|
Le Fan
Fiction di croweitalia
|
titolo: Il
punto di vista dell'uomo |
autrice: Isabella
Franzolini - per leggere le altre storie scritte da
Isabella, consulta
l'elenco delle fanfiction |
e-mail: ifranzolini@yahoo.com |
data di edizione: 5
maggio 2003 |
argomento della storia: Russell
Crowe, l'attore |
riassunto breve: Conoscere
di persona le persone famose puo' avere l'effetto di una
doccia fredda... |
lettura vietata ai
minori di anni: |
|
Il punto di vista dell’uomo
Io amo mia moglie, l’ho sempre
amata tanto. Ci eravamo incontrati ad una festa di amici
comuni, senza esserci mai visti prima. Eravamo delle
specie di imboscati, il frutto di una situazione del
tipo: “Posso portare un amico di un conoscente di mio
cugino?”. In verità c’entravamo un po’ come i
cavoli a merenda a quella festa, una specie di
vernissage di una piccola galleria d’arte moderna
della quale (arte) a me non fregava un piffero e lei non
capiva un’acca. Fu probabilmente per questo che Elena
accettò di buon grado la mia offerta di un salatino con
un bicchiere di Coca Cola e una garbata conversazione.
Eravamo giovani ma non imberbi e la sera del secondo
incontro capimmo subito che eravamo fatti uno per l’altra
dalla velocità con cui ci saltammo addosso nella mia
utilitaria in un inestricabile groviglio di mani e di
bocche. Io avevo ventisei anni lei quattro meno di me,
ma ci fu subito chiaro che quel che desideravamo di più
dalla vita era invecchiare insieme, a discapito di
qualsiasi frase fatta.
Elena volle aspettare almeno di
essere laureata, poi ci sposammo e cominciammo la nostra
avventura in questo mondo bello. Surreale, ma bello
(citazione, sì citazione). Io facevo il giornalista al
Corriere della Sera, prima alla cronaca di Milano poi
nella redazione spettacolo, lei aveva trovato un ruolo
di coordinamento in un ufficio marketing di un’azienda
che produceva scarpe, un ruolo che la portava a
viaggiare piuttosto spesso ma a fare buon uso dei suoi
studi universitari di PR. Ci piacevano i nostri lavori,
ci amavamo, avevamo una bella casetta nel varesotto,
cosa potevamo desiderare di più, ora che gli anni erano
passati e io avevo girato la fastidiosa boa dei quarant’anni?
Ah sì, un figlio. O dei figli. La nostra unione non era
stata benedetta dall’avvento di una creatura e la cosa
ci dispiaceva senza però impensierirci più di tanto.
Avevamo continuato a rimandare, convinti di avere tutto
il tempo del mondo, assorbiti dalle nostre rispettive
attività che effettivamente poco spazio avrebbero
lasciato ad un bambino o meglio… alle quali uno dei
due avrebbe quasi sicuramente dovuto rinunciare e, per
una questione di bieca sottomissione alla morale
universalmente riconosciuta, quel qualcuno avrebbe
dovuto essere Elena.
A volte viaggiavamo insieme
(piuttosto di rado, peraltro), magari per brevi tratti,
attraverso il mondo, io per qualche prima
particolarmente importante, lei per qualche riunione
sulle strategie di vendita e di mercato. Lei doveva
andare a Londra, io a New York? In aereo fino a Londra,
poi io proseguivo. Io ad Amesterdam per qualche
concerto, lei a Roma per le sfilate di moda? In aereo
fino a Roma, poi io proseguivo. Vite… “sospese”,
finché un giorno, di un paio di anni fa, tornai
bruscamente a terra.
- Di’,
Claudio, si va a vederlo questo “Gladiatore”?
- Hm? - la
pagina sportiva mi stava assorbendo più del dovuto.
- “Il
Gladiatore”, ‘sto film di antichi romani. Ti
andrebbe?
- Ma non è
ancora uscito…
- Eh lo so.
Però quando esce, si va?
- Se sei
così ansiosa, ti procuro un pass per la visione per
la stampa.
- Ma no,
dai. Aspettiamo che arrivi al cine. Così si va a
Melzo, all’Arcadia. Super audio, super video,
super poltrone…
- … super
prezzo…
- … super
popcorn! Lo daranno sicuramente in sala Energia.
Senti, ma perché questo Russell Crowe mi dice
qualcosa?
- Vediamo
un po’… ricordi “L.A. confidential”?
- Vagamente.
Una palla tremenda.
- Non è
vero… una gangster story anni cinquanta. Lui era
il poliziotto buono ma… con metodi di “sfondamento”.
- Un altro
film?
- Ricordi
“Insider”?
- No.
- Un
dirigente che lavora nella multinazionale del
tabacco, viene licenziato e violando con
intelligenza il suo accordo di segretezza, spiffera
degli additivi proibiti utilizzati dalla
multinazionale in questione per aumentare la
dipendenza.
- Spiffera
a chi.
- A un
giornalista, no? Quello di “Sessanta minuti”.
