceto, 2
cucchiaini di sale e 3 cucchiai di zucchero. Ammollate i funghi in mezza tazza
d'acqua; quando sono teneri scolateli e tagliateli a striscioline e unitele ai
funghi in un casseruolino; aggiuingetevi l'acqua in cui i funghi sono stati
ammollati, la salsa di soia, 1 cucchiaio di zucchero, il glutammato monosodico e
cuocete a calore medio finché il liquido è assorbito. Lasciate raffreddare,
mescolate al riso già cotto e condito. Battete le uova con ¼ di cucchiaino di
sale. Friggete in padella con poco olio, ricavandone una frittura molto sottile
che taglierete a striscioline. Bollite il pesce in acqua quanta ne occorre per
coprirlo; quando è abbastanza tenero da sfaldarsi, rompetelo in piccoli pezzi,
scolatelo, poi rimettetelo nella pentola aggiungendo un po' d'acqua, 1 cucchiaio
di zucchero, ¾ di cucchiaino di sale, un pizzico di carminio, e mescolate finché
il pesce è tutto uniformemente rosa. Nettate i fagiolini verdi eliminando le
estremità e, se c'è, il filo; bolliteli finché sono teneri, tagliateli a
striscioline. Tagliate a pezzetti lo zenzero. Per servire, stendete il riso in
uno strato uniforme su un piatto da portata, accomodatevi sopra il pesce cotto e
spezzettato, decorare con il nori sbrisciolato, la frittata e i fagiolini verdi,
i pezzetti di zenzero.
Ingredienti:
90 g di funghi cinesi
3 uova
3 tazze di dashi 2
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio di salsa di soia
½ tazza di pollo cotto tagliato a dadini
6 gamberetti cotti tagliati a pezzetti
6 castagne d'acqua tagliate a dadini
1 cucchiaio di mirin
4 foglie di spinaci.
Preparazione:
Lavate i funghi e teneteli a bagno in poca acqua per un'ora circa o finché sono
morbidi. In una ciotola battete le uova, il dashi, il sale e metà della salsa di
soia. In una altra ciotola mescolate, amalgamando bene, i funghi tagliati a
dadini, il pollo, i gamberetti, le castagne, il mirin e la salsa di soia.
Distribuite il composto nel fondo di 4 tazze da chawan-mushi o in stampini alti
da crème-caramel. Nelle 4 tazze, o stampini, versate in parti uguali il composto
a base di uova e dashi; posate in superficie lòe foglie di spinaci ben lavate e
sgrondate. Portate a bollore, in una pentola a bordi alti, la quantità d'acqua
sufficiente per arrivare circa a metà altezza delle tazze; calatevi
delicatamente queste ultime, mettete un coperchio alla pentola e cuocete a
calore medio per 13-15 minuti. (Se utilizzate le tazze da chawan-mushi, chiudete
bene con i rispettivi coperchi; se usate invece stampini da crème.caramel,
copriteli bene con un foglio d'alluminio ma lasciate parzialemnte scoperta la
pentola). Per sentire il giusto punto di cottura, pungete la crema con un
stecchino di legno: è pronta quando lo stecchino esce pulito. Non cuocete troppo
altrimenti impazzirà. Servite caldo nei recipienti di cottura, come portata
principale o come accompagnamento a un piatto di carne.
Ingredienti:
1 tazza di udon
120 g di carne bianca di pollo (ben ghiacciata in frigorifero)
1 cucchiaio di salsa di soia
4 funghi cinesi
1/3 di tazza di spinaci tagliati a listarelle sottili
2 uova
1 e ½ tazza di dashi 2
1 cucchiaio di mirin
½ cucchiaio di glutammato monosodico
8 fettine di kamaboko.
Preparazione:
Cuocete l'udon in acqua bollente finché è tenero; sciacqautelo in acqua fredda,
scolatelo e mettetelo in un ampio recipiente rotondo, munito di coperchio e che
regga al calore. Tagliate il pollo in fettine sottilissime: mettetelo in una
tazza e conditelo con la salsa di soia. Tenete i funghi a bagno in acqua finché
sono teneri; scolateli, gettate gli steli, tagliateli ciascuno in 4 pezzi e
uniteli al pollo, mescolando. Lavate e scolate gli spinaci. Battete le uova
insieme col dashi, il mirin, il sale e il glutammato monosodico; versatele sull'udon,
accomodate in superficie il pollo, i funghi, le fettine di kamaboko e gli
spinaci, mettete il coperchio e cuocete a vapore – in una pentola contenente
tanta acqua a leggero bollore quanta ne occorre per giungere a metà altezza
circa dell'altro recipiente – per 15-20 minuti. Servite caldo.
Ingredienti:
500 g di filetti di sogliola
2 cucchiai di maizena
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di salsa di soia
¼ di cucchiaino di glutammato monosodico
1/3 di tazza d'acqua fredda
grasso o olio abbondante per friggere.
Preparazione:
Diliscate delicatamente il pesce e pestatelo o passatelo al tritacerne fino ad
ottenere un impasto di grana finissima. Amalgamatevi la maizena, il sale, la
salsa di soia, il glutammato monosodico, lo zucchero e tanta acqua quanta ne può
assorbire mantenendo una ferma consistenza; ricavatene polpette piuttosto dorate
e croccanti.
Sgocciolatele, passatel su un pezzo di carta assorbente per eliminare l'unto in
eccesso e servitele calde.
Si dice che i Soba hanno le loro origini in Cina e furono portati in Giappone dai monaci buddisti verso la fine del periodo Jomon. All'epoca erano chiamati Sobamugi poichè erano utilizzati come cibo d'emergenza. Ci sono testimonianze antiche che raccontano che per combattere una carestia, nell'epoca di Nara (710 - 794), fosse stata impiegata farina di grano saraceno per fare le fettuccine per sfamare la gente. Il grano saraceno ha alte qualità nutritive ed in particolar modo è ricco di vitamina B. La farina prodotta estraendola dalla parte interna del grano è bianca e se si utilizza anche la buccia si avrà un gusto più ricco ed il colore tipico dei noodles tanto amati in Giappone. I Soba è fatta con farina di grano saraceno.
