Momentanea infermità mentale
Una “raccomandata”! Ecco
come sarei stata definita dalla stragrande maggioranza delle
sue fans: una lurida, schifosa, fetente “raccomandata”. Lo
sapevo, come negarlo? Ma che ci potevo fare? Era vero! Non
avrei mai potuto avere l’opportunità di trovarmi lì in
quel momento se non fosse stato per Roberto. ‘Che bello
avere amici come lui…’ pensavo tra me e me.
Era successo tutto così in
fretta, avevo visto il film tre giorni prima ed ero uscita dal
cinema con l’assoluta certezza non solo di sentirmi una
persona nuova, più ricca dentro, ma di aver “scoperto “
un talento della recitazione… Russell Crowe? Ma chi era fino
a 96 ore prima? Un emerito nessuno, o meglio, un tizio che
aveva vinto un Oscar per un film che mi ero rifiutata di veder
al solo pensiero di dovermi sorbire raccapriccianti scene di
sangue, lo stesso tizio di cui si era parlato spesso nei TG
perché, pare, qualcuno minacciava di volerlo rapire dopo aver
girato un film, sempre a me sconosciuto, con lei…lei però
sì che la conoscevo … Meg Ryan … la “mia” Meg, di cui
avevo adorato ogni singola commedia romantica e della quale ho
tentato per anni di emulare la pettinatura senza ascoltare i
consigli della mia parrucchiera di fiducia: “ Tesoro, con i
capelli lisci e fini che ti ritrovi nemmeno se te li “cementifico”
con tre chili di cera li avrai come lei!” Ma io ero
testarda, come sempre.
Poi finalmente…la “rivelazione”:
esce “A Beautiful Mind” e io guardando i trailer decido
che nemmeno sotto tortura me lo riusciranno a far perdere, e
mi trascino dietro mia madre.
“Chi sono gli attori?”
“Jennifer Connelly, te la
ricordi quella di “Labyrinth”?”
“Ah, sì.”
“E poi quell’altro,…
com’è che si chiama il tizio del “Gladiatore”?
“Ah sì, aspetta…Russell
Crowe.”
“Ecco, brava”
“Ok, si può andare”.
Uscita dal cinema non ho
parlato per dieci minuti, altrimenti mi sarei messa di nuovo a
piangere, di gioia, di commozione, di ogni cosa.
‘Ma chi è sto John Nash?
Ma chi è sto Russell Crowe?’
Scatta quello che in gergo
universitario è definito l’ennesimo “corso monografico”:
mi attacco ad internet alle ore più assurde della notte per
scoprire chi sia John Nash, mi leggo la biografia, mi studio
la sua teoria dell’equilibrio e leggo ogni singolo dettaglio
della preparazione, svolgimento e messa in scena di un film
che sta diventando la mia piacevole ossessione. Cliccando sull’icona
“Russell Crowe” scopro che il personaggio ha all’attivo
più di 20 film…uno più , uno meno; scopro che LUI era
stato il prete da me notato, in un film osceno, in un’interessante
quanto “poco pratica” scena di sesso con la Stone; era
quello al quale Kevin Spacey aveva “soffiato” la statuetta
nel 2000 ed era quello che se l’era poi presa nel 2001 …
forse “soffiandola” a Tom Hanks? Poco mi importava di
quest’ultimo dettaglio; in quel momento, dal nulla più
totale, come un’artista che lavora con la creta, sotto le
mie mani si stava venendo a creare l’immagine di una
personaggio che sotto ogni profilo suscitava sempre di più il
mio interesse. Quel film aveva lasciato qualcosa di
straordinariamente positivo dentro di me: qualcuno lo doveva
sapere…LUI lo doveva sapere e mi sarei fatta in ottomila
pezzi pur di avere l’opportunità di rubargli 15 minuti del
suo tempo per dirgli quanto immensamente bravo fosse stato.
Cosa scopro? Il 19 Febbraio sarebbe stato a Roma per un’intervista?
‘ Roberto, dov’è il numero di
Roberto?!’
“Pronto Roby?”
“Ciao Ale! Tutto bene?”
“Benissimo, tu?”
“Non c’è male! Che mi
racconti di nuovo?”
“Arrivo al dunque?”
“Arriva al dunque!”
“Ho visto “A Beautiful
Mind”
“Anche tu? Ti è piaciuto?”
“Non ti riesco nemmeno a
dire quanto!”
Sento che ridacchia dall’altra
parte del filo.
“Lui è qualcosa di
sconvolgente tanto è bravo!”
“Anche tu innamorata del
Gladiatore?”
“Ma se io quel film non l’ho
nemmeno visto!”
“Ah già, dimenticavo…troppo
sangue non lo reggi.”
“Infatti.”
“Sì, lui è notevole…
un po’ pieno di sé, ma decisamente bravo.”
“Come?”
“Lascia stare, dimmi
piuttosto che posso fare per te.”