- Vagamente.
Chi era lui..? Il giornalista?
- No, il
dirigente. Ma non preoccuparti. Quando lo vedrai ne
“Il Gladiatore” lo riconoscerai di sicuro.
Altro che. Non sapevo quanto “di
sicuro” l’immagine di quel coprolalilco allevatore
di vacche si sarebbe impressa nella mente e, in qualche
modo, nel cuore di mia moglie.
Insomma, per farla breve, viene fuori
questo benedetto film, io mi sciroppo la visione per la
stampa a Roma (due ore e mezza di film, una copia in
carta patinata di “Spartacus”) con tanto di
conferenza, presente il bovaro in questione. Abbronzato,
sorridente, capello corto, vestito come un truzzo, si
comportava come se fosse convinto di emanare un fascino
ineccepibile. Effettivamente, un paio di colleghe (Il
Resto del Carlino e Il Messaggero) si erano
preventivamente portate uno straccio per asciugare la
striscia di bava che si lasciavano dietro ad ogni
parola, ad ogni sguardo ferino del “Gladiatore”
australiano. Valle a capire le donne. Ci sono donne,
come ci sono anche uomini, per carità, che sono…
naturalmente affascinanti. Non necessariamente belle o
belli, ma affascinanti. Per esempio. Michelle Pfeiffer.
E’ una donna molto bella. Ma io trovo che abbia
qualcosa di più, che emani un fascino a volte
inquietante, a volte rassicurante. Oppure Nicole Kidman.
Bellina. Non straordinaria. Ma bellina. E il suo
fascino? Quello della mantide. Sarà che m’era
piaciuta sin dai tempi di “Ore 10: calma piatta”, un
bel thriller dove lei faceva la vittima, ma si
intravedeva già allora dentro di lei una sinistra
sensualità. Invece Julia Roberts mi dà sui nervi.
Riesce sempre ad impersonare dei personaggi deboli
oppure un po’ stronzi, e quello è, un po’ stronza.
Io, che l’avevo conosciuta durante un’intervista,
mai ricordavo come in quella particolare occasione, che
la sedia mi fosse scottata così tanto sotto il sedere,
non vedevo l’ora di andarmene. E per gli uomini? Ma
sicuramente riesco ad essere obiettivo anche per quelli.
George Clooney? Ovvio. Fascino, sprizza fascino da tutti
i pori. Richard Gere? Meglio in vecchiaia che ai tempi
di “American gigolo” e “Ufficiale e gentiluomo”.
Sean Connery? Nemmeno a parlarne, tipicamente come il
buon vino, più passa il tempo e meglio diventa.
Insomma, cosa caspita avesse questo Russell Crowe,
proprio non riuscivo a capirlo.
Quel sabato di primavera andammo all’Arcadia.
Calai 28 euro che mi innervosirono oltremodo visto che
di una storia del genere sapere la fine era la peggior
cosa e condussi mia moglie verso i nostri posti. Elena.
Sempre così bella, sempre così vivace. Non l’avrei
cambiata con nessun’altra. In ufficio c’era qualche
giornalista e qualche segretaria che mi facevano il filo
(sono belloccio anch’io, devo riconoscerlo) ma mai per
l’anticamera del cervello m’era saltato in testa di
tradirla, l’amavo e soprattutto la stimavo troppo. E
nemmeno mi facevo particolarmente rapire da calendari e
servizi giornalistici su stelle e stelline del nostro e
dell’altrui cinema. Quando Elena si metteva un
particolare tipo di body color prugna, mi faceva
letteralmente perdere la testa. Si abbassarono le luci e
l’avventura incominciò. Dopo le primissime scene, mi
accorsi che Elena letteralmente vibrava sulla poltrona
accanto alla mia. Le strinsi appena la mano per attirare
la sua attenzione.
- Che
succede? - bisbigliai.
- Nulla…
ma non la trovi avvincente questa storia? E poi lui…
è bellissimo.
Bellissimo. La solita esagerata.
Prestante, certo. Una parte trascinante, sicuramente. Ma
bellissimo mi sembrava un aggettivo quanto mai
eccessivo. Continuai a guardare il film, che ricordavo
bene, leggermente immusonito. Le tre ore di tormento
storico ebbero fine e lentamente, Elena ed io ci
avviammo verso l’uscita. Non disse una parola per
tutto il tragitto fino a casa, peraltro molto lungo,
essendo Melzo dall’altra parte del mondo rispetto a
Tradate. Giunti in soggiorno la guardai meglio. Se posso
permettermi il termine, era letteralmente trasfigurata.
Lo sguardo sognante in un viso illuminato da un lieve
rossore alle gote, la mente persa in chissà quali
fantasie, non la vedevo così dal giorno in cui capimmo
di essere innamorati. Mi feci dunque coraggio e ruppi il
ghiaccio.
- Ti va di
mangiare un boccone? Preparo due spaghi aglio e olio…
Nessuna risposta. Il modo languido
con cui si sfilò la giacca di seta m’innervosì.
- Elena?