Ingredienti 4 o 5 persone:
500gr di farina di grano saraceno | |
125gr di farina di grano | |
100gr di uchiko (se non si trova utilizzare 50/50 di farina di soba e di amido di mais) | |
acqua da aggiungere 290-310cc (46-50% rispetto al totale di farina a volte di più) | |
dipende dall’umidità della farina e della giornata |
Preparazione:
Gli oggetti da utilizzare sono una ciotola di legno grande o di acciaio
inossidabile, una spianatoia, un particolare coltello e altre cose: Mettere
nella ciotola di legno o di acciaio le due farine setacciandole, mescolare la
farina di soba e quella di grano con le mani. Prima di tutto mettere l’80%
dell’acqua e mescolarvi anche la farina rimasta ai lati; continuare a mescolare
e a volte strofinare le mani con la farina per evitare dei piccoli grumi.
Aggiungere l’acqua rimanente e continuare a mescolare finché l’impasto non ha
raggiunto la consistenza di un lobo dell’orecchio; arrotola l’impasto e mescola
quello rimasto in piccole palle. Unisci i due impasti, arrotolali e impasta
verticalmente e orizzontalmente; il procedimento menzionato deve essere eseguito
100 volte e arrotola l’impasto come nella figura (forma di un fiore). Impasta
fino a far prendere la forma di un crisantemo e con l’abilità manuale dare una
forma isoscele, metterlo in un sacchetto di plastica per evitare che si secchi e
lavarsi le mani. Premere la pasta a forma di isoscele dalla cima finché non
prende la forma di una cupola; premere l’impasto fino a farlo diventare un disco
di 30-35 cm di diametro. Spianare il disco con il matterello fino a farlo
arrivare a 50-60 cm di diametro, si può aggiustare la pressione dello
spianamento; arrotolare la pasta intorno al mattarello e rotolarlo con una certa
pressione per 2 o 3 volte. Arrivare ad un diametro di circa 90 cm di diametro
con uno spessore di 1,5 mm; dopo aver spianato e raggiunta una forma circolare,
srotolare la pasta dal mattarello per metà, porvi la polvere di uchiko.
Srotolare la restante parte facendo in modo che prenda la forma di metà cerchio;
poi prendere con la mano metà parte del cerchio e mettere sulla parte sinistra
un po’ di polvere di uchiko, porre il lato destro della pasta sopra quello
sinistro. Ripiegare l’impasto a rettangolo mettendo sui lati la polvere di
uchiko compreso quello superiore; mettere la polvere di uchiko sulla piccola
spianatoia dove avverrà il taglio, porre sopra la pasta un pezzo di legno che
sarà spostato gradualmente durante il taglio con un coltello speciale (tagliare
i soba di circa 2 mm), mettere i soba fatti in un vassoio, coprirlo con
pellicola trasparente e fare una provvista in frigo per 3-4 giorni.
Il riso in Giappone ricopre un'importanza fondamentale, infatti non solo è l'alimento base, ma anticamente costituiva l'unità principale di "determinazione" economica. In età feudale, ad esempio, ogni feudo era misurato in base alla quantità di koku di riso che produceva la terra (ogni koku equivaleva più o meno a 180 litri). Del resto, la storia dell'agricoltura giapponese va di pari passo con la storia del riso e con le innovazioni tecnologiche tese ad incrementare la produzione di questo cereale. Introdotto in Giappone dalla Cina intorno al IV secolo a.c. (anche se la cultura sistematica risale al II o III secolo D.C. , divenne il pasto per antonomasia (meshi o gohan), nonché cibo degli dei, a cui tuttora viene offerto per propiziarne la benevolenza. In seguito alle riforme terriere promosse nel secondo dopoguerra che crearono una classe di proprietari indipendenti interessati più alla produzione che alla semplice messa a coltura del terreno dato in usufrutto, la quantità di riso raccolto (molto carente, invece, durante la guerra), aumentò notevolmente come pure il grado di autosufficienza agricola del Paese. Del riso non si spreca nulla: da esso viene distillato il sake, la bevanda nazionale; con le foglie vengono realizzati oggetti di uso quotidiano; le spighe divenute paglia compongono i tatami e vengono utilizzate ancora oggi nella costruzione dei tetti tradizionali; da residui, infine, opportunamente trattati, si produce carta e altro materiale utilizzabile. Il riso onnipresente sulla tavola giapponese viene elaborato in infinite varianti, il riso bianco (shirogohan) che accompagna i tre pasti principali viene cotto a vapore in apposite pentole e poi trasferito con cura nelle ciotole utilizzando un cucchiaio di legno, versando il rimanente in un contenitore di legno che mantiene il calore, a disposizione dei commensali sulla tavola. L'o-kayu è una minestra leggera a cui ricorrere specie se si è leggermente indisposti di stomaco mentre il kamameshi è riso insaporito da carne e vegetali fatti cuocere insieme e servito una ciotola con coperchio in terracotta; i donburi sono invece riso e striscioline di carne di maiale o gamberoni fritti o uova strapazzate. In Giappone il riso è ancor oggi considerato un nutrimento fondamentale; in quel paese esiste un dio chiamato Inari che ha il compito di proteggere la semina, la maturazione, la crescita e la mietitura del riso.
