Per caso...
Prima parte
Finalmente ero riuscita ad ottenere
un posto di lavoro come receptionist in uno degli hotel più belli e
rinomati di Milano, e tutto grazie al direttore che conoscevo dai tempi
della scuola perché era venuto a farci alcune ore di “addestramento”,
non avrei mai pensato che si sarebbe ricordato di me, ero un’alunna
modello, ma di quelle timide che non dicono mai una parola e che esprimono
tutta la loro creatività e il loro apprendimento nei compiti in classe e
nelle interrogazioni, non ero mai stata una di quelle intraprendenti che
alzano continuamente la mano per esternare la loro opinione, e per questo
pensavo che per lui dovevo essere stata una come tante altre, visto che
non ci aveva mai posto dei quesiti con cui io avrei potuto dimostrargli la
mia passione per quel lavoro. Ma nonostante ciò, quando mi ero presentata
nel suo ufficio per quell’atteso colloquio mi aveva guardata con un’aria
ironica e mi aveva detto: “mi ricordo di te…..Sara, eri decisamente la
mia seguace più accanita, te ne stavi in un angolo della classe e
assimilavi ogni sillaba che dicevo, è per questo che quando mi sono
trovato il tuo curriculum sulla scrivania non ho esitato un attimo a
chiamarti… ti meriti questo lavoro più di chiunque altro… sei
assunta!”
Quelle parole mi avevano veramente
colpita, non mi aspettavo certo che sarebbe stato così facile entrare a
fare parte di un ambiente simile, erano tutti così eleganti, così
impeccabili, e io mi sentivo così goffa in mezzo a loro, era come se
dovessi imparare anche a muovermi, guardavo i miei nuovi colleghi dall’aria
altezzosa, così sicura di se, mi dicevo che io non sarei mai stata
capace, e che dopo pochi mesi mi avrebbero messa alla porta. Non ero certo
una gran bellezza, e non avevo neanche un gran fisico, tutte le mie
colleghe sembravano appena uscite da una sfilata di moda, erano così
perfette, truccate con la massima precisione e con fisici mozzafiato, più
le osservavo e più mi sentivo come un pesce fuor d’acqua.
Erano passati alcuni mesi da quando
lavoravo lì, avevo imparato alcune cose ma non mi sentivo ancora sicura,
non riuscivo certo ad essere così spontanea e con la battuta pronta come
gli altri, mi sentivo rigida come una spranga di ferro. Me ne stavo alla
reception, sola perché tutti gli altri erano in riunione, e io, visto che
ero l’ultima arrivata, ero stata esclusa, c’erano tutti gli altri che
esprimevano le proprie idee e magari parlavano pure male di me,
lamentandosi della mia scarsa professionalità e del fatto che ero
imbranata e goffa cercando di convincere il direttore a buttarmi fuori, mi
sentivo così agitata al pensiero di cosa avrebbero potuto dire o decidere
sul mio futuro, forse mi avrebbero degradata, o ancora peggio licenziata.
Non c’era altro motivo per cui io non ero stata invitata a salire con
gli altri nella sala riunioni, dopotutto facevo parte del personale anche
io, perché mi era stato riservato questo brutto scherzetto? Oltretutto il
giorno prima avevo compilato un modulo di richiesta di permesso per
prendermi due giorni di ferie, era la prima volta, ma decisamente
importantissima visto che finalmente Russell Crowe e i Tofog facevano una
serie di concerti a Milano e io non volevo certo perdermi questa
meravigliosa occasione, stavo incrociando le dita perché il direttore mi
desse il permesso, quando i miei colleghi scesero e mi dissero che lui mi
stava aspettando nel suo ufficio perché doveva parlarmi con urgenza.
Tremavo, sì, tremavo come una foglia, non c’era dubbio che avevano
discusso di me in quella riunione, e forse di lì a poco si sarebbe deciso
il mio destino… Mentre salivo le scale verso il suo ufficio credevo che
quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei fatto, che di lì a
poco me ne sarei tornata a casa con le sue parole che rimbombavano nella
mia testa e mi dicevano di lasciare perdere, che quello non era affatto il
lavoro adatta a una timida e imbranata come me.
Bussai alla porta, lui mi accolse
col solito sorriso ironico, non sapevo se prenderla sul ridere o sul
piangere, allora decisi di rimanere seria
“Voleva parlarmi?”
“sì… a proposito di quel
permesso di due giorni che mi hai chiesto per la prossima settimana”
iniziai a tremare, sapevo che non me
l’avrebbe concesso, non avrei visto il concerto dei Tofog…. No!!!!
“Purtroppo non posso concedertelo,
i tuoi colleghi saranno impegnati nell’organizzazione di vari congressi,
e tu dovrai rimanere alla reception, ci sarà un ospite molto importante,
e non voglio certo che venga trascurato, il nostro hotel ha tutto da
guadagnarci dalla sua permanenza, e tu dovrai passare più ore possibili
qui in hotel per assicurarti che sia soddisfatto”
“Ma come sarebbe….io…. io non
ho nessuna esperienza di come si accoglie un ospite importante… e
neanche del lavoro…la prego, non potrebbe occuparsene qualcun altro, va
bene per i giorni di ferie, ma posso affiancare gli altri… la prego”
“No, se ti affido questo lavoro e
perché ti ho osservata molto in questi giorni e credo che tu abbia una
grande professionalità e grandi capacità, è per questo che ho affidato
a te questo compito, gli altri non sono abbastanza empatici, non sono
pazienti come te e soprattutto sono troppo snob, troppo poco gentili,
potrebbero fare qualcosa che irriti il nostro ospite, voglio che sia tu a
seguirlo, il più possibile”
Uscii dall’ufficio del direttore a
testa bassa, come un cane bastonato, non solo non avrei potuto vedere
Russell in concerto, ma avrei anche dovuto seguire quello “stronzo”
che veniva al nostro albergo, magari chissà che razza di carattere aveva
se gli altri non erano abbastanza gentili e empatici per occuparsi di lui,
mi avrebbe senza dubbio fatta sentire una nullità, dall’alto dei suoi
soldi e fama… oddio, tutto ad un tratto mi domandai chi me l’aveva
fatto fare di andare a lavorare in un posto simile, perché non avevo
fatto la mia domanda ad un piccolo albergo a conduzione famigliare? Lì di
certo non avrei avuto di questi problemi! Iniziai a domandarmi chi potesse
essere quell’ospite famoso, il direttore non me l’aveva detto e nel
registro delle prenotazioni c’erano solo nomi normalissimi, di gente
comune, una cosa era certa: odiavo quel vip, perché per colpa sua io
avrei dovuto rinunciare a ciò che aspettavo da anni, vedere i tofog in
uno dei loro “gigs” e soprattutto ammirare il mio Russell.
