Un
pomeriggio di Maggio.
Il caldo tiepido si spandeva sulla
mia pelle in miriadi di gocce di sudore che lentamente mi scivolavano
lungo la schiena….
Mi girai a guadare fuori dalla
chiesa, i tanti visi che affollavano l’entrata.
Il vestito di chiffon nero che
indossavo, era circondato da tante piccole roselline di organza e mi
avvolgeva il corpo come un sensuale abbraccio.Continuavo a perdere il mio
sguardo incantato lungo la navata dell’antica Basilica, i panchetti
erano disposti a spina di pesce e ricoperti con una stoffa grigia
impreziosita da lunghi cordoncini di seta che, disegnavano importanti e
teatrali drappeggi. Il profumo dei gigli e delle orchidee nane mi
riempivano il respiro, filari d'edera incorniciavano le colonne in stile
corinzio. Guardai attentamente l’immenso tappeto di petali di rosa
sparsi lungo il pavimento, la sposa era raggiante davanti l’altare, e il
suo giovane sposo impaziente nel tenergli le mani.
Intorno a me signore con eleganti
vestiti colorati, si guardavano sorridendo.
Una voce calda e penetrante mi
affondò improvvisamente nell’orecchio, dicendomi;
“Dimentica dove sei, per un
attimo..”
Una folla di pensieri mi attraversò
di colpo la mente, avrei voluto girarmi di scatto ma ero paralizzata nei
movimenti, miriadi di brividi mi decoravano la pelle come piccole spine di
rose.
“Dimmi qualcosa” mi sentii,
ancora sussurrare piano.
Dovevo girarmi, raccolsi in un
frammento d'attimo tutto il mio coraggio e voltai lentamente il viso verso
quella voce.
Gli occhi si sciolsero dentro ad
uno sguardo di fuoco,un uomo robusto e vestito elegante mi stava di
fronte, guardai la sua barba incolta, le sue mani forti giocare con i
capelli un pochino lunghi e le sue labbra accennarmi un sorriso, mi
soffermai a guardagli gli occhi bruciavano da morire ne potevo sentire il
dolore sulla pelle, mentre lasciava scorrere il suo sguardo su di me.
Mi domandai se lo avessi mai
incontrato prima, forse dietro a qualche maschera, mentre si prendeva
gioco di me.
Respirai forte, il profumo delle
rose color pastello mi inebriò all’istante, e persi per un momento la
cognizione del tempo, l’uomo elegante mi afferrò le mani e cercò di
controllare i miei precari spostamenti, sentì il sangue diluirsi piano e
scorrere nelle mie vene, come un torrente in corsa.
Tremavo a quel contatto come un'
impaurita ragazzina, mentre sentivo ancora le sue mani percorrermi
delicatamente la leggera stoffa del vestito.
“Perché stai tremando?” mi
domandò l’uomo, con voce roca.
Decisi di sciogliere il mio
silenzio opprimente e di rispondere alla sua domanda.
“Tremare io?” gli risposi,
respirando affannosamente.
“Ho solo bisogno di uscire di
qui, per respirare aria neutra e non satura di quest' odore floreale”gli
dissi, divincolandomi dalle sue mani che mi accarezzavano la schiena.
Mi incamminai
verso l’uscita della chiesa, in preda ad una mancanza di
ossigeno, dovevo tornare a respirare il prima possibile e respirai
finalmente, con forza, come quando si è stati a lungo in apnea immersi
sott’acqua.
Mi guardai intorno, con l’anima
completamente assente dal mio corpo.
La luce flebile del sole al
tramonto illuminava l’antico viale delle “Terme di Caracalla”,
mentre guardavo il vento giocare con i teneri rami degli alberi una musica
dolce proveniva dall’interno della chiesa, riuscii a capire in un
momento di lucidità che la cerimonia stava oramai per finire, ricordai
Elena illustrarmi la composizione di musiche per il matrimonio, e quella
che sentivo adesso era proprio quella che lei, desiderava alla fine.
Rimasi ancora per un istante a
sentirmi sulla pelle, quelle mani possenti percorrermi poi mi avviai di
corsa all’interno della chiesa, un raggiante brivido mi confuse i sensi,
lui era ancora li seduto su uno dei tanti panchetti rivestiti, gli guardai
le mani sfiorarsi la barba color del miele e tremai ancora. "Ma chi
era quell’uomo?" mi domandai fugace..”perché mi faceva sentire
così tremendamente confusa, incerta, imbarazzata e perché non riuscivo a
trovare una risposta?”.
Ad un tratto lo vidi voltarsi
verso di me, che nel frattempo ero rimasta impietrita davanti
all’entrata, lo guardai farmi dei gesti che mi invitavano a sedere
vicino a lui, un sottile gelo mi invase la pelle non’ostante il caldo
opprimente che riempiva ogni spazio possibile dell’antica chiesa, una
signora dai lunghi capelli corvini, mi cedeva il suo posto vicino
all’uomo. Sedendomi ripensai ad una delle tante poesie di Rainer [i]Maria
Rilke : “Che questo non sia più dinanzi a me da cui distante oso
volgere il viso”…mai più belle parole, potevano avere tanto
veritiero significato in quell’istante.
L’uomo mi fissò a lungo i
capelli raccolti in uno chignon, dei piccoli ciuffi ribelli mi ricadevano
sul viso incorniciandolo, provai imbarazzo nel vedere che il suo sguardo
non si spostava mai un momento, voltai lentamente il mio viso verso il
suo, senza aggiungere nessuna parola.
Lui si avvicinò di più a me
scorrendo a fatica sulla stoffa ruvida del panchetto, io lo lasciai fare
ma ero di nuovo atterrita dalle sue prossime domande…
“E’ da quando ti ho rivolto la
parola, che stai tremando”mi disse, sussurrandomi dolcemente
all’orecchio.
“Non sto tremando”gli dissi,
con voce debole.
“Si invece, e mi piaci quando
tremi, sento la tua pelle incresparsi sotto le mie mani e penso a quanti
brividi potrei ancora regalarti…”mi disse, sospirando lentamente.
Cercavo di ancorarmi con le mani
al cordoncino di seta luccicante che pendeva da un angolo del panchetto,
ma una marea di vertigini mi faceva sbandare pericolosamente i sensi, mi
voltai verso di lui con una strana luce negli occhi, un misto di paura ed
eccitazione mi invase completamente.
Notai che continuava a tormentarmi
intrecciando sulle mie mani, una piccola collanina con delle lettere in
oro che penzolavano tra le mie dita fredde come il marmo, abbassai gli
occhi per leggere quel nome..
“Russell Crowe”c’era
scritto.
Cercai di soffocare gli accelerati
battiti del mio cuore, mentre l’uomo mi guardava sfogliandomi i
pensieri…
“E così ora sai il mio nome,
occhi verdi” mi disse, soffiandomi via un leggero ciuffo di capelli
che mi sfiorava l’orecchio.
Rimasi così, in assenza di parole
da dire, ne un'emozione da aggiungere.
Lui si avvicinò a me, posando il
suo possente corpo sulla mia spalla…
“Speravo che tu mi dicessi il
tuo di nome..”mi disse, facendomi oscillare l’orecchino a forma di
rosa.
Respirai più forte che potessi,
guardai per un attimo il prete che benediva gli sposi e il largo e
appagante sorriso che si scambiavano.
La cerimonia era finita, dovevo
trovare solo il coraggio di alzarmi, mi voltai lentamente verso di lui e
scostai bruscamente le sue mani dalle mie…
Mi alzai di scatto, con lo sguardo
sospeso in un margine di
pensieri, che oscillavano nella mia mente lui rimase fermo e stranamente
non disse una parola mentre mi allontanavo dal panchetto, pensai
all’assurda fuga che stavo facendo..”ma da chi stavo scappando?” mi
domandai confusa!”da quell’uomo tanto affascinante? o da quello che in
poco tempo era riuscito a farmi provare…?”
Dovevo camminare, trascinarmi fino
al viso di Elena e parlarle assolutamente…
Arrivai con le gambe che mi
tremavano davanti agli sposi, Elena e Fabrizio erano mano nella mano,
semplicemente innamorati si guardavano con una immensa luce negli occhi
che li lasciava pieni di promesse, li baciai sulla guancia sussurrandogli
i miei più sentiti auguri.
Elena mi guardò perplessa…
“Stai bene Lisa? Mi domandò,
con voce preoccupata.
“Sei così pallida!” mi disse
ancora, inclinando il suo viso verso il mio.
A quelle parole mi sentii morire,
volevo raccontarle tutto, dirle di quell’uomo dallo sguardo di fuoco e
dalle voce penetrante e di tutte le sensazioni che mi sentivo fremere
sotto la pelle..
“Sono solo un po’ stanca”
gli risposi, con un tono sfuggevole della voce. Non feci neanche in tempo
a chiederle se conoscesse quel nome “Russell Crowe” che, un ondata di
persone mi travolse all’improvviso allontanandomi da lei.
Respirai profondamente il profumo
dei gigli, mentre guardai dal palchetto sopra la mia testa scendere una
cascata di petali di rose rosa, ne raccolsi un po’ nei palmi delle mie
mani e ne aspirai forte l’odore vellutante e penetrante.
Mi sentii improvvisamente
accarezzarmi le spalle….Cercai di voltarmi avvolta da uno strano
profumo, un misto di sandalo e vetiver che si mescolavano insieme.
“Non ti voltare” mi disse lui,
fermandomi e stringendomi sempre di più le spalle..
“Vieni via con me”mi disse
ancora, con voce spezzata dal desiderio.
Rimasi impassibile con le sue mani
che mi bloccavano ad ogni respiro…il mare, il mare pensai tra me vengo
via con te, solo se mi porti verso il mare…
Mi afferrò per la mano, ed io mi
voltai piano per assecondarlo nei movimenti.
Mi trascinò via dalla chiesa in
un complesso silenzio di voci, mi guardai intorno per un istante e vidi
solo due donne in divisa, che ripulivano il pavimento dai petali delle
rose.
Era passato così
tanto tempo, da non rendermi conto che tutto era finito pensai
rabbrividendo all’istante. Adesso eravamo insieme, sotto un cielo che
piano, piano diluiva il suo colore azzurro, in una Roma semi deserta e in
un viale immenso in cui perdere lo sguardo.
Salimmo sul suo trasandato pick-up
Giapponese di colore blu, lo guardai impugnare il volante con estrema
sicurezza e partire.
Guidava lentamente senza
parlare…
Pensai che in quel momento come
non mai, avrei avuto bisogno delle sue parole,volevo sentirmele ancora una
volta scivolare addosso…
Scrutai i suoi occhi dalla
trasparenza del vetro, un misto di blu verde e di grigio…
I suoi occhi così preziosi, mi
ricordavano le pietre iridescenti che trovavo sulla spiaggia d’estate.
“Perché vuoi che ti porti al
mare?” mi domandò, interrompendo il silenzio.
Mi sentii improvvisamente mancare
i sensi, come aveva fatto a leggere i miei pensieri senza che la mia voce
e le mie labbra li pronunciassero?
Mi girai verso di lui stordita…
“Come fai a sapere che voglio
andare al mare? gli risposi, con un tono della voce incerto.
“Ti ho letto dentro, hai la
mente e l’anima di puro cristallo”mi disse, sorridendomi.
Era tutto così assurdo pensai,
mentre mi sforzavo di rimanere con la mente lucida.
Guardai la strada e mi ricordai
dell’antica” Villa dei Quintili”dove si sarebbe svolto, il banchetto
degli sposi.
Scostai per un attimo dalla mente
i suoi occhi, le sue mani e la sua vibrante voce.. “Dobbiamo girare per
qui, c’è una piccola stradina con un'antica pavimentazione
Romana…”gli dissi, guardando attentamente fuori dal finestrino.
“E il mare?”mi domandò,
soffocando la voce.
Mi voltai a guardarlo negli occhi
e pensai tra me, che un pezzettino di mare c’è l’avevo già di fronte
per quella sera, forse mi bastava…
“Alla
villa ci aspettano per la cena” gli risposi, stringendomi nelle
spalle…
Ma è al mare che
pensai ancora, come desideravo vederlo immerso nell’acqua
salata.. guardarlo giocare con le onde che si increspavano ad ogni piccolo
alito del vento e lasciarlo stringermi
forte con un abbraccio lungo la riva.
Sospirai a lungo, mentre lui mi
guardava con uno spicchio di sguardo.
L’antica Strada Romana era
difficile da percorrere, sentivamo lo stridere delle gomme sui grossi
massi e il continuo sballottamento che ci faceva vibrare i corpi.
“Me lo vuoi dire il tuo nome
adesso? mi domandò, passandosi una mano tra i capelli.
Gli sorrisi dolcemente..
“Mi chiamo Lisa”gli risposi,
distogliendo lo sguardo dai suoi occhi trasparenti.
“Bel nome Lisa”mi disse,
accennando un sorriso malizioso.
Lo guardai, il sorriso gli era
rimasto stampato sulle labbra.
Capii che era venuto il tempo
delle domande, dovevo assolutamente chiedergli qualcosa di più..da dove
venisse e che cosa facesse li, mi domandai se era un amico degli sposi.
Sorrisi tra me, mentre andavo in
cerca delle sue risposte.
“Di dove sei?”gli domandai
sussultando con le parole.
“Vengo dall’Australia ma sono
nato in Nuova Zelanda, ci sei mai stata?”mi rispose, rallentando la
guida.
“No mai….mi piacerebbe”gli
dissi, mentre armeggiavo con una forcina che mi era scivolata dai capelli.
“E cosa fai per vivere in
Australia?” gli chiesi, con la testa piena di domande.
“Possiedo una fattoria di 750
acri, dove allevo 350 mucche Angus e vivo costantemente a contatto con la
natura”mi rispose, con un immensa luce negli occhi.
“Mi piace la natura…fai un
lavoro bellissimo Rusell “gli dissi, sorridendogli.
“Ti piacciono gli animali
Lisa?”mi chiese, mentre fermava un attimo il suo sguardo nel mio.
“Lì adoro…ho una gatta a casa
si chiama Tecla è una persiana con il pelo rosso.”gli risposi,
pensandola a sonnecchiare sul letto.
Lo guardai sfiorarsi il sorriso
con un dito.
“Sai Lisa coltivo da sempre un
sogno, cantare..”mi disse ancora, facendo scorrere lentamente le mani
sul volante della macchina.
“Anche a me piace molto la
musica, insieme a tre mie amiche facciamo alcune serate nei pub..loro
suonano ed io canto!” gli dissi, smovendo nervosamente le mani sulle
roselline del vestito.
“Anch’io ho un gruppo dove
canto, abbiamo già inciso qualche album…e abbiamo appena terminato di
incidere l’ultimo, mi disse tirando fuori dalla tasca della giacca il
pacchetto delle sigarette.
“
Si fermò un attimo e soffiò
lentamente il fumo della sua sigaretta verso il finestrino della macchina.
“Cantare per me è molto
importante, riesco a trasmettere meglio le mie sensazioni e le emozioni
“mi disse accennando tra le labbra una canzone.
“If
you knew what I was thinking
You'd
probably drown me”….
Poi
incominciò a guardarmi e mi
sembrò di cogliere nelle sue parole un piccolo tremito.
All’improvviso fermò la
macchina, proprio vicino un antico rudere Romano e mi guardò intensamente
negli occhi….
Io abbassai lo sguardo confusa, e
cercai di aggiustarmi con le mani che mi tremavano lo chignon
…
“Non lo sistemare…”mi disse,
accarezzandomi lentamente la parte interna del collo.
Gli sorrisi in preda ad una
sensazione di soffocamento..
“Sei così bella con i capelli
sciolti, ne sento il profumo…”mi disse, continuando ancora a far
scorrere più giù le sue dita.
Feci un gesto d'impotenza e rimasi
in silenzio davanti a quegli occhi, che vibravano di desiderio.
Mi morsi per un attimo le labbra,
avevo paura di tutto quello che stavo provando mentre lo sentivo ancora
avvicinarsi, mi passò una mano dietro le spalle e incominciammo un
dialogo fatto solo di sensazioni…..
Il suo viso adesso era talmente
vicino al mio che potevo sentirne il calore, lo guardai ancora negli occhi
un misto di inferno e paradiso, riempiva i miei.
Si avvicinò alle mie labbra ed io
sentii un senso di vertigine che mi avvolgeva la testa…
Cercai di divincolarmi al quel
bacio febbrile, con le poche forze che mi sentivo balenare dentro.
“Sei crudele con me, Lisa.”mi
disse, con una frattura nei nostri sguardi.
Inghiottii a vuoto, mentre tentavo
di dirgli che la testa mi girava furiosamente.
“Crudele?” gli riuscii solo a
dire, con un flebile filo di voce….
“Che tu lo voglia o no, non
possiamo resistere a quest'attrazione che ci invade”mi disse ancora,
avvicinandosi di nuovo alle mie labbra socchiuse.
“Ho sentito una corrente
attraversarmi la pelle quando mi sono avvicinato a te in chiesa e ancora
la sento dentro, dimmi che è così anche per te Lisa.” Mi sussurrò,
con voce roca.
“Posso resistere a questa
corrente se lo voglio..”gli dissi, con voce appena avvertibile.
“Oh
davvero piccola?”mi disse, con una strana assenza di movimenti.
Aveva negli occhi una luce che mi
metteva in difficoltà, non riuscivo a trovare una sola plausibile parola
per dirgli di fermare quelle sue labbra sulle mie.
“All’istinto non ci si può
sottratte Lisa…il tuo se, n'è la dimostrazione..” disse, girando la
testa alla sottile luce di un lampione.
Mi sembrava di registrare molto
lentamente ogni suo più piccolo respiro, mentre rovistavo nella
confusione della mia mente, alla ricerca di una disperata nuova
comunicazione.
Cercai di cambiare posizione, ma
sentivo le sue dita sfiorarmi le labbra e il mio cuore battere sotto
sforzo..
“ Avremo modo di proseguire
questo momento….”mi disse all’improvviso, staccandosi dal mio corpo
rigido.
Respirai profondamente, mentre
scivolavamo lungo la strada tortuosa.
Per tutto il tragitto restammo in
silenzio, ogni tanto ci fermavamo a guardarci lungo lo spazio di suoni e
movimenti che ci si allargava davanti….
Pensai a quello che gli avevo
appena detto; “Posso resistere a questa corrente se lo voglio”mentivo,
il fatto è che non avevo più il controllo delle mie sensazioni e questo
mi rendeva fragile e impaurita.
Tutte le mie emozioni sembravano
sconfinate e ristrette alle sue labbra, vicine alle mie.
Il lungo viale alberato si
riduceva davanti hai nostri occhi e su ambi i lati dell’antica strada,
delle piccole candele consumate da ore, ci segnalavano che eravamo
all’entrata della lussuosa villa.
Russell girò piano il volante ed
entrammo accolti da un gentile cameriere, che c' indicava la via del
parcheggio.
Il silenzio ci avvolgeva come un
lenzuolo bagnato, facendo gocciolare dai nostri corpi sensazioni doppie e
pensieri ambigui.
Scesi dalla macchina e sentii
improvvisamente i tacchi delle scarpe affondarmi nel pratino
all’inglese, cercai con le braccia aperte di non perdere
l’equilibrio…
Russell mi guardò con occhiate
rapide e cupe…
“Vuoi appoggiarti a me?…”mi
domandò, guardandomi sfilare il tacco dal prato umido.
Mi avvicinai a lui barcollante e
passai la mia mano intorno al suo braccio.
La sua vicinanza mi faceva
scivolare la mente verso strane sensazioni, mentre eravamo così vicini da
poter sentire il calore dei nostri corpi…
Avrei voluto parlargli delle mie
incertezze e dei suoi occhi e della sua bocca, che mi piacevano
particolarmente e di quell' intensa voglia di vivere che lo illuminava
anche adesso che era notte.