Mangi?
- ….mmm?
Il mugolio mi giunse da una distanza
siderale. Forse sta scherzando, mi dissi. Giunsi
alla conclusione che passare all’azione sarebbe stata
la miglior strategia.
- Beh, io
mi faccio due spaghi.
Senza nemmeno posare gli occhi su me
o sulla pentola che andavo riempiendo d’acqua, salì
al piano superiore dov’era la nostra camera da letto.
Mi accesi una sigaretta, poi dopo qualche minuto decisi
di andare a vedere cosa stava succedendo. Forse si
sente male… pensai. La trovai nel bagno che si
massaggiava il viso con l’asciugamano.
- Ti senti
bene? - chiesi perplesso.
- Mai stata
meglio… - rispose, e senza degnarmi di uno sguardo
andò in camera e s’infilò nel letto.
- Devo
dedurre che non hai fame e che non mi tieni
compagnia coi due spaghi.
- Preferisco
mangiare alla bisogna, domine, quindi non ora. Ma ti
ringrazio. Gli dei ti rendano merito della tua
generosità.
Quando tornai dabbasso un enorme
punto interrogativo aveva preso il posto della mia
faccia. Oddio, mi si è rincretinita tutto in un
botto…. Ma le mie illazioni lasciarono presto il
posto a delle dolorose certezze.
Il lasso di tempo che trascorse da
quel momento fino all’inverno inoltrato fu
caratterizzato da una irritante escalation. La nostra
videoteca si riempì di DVD in lingua italiana ed
inglese pagati, è il caso di dirlo, a caro prezzo, la
scrivania sulla quale era il computer era invasa da una
marea di ritagli di giornale e email, che Elena si
scambiava con le ospiti di un neonato sito italiano su
Crowe, i preferiti di internet erano infestati di
bookmark di questo o quel sito dove si potevano trovare
biografie, foto a quintalate, interviste, persino le
canzoni (sì, lo sciagurato cantava pure) di Russell
Crowe. Non parliamo poi dell’Oscar… Quando quella
piastrella di un australiano vinse la statuetta, Elena
saltava da una parte all’altra della stanza strillando
come un’aquila e io la costrinsi al silenzio, visto
che all’ora in cui l’australiano farfugliava quattro
cazzate per ringraziare il pubblico e soprattutto l’Academy
di quell’errore in cui era incappato, la gente
perbene, da questa parte del globo e nella fattispecie i
nostri vicini, dormivano il sonno dei giusti. Stavo per
raggiungere il punto di saturazione. La misura fu colma
quando una sera, anzi una notte in verità, rientrai dal
giornale, e nella penombra della camera da letto notai
un calendario appeso di fronte al letto. Accesi la luce
nel bagno per avere un’idea di cosa si trattasse.
Già, come se ce ne fosse stato bisogno. Sul muro, con
un anticipo secco di due mesi sull’inizio dell’anno,
campeggiava il faccione dell’australiano, un incubo
ricorrente per i dodici mesi successivi. Non ci vidi
più.
- Questo
cos’è? - chiesi pleonasticamente, dopo aver
acceso la luce grande della camera da letto,
strappando così Elena dal suo sonno e,
presumibilmente, dai suoi sogni.
- Come
dici?
- Questo
calendario. Come ti salta in mente di appenderlo in
camera?
- Ma è
soltanto Ciccio! Se preferisci lo appendo nella
stanzetta del pc.
- Come…
come?! “Ciccio”?! - la mia bocca si contorse in
una smorfia di disgusto cosmico.
- Ma sì,
Russell! Ciccio!! Così lo chiamiamo noi della
messaggeria di Croweitalia.
- “Noi
della messaggeria di Cr-…” - feci per aprire
ancora la bocca ma non ne uscì più alcun suono.
- Non è
ciccesco in quella foto??
Sentii che la pazienza stava per
abbandonarmi e questa volta in modo definitivo.
- Elena,
tesoro, ti scongiuro. Ritorna in te!
- Ma io sono
in me!! Ero fuori di me prima… prima di capire
che razza di uomo fantastico fosse Ciccio!! -
la chiosa a questa frase da fotoromanzo di quart’ordine
fu un bacio mandato in direzione del calendario.
- Sei
libera di pensare quello che vuoi di quel… bifolco
(calcai particolarmente il tono di voce sulla “b”
di bifolco), ma una cosa è sicura. In camera nostra
non ci resta. Appendilo in cameretta e mi
raccomando: che sia ben nascosto. Se lo ritrovo qui
domani sera giuro che te lo scaravento nell’immondizia!
- Ma dai,
Claudius!! Non sarai mica geloso…?? - il sorriso
malizioso e il latinismo del mio nome mi fece vedere
rosso. Per impedirmi di fare o dire cose delle quali
avrei in seguito potuto pentirmi, mi infilai a
letto.
- Un
giorno, domani. Poi sarà il principe della
differenziata.
Click.
Mentre mi giravo e rigiravo su me
stesso come una porchetta sullo spiedo, il respiro
regolare di mia moglie mi faceva rosolare a fuoco lento.