Era finalmente giunto il giorno
della verità, quel tipo tutto snob sarebbe arrivato e avrebbe iniziato a
darmi ordini, finalmente avrei saputo chi fosse, e avrei potuto finalmente
capacitarmi della sua fama!
Era tardo pomeriggio, iniziai a
vedere un via vai di gente entrare e uscire dall’hotel con un sacco di
bagagli, uno di loro si avvicinò e mi mostrò il fax con la prenotazione,
doveva essere il manager della star, parlava inglese, lessi sul foglio, e
in effetti era vero, aveva probabilmente prenotato la camera sotto falso
nome visto che lessi “Mr. Peterson”, gli diedi le chiavi delle camere
per lo staff, e lui mi ringraziò. Uscì ancora una volta dalla porta d’ingresso
e rientrò questa volta con altre due o tre persone, doveva anche esserci
quella famosa star, morivo dalla voglia di scoprire chi fosse, come minimo
sarebbe stato uno di quegli attori o cantanti che avevo sempre odiato, era
nascosto dagli altri, che gli stavano attorno e continuavano a parlargli,
lui sembrava scocciato e stanco visto che non rispondeva alla minima
domanda, ancora non riuscivo a vederlo, si erano fermati sulla soglia e
andavano avanti a dirgli cose, lui ad un certo punto si doveva essere
stufato, perché prese la sua borsa da terra, se la mise a tracolla e si
avviò verso l’ascensore, fu un attimo, alzai gli occhi e il mio sguardo
si incontrò per un istante con il suo, ebbi un colpo al cuore, quello non
era altro che…. Lo guardai ancora, per paura che l’agitazione mi
avesse giocato qualche brutto scherzo, no, non c’erano dubbi, quello era
proprio Russell Crowe!!! Mi guardò per una frazione di secondo, sembrava
veramente arrabbiato e scocciato con il suo staff, fece per andare alla
porta dell’ascensore, mi accennò un sorriso controvoglia, poi
probabilmente si ricordò che non sapeva dove era la sua stanza, allora si
voltò, stava per andarlo a chiedere ai suoi uomini, ma ci ripensò e fece
un passo indietro, non ebbi tempo per preparare cosa dire, si rivolse a
me: “Scusa, mi puoi accompagnare alla mia stanza? E’ la prima volta
che vengo qui e non ho idea di dove si trovi, non vorrei perdermi!” Per
un attimo rimasi immobile a guardare in quegli occhi color del mare, non
sapevo se ridere o se piangere, ero completamente paralizzata, era
decisamente bellissimo, con quell’aria un po’ stanca e abbattuta, i
capelli lunghetti e la barba sfatta, avrei voluto gettargli le braccia al
collo e dirgli “ti consolo io tesoro” ma poi, dopo quella scena muta
che a lui doveva essere sembrata patetica, mi accorsi che stava aspettando
che io gli dessi qualche risposta, allora cercai di uscire dal mio mondo
per rispondergli con un timido “sì certo” ci avviammo verso l’ascensore,
oddio, stavo per svenire, io e lui da soli su un ascensore, cosa avrei
potuto dirgli? Avevo paura di fare la figura dell’imbranata. Cercai di
pensare a qualcosa: “spero che le piaccia la stanza” oddio…. Dalla
faccia che fece quello fu un pessimo approccio, mi accorsi che la mia voce
tremava mentre gli avevo detto quelle parole e che ero completamente
bordeaux in viso, chiunque avrebbe pensato che fossi super agitata per
qualche motivo, lui mi guardò all’inizio con aria pensierosa, poi
scoppiò a ridere: “certo che non sei molto brava a nascondere l’ansia”
rideva di gusto, Russell Crowe stava ridendo di me: “Non sono affatto
ansiosa” lui stava ridendo ancora “ ah no? Allora perché stai
tremando come una foglia?!”
Doveva essersi reso conto che stavo
per piangere, tutte quelle emozioni e adesso lui mi prendeva in giro, non
poteva capire come mi sentissi io in quel momento, avevo aspettato per
anni di vederlo, ma mai e poi mai mi sarei immaginata di incontrarlo in
una simile circostanza, di trovarmi sola con lui. Smise di ridere e tornò
a guardarmi con aria prima seria, e poi dispiaciuta, mi posò una mano
sulla spalla e poi mi disse: “vuoi una sigaretta?”io lo guardai
stupita: “no grazie, non fumo”
Arrivammo al piano della sua camera,
la porta si aprì e io schizzai fuori dall’ascensore, non ne potevo
più, avevo una tale pressione addosso, non sapevo se stavo per piangere
perché lui mi aveva presa in giro, perché ero felice di averlo lì a
pochi passi da me o per cosa altro, ma non volevo che lui pensasse che io
ero una fragile, allora cercai di non guardarlo negli occhi, mi diressi
spedita alla sua camera, sentivo il suo passo sicuro dietro di me, giunti
davanti alla porta gli dissi: “questa è la sua stanza”, lui prese le
chiavi, e mi guardò ancora: “ma perché stai piangendo? Ho detto
qualcosa di male?” “No, mi bruciano solo gli occhi…ora devo andare,
buona giornata” “ciao”
Dovevo essere stata un po’
sgarbata con lui, continuavo a ripetermi che probabilmente aveva pensato
che ero un’antipatica e non mi avrebbe mai più rivolto la parola… ma
lui non poteva capire tutte le emozioni che io avevo provato, la mia
timidezza mi aveva completamente bloccata e la sua aria strafottente nei
miei confronti mi aveva smontata completamente, mentre scendevo con l’ascensore
tutta sola le lacrime sgorgavano dai miei occhi senza fine….
Parte seconda
Non vidi Russell per tutto il resto
della serata, doveva essere distrutto dal viaggio, non scese neanche per
la cena e non chiamò nemmeno il servizio in camera. Andai a casa verso le
20, avevo finito il mio turno.
La mattina seguente alle 7 ero già
in albergo, l’ultimo periodo per me era di duro lavoro, lavoravo per
orari ormai indefiniti, e ancora di più in quei giorni visto che dovevo
stare dietro a lui.
Ero arrivata da poco al mio posto
quando la porta dell’ascensore si aprì e lui ne uscì più bello che
mai, portava un paio di jeans scuri con una maglietta bianca, aveva i
capelli pettinati all’indietro e la solita barbetta. Mi guardò e mi
sorrise, poi si avvicinò al mio bancone, “mi hanno detto che la
colazione la servite dalle sette in poi, sto morendo di fame… è
possibile avere qualcosa di sostanzioso?” “certo, parlo subito col
cuoco”, scesi dal bancone, gli passai davanti per andare a parlare con
il cuoco ma lui mi fermò agganciandomi il braccio “hey, hey, aspetta….