Ma riuscivo solo a stringergli il
braccio che mi aveva così cortesemente allungato, per non cadere.
E’ tutto così difficile Russell
pensai tra me, mentre continuavamo a camminare. Ho paura Russell pensai
ancora sottovoce, ho paura che tu vada via improvvisamente,
come improvvisamente sei arrivato è per questo che non riesco a
lasciarmi andare con te completamente. A quei pensieri lo strinsi ancora
di più…
Guardavo i nostri piedi camminare
ed ogni tanto cercavo di voltarmi indietro, per vedere le impronte che
lasciavamo sull’erba.
Davanti a noi “Villa dei
Quintili” in tutto il suo splendore, incrociai da poco lontano i visi di
Elena e Fabrizio che ci sorridevano ad ogni passo….
“Lisa” mi urlò Elena, mentre
mi correva incontro.
Mi staccai dal braccio di Russell
e la raggiunsi in un abbraccio.
“Sono tanto felice per voi
Elena”gli dissi, mentre mi sentivo gli occhi velarsi di tante piccole
lacrime trasparenti.
Mi sciolsi dall’abbraccio di
Elena e allungai le mani verso il viso di Fabrizio!
“Ti
ho visto quasi più emozionato di Elena in chiesa”gli dissi, cercando di
asciugare le lacrime che stavano scendendo lente verso il mio viso.
Fabrizio mi sorrise…lasciandomi
capire senza parlare, le sue tante sensazioni.
“Vedo che avete fatto presto
amicizia voi due”ci disse, Fabrizio cambiando discorso.
Guardai in una frazione di tempo
da prima gli occhi maliziosi di Elena, poi quelli indagatori di Fabrizio e
infine quelli profondi e sicuri di Russell.
L’aria era carica di umidità,
pensai velocemente che se non
ci fosse stata un assenza totale di nuvole
nel cielo, avrei creduto che da li a poco avrebbe potuto piovere.
I fulmini li riuscivo a percepire
lo stesso, all’interno del mio cuore.
“Lo sai che sono veloce a
comunicare” gli disse improvvisamente Russell, squarciando
l’imbarazzante silenzio che era sceso tra noi.
“Lisa devi sapere, che Russell
è un mio vecchio amico…ci siamo conosciuti quando lavoravo in Australia
un bel po’ di anni fa e l’amicizia è continuata non'ostante lui ogni
tanto, faccia il bastardo..”mi disse, ridendo a squarcia gola.
“Ehi, vacci piano con i
complimenti, non vorrei montarmi la testa…”gli rispose Russell, con un
taglio particolare del sorriso.
“Complimenti? a te? Ma quando
mai…”gli rispose Fabrizio, scuotendo la testa.
Guardai Russell e Fabrizio ridere
e cercai di sciogliermi anch’io a quell’appagante risata.
“ Dai adesso basta con le
chiacchiere, l’antipasto vi aspetta in giardino avrete fame no?”ci
disse Elena, incamminandosi verso il lungo corridoio della Villa.
Fabrizio prese Russell sotto il
braccio, ed entrarono in villa parlando a voce alta e dandosi grosse
pacche sulle spalle.
L’interno della Villa era
splendido, alcuni camerieri con i guanti bianchi ci vennero incontro
porgendoci il benvenuto.
Dei piccoli tavolini con lunghe
tovaglie dorate, incorniciavano la stanza…
Guardai su alcuni divanetti
ricoperti con stoffa di broccato blu, il velo stropicciato di Elena.
Arrivammo in giardino ancora
ridendo…
Rimasi a bocca aperta dinanzi al
lunghissimo tavolo a forma di cavallo, che circondava l’immenso
giardinetto..
Le più svariate pietanze facevano
capolino, tra i cesti stracolmi di rigogliose fragoline di bosco.
Notai la vasta varietà di
formaggi, che si spandeva lungo la prima parte del tavolo e delle piccole
ciotoline di porcellana bianca, con dentro tante succulente salsine da
accompagnare hai formaggi più stagionati.
Poi un trionfo di salumi di tutti
i generi e di tutte le qualità, non che il prezioso prosciutto spagnolo.
Mi guardai un pò attorno alcuni
tavolini rotondi erano sparsi all’interno del giardino, illuminato solo
da piccole e soffuse luci provenienti da terra.
Più in la una fontana in stile
Liberty, mi riempiva gli occhi di gradita bellezza…
Sopra di noi solo un cielo nero
notte ed una luna dal viso pallido e freddo, che c' illuminava lievemente
le parti rimaste in ombra dei nostri visi.
“Non vi dispiace troppo se vi
lasciamo da soli vero?”ci dissero Elena e Fabrizio, dirigendosi verso un
cumulo di persone desiderose di potergli fare gli auguri.
Incrociai lo sguardo luminoso di
Russell…
“Sapremo resistere a
tanto..”gli rispose Russell, mentre mi prendeva dolcemente le mani.
“Allora ci vediamo più tardi
alla sala ristorante, fate i bravi eh!”ci dissero, sorridendoci
maliziosamente.
“Hai fame Lisa?”mi domandò Russell, accarezzandomi le labbra con un dito.
“Un po’ ”gli risposi,
guardando la leggera luce di una candela sul tavolo.
Pensai che una certa fame
l’avevo ma non di cibo, avevo fame di lui, delle sue labbra che pochi
minuti fa avevo rifiutato così stupidamente.
Avevo fame delle sue forti mani…
Cercai violentemente di scacciare
quelle voglie dalla mia testa e dal mio corpo.
“Siediti qui Lisa, ti porto io
da mangiare”mi disse Russell, sussurrandomi piano all’orecchio.
Un brivido mi percorse la schiena
era stupefacente, sentirsi accudire da lui.
Chissà come sarebbe eccitante
farsi imboccare il cibo dalle sue mani, pensai in preda ad una forte
vampata di calore che mi invadeva la pelle….
Lo guardai percorrere il lungo
tavolo con le pietanze e riempire molto lentamente con il cibo i due
piatti, che reggeva nelle mani.
Sentii improvvisamente una dolce
musica accarezzarmi il cuore, mi voltai a guardare la ragazza che stava
cantando con voce delicata una bellissima canzone di Giorgia….
“Come saprei capire l’uomo che sei, come saprei
scoprire le fantasie che vuoi
io ci
arriverei nel profondo dentro te, nei silenzi tuoi
emozionando sempre più.”
Guardai ancora verso Russell,
mentre seguivo le parole della canzone….
Lo vidi tornare fischiettando, con
i piatti pieni di ogni tipo di formaggio.
Rimasi seduta mentre si avvicinava
sempre di più al tavolino rotondo…
“Ho preso solo del
formaggio”mi disse, sedendosi accanto a
me e posizionando le piccole ciotololine con il miele, accanto ai
piatti.
Lo guardai divertita…
“Ti piace il formaggio
particolarmente?”gli chiesi, trattenendo un sorriso canzonatore.
Rise…
“Il fatto è che l’accoppiata
formaggio miele mi intrigava particolarmente e poi non ho mai avuto prima
d’ora, l’occasione di assaggiarlo”mi rispose, spezzando una fetta di
formaggio con le mani.
Lo guardai armeggiare impacciato,
mentre ne tuffava un consistente pezzo nella piccola e delicata ciotolina.
Lo guardai ancora più avidamente,
un filo di miele gli scivolava lento sulla soffice barba…e cercava con
la lingua di ripulirsi le dita imbrattate di miele.
Mi lasciai andare ad un vortice di
fantasie erotiche quel miele
pensai, davvero sprecato sulle mani.
Sorrisi mentre abbassai di colpo
il viso, per non farmi vedere arrossire.
“Ne vuoi un po’? ”mi domandò,
leccandosi le labbra appiccicose.
“Vorrei te” gli dissi, però
solo dentro di me.
“Perché no”gli risposi
,avvicinandomi al mio piatto.
Ma prima che riuscissi a impugnare
la forchetta, Russell mi riempii velocemente la bocca con un pezzetto di
formaggio, inzuppato sapientemente nel miele.
Rimasi esterrefatta mi guardai
intorno, ma nessuno degli invitati per fortuna in quel momento, ci stava
guardando.
Assaporai il gusto
acidulo del formaggio, mescolarsi con quello dolce del miele di
castagno.
Sentivo il dito di Russell roteare
nella mia bocca.
Cercai di rimanere lucida a quelle
sensazioni, ma non era facile…
Lo guardai negli occhi,
erano di un azzurro incredibile riuscivo a vedere anche le tante
piccole sfumature di grigioverde che li attraversavano.
Mentre mi lasciava scivolare dalla
bocca il suo dito ancora zuccheroso di miele, sentii sulle labbra una
liquidità di desideri e cercai disperatamente di assumere un filo di
sorriso per nasconderli.
Rusell rimase fermo a guardarmi
avvolta da un vortice di confusione…
Avrei tanto voluto chiudere gli
occhi e lasciarmi andare a quelle sensazioni incontrollabili, ma sentivo
nella mente miriadi di parole che mi riportavano lentamente a guardarmi
attorno.
“Dovresti mangiarne di più di
formaggio con il miele…”mi disse Russell, con voce maliziosa.
Gli sorrisi.
Avevo il cuore che mi batteva a
strappi e cercai di regolarizzare più che potessi il mio respiro.
Un leggero vento si era alzato
improvvisamente, guardai le leggere tovaglie dei tavoli ondulare.
L’aria leggera del vento mi
accarezzava le spalle nude, mentre cercavo di distrarmi dal viso di
Russell continuando a girare
la testa verso i tavoli dell’interno della villa.
“Che ne dici se entriamo
dentro?” gli domandai avvertendo sulla pelle, un po’ di brividi per la
fresca brezza del vento.
Russell non mi rispose mi guardò
per un istante, si sfilò la giacca grigia e me la mise sulle spalle.
“Con questa starai calda ancora
per un po’ sarebbe un
peccato Lisa, lasciare da sole queste stelle nel cielo…”mi disse,
sfiorandomi le spalle sotto la giacca.
Era così deliziosamente gentile e
poetico pensai ,con il cuore che mi si allargava piano, piano.
“Alzati un attimo Lisa”mi
disse, porgendomi la sua mano.
Afferrai lentamente la sua mano
forte e alzandomi dalla sedia ricoperta da della stoffa damascata, lo
seguii con passi incerti al centro del giardino.
“Scegli una forma Lisa”mi
disse, guardandomi dritto negli occhi.
“Una forma?”gli risposi,
sconcertata.
“Si
una qualsiasi forma”mi disse ancora, alzando lo sguardo verso il
cielo nero.
“Una rosa”gli dissi, con gli
occhi che mi scintillavano.
Era dietro di me, sentii
improvvisamente alzare il mio braccio insieme al suo e puntandolo verso le
stelle… lo guardai disegnare con
il dito la forma della rosa.
Voltai il viso verso il suo, con
una sorte di meraviglia.
“Fallo ancora” gli dissi, con
una vertigine nella testa.
Mi sorrise dolcemente…
“Scegline un’altra..” mi
disse, con un tono penetrante della voce e con una striscia di mare negli
occhi. “Un cuore..”gli sussurrai piano, mentre cercavo di guardare
attentamente nel cielo le stelle che lo avrebbero formato.
Puntò di nuovo il suo dito nel
profondo nero della notte e disegnò ancora per i miei occhi.
Come per magia le piccole stelle
si unirono nella forma di un cuore.
“Come fai?” gli domandai,
girandomi verso il suo viso.
Sorrise.
“E’ una cosa che faccio da
quando ero bambino, mi piaceva immaginare delle cose e disegnarle nel
cielo, avvolte passavo tutta la notte a inventarmi le forme più
strane.” Mi rispose, lasciando cadere sulla mia pelle i suoi pensieri.
Gli sorrisi con una tavolozza di
colori negli occhi.
“Credo che il cameriere, ci stia
facendo segno di accomodarci ai tavoli all’interno della villa” mi
disse improvvisamente, trascinandomi via ancora stordita da quella
sensazione irripetibile.
L’interno della sala ristorante
era magnifico e di una bellezza coinvolgente…
Guardai i tavoli rotondi con i
loro colori oro stagliarsi sullo sfondo color panna dei muri, alle pareti
invece facevano capolino tante applique di ottone.
Mi persi con lo sguardo alle
arcate di cotto che impreziosivano la sala, mentre ancora avvolta da quel
sottile fascino mi sentii prendere per mano.
“Credo che dovremmo cercare il
nostro tavolo”mi disse improvvisamente Russell, facendo scorrere il suo
dito dinanzi al cartellone di colore avorio, sorretto da un cavalletto da
pittori.
Sui tanti cartoncini appesi
c’erano in fila i nomi degli invitati, ed ogni cartoncino era decorato
con delle piccole roselline di color pesca.
“Io sono al tavolo “Cuisse
de Nimphe” disse Russell, pronunciandolo in perfetto francese.
“Mentre tu sei a quello “Rosa
Magic”mi sussurrò, con voce sconsolata.
Separati, pensai velocemente..
Mi voltai verso di lui e mi
accorsi improvvisamente, che era andato a parlare con uno dei camerieri
adibiti ai tavoli.
Inghiotti a vuoto con la speranza
che il cameriere facesse in modo, di metterci tutte e due nello stesso
tavolo.
Continuai a guardare Russell
parlare, ogni sua parola era arricchita da un suo gesto avvolte elegante,
avvolte istrionico.
“Sembra che staremo vicini anche
nell’arte di mangiare”mi disse improvvisamente, da dietro
all'orecchio.
Ero felice perché nasconderlo?
pensai, con un sorriso a mille.
Guardai verso i tavoli della sala
e sopra ad ognuno c’era un piccolo cartoncino, con i nomi delle rose.
Ci avviammo molto lentamente verso
il nostro tavolo lasciando scorrere i nostri occhi, sugli altri strani
nomi.
“Rose des peintres” mi
sussurrai piano nella mente..”.chissà a quale varietà di rose
appartenesse?”mi domandai, in silenzio.
Guardai in tutta la loro
raffinatezza le sedie in tessuto di broccato, mentre al centro del tavolo
le rose magic davano sfoggio di sé.
Respirai a fondo mentre vidi Russell, sedermi vicino.
Lo guardai leggere attentamente il
prelibato menù e fare una faccia strana, su alcune deliziose pietanze.
“Cos’è che non capisci?”gli
chiesi, sfiorandogli una mano.
“Dovremmo mangiare tutta questa
roba?”mi domandò, strabuzzando gli occhi di fuori!
Un immenso sorriso mi si allargò
sulle labbra.
“Non ti sarai mica
impressionato?”gli risposi, sfiorandogli la soffice barba con le dita.
“Va bene che sono una buona
forchetta e si vede…ma credo di non poter resistere a tanto”mi disse,
facendo delle strane smorfie con la bocca.
“Neanche se ti dicessi che molti
dei cibi che ci sono questa sera, sono estremamente afrodisiaci?”gli
dissi, dolcemente in un orecchio.
“Se la metti così mangio tutto
anche te..”mi rispose, con un tono basso della voce.
Sorrisi
a quelle parole….
Rimasi incantata dai suoi
movimenti, era così sensuale pensai mentre si tirava indietro i capelli
chiari, lo faceva così lentamente da lasciarmi tutto il tempo di poter
morire…
Mi accorsi improvvisamente, che i
nostri visi erano molto vicini l’uno all’altro..
Avevo tanta voglia di
abbracciarlo, ma allo stesso tempo avevo paura di quello che potevo
provare a quel contatto dovevo allontanarmi, alzare un braccio e poi
l’altro e ritornare a sedermi bene eretta sulla mia sedia, ma prima che
tutti quei pensieri venissero messi in pratica dal mio corpo, mi sentii
prendere il viso dalle sue mani forti, lo guardai avvicinarsi sempre di più
verso le mie labbra socchiuse e fu un attimo, senti la sua bocca calda
sulla mia mentre mi forzava
le labbra serrate con la lingua, mi attraversò da parte a parte come una
spada di acciaio, sentii premere il suo corpo contro il mio e le sue mani
stringermi la vita in maniera scomoda, il suo respiro passarmi dentro come
vortice impetuoso, cercai di andare indietro con la testa ma ero bloccata
a quelle labbra che mi incatenavano.
Mi staccai da lui, con gesti
disperati delle mani, mentre sentivo le gambe tremare…cercai di
guardarmi a torno, la gente ci lanciava occhiate con un misto di
ammirazione e divertimento.
Lo guardai attentamente negli
occhi, il suo sguardo era vivo come non mai e mi lanciava saette che mi
trafiggevano il cuore riducendolo a tanti piccolissimi spicchi.
Gli sorrisi lentamente, mentre mi
faceva scivolare una mano lungo la schiena nuda.
Dovevo ritrovare la calma stavo
respirando forzatamente, mi alzai di scatto e mi incamminai verso una
delle tante finestre che giravano intorno all’immensa sala.
Rimasi ferma davanti la vetro non
so per quanto tempo, mentre Russell rimase seduto sulla sua sedia scomoda
e non venne a dirmi nulla.
Due piccole lacrime mi scesero
lente sul viso, cercai di sorridere infondo erano le mie prime due lacrime
di gioia e non di dolore.
Mi sentii improvvisamente baciare
dietro il collo….
“Che cosa hai?”mi domandò Russell, con la voce che gli tremava leggermente.
Mi girai verso di lui con una
sconnessione di pensieri..
“Queste lacrime?”mi domandò
ancora, passandomi un dito vicino agli occhi.
“Sto bene.”gli risposi,
girandomi e appoggiando la fronte sul vetro.
“Vieni a sederti….ci stanno
guardando tutti”mi disse, sorridendomi e guardandosi intorno.
Lo seguii al tavolo, con nessun
affidamento nelle mie prossime parole.
Rimanemmo a guardarci negli occhi
per alcuni minuti, mentre delle voci stridule si avvicinavano al nostro
tavolo….
“Piacere, credo che stasera
staremo insieme!”ci disse, una delle voci.
Alzai gli occhi per guardare,
davanti a noi c’erano due donne molto eleganti accompagnate da due
uomini raffinati. L’imbarazzo era tanto e non era facile stringere le
loro mani, mentre avevamo le nostre ancora tremanti….
Eravamo ancora intrisi di
sensazioni difficili da scrollarsi da dosso.
Mentre si accomodavano a sedersi guardai Russell negli occhi, volevo sentirmi ancora una volta
quella saetta penetrarmi dentro il cuore.
Un cameriere con la divisa da somelier, ci versò nei bicchieri un pregiato Brunello di
Montalcino..
Mentre altri camerieri con i
guanti bianchi, passavano con i vassoi pieni di delizioso risotto allo
champagne.
Notai che sul viso di
Russell, un misto di dolcezza e di selvaggio traspariva dal suo modo di mangiare, lo seguii attentamente
portasi con la forchetta il riso alla bocca, lo guardai attentamente per
tutta la cena, mescolare sapientemente l’agrodolce con il salato, il
pesce con il pollo, le carni rosse e
bianche….in un crescendo di colori e gusti diversi,una vera orgia romana
pensai.
Io quasi dimenticai di mangiare,
mentre abbassavo gli occhi verso l’ultima portata oramai fredda.
“Ma tu ci metti sempre così
tanto a mangiare? mi domandò Russell, inclinando la testa verso il mio
viso e finendo di leccarsi la
forchetta.
“Di solito no…ma tu mi
distrai..”gli risposi ,impugnando una delle tante forchette di argento
che affollavano il tavolo.
“Sono una distrazione per
te?”mi disse, giocarellando con le dita sul bordo del bicchiere di
cristallo.