Geloso. Io non sono geloso. Di quel… di quel…
come definirlo… come poterlo definire quel gibboso
buzzurro subequatoriale? Geloso… Tzè! E’ curioso
come Elena sia sposata con me da dodici anni e non mi
conosca ancora… Già. Ma era lei a non conoscere
me o viceversa? Ovvero: non ero realmente geloso di quel
bipede lungocrinato oppure quella smania che mi faceva
avvolgere come un involtino primavera nel piumino era
sì sana, autentica, robusta gelosia?? Lentamente cercai
di ragionare in modo lucido sul tema del momento, tanto
di dormire non se ne parlava. Mi misi sdraiato con le
braccia conserte a fissare il soffitto e cominciai a
pormi delle domande.
E’ il fatto che sia un attore e sia
più bello e ricco di te…? Beh, bello… Oh sì,
insomma, quello che è!! Oppure il fatto che la
ripartizione temporale del suo cervello non sia più
cinquanta percento al lavoro e cinquanta percento a te?
Che poi.. chi ti dice che anche prima fosse cinquanta e
cinquanta. Magari era sessanta e quaranta. O settanta e
trenta. Oppure… Oh insomma!! Vediamo di non distrarci.
Se… fosse un altro uomo, mi darebbe egualmente
fastidio? Ma se fosse un altro uomo, lo saprei? Oddio…
Magari è sempre stata innamorata di qualcun altro e io
vengo a saperlo solo ora..! Però prima diceva di
amarmi. In verità me lo dice anche adesso. Ma sono
sicuro che lo fa per distrarmi… per far sì che io la
lasci in pace a godersi le sue fantasie erotiche con
quel quarto di manzo che incidentalmente ha un cognome…
Sì perché, le donne ce lo dicono sempre, noi uomini
siamo semplici, son le donne le campionesse di
dietrologia applicata e complessità di ragionamento.
Quindi deve per forza esserci un altro punto di vista…
Confesso che non ebbi mai il coraggio
di passare alle “vie di fatto”. Non la aggredii mai,
né verbalmente né tantomento fisicamente cercando di
farle sputare il rospo del suo “tradimento” con
Russell Crowe. So soltanto che gli anni passavano e il
suo fanatismo cresceva esponenzialmente. Partecipava a
raduni, chattava fino a tarda notte, riuscendo ad essere
bellissima il giorno dopo (un motivo in più per farmi
travolgere da una rabbia assassina perché io, con
qualche anno in più sulla schiena, il giorno dopo un
cinema o una partitina a bridge con gli amici sembravo
uno straccio), seguiva tutte le news possibili e
immaginabili su internet, insomma un vero incubo. D’altra
parte non mancava assolutamente per quel che riguardava
il suo ruolo di moglie casalinga e, devo ammettere,
amante appassionata. La cena era sempre in tavola, le
camicie sempre stirate, la casa sempre pulita… mi
veniva da pensare che mentre faceva l’amore con me
potesse essere con la mente tra le braccia di quel
maledetto australiano…
Un giorno mi travolse, appena entrato
in casa dal giornale, senza nemmeno salutarmi.
- Claudio,
tesoro!!!! Ho appena saputo che “Master and
commander” uscirà in contemporanea in tutte le
sale del mondo l’11 novembre… Non riusciresti a
farmi entrare alla visione per la stampa? Ti prego…
La guardai in un misto di
compatimento e di rabbia. Mi faceva pena, così rapita
da quel tizio, e allo stesso tempo rabbia, poiché non
era più… “tutta” mia. Cosa faresti se potessi
incontrarlo? Mi tradiresti con lui? Se lui te lo
concedesse, passeresti una notte con lui? E se lui fosse
così “gentiluomo” da chiedermelo, accetterei una
“proposta indecente”, una cospicua somma di danaro,
per regalare mia moglie per una notte ad un uomo che, a
sentire tutte le principali riviste di gossip, s’era
sbattuto mezza Hollywood? Mi vennero i brividi nella
schiena. Poi, piano piano, si fece strada nella mia
mente una strana idea. Cosa desidererebbe di più dalla
vita Elena in questo momento? Andare a quella visione,
oppure addirittura incontrarlo, tipo ad una conferenza
stampa. E quanto sarebbe grata alla persona che
riuscisse a darle tutto questo? Forse avevo trovato il
modo di risollevare le sorti del mio matrimonio,
accettando un margine di rischio piuttosto alto.
- Lo so. Ci
sarà la conferenza stampa a Roma il 7
Le risposi senza guardarla, come se
le avessi dato una risposta su un qualsiasi fatterello
di cronaca. Sentii il cigolio della sua mascella che
lentamente si apriva, per cascare poi sul pavimento.
Decisi di essere magnanimo e darle la possibilità di
smettere di rendersi ridicola.
- Ti posso
procurare un pass sia per la visione del film che
per la conferenza stampa.