Non ho ancora finito con te… si può sapere come mai ogni volta che ti
parlo tremi come una foglia e diventi rossa come un barattolo di ketchup?!”
non avevo la minima idea di cosa rispondergli, non potevo dirgli che era
meraviglioso, che lo desideravo più di ogni altra cosa al mondo, che era
la mia ragione di vita, non in quel caso, dovevo tenere un atteggiamento
professionale, lui era un mio cliente, seppure speciale rimaneva solo un
cliente… abbassai lo sguardo, lui continuava a stringermi il polso con
la sua mano forte e sicura, poi con l’altra mi alzò il mento di modo
che potessi guardarlo dritto negli occhi, era divino, la barba sfatta, lo
sguardo ancora assonnato… avrei voluto perdermi in lui. “Rilassati, va’
tutto bene…” “adesso devo andare dal cuoco”… “non prima di
avermi promesso una cosa” “sì?” “oggi pomeriggio dopo le prove
per il concerto di stasera ho un po’ di tempo libero… vorrei fare un
giro dei dintorni della città con qualcuno che li conosca… mi
accompagneresti?” “beh… veramente dovrei parlare con il direttore…
non so se posso assentarmi così” “lui sa già tutto… gli avevo
chiesto di farmi seguire da una persona piacevole che avesse una buona
conoscenza della zona, così che avrei potuto farmi accompagnare da lei, e
non da quei maledetti rompiballe dello staff… allora?” “d’accordo”
“dovrei finire intorno alle 3, ci vediamo qui allora” “va bene”
diedi un ultimo sguardo a quel viso da brivido, poi mi avviai verso la
cucina.
Ancora non riuscivo a crederci, quel
pomeriggio avrei dovuto portare LUI a visitare i dintorni di Milano, non
avevo idea di cosa avrebbe voluto vedere, non sapevo come comportarmi e
per di più non sapevo come fare per non fare la solita figura dell’imbranata…
Decisi che la cosa che avrebbe apprezzato di più sarebbe stato stare un
po’ a contatto con la natura, quindi il parco di Monza era decisamente
la cosa più adatta allo scopo. La mattinata sembrava non finire più, e
anche le prime ore del pomeriggio passarono a rilento, non facevo altro
che pensare a cosa avrei detto o fatto quando sarei stata sola con lui.
Finalmente alle tre in punto lui mi
stava aspettando sul divanetto della hall, non mi ero neanche accorta che
fosse arrivato, allora abbandonai velocemente il posto di lavoro e mi
cambiai con qualcosa di adatto a quel caldo pomeriggio estivo smettendo
quella seria divisa.
Quando mi presentai davanti a lui mi
crebbero i dubbi nella testa, non sapevo se avevo fatto bene a mettermi
quella minigonna e quel top, lui mi guardò con aria frastornata, mi
squadrò da capo a piedi ma non capii se quello fu uno sguardo di
disapprovazione o di apprezzamento.
“allora, dove mi porti?” “ho
pensato che stare un po’ a contatto con la natura l’avrebbe aiutata a
rilassarsi prima del concerto di stasera Mr. Crowe…andiamo al parco di
Monza se le va” “fantastico… ho sentito che è enorme.. così
potremo chiacchierare un po’… però prima di tutto c’è una cosa che
devi fare!” “sì?!” “chiamami semplicemente Russell… nn vorrai
farmi sentire un vecchio distinti signore!” mi diede la mano e poi mi
disse “e tu come ti chiami?” “Sara” “ok Sara, piacere di
conoscerti” “il piacere è tutto mio”, strinsi per un attimo quella
possente mano, mi accorsi che la mia stava sudando per l’agitazione, lui
mi guardava come se stesse aspettando qualcosa “piacere Russell” mi
fece un sorriso e poi mi disse “andiamo?”
Ci avviammo con la mia macchina, mi
sentivo sotto osservazione e la cosa non mi piaceva affatto, già non ero
mai stata tanto brava alla guida, ci mancava anche quella di guidare con
lui accanto e magari di fare qualche figuraccia. E neanche a farlo apposta
nell’uscire dal parcheggio feci una pessima retromarcia, presa dall’agitazione
perché dovevo guardare dietro e avevo lui proprio lì a pochi centimetri…
oddio, tremavo ancora come una foglia. Russell scoppiò a ridere e mi
sentii la solita imbranata, ma poi per il resto filò tutto liscio. Io e
lui passeggiammo a lungo nel parco, lui sospirò: “wow…sembra di
essere a casa..finalmente un po’ di natura in tutto questo susseguirsi
di cemento e asfalto”
Dopo aver passeggiato per diverso
tempo Russell mi invitò a sedermi sull’erba con lui e poi iniziò a
farmi domande “allora, da quanto lavori qui all’hotel?” “da
qualche mese… beh, credo che la mia inesperienza sia piuttosto evidente…”
accennò un sorriso “no, a parte il fatto che ogni volta che stai con me
ti agiti, però per il resto credo che tu sia molto brava… ti dai da
fare ed è questo l’importante in ogni lavoro, metterci tutto te stesso,
solo così raggiungerai i tuoi obiettivi e potrai dirti soddisfatto del
tempo impiegato per arrivarci” rimasi stupita da quelle parole “credi
molto nel tuo lavoro ne deduco” gli dissi “sì, ho cercato di arrivare
dove sono adesso fin da quando ero alto così, mi sono fatto un culo
enorme, ma adesso sono felice di esserci arrivato, ma ho ancora parecchi
progetti per il futuro, vorrei che la mia band facesse successo, ma non
perché io sono Russell Crowe, il famoso attore, ma solo perché alla
gente piace la nostra musica” “ a me piace molto la vostra musica”
quella frase mi uscì spontaneamente dalla bocca, solo dopo pensai che
dovevo cercare di tenere un atteggiamento professionale, e non dare a
vedere che io stravedevo per lui: “davvero? Hai sentito le nostre
canzoni?” “sì…” mi venne da ridere, non riuscivo più a
trattenermi, lui era stupito, probabilmente non credeva che io ne avessi
mai sentita una “ebbene sì… lo confesso… sono una vostra fan… è
stato un caso che lavorassi proprio nel tuo hotel… io stasera avrei
dovuto venire a vedere il vostro concerto… ma poi mi è stato detto che
devo lavorare e ho dovuto rinunciarci a malincuore..non sai da quanto
aspettavo che veniste in italia a suonare”
Lui era completamente shockato, non
riusciva a credere che io fossi una loro fan… probabilmente non contava
neanche molto sul pubblico che avrebbe dovuto andare a vederlo quella
sera, ma i biglietti venduti erano parecchi quindi che lui ci credesse
oppure no in Italia lo apprezzavano molto.