“Si, una piacevole
distrazione…..”gli risposi, mandando giù un sorso di vino rosso.
La serata passò molto
piacevolmente, tra antipasti sublimi e primi piatti d' assoluta
raffinatezza il tutto accompagnato da fiumi di pregiati vini.
“Al dolce non ci
rinuncio”dissi a Russell, mandando giù l’ultimo goccio di profumato
mirto.
Mi voltai a guardare verso un
tavolo lontano, cercai di mettere a fuoco i visi di Elena e Fabrizio
vicini alla bellissima torta che trepidamente, stava aspettando di essere
tagliata.
Il coltello d' argento, luccicava
nelle loro mani..
Nel frattempo mi voltai lentamente
verso la ragazza, che per tutta la sera ci aveva deliziato con la sua
dolcissima voce era intenta a suonare una bellissima canzone….di
Francesco De Gregori, “Pezzi di vetro”.
Mi persi in quelle parole…..
Un chiassoso applauso, mi fece
rinsavire improvvisamente la mente.
Al grido di viva gli sposi e
bacio, bacio mi voltai a guardare verso Elena e Fabrizio, che
si baciavano appassionatamente vicini alla torta, divisa oramai in
tanti piccoli pezzi.
La musica continuava ad
accarezzarmi l’anima, mentre sentii improvvisamente le mani di Russell
prendermi per la vita.
“Che ne dici di un ballo?”mi
disse, inclinando la testa verso il mio viso.
Ci avviammo verso il giardino,
senza mai smettere di guardarci negli occhi…
Avvicinò lentamente il suo
possente corpo al mio e mi passò la mano dietro la schiena.
Eravamo
drammaticamente vicini, cercavo di respirare meglio che potessi ma avevo
il cuore che mi batteva in modo irregolare.
Si muoveva così bene, pensai…
Sentivo la sua barba accarezzarmi
il viso e le sue labbra sfiorarmi l’orecchio.
Mentre continuava a stringermi
sempre di più, sentii all’improvviso il mio corpo frantumarsi in
miliardi di pezzi, come in un esplosione.
Mi girai per un istante a guardare
la luna versare la sua luce, nella piccola fontana del giardino…
e sentii per un momento allentare
la sua presa..
“Resta con me questa notte
Lisa..”mi disse, sussurrandomi piano nell’orecchio.
Incominciai a tremare incontrollabilmente, mentre il mio respiro si faceva sempre più rapido.
Sperai di riuscire a trovare in
qualche piccolo spazio della mia mente ancora qualche parola sensata.
Ma non c’era più nulla di
sensato in me…
Ero persa in quegli occhi rubati
al cielo e in quelle mani, che mi stringevano la vita come una morsa…
Sentivo il calore del suo corpo
spandersi sul mio e cercai di lottare inutilmente, con le mie incertezze.
“Cosa dovevo
rispondergli..?”continuavo a chiedermi, lo sentivo tormentarmi le
labbra, mentre le sue mani erano sempre più ansiose di scorrere sulla mia
pelle calda…
“Resta
con me ti prego Lisa, ho bisogno di te…”mi disse, ansimando con la
voce.
“Non posso”gli dissi in un
attimo di coraggio, mentre cercavo di spostare la
mia testa dal suo viso.
“La senti questa corrente che ci
attraversa Lisa?”mi disse, accarezzandomi le spalle nude.
“Dobbiamo farla sfogare a terra,
altrimenti ci farà del male”mi disse, con una voce calda e sensuale.
“Ti prego lasciami
andare…”gli risposi improvvisamente, rabbrividendo a quel distacco.
Sentii ancora di più le sue mani
stringermi e poi salire piano, piano verso il mio seno….
Respirai con forza.
“Lo vuoi anche tu Lisa lo sento,
siamo fatti l’uno per l’altra”mi disse, sfiorandomi piano i
capezzoli con le dita, sopra la stoffa leggera del vestito.
Cercai
di soffocare i miei respiri, mentre mi sentivo trascinare via dal
giardino….
“Dove stiamo andando?”gli
domandai, avvolta nella confusione…
“Vieni con me…”mi rispose,
con voce seria.
Mentre lo seguivo confusa, sentii
ancora penetrarmi nella testa, alcune parole della canzone di Francesco De Gregori…..
“Ti potresti innamorare di
lui, o forse sei già innamorata di lui…….
E non hai capito ancora come
mai gli hai lasciato in un minuto tutto quel che hai…”
“Ma dove state andando così di
corsa?” ci domandò all’improvviso Elena, fermandosi davanti a noi con
le braccia aperte per non farci passare…
Io e Russell ci guardammo un
attimo negli occhi, per riuscire a stemperare l’imbarazzo della nostra
evidente fuga..
“Ma non lo sapete che adesso
c’è il lancio del mio bouquet?..”ci disse Elena, con voce emozionata.
“Allora Russell, ti rubo per un
attimo Lisa…..lei deve assolutamente esserci”gli disse, prendendomi
sottobraccio e trascinandomi via …
Russell rimase fermo a guardarci
camminare verso il giardino della villa, con un viso perplesso.
“Non vorrai restare tutto solo lì
davanti all’entrata,dai vieni”gli disse Elena, voltandosi verso di lui
e avvicinandogli la mano.
Il giardino era invaso da
bellissime rose blu, riuscii per un istante a guardami intorno ero
circondata da tante donne con le mani ben alzate, per ricevere il tanto
sospirato bouquet…
Guardai Russell seduto su una
poltroncina in vimini in un angolo del giardino, completamente rilassato
ed intento a non perdersi lo spettacolo…
Elena si allontanò un po’,
impugnò bene il suo bouquet con le mani e al grido di buona fortuna a
tutte, lo lanciò all’indietro verso di
noi.
Nella confusione più totale, mi
ritrovai circondata di mani ansiose che continuavano ad agitarsi sopra le
mie …
Sorrisi, quando abbassando gli
occhi notai che il boquet di rose cespugliate, era nelle mie mani..
Rimasi ferma al centro del
giardino, mentre guardavo Elena avvicinarsi a me di corsa.
“Lisa, speravo tanto che fossi
tu a prenderlo”mi disse, abbracciandomi forte.
Gli sorrisi ancora circondata
dalla confusione, di grida di gioia miste
a quelle di delusione..
Guardai per un istante Russell,
era ancora seduto e mi guardava sorridendomi lentamente.
“Allora la prossima sei tu
Lisa”mi disse la mamma di Elena, con una voce molto delicata.
Le regalai un immenso sorriso, era
l’unica cosa che le mie labbra erano in grado di comunicarle le parole
quelle, erano come paralizzate nella mia mente.
“E adesso ci vuole un bel
brindisi, avanti tutte al tavolo a bere!”ci disse Elena, avviandosi
verso l’interno del ristorante.
Non riuscivo più a contare i
bicchieri di champagne che stavo bevendo e che avevo già bevuto, ogni
volta che il livello del bicchiere si abbassava, Elena provvedeva ad
aumentarlo …
Oramai avevo perso ogni lucidità
e l’effetto dell’alcool era elettrizzante.
Mi sentii improvvisamente tutti
gli occhi degli invitati addosso, compresi quelli di Russell.
Ma i suoi erano stranamente più
vicini…
“Dovrei essere io a bere così e
non tu”mi sentii sussurrare all’orecchio.
Mi voltai verso di lui…
“Ahhh! ma sei qui…”gli dissi
con un tono sorpreso della voce.
“Non ti reggi in piedi Lisa,
vieni con me ti porto al bagno a rinfrescarti”mi disse, prendendomi il
bicchiere dalla mano e afferrandomi per il braccio.
“Non ho bisogno del bagno e poi
c’è la faccio da sola”gli risposi, divincolandomi con movimenti
bruschi dal suo braccio e controllando la voce che mi tremava…
“No che non c’è la fai,
avanti prendimi la mano”mi disse ancora, avvicinandosi a me.
“E va bene, ma ci vengo solo ad
un patto”gli dissi, lasciandomi andare su di lui con un abbraccio.
“Quale patto?”mi domandò
sorreggendomi per non cadere.
“Che tu mi offra un altro
bicchiere di champagne!”gli risposi, passandomi una mano sulla fronte.
Russell non mi rispose, mi passò
un braccio intorno alla vita e mi trascinò verso i bagni della villa.
“Russell, anche tu con Lisa?”
gli disse all’improvviso Fabrizio, incrociandolo con Elena in braccio..
“Fammi indovinare…tutte e due
sbronze?”gli domandò Russell, con un sorriso sornione.
“Ancora non lo sanno che
l’alcool, non è roba per donne”gli rispose Fabrizio, sussultando
Elena tra le braccia.
“La porto al bagno, un pò d'
acqua fredda è quello che ci vuole!gli disse Russell, mentre mi stringeva
le spalle.
“Io la porto in camera, gli
ospiti capiranno! gli disse Fabrizio strizzandogli un occhio.
“Mmmm, ma dove stiamo
andando…?”gli domandai ,continuando a ciondolare con la testa.
“A rinfrescarti il viso…è
quello di cui hai bisogno”mi rispose, con una voce vibrante.
“Mi scusi ma i bagni del piano
terra, sono tutti occupati signore..” disse un cameriere, con voce molto
gentile a Russell che cercava di bussare alla porta del bagno
inutilmente..
“La ringrazio”gli rispose Russell, voltandosi si scatto e afferrandomi per la vita…
“Ti porto a quello della mia
camera, c’è la fai a salire le scale?”mi domandò, con una voce che
continuava a rimbombarmi nella testa.
“Mmmm, non credo…”gli
risposi, con una persistente nausea…
Mi sentii prendere improvvisamente
in braccio, le sue mani forti sfiorarmi le gambe scoperte dal vestito..
Avvicinai la mia bocca verso il
suo orecchio, mentre con la lingua cercavo di esplorare il suo interno…
Un brivido mi percorse la schiena
e la testa oramai ovattata dallo champagne..
Russell sospirò forte e si voltò
con la testa verso il mio viso…
“Che cosa stai facendo?”mi
domandò, in tono tranquillo.
“Ti sto leccando, non la senti
la mia lingua?”gli risposi, lanciando un gridolino con voce incerta..
Russell mi guardò intensamente
negli occhi ..
“Sei partita con la testa”mi
disse, con un tono serio della voce.
“Ehi, fermati, fermati mi sento
male!…”gli dissi improvvisamente, mentre lo sentivo aprire la porta
della stanza.
Russell accese velocemente la luce
e mi adagiò sul letto, con molta delicatezza..
“Aspettami qui, vado a prenderti
un po’ di acqua”mi disse, con un tono della voce più morbido.
“Ti avevo detto di
aspettarmi..”mi disse, cercando di portarmi fuori dal bagno.
“Ho cambiato idea, ora sto bene
mi è passato”gli risposi, mentre mandavo giù il bicchiere colmo d'
acqua fresca..
“E’ carina la tua camera
Russell”gli dissi, con la voce e i pensieri ancora scollegati fra loro..
Mi persi con lo sguardo verso il letto, era di un
delicato color lavanda che si sposava deliziosamente con l’oro degli
intagli in legno, tutto intorno era circondato da morbidi drappeggi delle
cortine candide… a far da comodini due tavolinetti in ferro battuto
ridipinti riprendendo le sfumature del letto, mentre per terra il
pavimento era in vecchio cotto e
sulle pareti scorrevano delle meravigliose scene dell’antica
Roma, il soffitto invece era un cielo percorso da nuvolette
bianche…
Lui si guardò in giro e mi
sorrise…
“Sai Russell, ci ho pensato su
un po’ e credo che tu abbia ragione, io e te dovremmo fare
l’amore..!”gli dissi, senza rendermi assolutamente conto di quello che
mi stava uscendo dalla bocca.
Russell mi guardò perplesso…
“Davvero Lisa?”mi domandò,
venendomi più vicino e sfiorandomi la stoffa del vestito..
“Decisamente”gli risposi,
mentre cercavo di slacciargli i bottoni della sua camicia celeste.
“Fermati Lisa, non così…”mi
disse, bloccandomi di colpo le mani.
“Cosa c’è, non è questo
quello che mi hai chiesto, mentre ballavamo in giardino?”gli domandai,
con qualche pensiero lucido nella mente.
“Si ma non in queste condizioni,
sei sbronza Lisa, completamente sbronza”mi rispose riallacciandosi ad
uno, ad uno i bottoni della camicia.
Mi voltai verso il letto e
raccolsi lo scialle che mi era scivolato…prima.
“Dove stai andando adesso?”mi
domandò, afferrandomi per il braccio.
Lo guardai con gli occhi assenti..
“Me ne vado a casa…”gli
risposi, girandomi verso la porta..
“In queste condizioni, non vai
da nessuna parte”mi disse, stringendomi sempre di più il braccio.
“E invece si” gli dissi,
cercando di ruotare la maniglia di ottone.
“ Sei più testarda di un
mulo”mi rispose, aiutandomi ad aprire la porta.
“E tu dove vai?”gli domandai,
fulminandolo con lo sguardo..
“Con te Lisa, ti accompagno a
casa”mi rispose,chiudendosi la porta alle spalle.
“Non ho bisogno che tu mi faccia
da balia, sono in grado di tornare a casa da sola”gli dissi, con un tono
di voce impertinente.
“Non questa sera Lisa, non sei
in grado di guidare e poi non hai la macchina!”mi disse, accennando un
sorriso aspro.
“Dio, era vero la macchina
l’avevo lasciata accanto alla chiesa…” pensai improvvisamente,
incamminandoci verso le scale.
Mi strinsi nelle spalle e cercai
di scendere molto lentamente i gradini..
“Dammi la mano”mi disse,
all’improvviso Russell..
“Non ho bisogno della tua mano,
riesco a stare in piedi perfettamente”gli risposi, cercando di tenere
ferme le gambe che mi tremavano.
“Ma la vuoi smettere di dire
tutte queste stronzate e di fare la super donna?”mi disse, afferrandomi
la mano con forza.
“Ehi, signor stronzate..”gli
risposi, con un tono di voce tagliente.
Si fermò di colpo sulle scale…
“Senti mi dispiace,solo non
capisco il tuo comportamento…hai bevuto, sei sbronza, non ti arreggi in
piedi, perché non vuoi ammetterlo!”mi disse con un sorrisetto amaro.
La sua voce mi suonò aspra….
Cercai di non aggiungere altre
parole, volevo solo tornarmene a casa il più presto possibile.
Camminammo in completo silenzio,
verso la macchina..
Prima di lasciare la villa avevamo
cercato di salutare Elena e Fabrizio, ma la mamma di Elena ci disse, che
erano andati su in camera e che Elena aveva bevuto un po’ troppo.
La
salutammo con un flebile sorriso, mentre ci porgeva le due bomboniere…
Arrivammo verso la chiesa, dove
era stato celebrato il matrimonio..
Guardai la mia micra rossa
parcheggiata vicino a due motorini e sospirai…
Ero talmente esausta, che non
sarei riuscita a riportarla a casa con me, pensai.
“Non ti preoccupare per la
macchina Russell, domani vengo a riprendermela” gli dissi, mentre lo
guardai fermare la macchina e interrogarmi con lo sguardo..
“Se vuoi posso farlo io..”mi
disse, sfilandosi una sigaretta dal taschino della giacca.
“Ma se non ti ricordi la
via..”gli risposi, rannicchiando le gambe sul sedile.
“Questa chiesa non la
dimentico”mi disse, buttando fuori il fumo della sigaretta.
Lo guardai teneramente, mentre
cercavo di non rabbrividire.
“Allora va bene, ti lascio
l’indirizzo sia della chiesa che della mia casa.. “gli dissi, tirando
fuori dalla borsetta, una penna e un
piccolo foglietto spiegazzato..
Mi sorrise…
“Io ti porto la macchina e tu mi
fai vedere il colosseo!”mi disse, all’improvviso sorridendomi
dolcemente.
Lo fissai pensierosa…
Mi vennero alla mente, tutti gli
impegni di lavoro che dovevo affrontare domani…
Due collezioni di moda donna
ancora da finire e quell’appuntamento verso le dieci con il capo
stilisti ,della ditta Dionisi.
No
non potevo dirgli di si, anche se lo desideravo tantissimo…
“Mi
dispiace Russell, ma domani non posso, ho del lavoro da sbrigare…”gli
risposi, con un sorriso che mi moriva velocemente sulle labbra…
Mi guardò
sfregandosi le mani sulla barba…
“Non puoi
neanche fare uno strappo alla regola?”mi domandò, con voce calda..
Sospirai stringendomi nelle spalle, ma si pensai tra me, domani
infondo in ufficio c’e Carla che può prendere il mio posto e poi mi
deve un favore…
Sorrisi a
quel pensiero…
“E va
bene, però promettimi che passerai a prendermi con la mia macchina non più
tardi delle nove..”gli risposi, con un tono ironico della voce.
“Salvo
imprevisti…!”mi disse, con uno sguardo obliquo.
“Quali
imprevisti?”gli domandai, mentre m'infilavo le scarpe…
“Metti
che non riesco, a far partire la tua macchina?”mi rispose, allargando
piano, piano il suo dolce sorriso. “Impossibile…”gli dissi
respirando un leggero alito di vento, che era penetrato dal finestrino
aperto…
“D’accordo
allora alle nove…”mi disse, fermando la macchina vicino al portone di
casa.
“Allora a
domani”gli risposi, scendendo dalla macchina.
“Lisa”
mi sussurrò all’improvviso..
Mi voltai
di scatto..
“Si?”gli
risposi, con un filo di voce…
“No
niente…Buona notte”mi disse, abbassando gli occhi sul volante.
“Buona
notte Russell”gli risposi, richiudendo insieme allo sportello della
macchina il mio cuore.
Socchiusi
gli occhi, e mi sentii avvolgere le spalle dal vento fresco…
Russell
ripartì veloce…
Lo guardai
allontanarsi mentre, rovistavo le mani all’interno della borsetta.
Tirai fuori
le chiavi, ed aprii lentamente il possente portone di legno..
Buttai lo
scialle e la borsa sulla poltrona di velluto blu e guardai Tecla la mia
gatta, venirmi incontro miagolando e avvolgendo in modo ruffiano la sua
coda alle mie gambe.
Presi un
po’ di latte dal frigo e gliene versai un pò nella sua ciotola a forma
di pesce..
Mi sentii
improvvisamente addosso un vortice di confusione, mi buttai di corsa sul
letto e cercai con le poche forze che mi sentivo dentro, di cancellare
alcuni strani pensieri che continuavano a galleggiarmi nella mente. Ma
avevo la testa che mi faceva male e un persistente senso di nausea che mi
saliva verso la gola…
Fuori aveva
incominciato improvvisamente a piovere, sentii l’umidità penetrarmi
l’anima.
Cercai di
guardare tra le nuvole alcune delle stelle che fino a poche ore fa
popolavano il cielo, pensai distrattamente, ad una poesia che avevo
letto…..
“Se io avessi un leggenda tutta scritta direi che questo
tempo che ci sfiora ci appartiene da sempre. Ma non sono che una donna tra
mille e centomila ma non sei che
un uomo portato dal vento e un mese dona e un altro ci saccheggia. Sei un
uomo che oggi tiene una naufraga impaziente dimmi tu sei scoglio o
continente?”[ii]
Mi persi con la mente a quelle parole, mentre illuminata a
vista da uno spicchio di luna, mi lasciai andare lentamente nel sonno.
Mi svegliai
con un piccolo spiraglio di luce riflessa, che mi forzava violentemente
gli occhi socchiusi, mi guardai un pò intorno cercando di non smuovere
troppo velocemente la testa, i vestiti erano sparsi ovunque, notai Tecla
giocare con la mia borsetta di corda..