Fui istantaneamente strangolato dalle
braccia che Elena mi buttò intorno al collo e ricoperto
di baci rumorosi e umidicci su tutto il viso. Ecco,
appunto… ci voleva così poco per farla felice. Era il
momento di tirare il colpo di grazia.
- E’
stato anche organizzato un piccolo rinfresco subito
dopo la conferenza stampa, posso avere il biglietto
anche per quello.
Fu l’unica volta in cui non la vidi
precipitarsi al computer per scriversi con le sue
amiche. Quella era certo una notiziola che preferì
tenere per sé, dato che così non avrebbe avuto “intruse”
tra i piedi. Oltretutto sapeva benissimo che per lei
potevo fare un’eccezione, un’unica eccezione, ma
certamente non potevo far uscire tre, quattro, cinque,
dieci pass per altrettante fans scatenate.
Così, una volta riuscito a
procurarmi i pass per tutti gli eventi, eccoci qua, su
un aereo di linea diretto a Roma, pronti per affrontare
Capitan Findus. Elena era bellissima. Aveva trascorso le
ultime due settimane tra il gabinetto dell’estetista,
il parrucchiere e la palestra, per poter essere
scintillante. Effettivamente avrei dovuto congratularmi
con loro, mia moglie era se possibile, ancora più bella
del solito. E questo mi faceva arrabbiare da morire. Non
ricordo una tale session di ristrutturazione in
occasione ad esempio un anniversario di matrimonio o di
un mio compleanno… Sapevo, perché l’avevo spiata,
che per il party aveva messo in valigia un vestito molto
bello, o che perlomeno a me piaceva molto e le stava a
pennello e lei lo sapeva benissimo. Tentai, ancora una
volta dopo tanti anni di matrimonio, una garbata
conversazione per tirarla giù dalle nuvole su cui era
(e non certo per via dell’aereo).
- Hai visto
com’è ingrassato per recitare il ruolo di Aubrey?
- avevo spulciato anch’io i suoi siti e avevo
visto tutte le foto prese dal set.
- Sì…
- Beh.
Così ha perso un po’ del suo fascino, non credi?
- Oh no.
Lui è sempre Ciccio. Lui ha sempre fascino.
Mi urtava i nervi in modo allucinante
il fatto che lo chiamasse Ciccio. Come se stesse
parlando di suo fratello.
- Ah beh.
Ma non so se te l’ho detto… Ci sarà anche sua
moglie, se non alla conferenza stampa, sicuramente
al party.
- Pazienza.
Tanto la Bietola scompare di fronte al suo
prorompente fascino.
La Bietola. Meno male che non ero il
solo ad essere geloso. “Prorompente”… fascino? Ah
questo è poco ma sicuro… con tutta quella ciccia che
ora si porta appresso…
- Ti chiedo
soltanto un favore Elena. Comportati come si deve.
Mi piantò i suoi occhioni in faccia.
- Stai
scherzando? Cosa pensi che faccia, che mi metta a
ballare sul tavolo, che gli butti le braccia al
collo, che dia alla Bietola uno spintone e gli salti
addosso sbaciucchiandolo come un formichiere?
Francamente sì… pensai.
- Sta’
tranquillo. - Mi baciò teneramente sulla bocca e
riprese le sue parole crociate da dove l’avevo
interrotta.
Il film fu piuttosto interessante,
unico neo i sottotitoli. Odiavo vedere i film in lingua
originale, i sottotitoli mi portavano via tempo e io
dovevo osservare un sacco di altre cose, mica stare lì
a leggere quel che i personaggi si dicevano. Elena era
in trance. Prima però l’avevo vista avvampare come un
gambero quando Crowe aveva fatto il suo ingresso nella
sala per presentare la pellicola. Avevo notato che aveva
cercato di camuffare le sue reazioni, ma non potè
impedire che il rossore le tingesse le gote. Eh, eh…
tesoro, saresti una pessima pokerista…
Finita la proiezione ci riunimmo
tutti in una bella sala conferenze dell’Hotel
Imperiale, in via Veneto. Avevo preso qualche appunto
durante il film per fare qualche domanda sensata in più
in proposito, a parte quelle che mi ero preparato prima
e durante il viaggio. Il massiccio australiano era
accompagnato dalla sua signora, una biondina scipita e
sottotraccia che gli stava incollata come una cozza.
Abbastanza antipatica, peraltro, un cipiglio di
alterigia che risultava del tutto immotivato (chi era,
la moglie di Russell Crowe? E allora?). In compenso ci
eravamo incrociati tre o quattro volte sia in sala
proiezione che in quella conferenze e mi aveva lanciato
(o così almeno m’era parso) un paio di occhiatacce
feline. Toh! Guarda guarda, l’australiano non è l’unico
oggetto dei suoi desideri, si vede che la pallida
piastrellina (che in realtà sembra un ornitorinco)
sente la mancanza del fascino latino… Siamo in terza
fila, e la biondina, che continua a fissarmi, non
suscita minimamente le preoccupazioni o la gelosia di
Elena che è seduta di fianco a me, tutta occhi per il
ciccione con la coda. La sento fremere quando, dovendo
fare le mie domande al ciccione in questione, attiro il
suo sguardo dalla nostra parte, la mia piccola infatti
vive nell’illusione che Crowe stia guardando anche
lei. A parte il fatto che ha anche lui, come tanti altri
del suo ambiente, quell’odiosa abitudine di indossare
occhiali da sole al chiuso, una cosa che mi fa
imbestialire e che concedo solamente a chi soffre di
fastidiosi casi di congiuntivite, ma poi siamo in metà
di mille, come vuoi che guardi sicuramente te? E
comunque siamo in novembre e non c’è un cazzo di
sole, fuori, A COSA TI SERVONO GLI OCCHIALI, PIRLA?!