“tu vorresti dire che sei una
nostra fan? Non ci posso credere… ma certo… è per quello che sei
così impacciata con me… “ io arrossii per l’ennesima volta, mi ero
fatta scoprire del tutto…. Lui rideva di gusto… e poi mi chiese “qual
è la tua canzone preferita?” “beh… senza dubbio Sail those same
oceans ma mi piace molto anche Judas cart e… diciamo che nn ce n’è
una che nn mi piace… mi piacciono tutte… ma STSO è la mia preferita
in assoluto”. Andammo avanti per ore a parlare di musica e soprattutto
della sua band, poi si era fatto tardi quindi ci riavviammo verso l’hotel…
da quando gli avevo confessato la mia passione per la sua musica mi
sentivo più libera e meno impacciata nei suoi confronti, anzi, riuscivo
anche a fare battute e anche lui sembrava stare bene con me.
Giunti in hotel ci salutammo in
fretta, si era fatto tardi e lui doveva prepararsi con il resto della
band, andai in fretta a reindossare la mia divisa e quando tornai al mio
bancone trovai una busta con il mio nome scritto su di fretta, l’aprii
incuriosita e c’era un biglietto per il concerto dei tofog e un piccolo
messaggio “non ti preoccupare, col direttore ci parlo io… sarebbe
meraviglioso vederti lì… con affetto Russell”, il cuore iniziò a
battermi all’impazzata, presi in fretta le mie cose e mi avviai al
Rolling Stones di Milano.
C’era parecchia gente fuori, per
lo più signore molto più anziane di me, iniziai a parlare con alcune di
loro, la maggior parte era lì per vedere Russell dal vivo, erano tutte
davvero simpatiche e mi chiesero: “come mai sei qui tutta sola? Nessuna
amica che adora questo bel ragazzotto?” “beh.. diciamo che ho saputo
10 minuti fa che potevo venire a vederlo” mentre dicevo quella frase fui
interrotta da una serie di urla, stavano arrivando, dei poliziotti si
misero davanti a tutte per evitare scene di isteria, e da una macchina
scese Russell con il resto della band, la signora accanto a me mi disse
“non me lo immaginavo così bello, è perfino meglio di quello che vedi
sulle fotografie o in tv” “eh sì” fu tutto quello che riuscii a
sospirare io. Vidi che Russell si guardava in giro, io ero in fondo a
tutto il gruppetto, proprio verso la strada perché ero arrivata dopo
tutte le altre e sicuramente la mia posizione all’interno della sala non
sarebbe stata delle migliori, ma era certo meglio che non poterlo vedere.
Ad un certo punto mi vide, mi accennò un sorriso e un saluto con la mano,
poi mi indicò ad uno della sicurezza e gli disse qualcosa, intanto la
solita signora disse “ci sta guardando, ci ha salutate, hai visto?” e
io del tutto pietrificata le risposi “sì”. Poi Russell entrò e
mentre lo faceva vidi quell’addetto venire verso di me e dirmi “vieni
con me”, le altre mi guardarono tutte shockate, probabilmente non
riuscivano ad immaginarsi come facessi a conoscere Russ e come mai lui mi
volesse all’interno del Rolling Stone prima di tutte le altre, una di
loro mi disse “ma lo conosci?! Conosci Russell?” e io le risposi
ancora più stupita di loro “sì, in un certo senso sì… è grazie a
lui se sono qui, credete, è la persona più speciale che abbia mai
conosciuto” feci appena in tempo a dire loro quelle parole, poi seguii
quel ragazzo che mi portò all’interno del Rolling Stones e mi disse “Tutti
gli altri entreranno tra dieci minuti, tu vai pure a trovarti un buon
posto per vedere il concerto, è Russell che me l’ha chiesto”.
Era stato decisamente gentilissimo,
non solo mi aveva regalato un biglietto per il concerto ma si era anche
preoccupato che non rimanessi in fondo alla folla, come di certo sarebbe
successo visto che ero arrivata dopo tutti gli altri. Andai a sistemarmi
in prima fila, proprio sotto il palco, dopo poco tempo arrivarono anche
tutte le altre, e dopo circa una mezz’ora iniziò il concerto. Quando
Russ salì sul palco salutò tutto il pubblico e mi accennò un sorriso
strizzando l’occhio. Era veramente meraviglioso, da togliere il fiato,
cantava con tutta la passione che aveva in corpo, di tutti i concerti che
avevo visto quello era decisamente il migliore, gli altri suonavano con
una tale passione e lui faceva veramente spettacolo, mi trovai ad
augurargli con tutto il cuore che un giorno il suo gruppo avrebbe davvero
fatto successo, ma come diceva lui non perché lui era Russell Crowe, ma
perché veramente lo meritavano. Quando annunciò STSO Russell disse: “Vorrei
dedicare questa canzone ad una persona veramente speciale” poi lo vidi
guardare verso di me e strizzarmi ancora l’occhio, sapeva che quella era
la mia canzone preferita e mentre la cantava guardava per la maggiore me…Non
saprei descrivere cosa provai in quel momento, sentivo il cuore battermi
all’impazzata e tutto ad un tratto le lacrime iniziarono a scendermi da
sole dagli occhi, era come se in quella sala ci fossimo solo io e lui, non
riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, mi sembrava di essere in un
sogno, mi stava dedicando quella canzone, stava facendo così tanto per me…
Il concerto proseguì e io ormai ero persa in lui e nella magia di tutto
quello che stava succedendo lì dentro e nel mio cuore, una cosa era
certa, lui aveva davvero un cuore d’oro ed era bravissimo a far
innamorare le povere fanciulle come me, perché io mi stavo davvero
innamorando di lui, stavolta per davvero, e non di un’immagine vista in
tv o su un giornale, mi stavo innamorando del vero Russell Crowe e mai in
tutti gli anni che l’avevo seguito mi sarei immaginata che fosse una
persona tanto speciale. Finito il concerto uscii come se mi fossi appena
risvegliata da un bellissimo sogno, fuori da quella sala mi domandai se
era stato tutto realtà o se avevo sognato tutto. Ritornai all’albergo
perché volevo recuperare le ore che ero stata via, e anche se avrei
dovuto essere distrutta mi sentivo rinvigorita da quella meravigliosa
esperienza, non avrei mai voluto andare a dormire quella notte per paura
di dimenticare qualche piccolo particolare. Dopo circa un’ora che ero
ritornata dietro il mio bancone e stavo ancora sognando sentii la porta
aprirsi ed entrò qualcuno, non alzai nemmeno lo sguardo talmente ero
presa dai miei pensieri, questa persona venne verso di me e poi venne
dietro il bancone e si sedette sulla sedia vicino alla mia, mi poggiò un
braccio intorno alle spalle e mi disse “ti è piaciuto il concerto?”