Provai a
riordinare tutti i miei pensieri ma li sentivo girare furiosamente nella
mia mente, allungai una mano e cercai disperatamente la sveglia
multicolori sul comodino…avevo bisogno di un rumore, uno qualsiasi per
tornare alla realtà.
Fuori solo
silenzio…
Mi alzai
dal letto cercando di non barcollare troppo, feci
un passo dopo l’altro e mi sentii stranamente leggera mentre
cercavo, di trascinarmi fuori dalla stanza.
Arrivata in
cucina mi accorsi che Laura era già uscita, vivevo insieme a lei oramai
da quasi cinque anni ma ci conoscevamo da una vita, notai che aveva
lasciato alcuni appunti sul tavolo ed una tazza di latte ancora piena
pensai al suo viso e misi il caffè sul fuoco.
Mi
avvicinai alla finestra a guardare le nuvole giocare a rincorrersi nel
cielo, notai all’improvviso Russell parcheggiare la mia micra rossa,
vicino al portone di casa.
Una forte
agitazione si impossessò di me, spostai velocemente gli occhi verso
l’orologio appeso al muro…
“Le nove e
dieci!”urlai, in preda all’ansia.
Mi
precipitai di corsa verso il bagno, mentre sentii il caffè uscire
inesorabilmente di fuori.
Improvvisamente
il trillo del campanello, mi affondò nelle orecchie..
Cercai di
respirare a fondo e mi incamminai, molto lentamente ad aprire la porta.
“Buongiorno”mi
disse Russell, con un sorriso che mi illuminava gli occhi, come un raggio
di sole.
“Ciao!”gli
risposi, cercando di coprirmi le gambe con il sopra del pigiama.
“Bè non
mi fai entrare?”mi domandò, con voce ironica.
“Oh, ma
certo scusami..”gli risposi, ancora imbambolata a guardarlo.
Era
bellissimo, indossava una camicetta nera con le maniche arrotolate a metà
braccia e dei jeans vissuti.
“Mmmmm
caffè?”mi domandò, seguendo l’odore che portava verso la cucina.
“Si, ne
vuoi un po’?” gli risposi, richiudendo la porta.
“Perché
no…il caffè insieme ad un bacio non si rifiuta mai”mi disse,
appoggiando dolcemente le sue labbra alle mie…
“E adesso
il caffè”mi disse, allontanandosi piano da me.
Io rimasi
incantata a guardarlo bere così piacevolmente persa con la testa, a
quel bacio.
Aveva la
capacità di farmi sentire impotente come una bambina, ogni volta che
fermava i suoi occhi nei miei, mi sentivo sciogliere piano piano come cera
al sole.
E ogni
volta che sentivo scorrere le sue mani sulla mia pelle, il mio sangue si
diluiva a tal punto da poter schizzare ad altissima velocità dal cuore
alla testa.
Ancora
persa a quei pensieri, lo guardai con gli occhi completamente annebbiati,
avvicinarsi a me lentamente.
“Non vai
a vestirti?”mi domandò, sussurrandomi piano vicino alla bocca.
Una furiosa
vertigine mi spinse improvvisamente, verso il suo viso…
Ci
ritrovammo così talmente vicini, da poter contare i nostri accelerati
battiti del cuore.
Mentre
sentivo dalla voce di Russell le sue
parole, appena sussurrate..
“ Ricordi
Lisa…dimentica, dimentica chi sei…”mi sussurrò, respirandomi
affannosamente sul collo.
Di nuovo
un’altra vertigine mi raggiunse violentemente…
“Take
me for your man and give me all the keys to all your fears….
Creep
close to me. I mean no harm, my darling..let me make you warm.”[iii]
Mi disse, con un forte accento australiano e stringendomi forte al
suo possente corpo.
“Le
conosci queste parole?”mi domandò, guardandomi intensamente negli
occhi.
“No..”gli
risposi, respirando con fatica.
“Sono di
una poetessa che come me è nata in Nuova
Zelanda.”mi disse, con un soffio di voce.
Gli sorrisi
cercando di far scorrere il mio sguardo, verso le sue mani.
“Adoro le
sue poesie e i suoi racconti…è cosi abile nel tracciare i ritratti
femminili..”mi disse, parlando molto lentamente e gesticolando
leggermente.
Riamasi
ferma a guardare le sue labbra muoversi, mentre continuavano a
galleggiarmi nella mente quelle bellissime parole….
Guardai
distrattamente l’orologio, mi accorsi che erano quasi le dieci.
“Vado a
vestirmi..”gli dissi, interrompendo quel momento magico mentre
movendomi, mi sentii mancare improvvisamente le ginocchia.
“Ok!”mi
rispose, girandosi a guardare fuori dalla finestra.
Mi immersi
sotto la doccia sentivo l’acqua scivolarmi lentamente sulla pelle, e mi
lasciai cullare per alcuni minuti dal dolce profumo del bagnoschiuma alla
rosa e dalla luce tremolante delle candele..
Si era
fatto davvero tardi pensai, mentre uscendo dalla doccia diedi un’ altro
fugace sguardo all’orologio a forma di farfalla , che avevo appeso al
muro.
Incomincia
velocemente a rovistare nel mio guardaroba, tirando fuori cose di cui fino
ad allora ne avevo ignorato l’esistenza, poi cercai di sbrigarmi
scegliendo un paio di jeans ed una maglietta nera… pratica, mi dissi
piano nella mente.
Mi pettinai
altre tanto velocemente, lasciandomi i capelli sciolti sulle spalle feci
una veloce telefonata in ufficio e chiesi a Carla di occuparsi lei di
tutto..
“Sono
pronta”gli dissi, riagganciando la cornetta del telefono e prendendo le
chiavi da una piccola ciotolina con la simpatica forma di una mucca.
Carla mi
aveva interrogato attentamente sulla mia fuga dagli impegni lavorativi, ma
avevo promesso a me stessa di non dirle nulla, non volevo che le
chiacchiere delle mie colleghe mi avvolgessero come una corda intorno al
collo, al mio rientro in ufficio.
“Guido
io” gli dissi, scacciando dalla testa quei pensieri e precipitandomi
alla macchina..
Russell mi
guardò dritto negli occhi..
“Allora
destinazione colosseo?”gli domandai, ruotando le chiavi per metterla in
moto.
Mi rispose
di sì, con un solo gesto della testa.
Il traffico
mi rallentava la guida…
Alzai gli
occhi dalla strada e mi voltai a guardare per un istante Rusell, perso con
gli occhi sulle bellezze di Roma…
Cercai di
seguire il suo sguardo che ogni tanto, sfiorava il mio.
Parlami
Russell pensai tra me, parlami ancora …crea per me le tue migliori
parole.
Ho bisogno
di sentire la tua voce che mi accarezza la pelle, ho bisogno dei tuoi
pensieri, delle tue domande, e delle tue risposte…..
Sarei stata
in grado di aspettare la sua voce in silenzio, per secoli d' oscurità.
Cercai di
ricordare la sbronza che ieri
sera mi aveva trasformata in un'altra persona, mi tornarono in mente le
parole che avevo detto a Russell, mentre eravamo in camera sua.
“Sai Russell, ci ho pensato su un po’ e credo che tu abbia ragione, io e te
dovremmo fare l’amore..!”
Il cuore
non mi giocava spesso di questi scherzi…pensai tra me.
Ma ieri
sera avevo la mente inebriata dall’alcool e gli occhi di Russell che mi
penetravano ad ogni movimento, non riuscii ad essere lucida e forse
neanche ci provai abbastanza.
Respirai a
lungo guardando il cielo azzurro scorrere sopra di noi, aspettai ancora un
po’ le parole di Russell, poi decisi di far uscire le mie.
“Russell,
devo parlarti di ieri…”gli dissi, con le mani che stringevano forte il
volante.
Russell si
girò di scatto verso il mio viso..
“Bella
serata vero Lisa?”mi rispose, con un tono basso della voce.
Lo guardai
smuovere le mani, nella tasca della giacca.
“Volevo
chiederti scusa per quello che ti ho detto mentre eravamo in camera, non
avrei dovuto” gli dissi, fermandomi al semaforo rosso.
“Non hai
nulla di che scusarti o giustificarti Lisa, e poi te lo avevo chiesto
prima io..”mi rispose, accendendosi una sigaretta.
Gli sorrisi
con lo sguardo, che si perdeva verso il punto più azzurro del cielo..
La pioggia
che era caduta durante la notte, aveva dipinto come una pennellata di
acquarello tutto quello che ci circondava, rendendo i monumenti che ci
scorrevano davanti come sfumati…
Il colosseo
era finalmente nei nostri occhi in
tutta la sua imperiosa bellezza, parcheggiai la macchina vicino ad una
colonna di pini mentre guardai Russell, avvicinarsi velocemente verso il
monumento..
“E’
bellissimo”mi disse, con gli occhi pieni di luce.
Lo guardai
sorridere come un ragazzino era così dolce, così eccitato da quello che
stava vedendo, così preso da tutto quello che lo circondava.
Rimanemmo
sospesi per alcuni minuti a quella prospettiva che ci dilatava piano
piano, piano gli occhi ed il cuore.
Lo spazio
sembrava richiudersi sopra di noi, mentre i colori e gli odori di Roma, si
mescolavano assieme hai nostri sensi…
“Parlami
di lui”mi disse, con una forte vibrazione della voce.
Respirai a
fondo e cercai di trovare le parole…
“Allora
questa bellezza che ti avvolge gli occhi, si chiama “Anfiteatro
Flavio” ed a uno stile scultoreo, raffinato e pittoresco..”gli
risposi, cercando di far scorrere la mia mente al vecchio libro di storia
dell’arte che oramai giaceva completamente in disuso, in un angolo della
mia biblioteca.
“Nella
capitale dell’impero, c’era l’uso di frequentare spettacoli
pubblici, e con il tempo divenne quasi un obbligo al quale non osavano
sottrarsi gli intellettuali…come Seneca che sembrava soffrisse
particolarmente nel veder
combattere i gladiatori…”gli dissi ancora, camminando faticosamente
sugli irregolari sampietrini.
Mi voltai
verso gli occhi attenti di Russell, notai che mi stava guardando
intensamente mentre una risata gli
si allargava piano, piano sulle labbra.
“Perché
stai ridendo?”gli domandai, scalciando un piccolo sassolino..
“Perché
ripensavo ad un sogno che faccio ogni tanto”mi rispose, smorzando il suo
sorriso..
“Raccontamelo”gli
chiesi, passandomi una mano tra i capelli..
“Sogno
spesso di essere un gladiatore..che combatte qui nell’arena”mi disse,
con un fuoco negli occhi.
“Un
gladiatore …Mmh, molto interessante!”gli risposi, con una strana luce
che mi illuminava il sorriso.
“Perché
quell’Mmh?”mi domandò, inclinando la testa..
“Mi
sembra di vederti vestito da antico gladiatore e la cosa mi elettrizza..t'
immagino con quella sensuale tunica, che lascia vedere completamente le
tue gambe e poi…”
“E
poi…..magari dopo un ardua battaglia, me vado tutto sporco di sabbia
alla ricerca di un’ antica Romana …
“Perché
no…..un 'antica Romana vestita solo di un velo sottilissimo…”gli
sussurrai, piano nell’orecchio.
“Che poi
si toglierà per pulirmi?”mi rispose, soffiandomi tra i capelli.
“Lo sai
che il velo si appiccica sul corpo come una seconda pelle?gli dissi,
sospirando tra le parole…
“Non
conosco certe proprietà delle stoffe, sono completamente ignorante in
materia ma potresti dimostrami dal vero come si appiccica, sono molto
interessato….”mi rispose, passandosi la lingua sulle labbra.
Rimasi
ferma a guardarlo ….non avevo nessuna intenzione di fermare con le
parole, quel suo gesto sensuale.
“Senti
Lisa, che ne dici se ci sediamo un pò in quel pratino laggiù.?.”mi
domandò, passandomi una mano dietro la schiena.
Ci avviammo
verso il piccolo giardinetto dove, alcuni gatti rossi se ne stavano
rannicchiati…
Russell si
fermò ad accarezzarne uno.
“Adoro i
gatti Lisa, sono animali così affascinanti e misteriosi e poi mi
piacciono perché sono completamente indipendenti…”mi disse, lasciando
scorrere le sue mani sull’animale.
“Anch’io
lì amo…”gli risposi, prendendone uno in braccio.
L’aria
era frizzante, ed ogni tanto ce ne arrivavano delle folate insieme al
profumo dell’alloro …
“Cosa
c’è qui?”mi domandò Russell, guardandosi intorno e facendo roteare
un dito.
“I Fori
Imperiali…”gli risposi, accennandogli un timido sorriso.
“Portami
a vederli..”mi disse, alzandosi di scatto.
Camminavamo
abbracciati verso i Fori, mentre lasciavamo che le nostre parole, si
cullassero dolcemente nelle nostre menti..
Antichi
ruderi Romani affioravano dalla terra mentre altri erano adagiati l’uno
sopra l’altro, come vecchi stanchi di tutta una vita.
Sentivo le
mani di Russell percorrermi la pelle nuda della schiena, le sentivo
giocare con l’elastico del mio reggiseno mentre un violento brivido, mi
percorreva dalla testa ai piedi..
Sospirai
velocemente e sentii la sua voce mormorare piano, contro i miei capelli…
“E’
magico qui”mi disse, sfiorandomi con le labbra una guancia.
Respirai
affannosamente…
“E’
questo come si chiama?” mi domandò, ruotando gli occhi incuriositi
verso una parte di un tempio.
“Questo
è il tempio di Vesta..”Aedes Vestae”, se non ricordo male sembrerebbe
che Numa Pompilio che era il re dei Romani, abbia costruito questo tempio
di Vesta completamente rotondo avendo creduto che, della stessa forma
fosse la terra da cui
dipendeva la vita degli uomini…”gli risposi, con gli occhi fissi ai
suoi.
Mi
sorrise..
“E’
affascinante quello che dici, mi piace farmi accarezzare le orecchie dalla
tua voce..”mi disse, con uno sguardo dolcissimo.
“Senti
Lisa, che ne dici se andiamo a mangiarci qualcosa?”mi domandò,
prendendomi per mano e trascinandomi via…
“Qui
intorno c’è un delizioso ristorantino se ti va, possiamo mangiare lì..”gli
risposi, appoggiandomi a lui.
“Sei tu
la mia guida turistica, mi fido dei tuoi consigli…”mi disse,
baciandomi teneramente una mano.
Ci avviammo
verso il ristorante “La sosta degli angeli,” che si trovava
proprio di fronte al colosseo.
“Splendido
panorama…”mi disse Russell, appoggiando le mani sulla piccola
ringhiera bianca.
Sopra i
tavoli facevano capolino dei deliziosi vasetti di porcellana bianca,
impreziositi con disegni di delicate roselline rosse.
Il vento
giocava con i nostri capelli, mentre
rimasi incantata dai suoi movimenti.
Aveva
incominciato a tormentare una sigaretta, non ancora accesa tra le labbra..
I suoi
occhi erano del colore del cielo notai che mentre mi guardava, alcune
nuvole li stavano attraversando.
Le sue mani
s' intrecciavano con i ricami della tovaglietta bianca, mentre continuava
a girare lo sguardo verso il Colosseo…
“Di
guardarlo non ne ho mai abbastanza..”mi disse, togliendosi la sigaretta
dalla bocca e posandola sul tavolo.
Gli sorrisi
dolcemente….
Ci
guardavamo mangiare a vicenda, tagliavamo il cibo in tanti piccolissimi
pezzi e con la forchetta li mettevamo in bocca molto lentamente e poi
continuavamo a guardarci intensamente negli occhi, mentre ci passavamo il
vino dalle mani eravamo così presi l’uno dall’altra che le parole,
sembravano inutili…
“E non mi
stanco mai di guardare te Lisa” mi disse all’improvviso,
avvicinandosi.
Povero mio
cuore soffocato, pensai tra me rimanendo ferma di fronte a quelle parole
che avevano ridotto i miei pensieri, ad un muto silenzio…
Cercavo di
calmare il mio respiro ma lo sentivo accelerare sempre di più verso i
suoi occhi, che mi scrutavano con meraviglia..
“Tra due
giorni parto Lisa!”mi sentii dire improvvisamente, mentre guardai il
bicchiere colmo d’acqua scivolarmi rovinosamente dalle mani.
Alzai gli
occhi verso quelli di Russell, le sue mani si muovevano con fatica…e la
sua bocca era serrata da una smorfia.
Non capivo
non volevo capire era così in giusto il tempo con noi, mentre sapevo
benissimo che prima o poi sarebbe successo che mi avrebbe detto quelle due
parole, che sarebbe finito tutto non dovevo sperare, non dovevo, non
dovevo…continuai a ripetermi nella mente..
“Dimmi
qualcosa Lisa”mi disse Russell, con le mani piene di frammenti di
vetro..
“ Voglio
portarti a vedere qualche altra meraviglia di Roma” gli dissi, con un
tono freddo automatico della voce e con la mente che si sforzava, di non
cedere al dolore....
Era tutto
così difficile pensai, mentre sentivo le mie mani gelarsi piano.
All’improvviso
il cielo si coprì di tante nuvole nere…e quando ci alzammo dal tavolo,
incominciò a piovere.
Ringraziai
quella pioggia che avrebbe nascosto le mie lacrime …
Le strade
si allagarono in fretta pagammo velocemente il conto e altre tanto
velocemente ci dirigemmo verso la macchina…
“Vieni da
me questa sera Russell”gli dissi, mentre cercavo con gli occhi appannati
dalle lacrime e con le mani che mi tremavano di infilare la chiave per
partire..
Russell mi
guardò teneramente e con un dito raccolse una lacrima …
“Perché
stai piangendo Lisa?”mi domandò, avvicinandosi al mio viso e bloccando
le mie mani sul volante..
“Non te
ne andare ti prego…non così presto ho bisogno di stare ancora un pò
con te”gli risposi, inclinando la testa verso la sua spalla e lasciando
scorrere inesorabilmente le mie lacrime..
Russell alzò
la testa verso il mio viso e con una mano, mi accarezzò.
Non
aggiunse nessuna parole a quel gesto…
Ma avevo
come la percezione che avesse capito, il mio bisogno di lui.
Mi chiese
se poteva guidare, ed io glielo lasciai fare…
Di nuovo
quel silenzio opprimente pensai, mentre lo guardavo girare il volante e
infilarsi verso una delle tante stradine che ogni giorno percorrevo.
La mia casa
ci fu subito di fronte con il suo simpatico prospetto e con
quell’intonaco giallo canarino, che la distingueva dalle altre
intorno.
Piccoli e
flebili raggi di sole filtrarono da alcune nuvole nere, l’aria era senza
movimento, guardai Russell parcheggiare la macchina vicino al portone di
legno bianco, mentre i suoi occhi sprigionavano percettibili scintille
azzurre miste al verde.
Entrammo in
casa con passi felpati, Tecla ci venne incontro miagolando, un forte senso
di vertigine mi avvolse fino alla gola, mentre sentivo arrivarmi
prepotente l’odore delle rose bianche che Laura aveva messo
sapientemente, in un vaso accanto alla finestra.
Russell era
fermo vicino al camino il suo profilo risollevava i miei pesanti pensieri
speravo che quel suo atroce silenzio nascondesse, qualcosa di leggero.
Ma nulla
traspariva da quel mutismo, sentivo solo il mio cuore diminuire i suoi
battiti per non dover morire e le mie parole sfumare piano, nei miei
respiri.
“Hai sete
Lisa?”mi domandò Russell, interrompendo il velo opaco che stava
scendendo sui miei occhi. Ritornai velocemente con la testa a quelle
parole, così tremendamente concrete e reali.