La cosa si fece interessante durante
il party. Contro voglia, mi appartai sulla terrazza
verandata, per fumarmi una sigaretta. Mi chiusi la
giacca con le mani, mentre mi godevo il gusto del
tabacco che dalla bocca mi scendeva lungo la lingua per
finirmi in gola e sentivo che la suddetta giacca non
bastava a ripararmi dai rigori della stagione. Ad un
tratto sentii dei passi lievi dietro le spalle. Era…
la Bietola. Tradurrò per comodità vostra.
- Buonasera…
- Ah. Per vostra informazione la signora Crowe
indossava un inesistente abitino di seta che le
lasciava le spalle completamente scoperte.
- Salve -
faccio io, facendo finta di non riconoscerla.
- Oh…
immagino che sia qui fuori per via della sigaretta…
- Sì, -
rispondo io, mostrandogliela qualche conferma della
sua “brillante” deduzione - dentro non si
potrebbe fumare.
- Già. Mio
marito, invece, tende a fregarsene di quel genere di
divieti. E pensare che mi aveva promesso che avrebbe
smesso…
- E suo
marito è…?
- Quello
con la coda.
- Oh.
Scoppiamo a ridere in una risatina
chioccia, mi piace portare le persone là dove voglio
io. Mi accorgo che mi sta guardando con sguardo
vagamente lascivo. O forse è un’impressione mia…
- Si
annoia? O i dolcetti non sono di suo gusto?
- Oh no, al
contrario. Il rinfresco è ottimo, quei sandwich
triangolari di pane morbido sono deliziosi.
- Sono un’invenzione
dei romani. Si chiamano tramezzini.
- Tamez-…
trazz-…
- Tramezzini.
T-R-A-M-E-Z-Z-I-N-I - compito la parola come se
dovessi farla capire ad una persona un po’ idiota.
Noto che comincia a tremare come una foglia e data
la temperatura esterna, so per certo che non è per
la mia sensuale presenza.
- Ma lei ha
freddo! La prego - e qui scatta tutto il mio stile
Humphrey Bogart o Cary Grant e le metto la giacca
sulle spalle. Domani avrò sicuramente la polmonite,
ma ne sarà valsa la pena! Chissà dov’è Elena…
- La
ringrazio, ma vorrei rientrare…
- Mi tenga
compagnia finché non avrò finito di fumare, le
dispiace?
- Nient’affatto…
- mi fa flap-flap con gli occhioni verdi. Quel
chirurgo plastico le ha fatto davvero un lavoro
pedestre con quel naso… in certe sue espressioni,
ha ragione Elena, sembra un pechinese.
- Lei è un
giornalista?
- Sissignora,
mi chiamo Claudio Gattinari, Corriere della Sera.
- Piacere,
Claudio, io sono Danielle.
- Si trova
bene a Roma?
- Mi è
sempre piaciuta molto… E’ davvero splendida,
nonostante il tempo un po’ uggioso di questi
giorni… Cosa devo aspettarmi da lei, Claudio, che
tutte le domande che mi farà saranno quelle di un
giornalista?
Ma chi si crede di essere questa,
Bette Davis? Cerco di non deluderla e la tengo sulla
corda, mentre mi chiedo che starà combinando Elena.
- A lei
cosa piacerebbe? Una intervista discreta o una
garbata conversazione? (sì, sono fissato col fatto
che la conversazione debba essere garbata…)
- Oohh…
un gentiluomo… Me l’avevano detto che gli
italiani si comportano spesso come gentiluomini ma
in realtà sono degli adulatori…
Ma guarda questa come se ne sta a
civettare con uno sconosciuto…
- Io non
sono un adulatore. Semplicemente sono una persona
che sa ricoprire il suo ruolo soltanto quando la
situazione lo richiede.
- Allora
preferirei una garbata conversazione.
Un brivido (di freddo) le percorre la
schiena, scotendola, data la sua esile costituzione,
come un terremoto dell’ottavo grado. Decido che, da
buon gentiluomo quale lei mi ha definito, per evitarle
una broncopolmonite è meglio rientrare. Anche perché
sono troppo curioso di vedere cosa combina mia moglie
che ho perso di vista da un po’.
- Venga,
avviamo la conversazione bagnandola con un drink.