solo in quel momento ebbi la forza di alzare lo sguardo per guardarlo, era
lui, dovetti aspettare un attimo per trovare la forza di parlare, “è
stato meraviglioso, il miglior concerto che io abbia mai visto” lui
sorrise un attimo, poi mi carezzò la guancia, mi prese le mani tra le sue
e mi sussurrò “ho voluto renderlo speciale per te… volevo farti
questo regalo”, io lo guardai con il cuore in gola, sforzandomi di
fissarlo negli occhi senza rimanere incantata e gli chiesi “perché fai
tutto questo per me? Dopotutto non mi conosci neanche” lui accenno il
solito sorriso “perché mi piace il tuo modo di fare, la tua timidezza,
la tua semplicità in questo mondo falso, purtroppo nell’ambiente che
frequento mi capita raramente di incontrare persone come te, sei vera e
non costruita come tutte quelle star o addirittura quelle receptionist che
ho incontrato fino a ieri negli alberghi in cui dormo quasi ogni notte…eri
imbarazzata davanti a me e credimi, mi ha fatto una tenerezza vederti
così… vorrei solo proteggerti da tutto e da tutti…” passammo delle
ore, lì in questo modo a parlare, lui continuò a stringermi le mani per
tutto il tempo, e io più ci parlavo più capivo che persona semplice e
profonda avevo lì davanti a me. Non passò nessuno a disturbarci,
passammo tutte quelle ore solo io e lui a conoscerci fin nel profondo l’uno
dell’altro e parlammo di cose di cui non avremmo mai parlato con nessun
altro, lui mi confidò molte cose di sé e io feci lo stesso con lui, non
sapevo come mai lui aveva scelto proprio me per parlare di quelle cose ma
io mi fidavo così tanto di lui che feci lo stesso. Mi parlò del suo
passato, di ogni cosa di lui e dei suoi problemi, le sue sofferenze, i
suoi rimorsi. Alle 3 guardammo l’orologio e fummo stupiti dal fatto che
il tempo fosse passato così in fretta, allora lui si scusò tanto ma
disse che doveva andare a letto perché l’indomani avrebbe avuto diversi
impegni tra cui una cena di lavoro la sera, allora mi prese tra le sue
braccia e mi baciò sulla fronte, “buonanotte, a domani” mi sussurrò
e lo vidi andare via e sparire dietro la porta dell’ascensore. Io presi
le mie cose e tornai al mio appartamento, ancora incantata da lui, per un
attimo mi chiesi se non mi aveva fatto una sorta di incantesimo, ma poi
capii che l’incantesimo era lui, era dolcissimo e perfetto. Non riuscii
a dormire per tutta la notte, ero così emozionata, innamorata, stupita,
non sarei mai riuscita a spiegare l’esatto stato d’animo che governava
in me quella notte. Il mattino seguente alle 7 dovevo essere al lavoro di
nuovo ma non m’importava, anzi, non vedevo l’ora così avrei potuto
rivederlo presto. Non lo vidi fino alle 10, quando scese si avvicinò a me
e mi sussurrò “hai dormito bene tesoro? Sai, non ho fatto altro che
pensare a te questa notte… sei veramente speciale” “anche io ti ho
pensato molto” fu tutto ciò che riuscii a dirgli, “fino a che ora
sarai qui stasera? Sai, dopo la cena mi piacerebbe molto fermarmi un po’
con te” “ti aspetterò…” “va bene, allora a stasera, adesso
scusa tesoro, ma devo proprio andare, ho diversi impegni e sono già in
ritardo” mi carezzò la guancia e poi se ne andò verso la sala
colazioni.
Lo vidi uscire più tardi mentre ero
piena fino al collo di lavoro e poi non tornò più in albergo per tutta
la giornata. Stetti lì fino a tardi, solo per vedere lui e per parlare
ancora con lui come la notte prima, intorno all’1 vidi qualcuno
arrivare, erano due persone, quando entrarono dalla porta appresi che
erano Russell ed un’altra donna, veramente bella, ridevano e
scherzavano, lui mi guardò un attimo e mi salutò, poi le disse qualcosa
e si staccò un attimo da lei per avvicinarsi a me “scusa, ma ci
metterò ancora un pochino, riesci ad aspettarmi?” quella frase mi
strinse il cuore, era chiaro, mi vedeva solo come un’amica, voleva
sbrigare quello che doveva fare con quella donna e poi sarebbe sceso da
me, per un attimo mi salì la rabbia, ma poi pensai che dopotutto lui non
mi aveva illusa, non era successo niente tra di noi e quindi non avevo
neanche il diritto di prendermela con lui, con un nodo in gola gli dissi
“ok”. Lui salì nella sua camera con lei, io avrei voluto piangere, mi
ero innamorata di lui, ma lui provava solo amicizia nei miei confronti e
in quel momento stava con un’altra donna, sentii la debolezza e la
stanchezza assalirmi, decisi che sarebbe stato meglio prendermi un caffè,
allora mi diressi verso la cucina dove c’era un cuoco che si occupava
del servizio notturno, feci appena in tempo ad aprire la porta e poi caddi
a terra priva di sensi.
Parte terza
Mi risvegliai la mattina seguente in
ospedale, avevo la testa che mi faceva male e un flebo nel braccio, mi
assalirono un sacco di pensieri, primo tra tutti Russell, chissà cosa
aveva pensato quando era sceso e io non c’ero più, ma poi pensai che
magari non era mai più sceso. Poi mi voltai e trovai un biglietto sul mio
comodino lo aprii ed era suo:
“Scusa,
avrei dovuto immaginare che eri stanca e debole, non avrei neanche dovuto
chiederti di rimanere alzata ad aspettarmi, quando sono sceso non c’eri
più e mi è stato detto che ti avevano portata in ospedale, non ho potuto
aspettare fino a quando ti saresti svegliata per via di vari impegni di
lavoro, spero che capirai… dovrai restare qui diversi giorni, io
purtroppo stasera partirò… ti chiamerò presto, comunque appena mi
sarà possibile tornerò a trovarti… adesso pensa solo a rimetterti in
forza… con affetto Russell”
Non sapevo veramente se ridere o se
piangere, da una parte ero felice che lui mi avesse presa così a cuore,
dall’altra però stavo male perché forse non l’avrei più rivisto per
mesi o addirittura mai più…avrei voluto uscirmene dall’ospedale così
come ero per vederlo ancora per un’ultima volta, stavo male perché
mentre lui era stato lì io dormivo…
Passarono altri due giorni finchè
fui dimessa, per due giorni mi ripetevano che dovevo riposarmi ma io non
riuscivo a chiudere occhio allora mi imbottivano di sonniferi, lo
svenimento che avevo avuto era stato a causa dello stress e della
denutrizione, infatti in quei due giorni che ero stata con lui mi ero
perfino dimenticata di mangiare. Uscita dall’ospedale non potei comunque
rientrare subito al lavoro, mi furono prescritte due settimane di completo
riposo. Una mattina, mentre ero a casa in trance pensando a lui come al
solito suonò il telefono, alzai la cornetta e non potei confondere la sua
voce con nessun altra “ciao tesoro… come va’? stai meglio?” “sì,
diciamo di sì… non potrò rientrare al lavoro prima di due settimane…dicono
sia stato lo stress… mi dispiace di non essere stata sveglia quando sei
venuto in ospedale” “ma sei impazzita? Dovevi riposarti, non avrei mai
voluto che tu stessi sveglia solo per vedere me, ci saranno tante altre
occasioni… ah, a proposito, ho avuto il tuo numero di telefono dal
direttore dell’albergo dove lavori, spero non ti dispiaccia” “no,