“Si ho
sete”gli risposi, con le labbra arride come un deserto.
Russell prese due bicchieri dalla dispensa e li riempii di acqua
fresca..
Tecla ci
gironzolò freneticamente tra le gambe…
In un
istante il mio corpo aveva smesso di tremare, in un momento niente più
freddo intorno a noi…Russell mi venne incontro, con le sue labbra ancora
umide d' acqua.
Presi a
respirare affannosamente mentre cercavo di mantenere in equilibrio, il
bicchiere che stavo posando sul tavolo.
Uno sguardo
senza nessuna parola, questo era quello che sapeva darmi, pensai cercando
di ricomporre come in puzzle i pezzettini delle mie ultime consapevolezze.
Si avvicinò
a me lentamente e passando le sue forti mani intorno alla mia vita, mi tirò
verso di se con un gesto deciso e dolce insieme.
Fuori il
tempo sembrava essersi fermato, non riuscivamo più a percepire la luce
che filtrava dalle finestre le ore sembravano ferme, insieme ai minuti ed
ai secondi..
Mi sentii i
fianchi avvolti dalle sue mani che mi limitavano i movimenti, mentre mi
tormentava la bocca con la sua barba soffice un bacio forte, penetrante e
coinvolgente ci prese all’improvviso…
gli passai
con forza una mano intorno al collo, cercando di affondare con ardito
impeto la mia lingua nella sua bocca.
Russell
inclinava la testa ad ogni mio movimento…
Fuori dalla
finestra una luna ancora trasparente e complice, ci guardava incorniciata
dall’ improvviso azzurro del cielo.
“Fai
l’amore con me Russell, ti prego”gli dissi, mentre lo sentivo aderire
al mio corpo.
Le mani mi
tremavano, mentre cercavo di armeggiare con i bottoni della sua camicia i
movimenti si fecero sempre più frenetici sentii le mani di Russell,
stringere i miei seni.
Mi
strusciai piano contro il suo corpo e gli accarezzai le spalle e il
torace, fino a scendere verso le sue natiche sode.
All’improvviso
ci ritrovammo nudi, vestiti solo da una miriade di brividi che c'
increspavano la pelle…
“Lisa ti
voglio”mi sussurrò, con voce strozzata dal desiderio.
Avvicinò
le sue labbra alle mie e incominciò a baciarmi, dapprima lentamente e poi
sempre con più crescente sensualità..sentivo la sua lingua giocherellare
con la mia, mi lasciai sfuggire un gemito di piacere che subito venne
soffocato da altri baci di fuoco che marchiavano la mia pelle, in ogni
centimetro…
Sentivo la
sua bocca calda scendere verso il mio seno e le sue mani stringermi da
dietro, mi sollevò da terra e mi mise seduta su un mobile della cucina,
lasciò che le mie gambe gli stringessero i fianchi e mi lasciò scivolare
piano dentro di lui ci lasciammo andare ad un vortice di sensazioni
inarrestabili, che durarono ore…
Rimanemmo a
lungo nudi e abbracciati ed eravamo orami senza più forze, avevamo fame,
sete, sonno e un gran bisogno di parlare, di guardarci negli occhi…c’
eravamo esplorati, sollecitati oltre i nostri limiti conosciuti.
Avevamo
freddo e caldo in ogni più piccola parte dei nostri corpi, mentre con le
punte delle dita provavamo ancora a scivolarci dentro..
“Stai
scomoda Lisa?”mi chiese dolcemente Russell, mentre ci giravamo sul
pavimento della cucina.
“No”gli
risposi, premendo ancora di più il mio corpo verso il suo.
“ Ma non
sento nessun dolore, se mi stringi ancora un pò a te..”gli dissi, con
la voce da bambina che gioca..
Avevamo la
fronte imperlata di sudore e i capelli ancora umidi dalla pioggia che ci
aveva sorpresi all’improvviso…all’uscita del ristorante.
Ci
addormentammo insieme, perduti e distesi su quel pavimento freddo che ci
gelava la pelle nuda, ma che non arrivava a gelarci il cuore che nel
frattempo bruciava ancora…
La notte
scese piano sopra di noi e quando riaprimmo gli occhi , ci guardammo per
alcuni minuti senza parlare.
Mi tirai su
dal pavimento e mi misi seduta con le gambe incrociate, forse avevo
bisogno di promesse pensai tra me, mentre sentivo Russell alzarsi..
Lo guardai
andare verso il bagno era nudo e bellissimo, il suo corpo sembrava
scolpito nel marmo..
Socchiusi
gli occhi quando si girò improvvisamente verso di me.
“Lisa
alzati, per questa sera abbiamo preso abbastanza freddo…”mi disse,
afferrando i miei vestiti e lanciandomeli addosso.
Non ti
vestire ti prego, pensai ancora nella mia testa, sarei rimasta per ore a
guardarlo così…
Mi alzai
lentamente mentre cercavo di non perdere l’equilibrio che, nel frattempo
si era fatto molto precario. Aprii il frigo e ci guardai dentro, non
c’era niente apparte una bottiglia di latte e qualche mela sparsa nel
cassettino in basso..
Il rumore
dell’acqua attirò improvvisamente la mia attenzione, Russell era sotto
la doccia..
Mi
incamminai piano verso il bagno, con addosso solo le mutandine e la
maglietta che avevo infilato distrattamente a rovescio..
Entrai
dentro ed una fitta nuvola di vapore, che mi appannò di colpo gli occhi.
Mi misi a
sedere sul piccolo panchettino blu, accanto alla vasca….
Russell non
aveva tirato la tendina e mi lasciò guardarlo insaponarsi lentamente in
ogni angolo del suo meraviglioso corpo, guardavo la schiuma avvolgerlo
completamente e l’acqua scendere piano sulla sua pelle chiara.
“Vieni
qui!”mi disse, con un sorriso malizioso
e allungandomi una mano…
Inghiottii
velocemente, mentre cercavo di togliermi la maglietta che mi aderiva al
corpo come una seconda pelle.
Adesso
eravamo tutte e due sotto quella pioggia di acqua mista a bagnoschiuma,
che scendeva inesorabile su
di noi…
Sentivo le
mani di Russell scivolare velocemente sulla mia pelle.
Mentre
continuavamo a baciarci appassionatamente…
“Lisa mi
fai impazzire”mi disse, con voce profonda e vibrante.
Mi strinsi
al suo corpo ed alzai una gamba verso il suo bacino...
“Facciamolo
così”gli chiesi, con voce supplichevole.
Ho puntato
il mio piede verso la vasca e sorretta dalle sua braccia, mi sono buttata
all’indietro con il bacino mentre, sentivo Russell muoversi dentro di me
a ritmo frenetico..
L’acqua
continuava a scendere regalandoci piccoli e preziosi brividi che, si
mescolavano a quelli di piacere..
Ci
guardammo prepotentemente negli occhi quando una seconda forte ondata di
piacere, ci scosse violentemente.
Ci
coricammo sul letto ancora bagnati e lasciammo uscire dalle nostre labbra,
parole senza forme ne colori….
Vicini persi con lo sguardo al soffitto e con i cuori che, ancora
battevano all’unisono.
“Hai
freddo Lisa?”mi chiese Russell, avvolgendomi con le sue mani calde.
“Un po..”gli
riposi, alzando il mio viso verso il suo.
“Io ho
fame”mi disse, baciandomi la fronte…
“Mmmm,
hai ancora fame?”gli risposi facendo scorrere la mia mano verso il suo
sesso…
“Lisa….di
questo sono sazio, ho fame di cibo…”mi disse, fermandomi la mano.
Se ti
accontenti di un po di latte e tre mele…gli dissi, alzandomi dal letto..
“Allora
ti porto fuori…”mi sussurrò, tirandosi su e baciandomi le spalle.
All’improvviso
il trillo del telefono ci fece sobbalzare…guardai Russell negli occhi,
mentre cercavo di allungare una mano per rispondere….
“Pronto”dissi,
con un filo di voce.
“Lisa!”
mi rispose, una voce forte ..
“Ciao
Carla, dimmi…”gli risposi, cercando di indovinare le sue domande.
“Lisa,
scusami ma ti ho chiamato per sapere se domani vieni in ufficio, lo sai
che hai quell’appuntamento…”
“Lo so
Carla, ti prometto che domani verrò in ufficio…”gli dissi,
interrompendola nel parlare.
“Lisa ho
trovato una confezione di spaghetti..”mi sentii dire da Russell, che nel
frattempo si era precipitato in cucina…
“Ahhhhh,
adesso ho capito perché non sei venuta oggi, era questo l’impegno a cui
non potevi rinunciare?”mi chiese Carla con voce ironica, sentendo la
voce di Russell dal telefono.
“E se
anche fosse?”gli risposi, sospirando forte.
“Senti ma
com’è l’uomo carino?!”mi domandò, sentendo in sottofondo le
starnazzanti voci delle altre colleghe…
“Non ti
riguarda e poi non parlo di lui..”gli risposi, cercando di tagliare
corto!
“E dai
Lisa dicci almeno di dov’è?!”mi domandò, ridendo.
“E’
Australiano anzi no, Neo Zelandese..ti basta? anzi vi basta?”gli
risposi, in un soffio.
“Mmmmm….allora
avrà un corpo possente!…”mi chiese, con voce maliziosa..
“Carla,
non parlo di lui….”gli risposi, sospirando per l’ennesima volta.
“Lisa
come si cucinano questi?”mi domandò Russell all’improvviso, mentre lo
guardai avvicinarsi a me con in mano un barattolo di pomodori e con
addosso solo un asciugamano, che gli avvolgeva i fianchi..
Rimasi per
un istante senza parole, con il telefono sospeso tra le mani e con i
pensieri che si rincorrevano vertiginosamente nella testa..
“Lisa,
Lisa”mi sentii, urlare forte dalla cornetta del telefono.
Ritornai
con la mente alla voce squillante di Carla, mentre Russell mi stava ancora fermo davanti.
Gli feci
con un gesto con la mano, di aspettarmi in cucina…
Mi sorrise
alzando un sopracciglio.
Sentii la
voce di Carla arrivarmi di nuovo, prepotentemente alle orecchie…
“Lisa!!!
Ma ci sei? “mi disse, ancora.
Mi sembrava
che non ci fosse più tempo per darle delle spiegazioni, per dirle dei
disegni e per quell’appuntamento di domani, che già da stasera
cominciava a soffocarmi la gola.
“Carla ci
vediamo domani!”le dissi, senza aggiungere altre parole.
“D’accordo
ma voglio tutti i bozzetti sul mio tavolo!!buonanotte..”mi disse,
sospirando.
“Buonanotte”aggiunsi,
con la mente che correva già verso Russell…
Mi
appoggiai alla porta della cucina, e lasciai scorrere i miei occhi sulle
sue mani, che spezzavano con molta precisione gli spaghetti…
“Non devi
spezzarli”gli dissi, accarezzandogli un braccio.
Mi guardò
con uno sguardo stupito.
“Io
pensavo che erano troppo lunghi e….”
Lasciai
scorrere ancora la mia mano verso il suo torace nudo, mi avvicinai con la
bocca al suo collo e lo baciai teneramente…
Russell ansimò piano.
“Se
continui così non mangeremo più...“mi disse, scostando la sua testa
dal mio viso.
Passammo
tutta la sera a raccontarci delle nostre vite, mentre alla fine ci
accorgemmo che avevamo
cucinato i migliori spaghetti…
Avevamo la
testa piena di frasi da dire, ma eravamo così confusi l’uno
dall’altro da rimanere alla fine in completo silenzio, e le poche parole
che riuscivamo a dirci uscivano come sfumate dalle nostre labbra.
Guardai il
viso di Russell, girarsi verso la chitarra che tenevo appoggiata al muro.
“Posso
suonarti qualcosa?”mi domandò, con voce profonda.
Gli risposi
di si, mettendomi comoda sul
divano.
Lo vidi
impugnare deciso la chitarra, iniziare dapprima a strimpellare un accenno
di canzone e poi incominciare a suonare sul serio.
Sentivo la
sua voce calda e vibrante avvolgermi l’anima, mentre guardavo le ombre
lunghe e nere della notte giocare con il suo viso.
“HOLD
YOU”[iv]
This
time is no different
I
control my urge to feed
Stalking
your scent
Through
the kitchen
This
type of social gathering
Leaves
openings for speech
And
I would talk to you
But I'm twisting
If
you knew what I was thinking
You'd
probably drown me
In
what you were drinking
I'd
swim for sure
I'd
swim for sure
I'd
swim for sure
To
hold you
To
hold you
Tiny
little shivers
From
across a crowded room
Every
time I see you
You
haunt me
I
know that it's possible
I
have dreamt that it came true
That
you left him
And
you want me
Which
mode are you in?
Is
this the poor little girl
My
princess
My queen?
I'll
take them all
I'll
take them all
I'll
take them all
To hold you
And
to hold you
If
you knew what I was thinking
You'd
probably drown me
In
what you were drinking
I'd
swim for sure
I'd
swim for sure
I'd
swim for sure
To
hold you
To
hold you
To hold you
Segui attentamente la
canzone, parlava di brividi impercettibili
e del suo desiderio per una donna che chiamava principessa.
Posso stringerti ripeteva…..
Cercai di non rabbrividire, mentre percepivo i miei
respiri crescere piano.
Sollevai gli occhi verso quelli di Russell che, nel
frattempo aveva posato la chitarra a terra e stava venendo a sedersi
vicino a me. Sentii improvvisamente la sua bocca sulla mia, il suo sapore
caldo e la forza con cui le sue dita chiedevano, correndo verso il mio
collo e poi lungo la spina dorsale.
Lo assecondai dapprima lentamente e poi sempre più in
fretta, con movimenti strani del corpo e lievi strette alle sue spalle
larghe.
Una strana confusione mi avvolse completamente, sentivo
ancora le sue mani circondarmi la schiena e poi passare sui miei seni e
chiudesi dolcemente sopra.
Il suo sguardo mi sfiorava la pelle, e mi parlava
perfettamente dei suoi desideri…
Voltai per un istante il viso verso la finestra, la
notte era scesa con il suo silenzio che cullava le stelle.
“Sei così dolce Russell”gli dissi, accarezzandogli
la guancia con la punta delle dita e sorridendogli lentamente.
Lui mi guardò con profondità.
“C’è un bellissimo sole sul tuo sorriso Lisa”mi
rispose, passandomi un dito sulle labbra socchiuse..
“Porterò questo sole con me in Australia”mi disse,
avvicinandosi a baciarmi.
Sentivo le lacrime formarsi nei miei occhi e il dolore
perforarmi, inesorabilmente il cuore.
Tra un giorno se ne sarebbe andato pensai e mi avrebbe
lasciata persa, nei miei giorni di sempre..
Piccoli lampi nelle nostre menti, illuminavano il buio
dei nostri silenzi.
Mentre continuavamo a guardarci giocare, con i nostri
sguardi…
“Andiamo a dormire…”mi disse Russell. prendendomi
in braccio.
Mi appoggiò delicatamente sul letto e si coricò vicino
a me…
Rimanemmo così vicini ed abbracciati, a guardare il
viso pallido della luna che faceva capolino dalla finestra senza tendine.
Ci domandammo con la mente assonnata, cosa provasse ad
essere immersa nell’oscurità.
Ma lei continuò a rimanere in
silenzio e alla fine non ci diede nessuna risposta.
E dire che ci saremmo
anche solo accontentati che ci mandasse, un piccolo saluto
con
l’alito del vento..
Ma forse quella notte era troppo
stanca, per stare dietro ai nostri pensieri in corsa.
Ci addormentammo con i
respiri che si univano piano tra di loro.
Oramai il sole stava tramontando,
il trillo del campanello mi fece aprire di colpo gli occhi, guardai
Russell dormire tranquillo e mi precipitai ad aprire la porta scendendo di
scatto dal letto.
“Laura!”
le esclamai, con la voce ancora ferma dal sonno.
“Lisa perdonami…ma questa
notte mi è successa un tragedia!!”mi rispose, con lo sguardo assente.
La guardai entrare in casa
velocemente e dirigersi verso la cucina…
E come potevo sbagliarmi, con
Laura erano sempre tragedie, pensai mentre
richiusi la porta con movimenti lenti delle mani.
“Vuoi spiegarmi cosa ti è
successo?”gli domandai, schiarendomi la voce e seguendola verso la
cucina.
Laura si mise seduta in un angolo
accanto alla piccola stufetta che, giaceva ormai da tempo inutilizzata.
“Hai presente la mia
cinquecento?”mi domandò, inghiottendo con fatica..
“Bhè?”gli risposi cercando
anch’io di sedermi.
Mi raccontò per filo e per segno
la sua umiliante disavventura stava tornando da una festa, la stradina che
stava percorrendo era tremendamente buia, all’improvviso la ruota della
piccola e già precaria macchina prese
una cunetta e perse immediatamente l’equilibrio, adagiandosi su di un
lato…
“Senza contare che sono rimasta
delle ore a camminare, per trovare un telefono pubblico..”mi disse,
sbadigliando.
“Sfortunatamente avevo il
cellulare spento e non ti ho potuta avvisare..”mi disse, alzandosi dalla
sedia per andare a preparare un caffè.
“E le chiavi?”gli domandai,
passandomi una mano tra i capelli arruffati.
“Sono rimaste a casa di Lucia,
non te lo ho detto ma, sono riuscita ad arrivare fino a casa sua…”mi
raccontò ancora, facendo ruotare la macchinetta del caffè tra le mani.
“Mi sembra ancora di vederla
poveretta, aprirmi la porta con il viso ancora gonfio di sonno…”
disse, prendendo due tazzine dalla dispensa.
“Deve essere stato uno schok per
Lucia…lei che di notte, non si sveglierebbe per nessun motivo al
mondo..”gli dissi, stirandomi le braccia.
“Potevi almeno chiamarmi da casa
sua…”le dissi, continuando a stirarmi.
“Perdonami
lo sai che la mia mente, non arriva a tanto…..”mi rispose,
prendendo il pacchettino dei biscotti.
“Questa mattina serve un’altra
tazzina Laura”le dissi, allungando una mano verso il barattolo dello
zucchero.
Laura mi guardò perplessa…
“Non mi dire che è venuta di
nuovo a dormire Angela?”mi domandò, sospirando.
“No questa volta non è
Angela…ma un Angelo!!nel vero senso della parola..”gli risposi,
respirando forte.
“Un uomo qui, a casa
nostra!”mi disse, facendo delle strane smorfie con la bocca.
“Allora domani ci sarà un
miracolo in quel di Roma!”mi disse ancora, spegnendo il gas.
“Sei molto
spiritosa…davvero!”le risposi, accennando un sorriso ironico.
“Com’è?”mi chiese Laura,
versando il caffè nelle tre tazzine.
Ruotai gli occhi verso il
soffitto….
“Interessante”gli dissi
navigando con la mente, su di una una nuvoletta rosa.
“Che vuol dire interessante? non
puoi metterci un po’ più di impegno? “mi domandò, prendendo i
cucchiaini dal cassetto.
“Interessante, bello,
intelligente, dolce..e….”
“Ho capito è bravo a fare
l’amore …”mi disse, Laura bloccandomi le parole..
“Decisamente…”gli risposi,
sospirando.
“E non solo quello…è una
persona speciale con una gran voglia di vivere,con lui mi sento bene
vorrei che restasse con me per sempre..”le dissi, movendomi sulla sedia
e infilando le mani sotto le cosce.
Laura mi lanciò uno sguardo
diretto e brontolò alcune parole incomprensibili..
“Buongiorno…”
Ci voltammo verso quella voce così
possente e profonda..
“Buongiorno Russell dormito
bene?”gli domandai, andandogli incontro.