Mentre ci avviamo verso il tavolo del
buffet, intravedo Elena che si sta intrattenendo con l’australiano,
vicino al settore dei beveraggi. Hanno entrambi un
bicchiere di vino in mano, sono coloriti dall’alcol e
hanno gli occhi leggermente lucidi e sorridenti. Mi
appropinquo ad Elena con fare disinvolto.
- Elena,
tesoro, posso presentarti Danielle? Danielle, questa
è mia moglie Elena.
La scheletrica biondina cambia
espressione. Ma allora s’era veramente messa in testa
qualcosa… Cerco di avviare una conversazione comune
per tirare fuori tutti quanti da un lieve imbarazzo,
visto che lui incalza la mia presentazione con un:
- Dani,
tesoro… Dov’eri finita?
- Fuori, -
risponde lei velenosa - a prendere una boccata d’aria.
- Mr. Crowe,
finalmente riesco ad incontrarla. Non sono ancora
riuscito a complimentarmi con lei per la bella
pellicola. Gattinari, Corriere della Sera. - gli
allungo spavaldo una mano per completare le
presentazioni
Lui rimane chiaramente lusingato
anche se sono un uomo. Elena e Danielle si squadrano in
tralice, mentre percepisco una certa ansia da parte del
novello Capitan Findus di continuare la conversazione
sulla strada agiografica della sua interpretazione del
film.
- Lei ha
letto O’Brien?
- Sa, -
rispondo io educatamente - bisogna imparare a
leggere un po’ di tutto per capire quali siano
realmente i grandi capolavori della letteratura.
Avrà capito che non considero i
libri di O’Brien come tali…?
- Non è
certamente soltanto da quelli che si posso trarre
dei buoni film.
- Mi trova
pienamente d’accordo. Nonostante il lieto fine,
trovo ad esempio che “Il nome della rosa” fosse
un ottimo film tratto da un altrettanto ottimo
libro. Difficile, sinceramente, pensare ad un caso
contrario.
L’australiano rimane sul pero.
Evidentemente non ha mai sentito parlare di Umberto Eco.
Peccato, uno dei libri più tradotti e di conseguenza,
venduti nel mondo della sua generazione…
- A dire il
vero ero più interessato a conoscere la sua
opinione sulla fedeltà delle ricostruzioni ed
eventualmente… sugli effetti speciali.
- Oh beh…
Interessanti, senz’altro. Mi permetto di dire
comunque che ultimamente le vedo ricoprire un po’
troppo spesso il salvatore di pellicole piuttosto
che quello di attore puro e semplice.
- Che
intende?
Le nostre due gentili signore
cominciano ad agitarsi sui carboni ardenti. Nessuna
delle due ha più l’interesse e l’attenzione totale
del suo interlocutore preferito (naturalmente non mi
riferisco necessariamente a quello “ufficiale” di
entrambe) e questo le disturba molto.
- Intendo
dire che su film di spessore discutibile, e badi non
ho detto scarso o nullo, ma discutibile, lei con la
sua interpretazione risolleva le sorti delle
pellicole in questione, trasformandoli in film di
qualità e contribuendo in massima parte al loro
successo. Non è un po’ stanco di questi ruoli di
pronto soccorso?
L’australiano ci pensa un po’ su,
poi mi confeziona un sorriso banditesco (pensando
probabilmente che io abbia la schiena di vetro e il
cuore vibrante di una fanciulla) e mi fa:
- Lei ha
ragione… La prossima volta, visto che ci sono
portato, mi candiderò per la parte di un primario
di chirurgia d’urgenza oppure di Gesù Cristo…
Mio malgrado mi scappa da ridere.
Questo personaggio sa essere spiritoso e soprattutto sa
ridere di se stesso. Mica facile. D’un tratto sento le
dita di Elena intorno al mio braccio stringersi fino a
fiedermi le carni attraverso la stoffa della giacca.
Evidentemente vuole attirare la mia attenzione…
- Claudio,
tesoro, non ti sembra di aver esaurito il tuo
compito di giornalista durante la conferenza stampa?
Forse Mr. Crowe ha soltanto voglia di rilassarsi ora…
- Oh beh…
Se la critica è educata e costruttiva, - incalza
lui - la apprezzo e la porto avanti. Non è sempre
facile trovare persone intelligenti tra i
giornalisti, sa? Non me ne abbia, Mr. Gattinari,
spero non si senta un paladino della sua categoria.
Elena diventa di un bel rosso
fragola. Io gongolo oltre ogni immaginazione e cerco di
mantenere alto il livello d’attenzione del bovaro (per
quanto possibile).
- Certo che
no! Ho sempre cercato di essere una moderata voce
fuori dal coro, senza esasperare i miei giudizi ma
senza, allo stesso tempo, sposare necessariamente un
certo tipo di tendenza.
- Guardi,
nella mia carriera ho avuto a che fare con due tipi
di giornalisti: quelli che ti prendono a calci in
culo per una questione di principio e quelli che…
te lo leccano!
Nel pronunciare questa massima
profonda, tira fuori il pacchetto di sigarette dalla
tasca e fa per accendersene una. Lo blocco.