figurati, non mi dispiace affatto… piuttosto tu, come sta andando il
tour in europa?” “bene, anche se c’è un mare di lavoro, tra
apparizioni televisive e concerti non riesco a riposarmi un attimo…
adesso sono a Berlino” “eh sì… lavoro, sempre lavoro…” “sì…
non parlarmene, finito il tour inizieranno anche le riprese del mio nuovo
film… non riesco a trovare un attimo di riposo” “secondo me è anche
positivo… nel senso che finchè ti chiedono di girare film significa che
sei apprezzato dal pubblico” “sì questo è vero… spero tanto che io
e te potremo incontrarci ancora, appena mi capiterà di fare un salto a
Milano venire a trovarti sarà la prima cosa che farò..” “grazie…
anche io vorrei tanto rivederti” “ops… adesso scusa ma mi stanno
chiamando, ho le prove per il concerto… ti chiamerò presto.. stammi
bene tesoro” “anche tu ciao ciao” “ciao”
Quella telefonata ebbe l’effetto
di una medicina su di me, era incredibile quanto Russell riuscisse a
rassicurarmi, a farmi stare meglio, ma anche quanto mi mancasse… se solo
avessi potuto avrei preso i miei quattro stracci e mi sarei diretta a
Berlino, solo per stare un altro po’ con lui e se me l’avesse chiesto
l’avrei seguito in ogni angolo del mondo, ero proprio cotta, era l’uomo
più meraviglioso, più simile al perfetto, più sexy più UOMO che io
avessi mai conosciuto nei miei 25 anni di vita…
Tornai al lavoro senza sentirlo più
per telefono, dedussi che doveva essere molto impegnato… non poteva
essersi già dimenticato di me… oppure aveva incontrato qualcun'altra…
avevo la testa piena di dubbi e di paure, quell’hotel mi sembrava vuoto
senza di lui, l’ultima volta che ci avevo lavorato lui era lì, e mi
aspettavo continuamente che lui uscisse dall’ascensore da un momento all’altro,
guardai la sedia accanto a me e mi ricordai di quella notte passata a
chiacchierare, io e lui, nessun altro, mentre lui mi teneva le mani tra le
sue forti e robuste, ricordai il suo respiro lento, la sua bocca, il tono
della sua voce e mi parve di impazzire… suonò il telefono, non risposi
fino all’ultimo squillo talmente ero immersa nei miei pensieri: “Ciao
piccola… sai, ti stavo pensando, pensavo a quella notte quando io e te
siamo stati a parlare e ho pensato che avevo tanta voglia di parlare con
te ancora…” mi si bloccò il respiro, mi stupì la nostra telepatia in
quel momento, tutti e due stavamo pensando alla stessa cosa nello stesso
momento, e adesso finalmente lui era dall’altra parte della cornetta,
sapevo finalmente cosa stava facendo e avrei anche potuto dirgli che stavo
impazzendo per lui, ma poi decisi di limitarmi a parlargli con la solita
amicizia che governava i nostri discorsi “sai, è incredibile, perché
anche io stavo pensando proprio alla stessa cosa” andammo avanti così
per un tempo indefinito, a raccontarci tutto di ciò che stavamo facendo,
la tristezza, le gioie, i trionfi ma anche le sconfitte e i problemi di
quei giorni in cui non ci eravamo sentiti, lo sentii così vicino, come se
stesse ancora lì di fronte a me, come quella notte non venne nessuno a
disturbarci, non so quanto abbia speso per quella telefonata, durò per
circa un’ora, fino a che poi mi disse “bene tesoro, adesso scusa ma
devo andare… mi sento meglio adesso che ho parlato con te… sai, è
impressionante il potere che hai su di me, di calmarmi, tirarmi su il
morale… sei come una medicina…” e ci salutammo così, io rimasi come
una pera cotta a fissare nel vuoto, quando lui non ci fu più dall’altra
parte del telefono mi mancò terribilmente, mi mancò la sua voce, la sua
mente, il suo spirito…
Andai avanti a lavorare così per
settimane senza sentirlo più… una mattina il direttore mi mandò a
chiamare, salii la solita scala verso il suo ufficio e questa volta ero
sicura che mi voleva vedere per licenziarmi, nelle ultime settimane ero
stata quasi un peso, ero sempre immersa nei miei pensieri e svolgevo
lentamente le mie mansioni. Entrai nel suo ufficio, mi invitò a sedermi e
poi attaccò il suo discorso: “Sara, spero che tu stia meglio dopo
quello che ti è successo qualche mese fa’” “sì, diciamo di sì…”
tremavo per la paura che mi dicesse che non c’era più posto per me
perché oltre a trovarmi senza lavoro (quello era l’ultimo dei miei
pensieri) non avrei più potuto vedere Russell quando sarebbe tornato a
Milano. “Ho pensato che tu saresti la persona giusta per il nostro
albergo a Londra, la ragazza che stava alla reception si è licenziata
qualche giorno fa, mi è stato chiesto se avevo qualcuno di veramente
bravo da mandarci… tu cosa ne pensi?” spalancai gli occhi, non
riuscivo a credere che lui, dopo la mia “assenza” di quelle settimane,
credesse ancora in me, pensai per un attimo a Russ, al fatto che non avevo
neanche il suo numero di telefono per dirgli che non sarei più stata lì
e quindi non avremmo più potuto sentirci, poi pensai a me, a come avevo
trascorso quei due mesi da quando lui se n’era andato, capii che dovevo
fare qualcosa per cercare di dimenticarlo, o per lo meno di vederlo solo
come un bel momento della mia vita, una bella persona che avevo conosciuto
e se poi il destino ci avrebbe portati a reincontrarci sarebbe stato bello
ma che non potevo vivere la mia vita su quella possibilità, dovevo
cercare di tirarmi su, ed accettare l’offerta del direttore era
veramente la cosa migliore da fare per raggiungere il mio scopo, avevo
sempre amato l’Inghilterra, e poi se avessi lavorato in un hotel come
quello anche solo per qualche mese, se non mi fossi trovata bene e se
fossi tornata in Italia avrei trovato come minimo cento direttori che
avrebbero voluto assumermi…capii che dovevo farlo per me stessa…
allora accennai un sorriso e sospirai “le sarei molto grata se mi desse
la possibilità di lavorare in un simile albergo… sarebbe un’esperienza
meravigliosa per me e per la mia carriera… “ “bene, allora posso
dire che sarai tu ad avere quel lavoro… dovrai partire al più presto
possibile… se vuoi posso chiedere a degli amici di Londra se ti possono
dare una mano a trovare un appartamento..” “grazie” “ma potrei
sapere come mai ha scelto proprio me per quel lavoro?” “beh.. diciamo
per molti motivi, ma soprattutto perché Londra è piena di personaggi
famosi, ogni giorno ne vedrai uno entrare nel tuo hotel e ogni giorno
dovrai darti da fare per lui, per dare una buona immagine al tuo hotel,
perché ricordati Sara, l’immagine dell’hotel dipende al 90% dal
rapporto che il cliente ha con il suo receptionist… e tu sei stata
bravissima ad occuparti del nostro ospite due mesi fa, del Sig. Crowe, lui
stesso è venuto da me a congratularsi per la tua bravura e a dirmi che ti
meritavi di fare carriera…” rimasi con la bocca spalancata, anche qui,
Russell c’entrava anche qui, aveva cercato di aiutarmi in tutti i modi,
avrei voluto averlo lì per abbracciarlo forte e per ripetergli mille
volte grazie, salutai il direttore e tornai al mio posto, ero davvero
felice di tutto quello che la vita mi stava dando e per una buona parte
dovevo dire grazie a lui….