Ingredienti:
2 tazze d’acqua (720ml) | |
2 tazze e 1/2 di riso giapponese |
Procedimento:
lavare il riso per togliere le impurità, metterlo in una ciotola e riempirla di
acqua, mescola il riso leggermente 2 o 3 volte, scolalo subito. Pressare il riso
nella ciotola con le mani, premere e ripetere 3 o 4 volte finchè l’acqua non è
diventata quasi tutta pulita. Scolarlo molto bene e lasciarlo riposare per 15
minuti, mettere il riso in una ciotola, versarvi 720ml di acqua e lasciarlo
riposare per altri 15 minuti, porlo nella pentola per cucinare il riso
(elettrodomestico utilizzato dai giapponesi per cuocere il riso al vapore). Dopo
aver cotto il riso trasferirlo in un contenitore di legno ohitsu, porre un panno
asciutto sotto il coperchio e lasciar riposare per 5-10 minuti. Sono spesso
chiamate “palle di riso”, sono fatte con riso cotto al vapore e pressate in una
forma triangolare rotondeggiante di 7,5cm di larghezza e 2,5cm in spessore,
all’interno può avere un ripieno di fine salmone grigliato, uova di merluzzo,
alga kombu, umeboshi (prugne giapponesi). In fine possono essere decorate sulla
superficie da semi di sesamo, fiocchi di sarda o tonno essiccati, oppure può
essere avvolta completamente o solo la parte finale da alga nori (anche altri
tipi di alghe vanno bene). La parola onigiri da una radice che hail significato
“fatto afferrandolo con le mani”, è nato come cibo per i soldati durante il
periodo Heian (794-1192); poiché gli onogiri sono relativamente facili da fare,
hanno un buon sapore ,sono piccoli e leggeri erano il cibo perfetto, da asporto,
per i soldati. La salinità del ripieno ha una capacità conservante; altri
storici sostengono l’idea per cui gli onigiri erano stati distribuiti ,dai
nobili del Giappone, ai contadini fuori dai loro cancelli. Oggi gli onigiri in
Giappone sono omnipresenti e diffusissimi come l’hamburger; è lo snack chele
donne preparano nel bento dei loro figli o e dei loro mariti, facili da reperire
a prezzi ragionevoli in molti negozi e nelle stazioni in tutte le regioni. Il
tipico onigiri è completamente avvolto dall’alga e racchiuso in un sacchetto di
plastica per mantenere il cibo fresco; insieme al tradizionale onigiri con l’humeboshi
si possono acquistare le varianti con il tonno e la maionese, mantaiko (uova di
merluzzo speziate), e con il kimchi (piatto di verdure koreano).
Le popolazioni primitive nel paleolitico si nutrivano principalmente con la caccia e la pesca.
Il riso, alimento centrale nella cucina giapponese arrivò più tardi, tra l’8000 a.C. ed il 300 a.C., portato da nuove popolazioni sbarcate in Giappone. Il riso fu considerato per molti secoli un alimento di lusso dai contadini, che pur coltivandolo non se ne cibavano.
Intorno al 300 d.C. nasceva un unico stato che incominciò ad aprire contatti con la cultura cinese, dalla quale apprese molte cose come la scrittura e nuove tecniche di coltivazione, inoltre furono introdotte due nuove religioni: il confucianesimo ed il buddismo, la quale restringe l’uso della carne fino ad eliminarlo nell’ottavo secolo, sostituito dal pesce.
La cucina cinese inoltre influenzò direttamente la cucina giapponese per almeno trecento anni: dai vicini i giapponesi impararono a preparare il tofu dalla soia e soprattutto ad utilizzare le bacchette, oltre alla salsa di soia, importata nell’arcipelago tra l’ottavo e il nono secolo, che solo nel quindicesimo secolo i giapponesi impararono a preparare autonomamente, ottenendo una salsa dal sapore molto diverso da quella cinese. Lo stesso tè, introdotto sempre dalla Cina intorno al nono secolo, non conobbe un immediato successo e recuperò un certo ruolo nell'alimentazione giapponese solo all'inizio del dodicesimo secolo, grazie alla tradizione del Buddismo zen.
Durante il periodo Heian (794-1185) la cucina giapponese iniziò a sviluppare un proprio stile autonomo: la capitale fu trasferita da Nara a Kyoto dove una classe aristocratica emergente coltivò le arti e la letteratura oltre all’arte culinaria: la cucina della capitale diventò un esempio della raffinatezza a cui si può spingere la cucina locale. Proprio in questo periodo iniziò a comparire sulle tavole dei nobili giapponesi quello che potremmo definire l'antesignano del sushi, il narezushi, ossia una preparazione in cui il pesce tenuto sotto il riso dai 2 ai 12 mesi, grazie all'acido lattico prodotto dal cereale, si conserva con il tipico, sapore agrodolce. Intorno al quindicesimo secolo si iniziò a mangiare sia il riso che il pesce, ma bisognerà aspettare l'inizio dei diciannovesimo secolo prima di ottenere il sushi cosi come le conosciamo ora.
Gli scambi commerciali del paese con l'estero, a partire dal quattordicesimo
fino al sedicesimo secolo, avevano nel frattempo favorito l'introduzione di
nuovi alimenti e di nuove tecniche di cottura: il kaboucha, il cetriolo verde,
era stato introdotto dalla Cambogia per opera dei portoghesi nel sedicesimo
secolo. Un secolo più tardi il loro esempio fu seguito dagli olandesi che
introdussero il mais, le nostre comuni patate e quelle dolci. Va detto che i
giapponesi non rimasero indifferenti alle tecniche di cottura occidentali, tanto
che nel paese conobbe un certo successo la namban ryori, la cucina dei barbari
del Sud; mentre furono i portoghesi ad introdurre nel paese l'arte della
frittura o tempura. Gli olandesi a loro volta apprezzarono la salsa di soia e
appresero ad utilizzarla in cucina. Dopo il periodo Edo (1603-1857) in cui il
Giappone conobbe tre lunghi secoli d’isolazionismo, finalmente il periodo Meiji
(1868-1912) segnò il ritorno delle relazioni con gli altri paesi e alla fine del
diciannovesimo secolo il consumo di carne che era stato fino ad allora bandito
conobbe una forte crescita e così pure quello di prodotti stranieri: pane,
curry, gelato e caffé. Nel 1885 la capitale si trasferisce a Kamakura, dove la
presenza dei samurai e dei monaci buddisti zen avevano influenzato uno stile di
vita più austero e una cucina di tipo vegetariano, più sana e più semplice. In
particolare l'alimentazione vegetariana, lo shoji-n ryori, propone delle piccole
porzioni molto varie, a partire dai cinque colori degli alimenti (verde, rosso,
giallo, bianco e porpora scuro) e dai sei sapori (amaro, acido, dolce, piccante
salato e delicato).
Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i puristi gridarono al
declino della cucina giapponese tradizionale: in realtà la comparsa di fornelli
elettrici, delle zuppe istantanee, delle confezioni di brodo liofilizzato e dei
famigerati surgelati, non avevano minimamente intaccato il valore della
tradizione culinaria giapponese. Va piuttosto ricordato che da sempre questo
popolo cerca di adattare piatti e preparazioni straniere al proprio gusto:
gelato al tè verde, patate fritte profumate alle alghe, spaghetti e pesce crudo
sono solo alcune delle nuove creazioni culinarie del paese del Sol Levante, in
cui tradizione e modernità convivono felicemente.
Bisogna comunque ricordare che nonostante l’iniziale influenza della cucina cinese su quella giapponese, le due cucine si differenziano molto per tecniche, prodotti e colori utilizzati, nonostante abbiano anche una buona parte d’elementi in comune.
Vi sono molti legami tra cucina, religione ed alimentazione: basta pensare all’ebraismo, l’islamismo ed a il cattolicesimo ed alle loro “norme” sul cibo come il divieto di mangiare maiale ed al digiuno di quaresima, Ma nella cultura giapponese ed orientale in generale questo legame è ancora più sentito. Per esempio la cucina giapponese è molto sana, perché è quasi completamente priva di grassi, pur essendo ricchissima di intingoli e salse, oltre che estremamente frugale. Questa sua caratteristica deriva dall'influenza che il Buddhismo in particolare quello zen, ha avuto sullo stile di vita degli abitanti del Sol Levante. Originaria della Cina, questa tradizione ha influenzato moltissimo il già esistente rispetto dei giapponesi per tutte le forme di vita, soprattutto per quanto riguarda il sessho kindan, in pratica la proibizione di uccidere animali per nutrirsi. Nel settimo secolo infatti il Buddhismo fu accolto alla corte del principe Shotoku, da dove si diffuse, provocando anche uno scisma religioso con l'antica religione Shinto. Quindi la religione ha indirettamente influito sulla nutrizione favorendo proteine vegetali e grassi insaturi. Ha influenzato anche la dietetica favorendo la nascita della macrobiotica (origine greca: macros = grande, bios = vita vivere una grande vita; longevità), anche se non è proprio una dieta in senso stretto ma è più una filosofia di vita.
La macrobiotica è nata nel 1700, ideata dall’igienista tedesco Gregor von Hufeland.La notorietà del termine ai tempi nostri si deve tuttavia al giapponese George Ohsawa. Quest'ultimo è considerato il padre fondatore di questa nuova scienza della nutrizione, diffusasi oramai in tutto il mondo grazie alla sua opera e a quella di moglie e discepoli; la macrobiotica è stata invero per molti la grande antenata di movimenti come l'ecologismo, il vegetarianismo e veganismo; le coltivazioni biologiche, l'uso delle arti marziali e l'agopuntura.
Dobbiamo interamente a essa l'introduzione in Occidente di cibi del tutto ignoti prima, come ad esempio quelli tradizionali derivati dalla soia fermentata: miso, tamari, shoyu; o il maltosio,oppure ancora le gallette di riso soffiato; il kuzu; l'uso alimentare delle alghe, di semi come il sesamo, e migliaia di ricette salutari che sfruttano la 'corretta combinazione degli alimenti. Prima che la parola "macrobiotica" assumesse il significato globale attuale in ciascun idioma del pianeta, era conosciuta come "Principio unico" (traduzione letterale del nome giapponese). Secondo la macrobiotica il cibo o la maggior o minor quantità dello stesso influenza la vita dell’individuo sia come salute fisica che salute psichica e determina la felicità\infelicità.
Questa “filosofia nutrizionale” consiglia di assumere prodotti il più possibilmente sani e che abbiano subito il meno possibile di trattamenti, senza prodotti chimici e assumendo farine e cereali integrali. il punto in comune con la religione, in questo caso sia il buddhismo che il taoismo, e che nel corpo deve regnare l’equilibrio tra le forze yin e yang, gli “eterni opposti” e per fare regnare l’equilibrio nel corpo l’unico metodo sia di equilibrare i cibi con forza yin e quelli con forza yang. Per dare un'idea di quanto esposto sopra: se un macrobiotico sconsiglia piatti di carne, non sarà per tendenze vegetariane o vegane, sarà piuttosto perché la carne è considerata molto Yang e, come tutti i piatti Yang, non bisogna abusarne, al pari di altri cibi estremamente yin.
Le persone che praticano la
macrobiotica cercano di mantenere in generale anche uno stile di vita che
favorisca l'equilibrio degli "eterni opposti". L'obbiettivo è portare avanti
tutte le proprie azioni quotidiane, anche le più semplici, guidati sempre da
questo principio; in accordo con la natura, governati sempre dall'equilibrio tra
yin e yang.
Oggigiorno la macrobiotica è vista soprattutto come una guida alle corrette
combinazioni alimentari, per le quali - yin e yang a parte - ci si basa anche
sullo studio di numerosi altri ricercatori e studiosi - naturopati e non - che
sono venuti dopo Ohsawa, o anche contemporanei a lui, per i quali l'alcalinità
dei cibi e la loro acidezza costituirebbero due fattori di primaria importanza
per una buona digestione.
La Macrobiotica ha dato un
grosso contributo in questo ambito. Ha contribuito alla costituzione di una
guida completa alla corretta combinazione alimentare.
La pratica macrobiotica - ricordiamo - non è solo una dieta, una filosofia o una
religione, ma è piuttosto una visione del mondo che pone al suo centro il
rispetto e la conoscenza della vita e una via verso la pace, la salute e la
giustizia. La visione olistica del mondo abbracciata dalla macrobiotica è quella
orientale dello yin e dello yang, ossia le due forze opposte e complementari che
governano ogni aspetto della vita e della natura. Lo yin rappresenta la forza o
l'energia che produce espansione (per esempio acqua, aria), alcuni frutti che
crescono più rapidamente di altri sono da considerare più yin di altri. Lo yang
rappresenta la forza o l'energia che produce coesione.
Per comprendere meglio la macrobiotica bisogna assolutamente parlare del tao. Il tao originario del taoismo e della filosofia confuciana si è allargato anche al buddhismo “creando” il buddhismo zen ed al shintoismo, nel quale pero a cambiato forma per adattarsi alle credenze shintoiste.