- Mr. Crowe,
mi piacerebbe approfondire questo discorso con lei
ma la prego: andiamo a fumarci questa sigaretta in
terrazza… non vorrà dare adito alle voci che
dicono di lei che è una persona maleducata e
irrispettosa!
L’australiano mi segue docile
mentre sento lo sguardo di mia moglie addosso, che se
potesse mi spellerebbe la schiena. La conversazione
continua per una cinquina di sigarette poi, decidiamo
entrambi di rientrare.
- Mi scuso
con lei, Mr. Crowe, mi accorgo di averla
monopolizzata, ma è stato molto interessante
parlare con lei.
- Si
figuri. E’ stato interessante anche per me, mi
auguro di avere ancora tempo per lei alla prossima
occasione.
Mi stringe (anzi, per essere precisi
mi stritola) la mano e si allontana a cercare la sua
spettrale compagna che offesa dall’atteggiamento mio e
di suo marito, cerca consolazione in un bicchierino di
pompelmo, ed io cerco con lo sguardo Elena. Eccola lì,
scura in volto e bellissima, che aspetta compostamente
vicino al muro, i piedi uniti, le mani nelle mani, la
delusione evidente e cocente nei suoi occhi. La
raggiungo e le regalo il più radioso dei miei sorrisi.
- Perdonami,
tesoro, ma quel Crowe è davvero una persona
stimolante…
- Ah,
davvero? Peccato che non abbia fatto in tempo a
rendermene conto… Siete stati via quasi un’ora,
ti rendi conto?!
- Ah sì?
Incredibile come voli il tempo…
- Che razza
di cafone… avevo appena attaccato discorso che sei
arrivato tu e lui… s’è villanamente divincolato
per venire a fumare e parlare con te!!
- Non
prendertela… in fondo è il mio mestiere quello di
indurre le persone a parlare.
- Già! Tu
sicuramente sei stato una bestia, perché almeno per
cinque minuti avresti potuto smettere di essere un
giornalista e goderti la serata, ma lui è stato
veramente un bifolco! E’ scappato via come se…
come se…
… come se la conversazione con te
lo stesse annoiando… Povero amore mio, chissà quante
come te tentano di rimorchiarlo alle feste, Bietola o
non Bietola, e lui non ne può più di sentirsi
incensato, ammirato, lodato per quanto è bello e quanto
è bravo e quanto è….
- Tu in
compenso come hai fatto ad attaccar bottone anche
col Pechinese?
La guardo di sottecchi e sorrido.
- Veramente
è lei che ha attaccato bottone con me. Mi sembrava
seccata del fatto che suo marito fumasse al chiuso.
E se devo essere sincera mi pareva pure un po’
annoiata…
- Avrebbe
potuto anche andare ad annoiarsi da un’altra parte…
-
Eccola lì! Proprio quello che
volevo, una Elena gelosa…
- Beh,
Elena… questo si fa ad una festa. Si socializza
con questo e con quello… In fondo, se ci pensi, ci
siamo conosciuti così.
Mi guarda, gli occhi ancora offuscati
dal nervoso. Quando ha lo sguardo un po’ torvo è
bellissima e io lascio correre il mio sul suo corpo,
avvolto in quella bella tuta nera che con l’unica
spallina all’americana dietro il collo, lascia
scoperta la sua sensualissima schiena.
- Comunque
su di una cosa ho sicuramente mancato stasera.
- Sarebbe?
- Non ti ho
detto che sei bellissima… e che ti amo. Come
sempre.
I suoi occhi piano piano s’illuminano,
poi si avvicina mi posa una mano sulla spalla e mi
sussurra all’orecchio:
- Anche tu
sei bello stasera… un po’ troppo visto che ti
lascio solo un attimo e tu non disdegni la compagnia
di ricche signore sposate…
- Quali
signore..? - faccio io.
La sua risata spontanea suona allegra
come il gorgoglio di un ruscello di montagna e il tempo
del suo umore si rimette al bello stabile.
Mentre usciamo tenendoci per mano mi
volto verso una finestra. La scenetta è divertente,
anche vista da lontano: Mr. “Spencer” fuma
furiosamente una Marlboro mentre tenta di fulminare con
lo sguardo (e presumibilmente con una fitta serie di
intercalari che cominciano tutti con la “f”) la sua
signora la quale, si nota chiaramente, gli sta dando il
tormento per aver fumato troppo, per averla piantata da
sola, per aver fatto di se stesso il centro della
serata. Soddisfatto per aver trovato un modo per
stemperare la mia gelosia e aver stimolato quella della
mia consorte, stringo il braccio intorno alla vita di
Elena che, tornata mia moglie a tutti gli effetti,
appoggia la testa sulla mia spalla.
Alla prossima, Jack Aubrey e sursum
corda*: ognuno ha la moglie che si merita!
FINE
* latino, significa
“in alto i cuori”; è proprio la frase della messa
cui si risponde… “sono rivolti al Signore”. |
|
|