Le successive due settimane furono
tutte di preparativi, raccolsi tutte le mie cose e sperai tanto che Russ
si facesse sentire, solo per dirgli che me ne stavo andando a Londra e che
avremmo potuto sentirci da lì, ma non lo sentii più, sapevo che era
impegnato con il tour…
Una fredda mattina di ottobre
partii, mi sembrava così strano lasciare tutto ma appena vidi Londra mi
rinvigorii, avevo sempre amato l’Inghilterra e quella era l’occasione
della mia vita. Un amico del direttore mi stava aspettando all’aeroporto,
era un ragazzo veramente carino, con i capelli chiari e gli occhi blu,
alto e magro, si chiamava William e mi disse che aveva solo due anni più
di me, tanti lati della sua gentilezza mi ricordarono Russell…mi
accompagnò a vedere diversi appartamenti quel pomeriggio fino a che ne
trovammo uno che piaceva a tutti e due, lui mi disse che era il suo
preferito tra tutti quelli che era stato a vedere e anche a me piacque
molto, così nei giorni seguenti mi sistemai lì e William mi aiutò. Fu
davvero gentile nei miei confronti, non sapevo perché mi aiutava in quel
modo ma una sera, quando la casa fu sistemata definitivamente e gli offrii
da bere ci sedemmo per un attimo sul divano, lui accese il mio stereo e
lasciò di sottofondo STSO, mi prese le mani proprio come Russell aveva
fatto alcuni mesi prima, e mi disse “sai, credo di avere combinato un
bel pasticcio” e io allarmata mi sollevai un attimo dallo schienale “perché,
cosa hai fatto?!?” e con un sorrisino mi sussurrò “credo di essermi
innamorato di te” non c’era dubbio, William mi piaceva proprio, era
diverso da Russell, aveva i lineamenti delicati da bambino, la pelle del
viso quasi liscia nonostante i suoi 27 anni, era gracile ma altrettanto
bello, non potei fare a meno di fare quel confronto nella mia mente
perché Russ era sempre nel mio cuore, sebbene mi fossi sforzata di
lasciarlo perdere durante quelle settimane, ma poi mi resi conto che
William era reale, lui era lì davanti a me e mi stava chiedendo di amarlo
e pensai che avrei potuto farlo, avrei potuto dargli me stessa ed essere
felice con lui, allora lo guardai negli occhi e ci baciammo, sulle note di
STSO….
Parte Quarta
Quell’anno trascorse così in
fretta che non me ne resi neanche conto, continuavo a lavorare in quell’hotel
di Londra e mi trovavo benissimo, ogni mattina non facevo nessuna fatica
ad alzarmi per andare a lavorare, perché era proprio il lavoro la mia
principale soddisfazione e la mia fonte di energia, forse fu proprio
quello il motivo perché una settimana prima io e William ci eravamo
lasciati, ci amavamo ancora ma era impossibile vivere insieme, io lavoravo
troppo ed ero troppo immersa nel mio lavoro per pensare a lui, per darmi a
lui, allora avevamo deciso che sarebbe stato meglio rimanere amici, io
sapevo che lui stava soffrendo maledettamente e anche io soffrivo, mi
mancava perché gli volevo bene, e perché da quando ero arrivata a Londra
lui era stata l’unica persona a cui mi ero legata così profondamente…
Ci vedevamo tutte le mattine, quando lui veniva a consegnarci i giornali e
tutte le mattine puntualmente veniva da me e mi chiedeva “come va
piccola? Tutto ok?” e dopo avermi baciato la fronte se ne andava per
continuare il suo giro di consegne, sapevo che tra di noi sarebbe rimasta
una bella amicizia perché eravamo profondamente legati, tante volte la
sera mentre andavo a letto mi mancavano i suoi abbracci e i suoi baci
allora lo chiamavo e ce ne stavamo ore a parlare…
In un freddo pomeriggio di novembre
stavo sistemando alcune prenotazioni che la mia collega aveva preso in
mattinata, sentii qualcuno avvicinarsi al bancone, decisi che volevo
finire di scrivere gli ultimi due nomi e poi avrei ascoltato il mio
cliente, ma fui interrotta da un respiro famigliare e una voce profonda
che mi sussurrò “potrei avere l’onore di cenare con la receptionist
più bella di Londra questa sera?” alzai gli occhi e non c’era dubbio,
era lui, mi mancò il respiro, poi trovai la forza per parlare: “Russell,
cosa ci fai tu qui?! Non sapevo dovessi arrivare!!” lui stava con il
busto appoggiato al bancone e mi guardava dritto negli occhi, ad una
distanza ridottissima “infatti devo anche chiederti se hai delle stanze
libere… avrei dovuto alloggiare in un altro albergo a dire la verità,
poi sono stato qui per incontrare il regista, e ho visto te, non potrei
stare da un’altra parte…sai, sono qui a Londra per promuovere il mio
nuovo film… ma piuttosto tu, cosa ci fai qui? Ti ho chiamato centinaia
di volte al telefono di casa tua a Milano” “avrei voluto tanto
avvertirti che mi trasferivo, sono qui dallo scorso ottobre…. Ma poi non
avevo nessun tuo recapito” “è magnifico che tu sia qui… finalmente
potremo stare un po’ insieme… non partirò prima della prossima
settimana, ho un ultimo impegno a Parigi e poi ho finito la promozione del
film, questo significa che una volta fatta Parigi posso tornare qui e
magari possiamo stare insieme… sempre se ti va’” sembrava così
contento, aveva un bel sorriso stampato in viso “certo… sai, se vuoi
potrei prendermi anche qualche giorno di ferie, visto che in un anno non
sono mai stata a casa…” “fantastico… allora, riesci a liberarti
per stasera? Verrai a cena con me? Ho tante cose da raccontarti!!” “certo…
però io finisco alle 8” “non c’è problema… ascolta, e ce l’hai
almeno una camera libera” “sì..” “allora vado a prendere le mie
cose e poi vengo qui, a dopo” ero letteralmente incantata… come un
fulmine lui era ripiombato nella mia vita, senza che neanche avessi il
tempo di capacitarmene, era più bello che mai, stavolta però aveva i
capelli più corti e la barba tagliata con cura, portava un abito
elegante, probabilmente si era appena liberato da qualche impegno formale,
non c’era alcun dubbio, ero ancora molto innamorata di lui, e riuscivo
solo a pensare con agitazione ai giorni che dovevano arrivare, io e lui
insieme, wow, voleva stare con me, l’idea sola mi dava i brividi.