“Roby,…il tuo giornale
manda sempre te a fare le foto per l’intervista del 19,
vero?”
Ride di nuovo, mi sa che ha
capito dove voglio andare a parare.
“Ale… sai cosa mi stai
chiedendo?”
“L’impossibile?”
“No, …se mi chiedi una
copia della foto che gli farò solo per te è cosa fattibile,
è quello che mi stai per chiedere che non so se rientra nelle
mie possibilità.”
“Roby”- dissi tutto d’un
fiato- “ devo parlargli per un secondo, solo per dirgli
quanto mi sia piaciuto!”
“Ale, che tu possa
parlargli è praticamente impossibile, scordatelo fin da
adesso, quando sti tizi arrivano hanno i minuti contati e
spesso non vedono l’ora che quei minuti passino.”
“Vederlo…tu fammelo
vedere e poi mi arrangio io!”
“Ale..”
“Ti prego!”…lo stavo
letteralmente implorando, forse sarei anche stata capace di
mettermi a piangere al telefono…”Roby, tu hai visto il
film, vero?”
“Sì”
“TU sai perché mi è
piaciuto tanto, vero? Lo so che lo sai! Sai che ho passato un’Estate
di inferno e sai il perché…dopo quel film io sono diventata
un’altra … lo so è solo un film, ma a volte le risposte
alle domande che ti fai ti arrivano dalle fonti più
impensabili e…” avevo esaurito le mie ragioni…dall’altro
capo del telefono Roberto ascoltava in silenzio, ero certa che
mi stesse ascoltando, mi ero sempre confidata con lui e
sentivo che capiva perfettamente quello che stavo dicendo. Mi
interruppe con calma.
“Ti prometto che farò il
possibile, va bene?”
“Grazie ! Grazie! Grazie!”
ero euforica.
“Ma non garantisco nulla,
ok? Ora fai la brava, vai a dormire e ti chiamo quando ho
delle novità. “
Il giorno dopo ho passato il tempo
passeggiando per la casa col cellulare in mano come se stessi
passeggiando con il mio fidanzato, finalmente squilla.
“Roby”
“Eccoci!”
“Dimmelo!”
“Allora, ho pregato il mio capo in cinese,
arabo e tailandese…”
“Sì…” le mie speranze si stavano
letteralmente sgretolando davanti ai miei occhi.
“Quando ho iniziato a pregarlo in russo,
si è impietosito…”
Ed ecco che il castello di carta incomincia
, come per incanto, a risollevarsi da solo.
“Ale, … solo perché sei tu…solo
perché so che sei una tipa che non gli farà lo spogliarello
appena lo vede, … potrai venire con me…”
Lo interruppi
“Oddio…”
“A patto che…”
“Tutto quello che vuoi!”
“Starai buona e zitta.”
“Assolutamente”
“Niente urletti isterici…”
Rido
“Per chi mi prendi?”
“Scusa, ti sto leggendo l’elenco di
raccomandazioni che ha lasciato il mio capo…e soprattutto…”
“Sì”
“Mi starai sempre vicino e non ti metterai
davanti agli altri fotografi.”
“Ok!”
“Ale?”
“Cosa?”
“Dovrai essere invisibile, mi hai capito?
Mi hai chiesto di fartelo vedere e lo vedrai, ma se fai ‘ba’…”
“Sarò la tua ombra ,Roby!” gli rispondo
con calma, “Non ti preoccupare.”
“Brava!” sento che è soddisfatto.
“Roby..”
“Dimmi”
“Che cosa potrò mai fare per sdebitarmi?”
“Non ti preoccupare, mi fa piacere che il
tuo umore sia cambiato e anche il tuo atteggiamento verso le
cose; ti sento positivamente aggressiva…e se dobbiamo
ringraziare un film o chi lo ha interpretato, ben venga. …Spero
solo che tu non rimanga delusa.”
“Non sarà così!”
Non ci credevo…dovevo dirlo a qualcuno o
sarei scoppiata, ma a chi? Ma certo! A Cristina, la più
aggiornata persona che io conoscessi su ogni singolo
avvenimento hollywoodiano, la mia inseparabile amica che fin
dall’epoca del liceo aveva condiviso con me ogni singola
gioia e paturnia ‘lei va pazza per
Tom Hanks…ma fa lo stesso…la chiamo comunque!’
“Cosa??!”
“Cris, sul serio, non sto in me dalla
gioia!”
“Oh mamma, Ale … ma ti rendi conto che
vedrai Massimo Decimo Meridio?”
“Chi?”
“Ah già che tu non l’hai visto il “Gladiatore”,
ma devi troppo vederlo…non puoi conoscere Russell Crowe
senza aver visto il Gladiatore…è da pelle d’oca! ..Certo…nulla
in confronto a Tom…”
‘Oddio, ha incominciato a parlare di Tom…la
sto perdendo.’
“Cris,… Cris… ti prometto che appena
posso lo noleggio e lo guardo!”