Conosciuto anche con il nome di taijitu o T'ai Chi T'u rappresenta il concetto di Yin e Yang e l'unione dei due principi in opposizione. Il termine stesso Taijitu, si riferisce a tutti gli schemi e i diagrammi che rappresentano questi due principi. A differenza di come è percepito dal punto di vista occidentale ed in accordo col significato di Taiji, ovvero "trave maestra", grande importanza è data al centro del simbolo, che solitamente non è evidenziato, e cioè nel punto in cui gli opposti si uniscono.
I caratteri tradizionali per yin (pinyin: yin) e yang (yáng) possono essere separati e tradotti approssimativamente come il lato in ombra della collina (yin) e il lato soleggiato della collina (yang). Il significato di questi caratteri non può che avere più di una connotazione. Siccome yang fa riferimento al "lato soleggiato della collina", esso corrisponde al giorno ed alle funzioni più attive. Al contrario, yin, facendo riferimento al "lato in ombra della collina", corrisponde alla notte e alle funzioni meno attive. Il concetto di Yin e Yang può essere illustrato da questa tabella:
Yin | Yang |
luna | sole |
notte | giorno |
oscurità | luce |
freddo | caldo |
riposo | attività |
femminile | maschile |
nord | sud |
ovest | est |
inverno | estate |
autunno | primavera |
destra | sinistra |
introversione | estroversione |
terra | cielo |
Si può anche guardare allo yin e allo yang come ad un flusso nel tempo. Il mezzogiorno è pieno yang, il tramonto è lo yang che si trasforma in yin; la mezzanotte è il pieno yin e l'alba è lo yin che si trasforma in yang. Questo flusso del tempo può essere espresso come cambiamenti stagionali e nelle direzioni cardinali: il sud e l'estate sono pieno yang; l'ovest e l'autunno sono lo yang che si trasforma in yin; il nord e l'inverno sono il pieno yin, e l'est e la primavera sono lo yin che si trasforma in yang. Yin e yang possono anche essere visti come il processo di trasformazione che descrive il passaggio da una fase ad un'altra in un ciclo. Per esempio, l'acqua fredda (yin) può essere fatta bollire e trasformarsi in vapore (yang). Yin e Yang rappresentano nel complesso le due forze primordiali, opposte ma complementari, presenti in tutte le cose dell'Universo.
Tutto può essere descritto in termini di yin o yang:
Yin e yang sono opposti Qualunque cosa ha un suo opposto, non assoluto, ma in termini comparativi. Nessuna cosa può essere completamente yin o completamente yang; essa contiene il seme per il proprio opposto. Per esempio, il freddo può diventare caldo; "ciò che va su deve venire giù".
Lo yin e lo yang hanno radice uno nell'altro Sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l'uno non può esistere senza l'altro. Per esempio, il giorno non può esistere senza la notte.
Lo yin e lo yang diminuiscono e crescono Sono complementari, si consumano e si sostengono a vicenda, sono costantemente mantenuti in equilibrio. Però ci possono essere degli sbilanciamenti che creano problemi; i quattro possibili sbilanciamenti sono: eccesso di yin, eccesso di yang, insufficienza di yin, insufficienza di yang.
Lo yin e lo yang si trasformano l'uno nell'altro Ad un certo punto, lo yin può trasformarsi nello yang e viceversa. Per esempio, la notte si trasforma in giorno; il calore in freddo; la vita in morte.
Questi principi possono
risultare strani agli occhi di noi occidentali, che fin da piccoli siamo
abituati a vedere tutto bianco o nero e tendiamo a valorizzare il bianco, non
riuscendo a capire la valorizzazione del tutto e l’unione degli estremi.
Pesce, riso, soia e alghe sono gli ingredienti più conosciuti della cucina giapponese, Ma vi sono molti modi di combinarli fra loro, ed esistono molte varianti degli stessi.
Le preparazioni più conosciute sono il sushi, il sashimi e gli onigiri, ma nella cucina giapponese sono molto importanti anche le zuppe. Vengono utilizzate molte ricette e preparazioni di cucine estere “riadattate” nello stile giapponese.
Asa gohan
Più che una preparazione si tratta di un pasto:in effetti è la tipica colazione
nipponica. Comprende cibi molto forti, come verdure sottaceto, polpo, pesce
secco. Ciò che comunque non può mai mancare è il riso, cotto per assorbimento
d'acqua e privo di qualsiasi condimento, servito in una scatola laccata con
coperchio che lo mantiene caldo. Il resto delle vivande cambia a seconda della
stagione e può spaziare dalle uova, al pesce e alle verdure. Talvolta si può
fare uso di piccoli fornelli, posati sulla tavola, su cui cuocere primizie di
stagione, come funghi o altro.
Bento (Obento)
Chiamato in entrambi i modi, è uno stile di cucina dove varie vivande vengono
servite in un vassoio.Oggi la cucina bento viene servita sia in ristoranti
normali che in locali specializzati. Gli obento sono anche usati, in forma
semplificata e racchiusi in una scatola, per gite, pic-nic, durante il
tradizionale hanami, vale a dire la visita ai ciliegi in
fiore e durante i viaggi nei treni veloci a lunga percorrenza.
Chawan Mushi
Si tratta di una crema a base di uova e brodo dashi (brodo leggero di pesce),
guarnita con verdure, foglie di spinaci o funghi, pollo, gamberi o altro. Si
prepara nelle apposite tazzine con coperchio e si cuoce a bagnomaria come la
nostra creme caramel. Si serve caldissimo e si mangia con un cucchiaino. È
piacevole come intermezzo o antipasto.
Dobin mushi
Zuppa che viene servita nella teiera (dobin). Può contenere vari ingredienti:
pesce, funghi matsutake,
germogli di bambù. Viene solitamente accompagnata da un mezzo limone che si usa
per insaporirla.