“Mmmmm si direi di si e poi mi
sono lasciato cullare per tutta la notte, dalla luce bianca della
luna..”disse, accennando un timido
sorriso.
Mentre abbracciavo Russell, mi
voltai per un istante a guardare il viso estasiato di Laura..
“Questa è Laura la mia
coinquilina!”gli dissi, allontanandomi da lui.
Russell gli allungò una mano…
“Piacere spero che non ti
dispiaccia se ho dormito qui!”gli sussurrò, piano.
Laura rimase con la mano nella sua
per qualche minuto, mentre la guardavo mangiarselo con gli occhi.
“Per niente….”gli rispose,
con lo sguardo fisso.
“Tutti caffè?”dissi
all’improvviso, cercando di aumentare un po il tono della mia voce.
Laura tirò indietro la sua mano
da quella di Russell e incominciò a fissare il pavimento.
Guardai per un momento fuori dalla
finestra, il vento faceva tremare gli alberi ma il sole era fermo nel
cielo, era una splendida giornata pensai voltando lo sguardo verso quello
di
Laura che
sorseggiava piano il suo caffè. Guardai Russell, giocherellare con
le mie dita…
“Ragazzuoli vi saluto” ci
disse Laura, alzandosi di scatto dalla sedia e posando la sua tazzina nel
lavello.
“Russell è stato un piacere,
quanto ti fermi?”gli domandò, tirando indietro i suoi lunghi capelli
neri.
“Domani riparto..”gli rispose,
lanciandomi un occhiata triste.
“Bene allora ci vediamo
stasera…se non avete altri programmi…”ci disse Laura, con un sorriso
malizioso.
Mi alzai anch’io dalla sedia e
cercai di rincorrerla verso la porta..
“Laura.!”la chiamai sottovoce.
“Dimmi Lisa”mi disse,
voltandosi di scatto.
“Questa sera siamo a casa se
vuoi cenare con noi..”le dissi, tirandomi giù con fatica
la maglietta corta.
“Ok!! Ma ti faccio una
telefonata più tardi per conferma, questa sera dovrei vedermi con Massimo
sempre se lui si libera dagli impegni, altrimenti, ma non voglio essere di
impiccio”mi disse, aprendo la porta.
“Ma quale impiccio, comunque
telefonami!”gli risposi, sorridendo.
“Ehi Lisa!”mi disse,
abbassando la voce.
Mi avvicinai al suo viso..
“Che c’è!”gli risposi,
mordicchiandomi le labbra.
“E quello sarebbe il tipo
interessante?”mi domandò, con un sorriso sornione.
“Che vuoi dire?”gli risposi,
accigliandomi.
“Che più che interessante io
dire che è bellissimo, sensualissimo, e con quegli occhi che sembrano
dire prendimi in ogni momento…”mi rispose, schioccandomi un baciotto
sulla guancia.
“Ehi, allora non venire questa
sera!” le dissi, scherzando.
Guardai Laura ridere….
Rimasi con lo sguardo imbambolato,
mentre sentivo la porta richiudersi rumorosamente.
“Che facciamo questa
mattina?”mi domandò Russell, prendendomi per la vita.
“Devo andare in ufficio, ho dei
bozzetti da portare a Carla e un mega appuntamento con un cliente
noiosissimo.”gli sussurrai, sbuffando.
“Posso venire con te?”mi
chiese supplicandomi con un tono di voce da cucciolotto.
“Mmh, meglio di no!”gli
risposi allontanandomi dalle sue baraccia per andare a farmi una doccia.
“Che vuol dire quel Mmh? lo usi
spesso…”mi disse venendomi dietro.
“Quel Mmh, vuol dire che non
conosci bene le mie colleghe!!!”gli risposi, aprendo l’acqua.
“Sono carnivore?”mi domandò,
ridendo.
“Si con alcuni tipi di uomini, e
specialmente con quelli che vengono dall’Australia..”gli risposi,
infilandomi nella doccia.
Mentre tirai la tendina ,sentii
Russell ridere..
“Dai portami con te voglio
vederti mentre disegni…”mi disse, scostando un po la tendina per
guardarmi.
“Ok ma solo se non ti metti
quella camicetta nera, tanto provocante..”gli dissi, insaponandomi.
Rise.
“Va bene cercherò di
imbruttirmi un po’ che ne dici di questa camicia a quadri?”mi domandò,
facendomela vedere al di sopra della tendina.
“Direi che è brutta al punto
giusto..”gli risposi, ridendo.
Mi asciugai piano mentre con una
mano, cercai la crema per il corpo alla vaniglia ..
Russell mi venne in aiuto, lo
guardai aprire lentamente il tubetto e spremerne un pò sulle mie spalle.
Le sue mani scorrevano piano,
sulla mia pelle ancora umida.
Un piacere quasi selvaggio, mi
invase all’improvviso..
Mi voltai verso il suo corpo
vestito, gli passai una mano intorno alla nuca e lo attirai verso le mie
labbra, lo avvolsi con la mia lingua, e sentii il suo respiro accelerare.
“Se non fosse così
tardi….”gli sussurrai, piano all’orecchio.
“Se non fosse così tardi?
Finisci la frase…”mi rispose, passandomi la lingua sul collo.
Scivolai lungo il suo corpo ed
arrivai con il viso, vicino ai bottoni dei suoi pantaloni chiari.
Incomincia a slacciarglieli uno
per uno, mentre sentivo le sue mani aiutarmi….
In un attimo i suoi slip erano a
terra, insieme al mio asciugamano.
Alzai la testa verso Russell e mi
accorsi che stava perdendo ogni controllo, mentre lasciavo scorrere le mie
labbra sul suo sesso. Lo sentii sospirare ed esplodere con un lungo grido
liberatorio.
“Mio Dio!” ansimò, Russell.
“E’ stato fantastico Lisa”
mi disse, riaprendo lentamente gli occhi.
Mi rimisi in piedi e lo abbracciai
con una passione devastante….
“E’ tardi, vado a
vestirmi”gli dissi, respirando affannosamente.
Mi sorrise sulle labbra.
Mi divincolai dalle sue braccia
che mi tenevano stretta e andai in camera.
Indossai un vestitino di seta
rossa molto leggero che, lasciava la mia schiena completamente nuda. Mi
pettinai i capelli lunghi e li avvolsi, in una coda di cavallo.
Russell era fermo, sul ciglio
della porta a guardarmi..
“Sono pronta!”gli dissi,
prendendo la borsetta sulla poltroncina della camera.
Uscimmo da casa, l’aria era
tiepida Maggio incominciava a farsi sentire.
Intorno a noi solo il profumo
inebriante delle rose.
“Roma è bellissima..”mi
disse, guardando fuori dal finestrino socchiuso.
Lo guardai sorridendo..
“Lo sai che anche questa mattina
ti faccio vedere il Colosseo?”gli dissi cambiando velocemente la marcia.
Si voltò verso di me, con una
immensa luce negli occhi..
“Si ma solo di sfuggita, perché
il mio ufficio è proprio li vicino..”gli dissi ancora, con il sorriso
sulle labbra rosse.
Parcheggiai la macchina
all’interno del giardino della ditta.
“Lavori immersa nel verde!”mi
disse Russell, uscendo dalla macchina e alzando gli occhi verso gli alberi
di pini.
“I pini di Roma sono
magici..”gli risposi, sospirando.
Mi avvicinai a lui e gli presi le
mani…
“Dai vieni..”gli sussurrai.
Alice la nostra segretaria
ci accolse sorridente all’entrata, diedi una rapida occhiata al
viso curioso di Monica, che faceva capolino dalla porta dell’ufficio di
Luisa.
Guardai Carla venirci incontro,
con la sua solita aria insolente.
“Era ora che arrivassi, il
cliente è già da venti minuti nel mio ufficio”mi disse, con un tono
serioso della voce.
Scrutò per un attimo Rusell e
poi, gli diede la mano.
“Piacere Carla Morini”gli
disse, guardandolo dritto negli occhi.
“Russell Crowe” le disse,
porgendole la mano e allargando un pigro sorriso.
“Mi aspetti qui nel mio
ufficio?”dissi a Russell, sfiorandogli una spalla.
“Va bene”mi rispose, dando
un’ occhiata all’orologio.
Carla mi afferrò per un braccio e
mi condusse dal cliente, riempiendomi la testa di parole.
“Dico, lo hai portato per farci
morire di invidia?”mi sussurrò, all’improvviso in un orecchio e
stringendomi forte il braccio con la mano.
Mi voltai di scatto, verso il suo
sorriso ironico.
“Anche!” le risposi, chiudendo
la cartellina azzurra che tenevo nelle mani.
Entrai nell’ufficio di Carla sospirando, cercando di non perdere l’equilibrio sui
sandaletti a tacco alto, che avevo deciso di indossare quella mattina
sprezzante del pericolo, di rovinose
cadute.
Incontrai gli occhi scuri del
fascinoso cliente, lo guardai percorrermi con lo sguardo ogni centimetro
del leggero vestito.
Mi allungò una mano e mi diede il
benvenuta.
Il colloquio proseguì molto
tranquillamente, appoggiai sul tavolo i miei bozzetti e spiegai al cliente
le modifiche che avevo ritenuto di fare, per la nuova collezione
primavera-estate.
Lui mi sorrise di profilo, mentre
lasciva scorrere le sue delicate mani sui fogli.
“Direi che il suo lavoro è
ottimo e molto professionale signorina”mi disse, voltandosi a guardarmi.
Guardai Carla sorridermi
compiaciuta.
Gli sorrisi, abbassando gli occhi.
“Va bene, allora sta andando
tutto per il meglio!” ci disse il cliente, richiudendo la sua valigetta
di metallo.
“Signor Vincenti, l’unico
problemino sono quelle stoffe che le avevamo richiesto…”gli domandò
Carla, passeggiando nervosamente per la stanza.
“Oh! Ricordo, si quelle stoffe
di Pastel iridescent! provvederò immediatamente a consegnarvele.”le
rispose, alzandosi dalla sedia e porgendoci ad entrambe la sua mano.
Carla lo ringraziò
accompagnandolo all’uscita, mentre io me ne andai nel mio ufficio dove
era Russell.
Ma invece di entrare, rimasi sulla
porta a guardarlo parlare con due delle mie colleghe di stanza.
Era così sorridente e sensuale
pensai….
Lo guardai smuovere velocemente le
mani, raccontando con la sua voce vibrante, il suo lavoro di
allevatore di mucche.
Ruotai gli occhi verso i visi di
Paola e Michela, che continuavano a ridere scioccamente e a toccarsi in
continuazione i vestiti, i capelli….
Ma guardale pensai, sfoggiare
tutte le loro migliori armi di seduzione.
Entrai tossendo…
“Lisa!”mi disse, Russell
venendomi incontro.
Lo abbracciai forte..
Paola e Michela si guardarono
impacciate.
“Stavamo giusto parlando con
Russell, del suo straordinario lavoro a contatto con la natura..”dissero
entrambe, con sorrisi che si allargavano a mille.
Le guardai con uno sguardo
obliquo, mentre sentii l’aria della stanza farsi opprimente.
“Ma davvero..”gli
risposi,andando verso Russell..
“Per oggi ho finito”dissi a
Russell, mettendo via i disegni in un cassettone.
Russell mi guardò come fossi un
quadro bellissimo, mi venne più vicino e mi disse.
“Allora adesso sei tutta per
me!”
Voltai la testa verso Paola e
Michela che, nel frattempo avevano preso a disegnare…
Mi spostai piano dalle labbra di
Russell, che continuavano a sussurrarmi parole eccitanti all’orecchio.
“Ragazze ci vediamo domani, mi
porto un po’ di lavoro a casa..”gli dissi, prendendo due cartelline
con i bozzetti.
Mi sorrisero…stranamente.
“Quale lavoro?”mi domandarono,
tirando su la testa dai fogli e sorridendomi ironicamente.
“Questo!!”gli risposi,
voltandomi sulla soglia della porta e alzando con le mani le due
cartelline..
Sorrisero ancora e salutarono
calorosamente Russell con le mani.
Uscimmo dalla ditta abbracciati.
“Dove vuoi che ti
porti?”domandai a Russell, montando in macchina.
“Portami a Piazza di
Spagna!”mi rispose, chiudendo lo sportello.
Senza togliere i miei occhi dai
suoi ingranai la prima, girai il volante e partimmo verso la bellissima
scalinata di “Trinità dei Monti”.
Durante il tragitto in macchina
parlai a Russell, delle serate con il mio gruppo.
E mentre facevo scorrere le mie
mani sul volante, lui si voltò verso di me sorridendomi.
“Domani sera canto!”gli dissi,
contraendo i muscoli delle spalle.
Lo guardai in viso, sembrava un
grande ragazzino con gli occhi pieni di vita e con
una naturale predisposizione al sorriso.
“Domani devo partire Lisa..”mi
rispose, con gesti senza significato e scuotendo la testa.
“Non
puoi fare neanche uno strappo alla regola?”gli domandai, ricordandomi
quando me lo disse lui.
Russell sospirò forte nel suo
grande petto.
“Purtroppo no Lisa..”mi
rispose, con un impercettibile sorriso.
Abbassai lo sguardo verso le sue
mani che, si tormentavano furiosamente i capelli.
Mi sentii lo stomaco contrarsi con
violenza e la mente schiacciarsi, al pensiero della sua partenza.
Lasciai la macchina, in una fascia
di parcheggio verso il corso……
Il silenzio si era improvvisamente
impadronito delle nostre labbra, ci incamminammo verso “Piazza di
Spagna” con muti pensieri.
Guardammo la piccola fontana hai
piedi della scalinata..
“Saliamo su?”gli domandai,
con uno strano effetto della voce.
Rusell non mi rispose e con una
buffa piega agli angoli della bocca, continuò a guardarmi fisso negli
occhi, sconcertato dai movimenti furiosi delle mie mani sul vestito.
Ci sedemmo vicini sui gradini
della scalinata, ricoperta da vasi di meravigliose azalee fucsia.
Guardammo ancora incantati le
persone che salivano e scendevano velocemente le scale, mentre non
riuscivamo più a guardarci
negli occhi, senza dover prima rabbrividire.
Stavamo così immobili, a pensare
con le spalle verso il sole.
E ripensai alle sue prime parole,
alle sue mani che mi scivolavano sulla pelle, all’amore che avevamo
fatto in maniera travolgente.
Riportai alla mente i versi di una
poesia che, mai come in quel momento sentivo appartenermi.
“Era questo mi dicevo
l’amore? A due a due agglutinati insieme, per i bisogni del tormento
insieme,
l’uno nell’altra cuore
contro cuore…
Ma da ogni parte in me, ma il
senso in me, giorni e notti ammucchiarsi dentro me, avventarsi di annate
in un istante……
Oh paese dell’anima occupata!
Solo una volta lui mi ha penetrata da parte a parte con tutto il
coltello….io cosa faccio, cuore del mio cuore?
Come hai detto? Non
sento…..per favore non potresti parlare più forte?[v]”
Lasciavo scorrere quelle parole
nella mia mente, in uno stato intermedio di pensieri lucidi.
Russell si alzò improvvisamente e
prendendomi le mani mi disse.
“Andiamo a casa Lisa..”
Lo guardai negli occhi
sembravano oceani mi ci persi un istante, mi sembrava di poter
sentire l’acqua gelida accarezzarmi violentemente la pelle.
Rabbrividii……
Ci avviammo verso la macchina, con
movimenti rigidi del corpo.
Cercai di trovare parole in un
modo assolutamente disperato, ma come sempre era il silenzio a vincere tra
di noi.
Rimanemmo fermi con la macchina
davanti ad un semaforo rosso, guardavamo il traffico e ci rincorrevamo con
lo sguardo su possibili sviluppi.
Allungai la mano verso lo stereo
per accenderlo…
All’improvviso una canzone di
Baglioni mi prese in pieno cuore.
“E lungo il Tevere che andava
lento, lento noi ci perdemmo dentro il rosso di un tramonto fino a gridare
i nostri nomi contro il vento….tu fai sul serio io no!
Tra un valzer pazzo cominciato
un pò per caso tra le tue smorfie e le mie dita dentro il naso, noi due
inciampammo contro un bacio all’improvviso è troppo bello per essere
vero, per essere vero……
Amore mio….ma che gli hai
fatto tu a quest’aria che respiro e come fai a starmi dentro ogni
pensiero giuralo ancora che tu esisti per davvero….
Amore mio….ma che cos ’hai
tu di diverso dalla gente, di fronte a te che sei per me
così importante, tutto l’amore che io posso e proprio niente….
Mi voltai
verso gli occhi di Russell..e lasciai scorrere
le ultime parole della canzone…
E dopo aver riempito il cielo
di parole comprammo il pane appena cotto e nacque il sole che ci sorprese
addormentati sulle scale la mano nella mano…”
“Ferma la macchina Lisa”mi
disse, avvicinandosi a me.
Cercai di ritornare al suono della
sua voce…
Accostai vicino ad un marciapiede
l’auto e spensi il motore.
Russell mi prese tra le braccia,
in una posizione scomoda…
“Lisa, Lisa..” continuò a
ripetermi, prendendomi il viso tra le mani e riempiendomi le labbra di
tanti piccoli baci che, si alternavano ad altri più avvolgenti e
penetranti.
Lo guardai piangere, le lacrime
gli scendevano lente dagli occhi velati.
Avvicinai il mio viso al suo e gli
strinsi forte la mia mano tra i capelli.
“Ti prego non piangere
tesoro..”gli dissi, cercando di annientarmi in lui.
Ci allontanammo per un attimo…
Fuori dalla macchina il sole stava
ormai tramontando, avvolgendo i nostri visi in una rossastra luce.
Mentre il vento giocava a far
tremare i pini di Roma…
Ci sembrava che il tempo, si fosse
improvvisamente fermato al nostro abbraccio e alle nostre parole.
Riaccesi di nuovo la macchina e
partimmo verso casa..
Quando entrammo in casa, sentii
ancora le sue mani stringere, sfiorare, percorrere ogni parte del mio
corpo.
“Lisa vieni con me in
Australia”mi disse, abbracciandomi da dietro.
Respirai forte ma non avevo più
aria nei polmoni.
Cercai di non soffocare..
Mi voltai verso di lui, con gli
occhi che parlavano per le mie parole.
Fermò il suo sguardo nel mio per
un po’e si allontanò da me prendendo il cellulare.
Rimasi ferma davanti allo specchio
della stanza, mentre mi arrivarono all’orecchio alcune lontane parole di
una canzone…..
“La costruzione di un
amore…spezza le vene delle mani..mescola il sangue con il sudore…
Ma intanto guardo questo amore
che si fa più vicino al cielo come se dietro all’orizzonte ci fosse
ancora cielo, son io e son qui e mi meraviglia…
Ma no son proprio io lo
specchio alla mia faccia…son io che guardo questo amore che si fa più
vicino al cielo come se dopo tanto amore bastasse ancora il cielo e tutto
ciò mi meraviglia tanto che se finisse adesso io chiederei che mi
crollasse addosso….”
[vi]0
Lasciai scorrere le lacrime a
quella canzone…
Guardai Russell parlare al
cellulare, gesticolando delicatamente con le mani.
Le lacrime scendevano velocemente
dai miei occhi liquidi, mentre cercavo di toccarmi il cuore con le dita
per farlo tornare a battere.
Lo squillo forte del telefono, mi
fece sobbalzare improvvisamente.
Mi asciugai le lacrime,
strofinandomi gli occhi e andai a rispondere..
“Pronto?”dissi, con un filo di
voce.
“Ciao Lisa, sono Laura!”mi
sentii dire, frettolosamente da una voce metallica.
“Laura…”le sussurrai piano,
con la voce ancora rotta dal pianto.
