L'UOMO
Un ragazzino d'oro, Paolo. Assennato, giudizioso, a scuola il primo in
tutte le materie. Neppure aveva preteso che gli regalassero chissà che
cosa, per il suo dodicesimo compleanno. Dal padre, si sarebbe accontentato
di avere un po' più del suo tempo, pensava Anna sospirando, di quel tempo
prezioso assorbito nella quasi totalità dal lavoro di rappresentante di
commercio, che gli permetteva di guadagnare bene ma lo teneva giorni e
giorni lontano da casa. E ciò che gli restava per un figlio d'oro e una
moglie stanca erano le briciole e quelle soltanto.
Fosse stato almeno il lavoro a mangiarsi tutto il tempo di quello che era
stato,secoli prima, un marito affettuoso e che nel giro di pochi anni era
diventato freddo, distante...Anna se n'era fatta spesso una colpa. Non ho
più tempo per lui, da quando è nato Paolo. Sto invecchiando, non gli
piaccio più. La donne invecchiano prima degli uomini. E invecchiano male.
Sicuramente ha un'altra, in un posto lontano da qui, una di quelle sceme
in minigonna a cui non importa niente se l'uomo che si portano a letto ha
cinquant'anni passati e una moglie e un figlio, da qualche parte.
"Allora, mi ci porti al cinema, ma'?"
Glielo aveva chiesto già da un bel pezzo, e lo avrebbe accontentato perché
se lo meritava.Trenta chilometri sulla vecchia Panda per raggiungere la
città e, dopo il cinema, la pizza. Paolino andava matto per i film
d'azione e la pizza ai funghi.
Lo aveva accontentato, anche se l'idea di sorbirsi quasi tre ore infarcite
di battaglie cruente e morti ammazzati non le sorrideva per nulla. Se
proprio doveva rinchiudersi dentro un cinema avrebbe preferito godersi una
di quelle storie d'amore romantiche e improbabili che seguiva sempre alla
tv. Ma era il compleanno di Paolino.
Non è mai esistito, e anche se fosse esistito è stato secoli e secoli
fa. Risoluto, coraggioso. Capace di affrontare la morte guardandola negli
occhi e di dar libero sfogo al suo dolore senza vergognarsene. Anche lui
aveva una moglie e un figlio, anche lui stava lontano da casa. Ma non
sarebbe andato a letto con un'altra per ammazzare la sua solitudine o
perché la sua donna non era più giovane e graziosa come quando l'aveva
sposata. E quanto era bello, con quelle spalle poderose e il fuoco dentro
gli occhi.
"Bello, il film, vero, ma'?"
Bellissimo. Però Massimo non sarebbe dovuto morire. A lei non piacevano
le storie tristi.
"Sì, certo. Peccato che finisca così male. Ti andrebbero una bella
pizza e un gelato, Paolino?"
Dalla parrucchiera, a sistemare il taglio e la tinta. A farsi bella per un
uomo che neppure la guardava, quando rientrava a casa stanco morto dal
lavoro e che da qualche parte aveva un'altra, ne era sicura. Avesse almeno
avuto la distrazione di quell'impiego che aveva scelto di lasciare, quando
era nato Paolino. Il marito non aveva piacere che lavorasse fuori casa,
con il bambino piccolo. Adesso Paolino era cresciuto, ma lei a
quarantacinque anni non l'avrebbe voluta più nessuno. Il mondo si
aggiornava, e la sua qualifica di stenodattilografa era meno di niente,
nell'era del computer. Già, il mondo gira e non si ferma, pensava
sfogliando distrattamente la rivista pettegola mentre l'aria calda del
casco le scottava la testa.
Lui. Sorriso simpatico, occhi chiari, lunghi capelli biondi, un bel
ragazzone dall'aria un po' trasandata, come certi turisti tedeschi che
girano il mondo in autostop. Diverso da come era apparso nel film. Ma gli
attori hanno tante facce, e quello era bravo, diceva l'articolo. Più sono
bravi, più facce hanno. Forse anche suo marito, che le bugie sapeva
raccontarle proprio bene, sarebbe potuto essere un ottimo attore, anche se
non era più bello e tenero come quando si erano conosciuti, aveva perso i
capelli e messo su pancia, ed era diventato freddo e distante."
Massimo" veniva dall'Australia, e aveva un nome difficile da
pronunciare, per lei che a scuola aveva fatto francese. Avrebbe chiesto
lumi a Paolino, se la curiosità non le fosse passata altrettanto in
fretta di come le era venuta. L'articolo diceva che piaceva molto alle
donne, che si divertiva a suonare la chitarra e a cantare e che, con tutta
probabilità, si sarebbe esibito come ospite in una serata del festival di
Sanremo.
Era quasi mezzanotte, e non aveva sonno, secondo il solito. Le canzoni
erano brutte, tutte uguali. Gli ospiti prevedibili e noiosi. E c'era la
solita vallettona che sorrideva con tutti e trentadue i denti perché non
sapeva una parola d'italiano e più che quello e sfoggiare abiti di
sartoria non era in grado di fare. Paolino si era già coricato da un bel
pezzo, la mattina si sarebbe dovuto alzare di buon'ora per recarsi a
scuola. Lo aspettavano l'interrogazione di storia e il compito in classe
d'inglese, ci teneva a fare bella figura. Era già tardi, quando la Carrà
annunciò la curiosità dell'australiano, l'attore del momento che canta
con gli stessi amici con cui cantava, ragazzino, ai tempi del liceo.