Donburi
È il tipico piatto unico casalingo, veloce da preparare e molto sostanzioso. Ha molte varianti. Quella della foto è Oyako donburi (letteralmente "genitori e figli"). Si prepara cuocendo, in brodo dashi, del pollo con salsa di soia e mirin o saké. Quando la cottura è ultimata si aggiungono uova sbattute e quando anch'esse sono a cottura si versa il tutto in una grossa ciotola con riso già cotto, caldo.
Katsudon
Piatto simile al donburi, preparato in una scodella con una base riso, uovo e
tonkatsu cioè pezzi di cotoletta di maiale o vitello panata e fritta.
Misoshiru
Zuppa che prende il nome dal suo ingrediente principale, il miso appunto, una
pasta di soia fermentata che ha svariati usi in cucina, soprattutto nella cucina
moderna giapponese, dove si utilizza spesso per marinare o gratinare. Alla base
della zuppa di miso c'è un brodo (dashi) fatto con scaglie di tonnetto essiccato
(katsuobushi) e una grossa alga chiamata konbu. Non serve l'aggiunta di sale,
dato che il miso è già molto salato per sua natura. In questo brodo si dissolve
la pasta di miso per avere la zuppa, a
cui si possono aggiungere cubetti di tofu ed altre varietà di alga (wakame, per
esempio).
Mochi
Dolce tradizionale giapponese costituito da una pasta di riso, ottenuto
tritandolo e pestandolo, morbida e appiccicosa a cui si possono dare molteplici
forme, ma la più
tipica e quella tondeggiante. Si consuma tutto l’anno sebbene sia un dolce
caratteristico in particolare del capodanno giapponese, lo shogatsu. Viene
utilizzato anche per la preparazione di altri prodotti.
Oden fatto in casa
Un piatto che prevede la cottura di vari ingredienti (come daikon, konnyaku,
uova, ganmodoki, ecc.) in un brodo fatto col tonno secco o con le alghe konbu, e
insaporito con la salsa di soia. L'oden di Tokyo, chiamato anche "Kanto-daki", è
noto per il suo sapore forte. Esistono numerosi ingredienti da cui poter
scegliere. Tra le spezie utilizzate per condire l’oden vi è il "neri garashi",
una pasta piccante ricavata mescolando farina di senape ed acqua.
Okonomiyaki
La base è un impasto di farina e cavolo che viene cotta tipicamente alla
piastra, chiamata teppan,ovvero piastra di ferro calda. Può essere composta da
verdure e carne, con uova e salsa di soia, che si cuoce su una piastra
direttamente al tavolo o al bancone. È il piatto tipico di Osaka. Letteralmente
significa "cucina tutto ciò che vuoi". Si possono infatti trovare molti
ristoranti, dove viene lasciata libera scelta al cliente su come comporre la
pietanza a proprio gusto, scegliendo tra una gran varietà di ingredienti,
come carne, frutti di mare e verdure, da intingere poi nell'ingrediente
principale, costituito da una pastella di cavolo verza e altre verdure, per
formare così una specie di frittata da cuocere sulla piastra. Viene condito con
una salsa per okonomiyaki e può essere farcito con salsa di soia, maionese,
ao-nori (un ingrediente verde, simile al prezzemolo essiccato), scaglie di pesce
e quant'altro suggerisca il proprio gusto personale
Viene mostrato spesso in Ranma ½, cucinato dal personaggio Ukyo, ma lo si può
trovare anche in altri manga e anime: in Love me knight (Kiss me Licia in
Italia) la protagonista possiede un ristorante di okonomiyaki. Spesso ci si
riferisce ad esso come il corrispettivo giapponese della pizza.
Onigiri
Si potrebbe considerare il simbolo della cucina giapponese ed esistono negozi
specializzati chiamati Onigiri-ya che vendono solo onigiri fatti a mano nelle
varie varianti.
Involtini a base di riso e alghe crude, solitamente di forma triangolare.
Possono essere di solo riso oppure ripieni di pesce o carne. Molto diffusa è la
versione con all'interno l'umeboshi, una tipica prugna giapponese seccata con il
sale dal sapore aspro. Ma esistono di innumerevoli tipi di onigiri.
Sashimi
Il Sashimi (Sascimì) è una delicatezza della cucina giapponese che consiste principalmente in pesce o molluschi freschissimi, tagliati in fettine sottilissime e serviti solo con una salsa in cui intingerli (per esempio la salsa di soia con wasabi o salsa ponzu) e un semplice abbellimento (come radici di daikon tagliata in filamenti).
Quello più pregiato è di tonno (Maguro), tra cui si possono scegliere
generalmente tre tagli: Otoro, Chutoro o Akame, a seconda della parte del pesce,
i giapponesi considerano più pregiata la parte più grassa (Otoro, ventresca). Un
modo elegante di servire il sashimi è nella cosiddetta barca di sashimi che è
una barchetta di legno su cui vengono depositati i pezzi di sashimi (e sushi).
Talvolta la barca arriva ai tavoli tramite un rivolo artificiale con un effetto
scenografico suggestivo.
Shabu shabu
Fettine di carne di vitello e maiale molto sottili che vengono lessate
direttamente al tavolo in un brodo leggero. Generalmente vengono accompagnate da
diverse varietà di salse speciali.
Spaghetti
I tipi di spaghetti giapponesi sono 3:
1 ramen
Piatto di origine cinese, ma ormai diventato un’istituzione in giappone, è una
Zuppa con carne, spaghetti di grano, uova e alghe crude. Vengono serviti in
brodo ed è buona norma sorbirli in maniera rumorosa per dimostrare gradimento,
oltre che in brodo possono essere serviti asciutti conditi con verdure. Possono
avere varie decorazioni, e ogni regione ha una propria ricetta per cucinare
questo piatto tipico.
2 Soba
Spaghettini di grano saraceno serviti freddi. Si possono gustare caldi in brodo
oppure freddi come nella foto (zaru soba), serviti nell'apposito contenitore
quadrato di bambù. In quest'ultima versione si gustano dopo averli immersi in
una salsa a base di soia, cipolline e uovo. La cha-soba è una variante in cui la
farina di grano saraceno è impastata con tè verde.