“Lisa ma stai bene?”mi chiese,
con un tono della voce preoccupata.
Mi soffiai forte il naso..
“Si, ho solo preso un po’ di
raffreddore”le risposi, mentendo.
Laura rimase in silenzio per un
momento…
“Si, vai a raccontarlo a
qualcun’ altro, ma non a me che ti conosco da una vita!!”mi disse,
soffocando la voce.
“Senti ora non posso dirtelo, ma
quando vieni ti racconto tutto!”le dissi, scoppiando improvvisamente a
piangere.
“Lisa…..ma cosa è successo,
piccola!!così mi fai preoccupare”mi rispose, alzando la voce.
“Domani parte!!!”le dissi,
tirando su con il naso.
“Povera….adesso vengo e non lo
faccio partire..”mi rispose, dolcemente.
“Lalla non c’è nulla che
posso fare per farlo restare, lui ha la sua vita in Australia ed è giusto
che parta..!”le dissi, continuando a piangere come una bambina.
“Lisa vorrei starti vicina
questa sera, ma Massimo si è liberato e capisci no!..”mi disse,
sconsolata.
“Non preoccuparti, stasera è
l’ultima sera che stiamo insieme!!”le dissi, singhiozzando.
“Spero solo di non morire prima
di domani..!”le risposi, passandomi una mano sulla fronte.
“Stai su…ciao”mi disse
Laura, riagganciando la cornetta del telefono.
“Ciao”le risposi, rialzandomi
dal pavimento e posando il telefono sul tavolino.
Guardai Russell, venirmi incontro.
“Lisa devo fare un salto a
“Villa dei Quintili”mi disse, asciugandomi gli occhi con la mano.
“Ho già chiamato un taxi, sarà
qui a minuti”mi disse ancora, venendomi più vicino.
“Ma tu stai piangendo!”annuì,
stringendomi a lui.
“Non devi piangere, non dobbiamo
piangere siamo stati così bene insieme in questi tre giorni..”mi
sussurrò, spostandomi delicatamente i capelli dal viso.
Lo guardai tra le lacrime, che
continuavano a scendere dai miei occhi…
“Vuoi che ti accompagni?”gli
domandai, sfiorandogli la schiena.
“No tanto faccio in un attimo,
vado a riprendermi il mio pik-up e le due valigie e poi quando torno ti
porto a cena fuori..ti va?”mi disse, baciandomi la fronte.
“Ok”gli risposi ,avvicinando
il mio viso al suo.
Lo guardai montare sul taxi bianco
e partire veloce…
Mi guardai intorno Tecla dormiva
tranquilla sulla poltrona, avevo la mente completamente svuotata da ogni
tipo di pensiero e parola.
Entrai
in cucina e misi dell’acqua sul fuoco per farmi del tè.
Scostai le tendine della finestra
e mi persi con lo sguardo di fuori…
Guardai le rose ondeggiare al
vento di Maggio…
Le strade erano affollate e nessun
rumore riusciva a riportarmi alla realtà.
Passarono un paio di orette,
quando all’improvviso sentii Russell aprire la porta.
Mi tirai su dal lettino di velluto
rosso, dove mi ero sdraiata ad aspettarlo.
Aveva due valigie nelle mani e uno
strano sorriso sulle labbra.
Lo guardai posarle a terra e
venirmi incontro…
Nel frattempo mi ero preparata per
uscire, avevo indossato un vestitino di mousseline a pois con dei
sandaletti a tacco alto, i capelli erano sciolti sulle spalle e sul viso
un leggero filo di trucco.
Russell, mi guardò estasiato.
“Sei bellissima”mi disse,
sfiorandomi i fianchi.
Gli sorrisi, cercando di
allontanare quello strano dolore che, tornava a lambirmi il cuore.
“Tutto a posto alla Villa?”gli
domandai, alzandomi dal lettino e afferrando la borsetta sul divano.
“Si tutto ok!”mi rispose,
seguendomi alla porta.
Salimmo in macchina e Russell mise
in moto..
Guidava molto lentamente, verso il
lungo Tevere…
Le luci della notte ci
illuminavano il viso falsandoci i
lineamenti.
Scendemmo dalla macchina,
sorridendoci stranamente.
Guardai la luna illuminare il
cielo nero e le stelle brillare con uno strano effetto di luce.
Cenammo in un ristorantino
caratteristico, immerso in fragili alberi di ulivo e avvolto dagli
intrecci delle immancabili rose.
Ci guardammo tutta la sera negli
occhi, parlammo di cose importanti e stupide allo stesso tempo, parlammo
di tutto come se avessimo avuto paura, di lasciarci senza averci detto
abbastanza.
Tornammo a casa ,seguiti passo per
passo dal viso a spicchio della luna.
Tecla era ancora sulla poltrona a
dormire…
Segui con lo sguardo Russell,
richiudersi la porta alle spalle.
Mi venne vicino, sfilandosi il
giubbottino di pelle nera.
“Ti va di ballare?”mi domandò,
buttando lo sguardo verso lo stereo.
“Si”gli risposi, mentre si
avvicinò ad accenderlo.
Frugò un po’ tra i miei tanti
cd e ne prese uno, a cui ero davvero affezionata.
“Qual è la canzone sui cui vuoi
ballare?”mi domandò, porgendomi il cd nelle mani.
Lasciai scorrere i miei occhi
sulle dieci canzoni e ne scelsi una, indicandogliela con un dito.
Prese il cd, lo mise all’interno
dello stereo e spinse il play.
Si avvicinò a me lentamente e mi
passò una mano dietro la schiena, sentii il suo viso vicino al mio e il
profumo della sua barba avvolgermi vorticosamente i sensi.
Mentre la canzone Everybody
Hurts dei R.E.M partì
con le sue dolci parole….
Noi, incominciammo a ballare
lentamente.
“When
your day is long
And the night
And the night is your's alone
When you think you've had enough
Of this life
Hang on
Don't
let yourself go
'Cause everybody cries
And everybody hurts
Sometimes
Sometimes
everything is wrong
Now it's time to sing along
When your day is night hold on
Hold on (hold on)
If you feel like letting go
(Hold on)
If you're sure you've had too much
Of this life
Hang on
'Cause
everybody hurts
Sometimes
Take comfort in your friends
And everybody hurts
Don't
blow your hand
Oh-oh no
Don't blow your hand
If you feel like you're alone
No, no, no, not alone
If
you're on your own
In this life
The days and nights are long
You're sure you've had too much
Of this life
To hang on
Yeah
everybody hurts
Sometimes
Everybody cries
Sometimes
Everybody hurts
Sometimes
Everybody
hurts sometimes
So
hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on
To
know you're not alone”
Sentii le mani di Russell
stringermi forte….
E rimanemmo a ballare ancora per
qualche istante, anche se la musica era finita.
“Ti amo Lisa”mi disse,
baciandomi sulle labbra, sentii la sua lingua avvolgermi delicatamente e
affondare piano nella mia bocca.
Non riuscivo a dirgli il mio ti
amo, era come intrappolato nel mio cuore.
Respirai forte mentre sentii
ancora le sue mani, alzarmi il vestito e sfiorarmi dolcemente le gambe…
Ci lasciammo andare ancora una
volta alla passione quella pura, quella a cui non puoi sottrarti e a cui
ti abbandoni completamente, senza nessun tipo di restrizioni.
Rimanemmo abbracciati sul divano,
con i brividi che ci sfioravano la pelle.
Mentre lasciavamo scorrere, le
nostre menti a queste parole…
“Le strade non portano a
nessuna meta; tutte terminano in noi.
La fiamma del crepuscolo ci
fonde in unità.
E’ bello camminare, sognare,
cantare. Bello essere gran tenerezza con un cuore vicino, (Con un dolore
remoto).
La sera si denuda, mostra i
suoi ori profondi.
Ogni forma ci incanta col suo
vino gioioso.
Ormai non c’è nulla: -
passato, futuro, ombre, gioie -, fuori di noi.
La sera spolvera il suo caldo
tesoro.
I suoi pampini di fuoco
stillano nei nostri occhi.
La sera è nostra. Il mondo fu
fatto per noi.
Siamo il suo centro vivo e gira
il tempo intorno.
Passa e non può ferire col suo
dolore remoto il nostro cuore vicino.
Le strade non portano a nessuna
meta; tutte terminano in noi.[vii]”
Ci addormentammo con le mani
intrecciate tra di loro, mentre avremmo voluto in quella nostra ultima
notte, recidere le stelle del cielo per conservare un po’ della loro
luce, ed usarla nei nostri prossimi giorni bui…
Il
mattino ci sorprese addormentati mano nella mano.
Mi tirai su dal letto lentamente e
lasciai la mano di Russell, abbandonata nel sonno.
Rimasi per un pò seduta
a guardarlo dormire, aveva i capelli scompigliati sul cuscino e i
suoi occhi chiusi sembravano quelli di un ragazzino, le sue lunghe ciglia
sbattevano ogni tanto sulle guance rosate.
“Che posso fare adesso?” mi
domandai ,con il cuore che sanguinava già a tre ore dalla sua partenza.
Non avrei dovuto innamorarmi, non
ero preparata per tutto questo, continuai a pensare tormentandomi la
mente…
Avrei voluto tenergli la mano
ancora un po’avrei voluto scappare velocemente da quel letto, avrei
voluto guardarlo ancora una volta vestirsi e avrei voluto entrare in una
delle sue tasche e restarci per sempre…..
All’improvviso si mosse nel
sonno, sospirò allungando una mano verso di me.
“Buongiorno Lisa”mi disse, con
un filo di voce e aprendo lentamente gli occhi.
Rimasi ferma, ogni movimento ed
ogni parola mi pesavano terribilmente..
“Buongiorno Russell”gli
risposi, sciogliendomi dentro ai suoi occhi socchiusi.
“Lisa…”mi sentii chiamare,
con suono dolce della sua voce.
Mi avvicinai alle sue labbra..
“Portami al mare questa mattina,
ho bisogno di guardarlo insieme a te prima di partire.”mi disse,
allungandosi verso di me e toccandomi una spalla.
Sentii, una profonda corrente
attraversarmi violentemente la pelle..
“Va bene” gli, risposi
rabbrividendo a quel contatto.
Mi alzai dal letto, con una strana
sensazione.
Andai in cucina, scostai dal vetro
le tendine con i papaveri disegnati e guardai il sole sorgere piano da
alcuni alberi di pini.
Russell mi raggiunse poco dopo, lo
sentii avvicinarsi a me e cingermi la vita con le mani.
Non una parola tra di noi…
Mi guardò profondamente negli
occhi, mentre con una mano sicura mi slacciava il dietro della camicia da
notte, la sentii scivolarmi dalle spalle con un sottile fruscio.
Seguii le sue mani percorrermi la
pelle, mentre appoggiai le mie sul suo torace possente e sulle sue spalle
larghe…
Provai un desiderio straziante e
doloroso tracciando con le dita, il contorno del suo viso.
Chiusi gli occhi per un istante,
al calore del suo corpo vicino al mio.
“Lisa”mi sentii ancora
chiamare, ma questa volta con una voce rotta dal desiderio.
Sorrisi..
Poi lentamente incominciammo a
fare l’amore.
Provai un dolore terribile quando
lo sentii penetrarmi per l’ultima volta, rimasi immobile a quella
angoscia mista al piacere che mi struggevano l’anima e il cuore.
Riaprii gli occhi lentamente verso
quelli di Russell, lui abbassò la testa verso il mio viso e mi sfiorò le
labbra con la sua soffice barba.
Non riuscivo a respirare, mi
sembrava di assistere impotente alla sua partenza.
Mi sentivo distrutta, avevamo
fatto l’amore per l’ultima volta? mi domandai, con il cuore che
diminuiva i suoi battiti..
Sentii ancora le labbra di Russell
sulle mie, baciarmi e insieme mormorarmi piccole parole di consolazione.
Ma non volevo la sua consolazione,
avrei voluto solo che restasse.
I nostri sguardi si
intrecciarono..
Con uno sforzo enorme, mi tirai su
dal suo corpo pesante.
“Vado a vestirmi e tu dovresti
fare altrettanto” gli dissi, con un tono leggero della voce.
I suoi occhi mi perforavano.
Mi mossi lentamente per la stanza,
cercando di raccogliere i miei vestiti.
Non c’era più tempo da
perdere…
Rabbrividii mentre mi feci,
scivolare addosso il vestitino di seta.
“Quindi niente più sangue” mi
dissi piano nella mente, cercando di tamponarmi il cuore con nuove parole.
“Passerà……….”
In fondo era facile, dovevo solo
trovare un po’ di forza per dimenticare il suo viso e questi due gironi
di passione che avevamo trascorso insieme, ma sentivo nell’anima solo il
forte rumore di un dolore che mi conduceva a quella lenta perdita.
Russell mi raggiunse in silenzio
verso la porta.
Mi fissò con una strana luce
negli occhi..
Cercai di scacciare dalla testa,
gli ultimi pensieri malinconici.
Il caldo di Maggio ci avvolse
all’improvviso, ma sentimmo lo stesso i brividi percorrerci
la pelle..
Salimmo ognuno nelle proprie macchine e le mettemmo
in moto.
Sentii lentamente una lacrima
,scendere sotto l’occhio sinistro e disegnare un piccolo rigo sul mio
viso.
Guardai Russell dallo specchietto
retrovisore, lo immaginai per un istante seduto accanto a me,con le mani
incrociate sulle ginocchia.
Lo guardai attentamente, era
tranquillo e con un colore blu accentuato degli occhi.
Cercai attentamente di seguire le
indicazioni per il mare di Freggene, tra meno di due ore sarebbe partito.
Lui mi seguiva piano.
Aprii gli occhi a metà, mentre il
mare ci si allargava piano dinanzi.
Parcheggiammo le macchine, verso
una piccola fontana vuota.
Russell scese lentamente e si
diresse verso il mare, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
Guardai per un istante il cielo,
c’èra ancora una incerta luna che fluttuava.
Raggiunsi Russell verso la riva…
Era seduto sulla sabbia e guardava
fisso verso l’orizzonte.
Poi si girò verso il mio viso,
illuminato da una strana luce del sole.
Avevo il mare e lui di fronte e
non riuscivo a capire se a scintillare, erano le onde o i suoi occhi che
mi guardavano.
Riuscii solo a capire quello che
mi stava per dire…
“Tra poche ore ho l’aereo”mi
disse, con un tono automatico della voce.
Ed io rimasi seduta sulla sabbia,
a guardarlo muovere le mani con disagio.
E non ho aggiunto nessuna parola,
per non complicare il mio già precario stato d’animo.
Aveva i lineamenti del viso
ammorbiditi dalla barba e i capelli un po lunghi, scompigliati dal vento..
Lo guardai come se lo avessi
incontrato per la prima volta e all’improvviso mi sembrò tutto assurdo,
in quei giorni passati insieme.
Pensai che si era concesso al mio
cuore con il contagocce, una piccola goccia per volta ed io avevo cercato
alla fine affannosamente, di raccoglierlo dentro di me come dell’acqua
nel bicchiere.
Ma era sempre troppo poco, per
dissetare la mia immensa sete.
Ed ora stava per ripartire mi
lasciava di nuovo da sola, con i miei giorni sempre uguali.
Come era
difficile pregarlo di restare, mi continuava
a guardare con la sua calma irritante, come se mi dicesse “ E’
tutto sotto controllo piccola”.
E continuava a bruciarmi il cuore,
con la sua sigaretta accesa….
“Sai queste cose fanno male
amore” gli sussurrai, piano
nell’orecchio.
All’improvviso mi guardò come
se fossi una pazza e si avvicinò per toccarmi, ed io mi allontanai con la
mente, per schivare la sue prossime imbarazzanti parole di conforto.
Mi dimenai con forza, mentre mi
imprigionava nelle sue braccia ed ecco che rividi chiare le sue parole,
messe insieme alle valigie accanto alla porta.
Mi afferrò per la vita e mi lasciò
affondare nella sabbia, e lottammo fino allo stremo delle forze per non
cedere a quel tanto febbrile bacio, che fino a pochi giorni fa ci
concedevamo fino a saziarci.
Lo imprecai con forza con tutta la
voce che avevo in gola, di andarsene per sempre.
Ma ero esausta
e infastidita dei suoi baci sulla bocca, per poterglielo dire con
maggiore convinzione.
Mi lasciò le labbra con un
sospiro di rassegnazione ed io lo fissai a lungo negli occhi, era pallido,
e riuscivo a mala pena a scorgere
la luce nei suoi occhi, mi senti improvvisamente le gambe deboli e capi
che oramai nessuna parola, sarebbe riuscita a
trattenerlo nel partire.
Mi lasciò così senza parlare,
distesa sulla sabbia tiepida,
mentre lo guardai allontarsi a piccoli passi verso la strada.
Rimasi ancora sdraiata sulla
sabbia, e pensai in un attimo di lucidità che se le onde del mare mi
avessero avvolta, non avrei avuto la forza di reagire e mi sarei così
rotta in mille pezzi, contro gli scogli.
Guardai con gli occhi inclinati
Russell, allontanarsi piano dal mare e dal mio corpo steso il suo pick-up
Giapponese scintillava al sole, lo vidi montarci su e partire a grande
velocità. Senza nessuna parola, senza nessun respiro, senza nessun
voltarsi, mentre mi sembrava di vedere come in una allucinazione alcuni
petali di rose scivolargli tra le ruote…
Mi alzai senza forze dalla mia
forma di sabbia e mi incamminai con passi incerti, verso la macchina.
“Più non voglio partire
verso quelle grandi coppe della sera.
Stringere le mani ghiacce delle
ombre più care..
Più non posso lasciare quelle
arie disperate…
Ne raggiungere quei vasti
contorni che mi aspettano al largo..
Ciò malgrado m’avvio verso
quei volti informi verso mobili linee che m’accerchiano sempre.
Le linee dei miei occhi
tracciano nell’indistinto quei paesaggi confusi quei giorni misteriosi,
con le sembianze del tempo ebbro quando passa l’amore.
Un amore senza oggetto che arde
giorno e notte e consuma la sua lampada il mio petto così stanco..
Di legare i sospiri che muoiono
volvendosi azzurre lontananze caldi paesi bianche sabbie.
Il greto su cui rotola l’oro
donde germina indolenza, il molo tiepido dove il marinaio si addormenta.
L’acqua perfida che giunge a
accarezzare la dura pietra sotto il sole goloso che bruca la verzura…
Il pensiero assopito pesante
che fa segno con gli occhi, i ricordi leggeri inanellati sulla fronte..
Il riposo senza risveglio in un
letto troppo profondo.
Il pendio degli sforzi
rimandati a domani, il sorriso del cielo che scorre nella mano…
Ma in specie i rimpianti di questa solitudine o
cuor serrato o cuor pesante o cuor profondo…
Giammai tu del dolore prenderai
l’abitudine.”[viii]
Alzai gli occhi al cielo e guardai
le nuvole, diventare lentamente più
scure.
Riportai la mente hai passi
incerti di Russell sulla sabbia, mentre se ne andava via per sempre…
Mentre
guidavo verso casa, mi sembrò di vedere la strada sprofondarmi davanti.
Ma cosa
stavo facendo? mi domandai ,con le lacrime che mi appannavano gli occhi.
Dovevo fare
marcia indietro e ripartire a tutta velocità verso l’aeroporto di
Fiumicino,
fare anche
un solo piccolo tentativo, bloccarlo per non partire o bloccare
l’aereo….
“Ancora un ‘ora “
“Ancora
un ‘ora “
“Ancora
un ‘ora “…….
mi
ripetevo, ossessionatamene nella testa.