Giacca di pelle, vecchi jeans,occhialacci arancione alla moda. Peccato, si
ritrovò a pensare Anna, nascondere due occhi come i suoi. Quando
sorrise, Anna gli notò i denti, piccoli, bianchi e quadrati tra le
labbra morbide, ombreggiate dalla barba bionda. Nel film, aveva i capelli
corti e scuri. Nella vita di tutti i giorni li portava lunghi. Lo vide
sorridere ancora, prima di pronunciare, con voce bassa e calda,
incredibilmente bella, le solite banalità di circostanza. Cantava anche
discretamente, malgrado a lei quel genere di musica non fosse mai
piaciuto.
Era quasi mezzanotte, e avrebbe avuto freddo nel letto, per l'ennesima
volta. Suo marito aveva un'altra, chissà dove, una ragazzina avida che
non gli vedeva la pancetta,la calvizie, il segno della fede all'anulare e
con tutta probabilità andava a letto con lui perché c'era un tornaconto.
Non serviva farsi bella per cercare di sciogliere la sua freddezza, andare
dal parrucchiere tutte le settimane, dall'estetista tutti i mesi, seguire
quella dieta portentosa di cui diceva il giornale, che la faceva dimagrire
dove non voleva e le lasciava i cuscinetti di cellulite negli stessi
identici punti di prima. Se avesse avuto più coraggio, lo avrebbe
lasciato, ma dove andare, senza un lavoro, senza una casa? E poi chi
avrebbe frenato la lingua alle vecchie comari petulanti del paese? E
Paolino? Che ne sarebbe stato di lui? Avrebbe potuto anche rendergli pan
per focaccia, tradirlo con qualcuno, magari con un ragazzo bello e
giovane, più di lei, incontrato per caso, come succedeva nelle soap che
guardava alla tv. Ma il coraggio lo lascio tutto alle altre, pensava Anna
asciugandosi gli occhi col dorso della mano, prima di infilarsi sotto le
lenzuola gelate.
Era un profumo sottile, ma leggero e persistente, quello che le
solleticava le narici. Sandalo, vetyver. E pelle calda e pulita di uomo
giovane. No, non era possibile, quel profumo esisteva soltanto nei suoi
sogni di donna frustrata,esattamente come la seta dei capelli biondi e
morbidi, più lunghi dei suoi, sparsi sul cuscino. E pensare che ho sempre
detestato barbe e capelli lunghi, pensava Anna. Barbe, capelli lunghi,
jeans sdruciti e giubbotti da motociclista. Gli uomini le erano sempre
piaciuti più maturi di lei,con un aspetto perbene, rassicurante, in
giacca e cravatta. Come suo marito.
"Love"...La voce era la sua, sensuale e vibrante come le corde
tese di un violoncello. Capiva quel che voleva da lei, nonostante a scuola
avesse fatto francese. Le sarebbe piaciuto accendere la luce, perdersi in
quei grandi occhi infossati,un po' strabici, dal colore indefinibile,
frangiati da ciglia incredibilmente lunghe. Ma era sicura che la magia si
sarebbe dissolta, se avesse acceso la luce."You're beautiful"
.Sei bellissima. Oh, non quanto te. Sei un dio, e io solo una qualsiasi. E
più vecchia di te di parecchio, per giunta. Io esisto. E tu sei un sogno
soltanto.
La mano sottile e un po' sciupata gli accarezzò le guance ispide, il
collo. E gli cercò con le labbra la pelle morbida della gola,
mordicchiandogliela delicatamente. "Let's make it." Avrebbe
voluto piangere per la frustrazione, perché quello era un sogno e un
sogno soltanto. Lui non era disteso accanto a lei, l'odore della sua
pelle, il suo calore, il battito regolare del cuore sotto la muscolatura
tonica del petto non erano che le stupide fantasie di una donna senza
amore.
La sua pelle (gliela ricordava molto chiara, ombreggiata da una sottile
peluria bionda, non troppo fitta) aveva un piacevole gusto di sale. E le
labbra sapevano di menta e di sigarette. Lo immaginò sorridere mentre se
la stringeva contro e aggrottare le sopracciglia spettinate, intanto che
le baciava il seno. E' piccolo e sciupato, pensava Anna. Si era sempre
fatta un cruccio che a suo marito non piacesse più, ma lui, l'Uomo, non
doveva pensarla così, e il piacere che si scambiavano era una scarica
elettrica ad ogni bacio, ad ogni carezza ad ogni tocco reciproco, sempre
più intimo e profondo, delle dita e della lingua.
Di statura medio-alta, imponente di ossatura e di muscoli quanto lei era
minuta, si era dimostrato al contempo passionale ed estremamente delicato,
non le aveva fatto male, non l'aveva schiacciata con il suo peso. Non era
stato egoista, conto io e io soltanto, tu sei solo una donna, una cavità
calda per il riposo di un guerriero stanco. Avevano raggiunto il culmine
piacere insieme,quando lui l'aveva riempita di sé, del suo grande membro
turgido e caldo. Erano secoli che non le succedeva.
"So long, love". Non lo capiva, aveva fatto francese, a scuola.
Forse era un addio, prima che la luce cominciasse a filtrare attraverso le
fessure delle serrande. Era ora di alzarsi, di preparare la colazione a
Paolino, prima che si svegliasse. Poi avrebbe rifatto il letto,
sprimacciato il cuscino. Era come se ci fosse ancora il segno della sua
testa impresso sopra. E il profumo sottile di vetyver, di sandalo e della
sua giovane pelle aveva impregnato le lenzuola. Impossibile che fosse
stato tutto quanto solo un sogno.
FINE
Lalla, 30/05/01
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