Il piatto standard è la kake soba, "soba in brodo" consistente di tagliatelle di
soba bollite e servite in una tazza di brodo caldo chiamato tsuyu e fatto con
dashi, mirin e salsa di soia, guarnito con fettine di negi (cipolletta).
La soba viene virtualmente sempre mangiata con i bastoncini e in Giappone è
tradizionalmente considerato educato mangiare gli spaghetti rumorosamente (la
parola giapponese per questo è tsuru-tsuru). Questo è specialmente comune con la
soba calda, dato che aspirandoli rapidamente in bocca questi vengono
raffreddati, cosa importante quando si mangia in fretta.
Occasionalmente si usa soba per riferirsi alle tagliatelle in generale.
La Soba è piuttosto popolare nella città di Campo Grande (Brasile), a causa
dell'influenza degli immigranti giapponesi provenienti da Okinawa. Viene
mangiata nei mercati cittadini o in speciali ristoranti chiamati "sobarias".
3 Udon
Gli udon sono spaghetti di grano tenero piuttosto grossi, come i nostri pici,
popolari sia nella cucina coreana che nella cucina giapponese. Si servono in
brodo in varie versioni: guarniti con tofu fritto o gamberi tempura.
Sake
Il sake è un vino ottenuto dalla fermentazione del riso, molto apprezzato dai
giapponesi. Per condire si usa il mirin che è un sake più leggero.
Il vino di riso conosciuto in Occidente come "sake" è di un tipo particolare
chiamato nihonshu ( alcol
giapponese) in giapponese. In Giappone, la parola sake significa semplicemente
bevanda alcolica, e a seconda della regione può assumere vari significati
specifici.
Sukiyaki
Simile allo Shabu shabu, il Sukiyaki consiste in sottili fettine di manzo cotte
in un brodo di salsa di soia, zucchero e sakè, accompagnate poi da verdure e
tofu. Anche il Sukiyaki è preparato direttamente al tavolo, con una pentola
posta sopra un fornellino. Piatto conviviale che consiste in fettine sottili di
carne bovina cotte in un largo contenitore, in cui si è lasciato sciogliere del
grasso di rognone, insieme con verdure varie come porri, rape ed altro; il
commensale preleva dal tegame la carne e le verdure e le immerge nella propria
ciotola in cui, a piacere, ha versato salsa di soia ed un uovo crudo.
Come per altri piatti nabemono(alla pentola) ogni regione giapponese ha una
maniera preferita di cucinare il sukiyaki. Per esempio la salsa di soia,
zucchero e mirin sono premescolati nella regione del Kanto, mentre nel Kansai è
consuetudine mescolare gli ingredienti al tavolo.
Sukiyaki, o semplicemente "suki" è anche il nome di un tipo di pasto consumato
in altre regioni dell'Asia.
Sushi
Polpettine di riso cotto trattato con aceto di riso, zucchero e sale, con una
guarnizione o ripieno generalmente di pesce. È forse il piatto giapponese più
noto. Comprende varie preparazioni, alla base delle quali c'è il riso sushi cioè
riso cotto per assorbimento d'acqua e condito con zucchero, sale e aceto di
riso. Successivamente formato in piccole polpettine guarnite con una fettina di
pesce crudo e con l'aggiunta di wasabi cioè una pasta ottenuta dalla radice di
Wasabia japonica con cui le polpettine vengono leggermente spalmate. Questo è il
cosiddetto nigiri sushi. Altro metodo di preparazione è il norimaki, un rotolino
di riso, verdure o pesce avvolto in un foglio di alga nori e successivamente
tagliato a rondelle. In tutti i casi, prima di essere mangiato, il sushi viene
intinto in salsa di soia. Sembra che sia la salsa di soia che il wasabi
svolgessero, in tempi in cui non esistevano i frigoriferi, una notevole azione
antibatterica. Pare sia stato inventato come fast food e venduto su bancarelle
per rifocillare coloro che per impegni di lavoro non potevano rientrare per il
pranzo.Al di fuori del Giappone viene spesso inteso come pesce crudo, o come
riferimento ad un ristretto genere di cibi giapponesi, come il maki o anche il
sashimi (che è pesce servito senza il riso).
La varietà del piatto nasce dalla scelta dei ripieni e guarnizioni, nella scelta
degli altri condimenti e nella maniera in cui vengono combinati. Gli stessi
ingredienti possono essere assemblati in maniere completamente differenti per
ottenere effetti differenti. Questa sezione elenca le maniera diverse di
costruire il sushi, indipendentemente dal tipo di ripieni e guarnizioni.
Makizushi (sushi arrotolato). Una polpettina cilindrica formata con l'aiuto di
un tappeto di bambù detto makisu. Il Makizushi è il tipo di sushi più familiare
alla maggior parte degli occidentali. Generalmente è avvolto nel nori, un foglio
di alga seccato che racchiude il riso ed il ripieno.
Futomaki (rotoli larghi)
Una polpetta cilindrica con il nori all'esterno.
Tipicamente
è spessa due o tre centimetri e larga quattro o cinque centimetri. È spesso
fatta con
due o tre ripieni scelti in modo da completarsi a vicenda in gusto e colore.
Hosomaki (rotoli sottili)
Una polpettina cilindrica con il nori all'esterno.
Tipicamente è spessa circa due centimetri e larga due centimetri. Generalmente
ha un solo tipo di ripieno, per il semplice motivo che non ce ne può stare di
più.
Temaki (rotoli mano)
Una polpetta a forma di cono, con il nori all'esterno e
gli ingredienti che sporgono dall'estremità larga. Tradizionalmente lungo dieci
centimetri, va mangiato tenendolo con le dita, perché sarebbe troppo difficile
da sollevare con i bastoncini.
Uramaki (rotoli interno-esterno)
Una polpetta cilindrica di dimensioni medie
con due o più ripieni. L'Uramaki differisce da altri maki perché il riso è
all'esterno ed il nori all'interno. Il ripieno è al centro circondato da un
foglio di nori, quindi uno strato di riso ed una guarnizione esterna di un altro
ingrediente, come uova di pesce o semi di sesamo tostati.