Inchiodai
bruscamente con il piede sul freno, mi guardai per una attimo attorno e
con un violento gesto del volante girai verso l’indicazione, che mi
avrebbe portata da lui.
Correvo
come una disperata tra le macchine, tra le stradine tra i miei pensieri…
Frenai di
colpo e abbandonai la macchina, nel parcheggio dell’aeroporto.
Correvo
ancora, ma più disperatamente.
Entrai
attraversando di corsa le porte automatiche,lasciando scorrere gli occhi
sul tabellone degli delle partenze…
“Il Volo
Az 219 da Roma per Sidney,
partiva alle 11.00.”mi sembrava di non riuscire a leggere l’orario,
sentivo i miei pensieri accelerare e le mie parole rallentare piano.
I
viaggiatori che mi passavano davanti mi sembravano invisibili, avevo occhi
solo per quell’ora.
11.00
11.00……guardai
l’orologio, le lancette segnavano le 10 e 50….
Mi girai di
scatto tra alcune persone che, mi stavano dietro per leggere il tabellone
e inciampai rovinosamente su un distinto signore, con la barba bianca ed
una strana valigia in mano.
“Mi
scusi, non volevo”gli sussurrai ,appena.
Lui mi
guardò con uno strano sguardo e mi disse alcune parole, con un tono
lamentoso della voce.
Mi rialzai
da terra e mi accorsi che cadendo, mi ero fatta male ad
un ginocchio..
Mi
incamminai senza lamentarmi e iniziai a correre con fatica, verso
l’uscita di imbarco dei passeggeri.
Mi guardai
in giro ma Russell non c’era, non era seduto nella sala di aspetto e
vista l’ora pensai che si
era già imbarcato sull’aereo.
La
sicurezza mi bloccò all’ingresso della stazione, che portava
all’imbarco…
“Signorina
se non ha il biglietto non può entrare”mi disse, uno della sicurezza
con una strana voce impertinente e fermandomi con le braccia tese.
Lo guardai
per un istante…
“La prego
devo assolutamente parlare, con una persona che è salita
sull’aereo..” gli risposi, con gli occhi che mi bruciavano dalle
lacrime.
“Mi
dispiace, ma non posso aiutarla”mi disse ancora, squadrandomi il viso
accuratamente.
Mi sentii
morire lentamente…
Mentre
continuavo a supplicarlo, di lasciarmi passare.
Ma
invano…
Lo guardai
darmi un’occhiata rapida,
voltai lo sguardo verso il grande vetro che mi lasciava ammirare l’aereo
dov’ era Russell, mentre osservavo imbarcare molto lentamente i
passeggeri.
Mi
aggrappai con tutta la disperazione al vetro, le lacrime scendevano
copiose sul mio viso….
“Lacrime
di cristalli ghiacciate scendevano sulle stalattiti del mio cuore.
Acqua su
acqua, che continuamente scendeva sul
mio viso rigato….
Soffrivo
ma negavo a me stessa..avrei voluto comunicare con il mondo esteriore, ma
avevo paura delle mie sensazioni oblique…
Lacrime
miste a sangue del mio cuore, lacrime di ghiaccio che trafiggevano i miei
occhi come lame.
Anima
naufragata, avrei voluto salvarti, ma continuavo a piangere e a morire
affogata nel mio cuore..
Lacrime
trasparenti vi chiesi aiuto…
Ma voi
non mi sentivate e continuavate a scendere inesorabili…
Cercai
di raccogliervi dentro la mia anima, ma oramai non riuscivo più a
contenervi.
E’ la
fine….pensai con gli occhi sommersi da un velo d’acqua limpida..
Morirò
senza di lui..e del ricordo del suo sorriso, che era per me una goccia
d’acqua nel deserto…
Se solo
potesse ascoltare ancora per un istante il mio cuore…”
Pensai
ancora, ingoiando lacrime su lacrime.
La
voglia di averlo accanto a me, per l’ultima volta superava
la paura di perdere questo involucro che mi univa al mondo.”[ix]
Appoggiai
la testa sul vetro e guardai con un incrocio complicato, di pensieri e di
immagini l’aereo che lentamente richiudeva il portellone, per prepararsi
a partire.
“Ti amo
Russell”gli dissi, con le parole che si fermavano sul vetro appannato
dalle mie lacrime.
Sentivo il
rombo dei motori, e il mio cuore battere parzialmente.
Mi voltai
verso la sala d’aspetto e appoggiai le spalle nude sul vetro, socchiusi
gli occhi e aspettai l’aereo
alzarsi verso il cielo….
Scivolai
piano per terra, con addosso
memorie tattili dei nostri brevi giorni.
Mi voltai
di nuovo verso quel vetro sottile, come a cercare per l’ultima volta il
suo viso tra le nuvole del cielo, ma vidi solo una lunga scia di vapore
che, annebbiava i miei occhi e le mie sensazioni.
Mi alzai e
attraversai con passi lenti la sala d’aspetto…
I raggi del
sole mi penetravano gli occhi, rallentando i miei passi verso il
parcheggio.
Sentivo il
cuore,consumarsi ad ogni pensiero del suo viso…
Scivolai in
macchina e con una completa
assenza di emozioni, partii verso i miei giorni senza di lui…. Alzai per
un istante lo sguardo dalla strada e sentii il corpo e la mente,
ricoprirsi di spilli.
Cercai di
parcheggiare la macchina con minimi movimenti, il dolore al ginocchio
cominciava a farsi sentire. Entrai in casa, una strana sensazione di
soffocamento mi diede il benvenuta..
Guardai
Tecla stiracchiarsi da un lungo sonno e lanciai uno sguardo furtivo alla
tazza del tè che, avevo bevuto prima della sua partenza. Guardai
attentamente ogni cosa che mi ricordasse che lui era stato li con me, ad
un tratto il mio sguardo si posò su due fotografie, fermate con una
pinzetta metallica sul frigo, mi avvicinai e le presi tra le mani. Russell
era lui nella foto, lo immaginai nella sua fattoria a cavalcare i suoi
cavalli con i muscoli a fior di pelle.
Su
una delle due fotografie, c’era scritto qualcosa…
Rimasi a
leggerla ferma con la testa appoggiata al frigo, mentre sentivo le lacrime
formare un reticolo d’acqua, davanti hai miei occhi.
All’improvviso
lo squillo del telefono mi fece rinsavire, appoggiai le foto sul tavolo e
alzai la cornetta con una totale mancanza di forze nelle mani, mentre
sentivo le lacrime bruciarmi sul viso.
“Lisa, è tutta
la mattina che ti cerco, ma dove sei finita?”mi disse, una voce
squillante.
“Lucy!!!”le
sussurrai, schiarendomi la voce incerta.
“Va tutto
bene Lisa?”mi domandò, in tono preoccupato.
Era tutto
così difficile da spiegare…pensai.
“Tutto
bene Lucy, allora stasera dove cantiamo?”le domandai, con un tono della
voce sostenuto e cercando di
tornare con la mente a pensieri distanti da Russell.
“Al pub
Mediterraneo”mi rispose, raccomandandomi di essere estremamente
puntuale.
“Ok ci
sarò..”le risposi, ruotando gli occhi verso la chitarra appoggiata
vicino allo stereo, proprio come
l’aveva lasciata Russell.
“Allora a
stasera alle nove” mi disse, Lucia
in tono tranquillo e non aggiungendo altro.
La salutai e mi
incamminai verso il bagno, avevo bisogno di una doccia, di sentirmi
addosso dell’acqua fresca che lavasse via dal viso queste mie lacrime
calde.
Mi spogliai
molto lentamente e mi infilai sotto la doccia….
Parole su
parole affollavano la mia testa, immersa nella densa schiuma dello
shampoo.
Ritornai
con la mente, hai giorni passati insieme a Russell.
“I
think of you every minute of the day, I love you every minute of the day;
you
gone is hollow, bored, undearable.
I
feel under some emotional anaesthetic,
Unable
to plan or think or white or feel;
Mais
ça ira, these thinghs will go, I feel in an odd way against appearances,
things will come out right with us, perhaps.
As
you say, we got across the Godstow Marsh, reached Cumberland and its
hairbreadth Roman roads, climbed Hadrian’s Wall, and scared the stinking
Pict.
Marriage?
That’s another story.
We
saw the diamond glare of morning on the tar.
For
a minute had the road as if we owned it.”[x]
Uscii dalla
doccia con le lacrime che, si mescolavano con le gocce d’acqua ferme
sulle mie labbra.
Mi buttai
sul letto e incominciai a pensare a Carla
persa in ufficio a sbrigarsi anche il mio lavoro, a Laura che non
era tornata a dormire ieri notte, ed a
Lucia, Angela e Sara, che questa sera mi aspettavano tutte
emozionate per la nostra serata nel pub. Pensai ad Elena e Fabrizio, con i
corpi distesi sotto ad una palma, sperduti in un’isoletta deserta e
pensai a Russell al suo dolce
viso, hai suoi occhi che ogni volta che mi guardavano, mi sembrava di
vederci dentro una luce così forte da farmi male…
I suoi
occhi avevano il colore dell’esatta linea blu del cielo, che si incontra
nel mare.
Pensai se
li avessi guardati abbastanza a lungo, da non
riuscire a dimenticarli…
Guardai
fuori dalla finestra con la testa inclinata sul cuscino, il lieve vento
faceva ondeggiare le nuvole…
Socchiusi
gli occhi a quello scenario appagante e mi addormentai come una bambina,
esausta dei suoi giochi.
Mi svegliai
piano, una luce morbida filtrava attraverso la finestra…
Un leggero
vento, muoveva le tende bianche.
Allungai
una mano verso il comodino e afferrai la sveglia che nei giorni che
Russell era con me, aveva ripreso stranamente a funzionare.
“Le
otto!!”esclamai, alzandomi di scatto dal letto…
Ripassai
velocemente nella testa le parole di Lucia.
“Allora a
stasera alle nove…” mi disse, con un tono della voce tranquillo.
Aprii piano
l’armadio, mentre cercavo di togliermi di dosso l’accappatoio che
durante il sonno si era asciugato sulla mia pelle.
Frugai un
po’ con le mani al suo interno e tirai fuori un pacco largo e piatto..
Scostai i
fogli di carta velina che lo avvolgevano e mi si presentò davanti il
vestito per la serata, il tessuto di cui era fatto luccicava in tutto il
suo splendore metallico.
Lo stesi
sul letto, mentre mi tiravo su i capelli con le mani.
Lo guardai
luccicare di fronte a me, mille colori turbinavano e scintillavano in
chiari e scuri allo stesso tempo.
Me lo
lasciai scivolare addosso come seta e una forte vertigine, mi avvolse la
testa.
Presi i
sandaletti con il tacco alto da un’altra scatola e rimasi ferma davanti
allo specchio, a guardarmi affascinata.
Sembravo al
centro di una tempesta di colori e di sfumature che facevano risaltare, in
modo drammatico la mia pelle bianca..
I lunghi
capelli mi sfioravano le spalle in leggere onde
e gli occhi sembravano lanciare, strani lampi ora verdi ora grigi.
Feci un
passo indietro e afferrai la mia borsetta di lamè..
Mi accorsi
di respirai a stento quando nel salotto, mi piegai per prendere la
chitarra..
Ero triste
e malinconica e quei sandaletti con il tacco alto, mi facevano barcollare
pericolosamente sia il corpo che la mente.
Avrei
voluto restarmene a casa a leccarmi le ferite, ma pensai alle ragazze e
alla loro immensa voglia di esibirsi in un nuovo pub.
Respirai a
fondo ed aprii la porta.
Lanciai uno
sguardo nello specchietto retrovisore della macchina e partii.
Con un
immenso sforzo, cercai di staccare l’immagine di Russell nei miei
occhi..
Dovevo
continuare a vivere, pensai stringendo i denti.
Ma stavo
male non potevo negarlo, non potevo nasconderlo a nessuno.
E questa
sera se ne sarebbero accorte anche Lucia, Angela e Sandra.
Arrivai al
pub, stringendo la chitarra tra le mani.
Le ragazze
mi salutarono eccitate dal palco.
Avrei
voluto tornarmene indietro, come potevo cantare questa sera? non mi
sentivo la voce, il respiro e avevo dimenticato tutte le parole delle
canzoni.
Mentre
attraversavo il lungo corridoio del pub, mi sentii gli occhi dei clienti
addosso, me li sentivo scivolare lungo la schiena e assalirmi nei miei
pensieri.
Guardai
l’orologio e poi il viso preoccupato di Lucia le nove precise, puntuale
pensai cercando di darmi un tono felice.
Iniziammo
la serata con un pezzo forte dei Litfiba, tanto per smuovere le acque
calme del pub.
Mentre
cantavo, mi sentii la voce uscirmi a tratti dalle labbra….
E il corpo
dimenarsi in maniera rigida, di fronte alla gente che urlava e bevevo
birra.
Pensai che
se me ne fossi fatta un goccetto prima, adesso sarei stata più sciolta.
Ma prima
che quel pensiero prendesse consistenza nella mia mente, la canzone stava
oramai terminando.
Un caloroso
applauso, ci avvolse le orecchie.
Mi voltai
verso le ragazze e gli feci un’ok con la mano.
“Hey
bella ..”mi sentii, dire
improvvisamente.
Mi voltai
lentamente e vidi un ragazzo molto giovane che, con un gesto della mano mi
chiedeva di avvicinarmi a
lui.
Mi
inginocchiai dal palco e mi avvicinai al suo viso pieno di lentiggini.
“Volevo
chiederti se mi potevi cantare una canzone di Vasco Rossi”mi domandò,
arrossendo in viso.
“Ma
certo, come si chiama la canzone?”gli risposi, con un sorriso.
“Anima
fragile”mi disse, allargando i suoi occhi scuri.
“Ok!”gli
risposi, mettendomi in piedi.
Lo guardai
allontanarsi verso uno dei tanti tavoli e ringraziarmi con una strana,
luce negli occhi.
Parlai un
po’ con le ragazze e poi incominciammo a suonare, la canzone richiesta.
Mi
sentii il cuore frantumarsi in mille pezzi ed ogni piccolo
frammento, mi parlava di Russell.
Pensai se
mai lo avessi rivisto, mentre sentivo attraversarmi il cuore da un senso
di mancanza in spiegabile.
Forse un
giorno seduto ad ammirare la Fontana di Trevi, attraversare con passi
incerti i Fori Imperilai o fermo con lo sguardo, verso il Colosseo…
Forse…..
Forse….
Mentre
iniziai a suonare con la chitarra, cercai di annegare i miei occhi nella
sua immagine la polverizzai in tanti piccoli cristalli di luce e mi persi
a pensare che, quei cristalli mi potessero illuminare da un posto molto
lontano da me, l’Australia.
“E tu
chissà dove sei anima fragile…
Che mi ascoltavi immobile, ma senza ridere..
E ora tu
chissà dove sei, avrai trovato amore o come me cerchi soltanto
un’avventura…
Perché
non vuoi più piangere…
E la
vita…continua anche senza di noi che siamo lontani ormai..
Da tutte
quelle situazioni che ci univano, da tutte quelle piccole emozioni che
bastavano….
Da tutte
quelle situazioni che non tornano mai..perché con il tempo cambia tutto e
lo sai e cambiamo anche noi..e cambiamo anche noi….
La, la,
la ……..”
Ancora un
applauso…
Scendemmo
dal palco emozionate, stringendo le mani
che si allungavano verso di noi.
Salutai Angela , Lucia e Sandra ed uscii dal locale.
afferrai una
delle tante rose che, affollavano distese il muretto al mio fianco, la
strinsi forte tra le dita e con lo sguardo rivolto ad uno spicchio di
luna, m’ incamminai sussurrando
queste
parole tra labbra ….
“Russell
come me , le nuove rose sentiranno la tua mancanza.”[xi]
……Continua
[i]
“Che questo non sia più dinanzi a me” di
Rainer Maria Rilke
Che questo non sia più
dinanzi a me da cui oso volgere il viso:
strade aperte, cielo,
terre- il sorriso di nessun volto caro che le confonda.
Tutta la pena dei
possibili amori giorno e notte ho sentito tornare:
confusi un tempo e
remoti, ma uguali nel rifiutarmi una gioia serena.
Nessuna notte futura più
dolce sarà di quella notte lontana, quando allo sguardo di noi
rassegnati ogni discordia di nuovo fu piana.
Accanto a lei innamorata
nel sonno forse il distacco sembrava più lieve.
Il mare per questo dolce
volere dell’amica che dorme, una donna.
Quando ogni cosa che soli
ci ha avuti stupiva come un tradimento,
ora che tu sai che la
candela brucia se per angoscia il tuo lume si è spento.
[ii] “Senza risposta” di
Luciano Erba.
[iii] Accettami per tuo uomo, e
dammi tutte le chiavi delle tue paure e lascia che coi baci ti
asciughi queste lacrime. Rifugiati da me.
Non voglio farti male, o
amore! Lascia che io ti riscaldi.
Da
“The New Husband” Katherine Mansfield
[iv]
STRINGERTI
Questa volta non è diverso
Controllo la mia brama di nutrimento
Cacciando all’inseguimento del tuo odore
Attraverso la cucina
Questo tipo di riunione mondana
Lascia spazio ai discorsi
E io ti parlerei
Ma sono combattuto
Se sapessi a cosa stavo pensando
Probabilmente mi affogheresti
In quello che stavi bevendo
Sicuramente io nuoterei
Sicuramente io nuoterei
Sicuramente io nuoterei
Per stringerti
Per stringerti
Brividi impercettibili
Attraverso una stanza affollata
Ogni volta che ti vedo
Mi ossessioni
So che è possibile
Ho sognato che si avverava
Che lo lasciavi
E mi vuoi
In che tenuta sei?
E’ la povera ragazzina
La mia principessa
La mia regina?
Le prendo tutte
Le prendo tutte
Le prendo tutte
Per stringerti
E per stringerti
Se sapessi a cosa stavo pensando
Probabilmente mi affogheresti
In quello che stavi bevendo
Sicuramente io nuoterei
Sicuramente io nuoterei
Sicuramente io nuoterei
Per stringerti
Per stringerti
Per stringerti
[v]
“Adesso calma e sangue freddo…” di Patrizia Valduga
[vi] “La costruzione di un
amore” di Ivano Fossati
[vii] “Le strade non
portano” di Josè Hierro Real
[viii] “Sempre
l’amore” di Pierre Reverdy
[ix] “Lacrime” di Cristina
Fusi
[x] “Matrimonio” di Robert
Lowell
“Ti penso ogni minuto
del giorno, ti amo ogni minuto del giorno,
ti amo ogni minuto del
giorno;
senza te tutto è vuoto,
tedioso, intollerabile.
Mi par d’essere sotto
un qualche anestetico emotivo, incapace di volere o pensare o scrivere
o sentire;
mais ça ira, queste cose
andranno, lo sento in modo strano nonostante le apparenze, le cose
andranno a buon fine per noi, forse.
Come dici, abbiamo
attraversato la palude di Godstow, raggiunto il Cumberland e le sue
strade romane risicate,scalato il vallo di Adriano e impaurito i
puzzolenti Pitti.
Il matrimonio? Quella è
un’altra cosa. Abbiamo visto il bagliore di diamante del mattino
sull’asfalto.
Per un momento tenemmo la
strada come nostra.”
[xi]
“Il mantello” di Ezra Pound
Conservi il tuo petalo di
rosa finché non sia finito il tempo delle rose, forse credi che la
Morte voglia baciarti?
Forse credi che la Casa
Buia ti troverà un amante come me? Le nuove rose sentiranno la tua
mancanza?
Il mio preferisci al
mantello di polvere disteso sopra l’anno che è passato, assai più
devi temere dal tempo che dai miei occhi.
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