Quando tornò con la sua valigia gli
mostrai la camera che avevo riservato per lui “e’ la mia camera
preferita” gli dissi mentre prendevo la tessera, salimmo insieme e lui
sembrava così contento di vedermi, ma sicuramente non lo sarebbe mai
stato quanto me.
Alle 8 in punto ero pronta per l’appuntamento
più importante di tutta la mia vita, mi ero vestita al meglio che potevo
e avevo curato moltissimo i particolari come il trucco e i miei capelli,
che avevo lasciati sciolti e mossi lungo le spalle, mi sedetti ad
aspettarlo al bar dell’hotel, fino a quando non mi resi conto di essere
osservata, allora nel girarmi me lo trovai davanti, era appoggiato alla
porta dell’entrata e mi stava guardando con un sorrisetto furbo, era
divino, con un paio di jeans scuri, una camicetta azzurra e una giacca
nera, stavo per rimanere senza fiato, decisi di incamminarmi verso di lui
“ciao” dissi con aria imbarazzata “ciao piccola… sei bellissima…”
lo disse sfiorandomi i capelli con le dita e guardandomi negli occhi “grazie”
“allora, dove andiamo a cena?” disse lui prendendomi per mano “non
lo so… dipende da quello che vogliamo mangiare” ci incamminammo a
piedi per le vie di Londra e intanto sbirciammo in qualcuno di quei
ristoranti eleganti e un po’ troppo snob per i gusti di entrambi.
Continuammo a chiacchierare tutto il tempo di noi, di quello che avevamo
fatto in quell’anno, lui mi parlò del suo nuovo film, non era ancora
soddisfatto del suo ruolo, aspirava a qualcosa di più. Alla fine
decidemmo di cenare in un McDonald’s, a entrambi non andava l’idea di
chiuderci con tutta quella gente raffinata, volevamo liberarci dei nostri
ruoli da persone educate e posate, volevamo semplicemente essere noi
stessi, un ragazzo e una ragazza che uscivano insieme da amici. Ridemmo a
crepapelle per la cena che avevamo fatto “dovrei vergognarmi, ti ho
invitata a cena questa sera, avrei dovuto portarti in un ristorante… e
invece eccoci qui, a mangiare hamburger e patatine fritte” disse lui con
aria divertita, lo guardai negli occhi e senza pensarci neanche su gli
sussurrai “a me basta stare con te, non m’importa dove come e quando”
lui rimase di stucco, divenne serio e il suo sguardo s’infiammò di
passione, sì, potevo leggergli negli occhi la passione e per un attimo mi
fece paura, non sapevo se avevo fatto bene, eravamo sempre stati solo
amici fino a quel momento, avevo sempre pensato che lui mi considerasse
solo come tale e invece in quello sguardo lessi che anche per lui quella
sera valevo molto di più, appoggiò la sua mano sopra la mia e sentii il
suo calore entrare nel mio corpo. Fui distratta dallo sguardo di qualcuno
fuori da quel cerchio a due e vidi che William era lì con un paio di
amici, mi stava fissando e aveva l’aria furiosa e allo stesso tempo
preoccupata, cercai di sorridergli e lo salutai, Russell mi disse “lo
conosci?” “è il mio ex ragazzo… ci siamo lasciati solo una
settimana fa dopo un anno” “ah, devo dire che non sei rimasta con le
mani in mano allora… lo ami ancora?” “no… ma lui temo proprio di
sì” “beh, ma non stiamo facendo niente di male no?” “no, ma ho
paura che lui non lo capirà” appena finii di dire quelle parole William
fu al nostro tavolo, si avvicinò e cercando di mascherare la rabbia ci
salutò “ciao… buonasera… piacere di conoscerti” strinse la mano a
Russell “Russell, questo è William… William, lui è Russell” “non
c’è bisogno di presentazioni, credo di averlo già visto in giro”
disse William nascondendo l’aria irritata “potrei parlarti un attimo
in privato Sara?” “ma certo” mi alzai facendo cenno a Russ che ci
avrei messo poco, lui mi disse di non preoccuparmi e che mi avrebbe
aspettata, appena fuori dal ristorante Will iniziò con la sua scenata “ma
ti rendi conto di quello che stai facendo? Ti farà solo soffrire Sara, tu
per lui sei una come tante, vuole solo portarti a letto, ha visto la bella
receptionist che gli sbava dietro e vuole solo una cosa da te” “William,
non ti permetto di parlare a quel modo di lui.. ci conosciamo da molto
tempo, non c’è niente tra di noi se non una sincera amicizia… non m’importa
se lui è un famoso attore, se ha mille donne, lui per me è solo un amico
e niente di più” pronunciai queste ultime parole guardando per terra,
non riuscivo a guardarlo negli occhi perché non era la verità “te lo
si legge in faccia che non è così, io ti conosco, so che tu per lui
provi qualcosa di più, ma so anche che lui non può darti niente…
niente di quello che io ti darei… non voglio che tu soffra” “ti ho
detto di smetterla, io so benissimo quel che faccio, e se dico che è un
amico è perché è un amico” lo piantai lì solo, sbattendogli la porta
del ristorante in faccia, tornai al tavolo con Russ “scommetto che ti ha
fatto la solita ramanzina da ragazzo innamorato… aspetta… com’è?
“non fa per te….ti farà soffrire… sbaglio?” “no, non sbagli
affatto” avevo l’aria delusa e le lacrime agli occhi, non riuscivo a
capire perché fosse tanto evidente quello che provavo per Russ, volevo
mascherarlo ma più ci provavo più gli altri lo capivano “hey, non ci
crederai vero?” disse lui sbirciando i miei occhi e prendendomi la mano
“avanti, andiamo via di qui, non voglio certo che questo ci rovini la
serata” mi prese ancora per mano e ci avviammo per Londra a piedi,
continuando a parlare di noi. Mi sentivo come una principessa con il suo
principe azzurro, per le vie indaffarate di Londra nessuno lo riconobbe,
ma era come se fossi in Paradiso.
(segue) |