Oshizushi (sushi pressato)
Un blocco formato usando una forma di legno detta oshibako. Il cuoco allinea il fondo dell'oshibako con la guarnizione, lo copre
con riso sushi e preme il coperchio della forma per creare un blocco compatto e
rettangolare. Il blocco viene rimosso dalla forma e tagliato in pezzi delle
dimensioni di un boccone.
Nigirizushi (sushi modellato a mano)
Piccola polpettina simile al sushi
pressato o arrotolato, ma fatta usando un makisu o oshibako. Il nigirizushi è
sorprendentemente difficile da preparare bene. Nella sua forma più semplice è un
blocchetto di riso sushi con una punta di wasabi ed una fettina sottile di
guarnizione avvolta sopra, possibilmente legata con una striscia sottile di nori.
Gunkanzushi (sushi nave da battaglia)
Una polpettina di forma ovale, simile per
forma all''hosomaki. Un pugnetto di riso viene avvolto a mano in una striscia di
nori, ma invece di avere un ripieno al suo interno, ha degli ingredienti, come
uova di pesce, impilati sopra.
Narezushi
Una forma più antica di sushi. Si rimuovono gli organi interni e le squame dai pesci, quindi lì si riempiono di sale, si mettono in un barile di legno, miscelati con sale e pressati con un pesante tsukemonoishi o una pietra. Vengono lasciati fermentare per un periodo da dieci giorni ad un mese, quindi rimossi e immersi in acqua per un tempo da quindici minuti ad un'ora. Infine vengono piazzati in un altro barile a strati con riso bollito freddo e pesce. Ancora una volta vengono sigillati con un'otosibuta e una pickling stone. Con il passare dei giorni l'acqua fermentata filtra all'esterno e viene rimossa. Dopo sei mesi questi funazushi possono essere mangiati, ma si può attendere anche altri sei mesi o più.
Takoyaki
I Takoyaki sono polpettine di polpo tipiche della cucina popolare di Osaka. Il nome deriva da Tako="polpo" e Yaki="alla griglia". Per cucinare questa specialità è necessaria una padella particolare con tanti incavi a semisfera che permette di dare ai takoyaki la forma di palla. È molto divertente da cucinare, e soprattutto è affascinante ammirare con quanta abilità chi cucina riesce ad ottenere quasi magicamente queste deliziose palline. Prima si mette un filo d'olio per ungere gli incavi della piastra e poi si aggiunge in ogni incavo un po' di pastella composta da farina, acqua e dashi (brodo).
Poi si mettono i pezzi di tako (polpo) e altre cose a piacere, come porro
tagliuzzato e pezzettini di formaggio. Quando la parte sotto è cotta si gira
abilmente usando una bacchetta simile ai nostri stuzzicadenti da spiedino.
Quando sono cotti diventano come una palla dal colore dorato- bruno, e si
mangiano con la salsa per takoyaki (dal sapore dolciastro, che assomiglia un po'
alla salsa per l'okonomiyaki) e aonori (polvere di alga). Sebbene i takoyaki si
possano fare facilmente a casa se tutti gli utensili sono quelli adatti, è
considerato solitamente un fast food e venduto principalmente per strada.
Tamagoyaki
Frittatine arrotolate, a forma di parallelepipedo, cotte nell’apposita padella
rettangolare. Sono vendute intere o servite a porzioni.
Tempura
La "tempura" è la frittura mista alla giapponese.
Tofu
Specie di formaggio derivante dalla soia. Non ha sapore in quanto lo prende dai
cibi a cui si accompagna. Ricavato dalla cagliatura del latte di soia e dalla
successiva pressatura in blocchi generalmente nella forma di parallelepipedo. La
fabbricazione del tofu dal latte di soia è simile a quella del formaggio dal
latte. Spesso si confonde, nelle sue preparazioni, al vapore o fritte, il tofu
con il glutine di grano o seitan.
Il tofu è un alimento ricco di proteine, pari ai formaggi più comuni.
E' poco educato mangiare o bere mentre si cammina per strada | |
Non mordersi le unghie in pubblico o leccarsi le dita di fronte ai commensali | |
Nei ristoranti viene fornito un tovagliolo umido per pulirsi, ma va utilizzato solo per pulirsi le mani e non faccia e altre parti del corpo. | |
In Giappone è maleducazione versarsi da bere da soli, ognuno versa all'altro. | |
Se non vuoi più da bere, lascia pure il bicchiere pieno. | |
E' buona norma dire "Itadakimasu" prima di mangiare e "Gochisosama deshita" appena finito il pranzo, specialmente se vi viene offerto da qualcuno. | |
Quando si condivide una pietanza, bisogna prendere la propria parte e metterla sul proprio piatto prima di consumarla. | |
Non fare richieste eccessive durante la preparazione del vostro pranzo, e non abbuffarsi mai. | |
Non infilzare mai il cibo con le bacchette, e non usarle MAI per spingere il cibo nel piatto di un'altra persona con la parte che avete messo in bocca, usate l'altra estremità. | |
Non indicare mai qualcuno usando le bacchette. | |
Non lasciare mai le bacchette infilzate nel cibo. | |
E' normale alzare la ciotola di riso o zuppa giapponese fino al mento per evitare di far cadere residui durante il tragitto delle bacchette fino alla bocca. | |
Il cibo tradizionale giapponese viene servito in diversi piattini en ciotole, ed è normale passare da una all'altra senza prima finirle completamente. | |
Mai lasciare il piatto e la tavola in disordine, piegare i tovaglioli in maniera ordinata. | |
Non protarsi a casa decine di tovaglioli, bacchette, spezie da un ristorante come souvenir. | |
Non mettere la salsa di soia sul riso, non è il suo scopo. | |
Non mettere zucchero o latte nel the Giapponese | |
Se ospitate qualcuno offritegli sempre quello di cui potrebbero aver bisogno prima che ve lo chiedano, perchè non lo faranno mai. | |
Cercate di non usare mai gli stuzzicadenti. | |
E' normale fare rumori quando si mangiano noodles, udon e altri piatti umidi. | |
In Giappone il conto si paga di solito alla cassa e non al cameriere, non sono inoltre previste mance. | |
E' considerato rude contare il resto ricevuto al ristorante. |
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