“Devi assolutamente! Cavolo, chissà come
sei emozionata…fatti fare l’autografo mi raccomando …
sai quanta gente vorrebbe essere al tuo posto?”
“Me lo posso immaginare…”
“Ale, quando Tom Hanks verrà in Italia
chiedi al tuo amico di fargli una foto solo per me?”
“Certo Cris!”
“In bocca al lupo e salutami Russell!”
“Crepi il lupo…e sarà fatto!”
19 Febbraio 2002
Ed eccoci qui, il gran giorno è arrivato; c’è
una grossa massa di giornalisti cacciati in una stanza enorme
con la targhetta ‘stampa’ attaccata sulla giacca, Roberto
mi ha fatto passare per una collaboratrice e mi tocca
sorreggergli la borsa dei rullini e degli obiettivi che ogni
minuto che passa diventa sempre più pesante. Sono passati
pochi minuti dal momento in cui il ‘divo’ si sarebbe
dovuto presentare; …’d’accordo, dieci minuti glieli
possiamo anche concedere…se gli orologi sono sincronizzati
male…un quarto d’ora… avrà trovato traffico?’
Passata la prima mezz’ora i vari giornalisti presenti in
sala incominciano a scalpicciare e rumoreggiare. Io me ne sto
zitta zitta, buona buona sempre nei paraggi di Roberto; non
proferisco parola, non faccio nessun commento, ma posso capire
il forte senso di fastidio che della gente lì per lavorare
stia provando. Incomincio anche a sentirmi un po’ a disagio.
La mia presenza incomincia ad essere notata, se dovessero
incominciare a chiedermi per che giornale lavoro o cose del
genere, so che rimarrei lì come una platessa; cerco di farmi
piccola piccola o come aveva detto Roberto…”invisibile”
“Puoi anche sederti ,se vuoi…” mi dice
Roberto. “…tanto qui ho già capito come va a finire…”
“Perché?”
“Tanto bravo a recitare quanto a farsi
desiderare, sono cose che odio!”
“Magari ha avuto problemi, o altri impegni…”
cerco di sdrammatizzare , ma lo capisco benissimo. Roberto è
sempre stato così preciso e puntuale nel suo lavoro che è
normale aspettarsi da lui quel tipo di reazione. Intanto la
prima ora è passata e l’andirivieni di giornalisti che
parlano al cellulare, probabilmente con le rispettive
redazioni, o che cercano in altro modo di avere informazioni
che possano giustificare quell’assurda attesa, sta rendendo
quella stanza satura di energia negativa.
‘Un’ora e un quarto…’
qualcuno inizia ad esprimere ad alta voce il suo pensiero e
con una comprensibilissima mancanza di buone maniere:
“Oh, sto stronzo sta incominciando a
rompermi i coglioni!”
Io sto iniziando a pensarla allo stesso
modo. Sono in piedi dalle sei del mattino, felice ed eccitata,
non ho nemmeno fatto colazione dall’emozione e ci ho messo
un’ora per truccarmi e sembrare il più carina possibile per
non fare sfigurare Roberto e soprattutto per poter guardare
negli occhi Crowe con il più hollywoodiano degli sguardi.
Inizio a sentire la stanchezza e a vedere sfumare la speranza
di poterlo vedere, non parliamo poi di potergli parlare. Quasi
mi sto dimenticando il motivo per cui sono lì. Socchiudo gli
occhi che mi fanno male, sta per scadere la seconda ora…
…ad un tratto si sente un brusio, un
vociferare sempre più vicino alla stanza in cui ci troviamo. ‘Sta
arrivando, me lo sento’ I giornalisti non sono più
ammucchiati vicino all’entrata ma sparpagliati qua e là
nella stanza, forse anche loro si sono dimenticati il motivo
per cui sono lì. L’addetto -stampa fa cenno alle persone
che stanno per varcare la soglia, di entrare. Per ultimo entra
LUI; Roberto si fa più vicino, io ritrovo le energie che mi
avevano abbandonate e scatto in piedi. Russell Crowe è lì
davanti a noi: giacca e pantaloni scuri, camicia azzurra,
capelli sul lunghetto, barba di un po’ più di qualche
giorno…’molto diverso dallo studente di Princeton visto
da me 96 ore prima al cinema’, penso io. Ha una mano in
tasca, si guarda un po’ intorno: nessuno lo assale, nessuno
è ai suoi piedi. L’invito dell’addetto - stampa “Se
volete fare delle foto…”…suona come “La carità vi è
concessa”.
Nessuno fa un passo, Crowe sembra uno
stallone irrequieto in quei pochi secondi. Io aspetto solo che
qualcuno faccia qualcosa; so di non poterla fare io, mi è
stato assolutamente vietato. Poi un giornalista sfoga la
stanchezza e frustrazione di due ore di attesa.
“You are very unpolite!”
Oddio, adesso scoppia la rissa…no, non è
così … il mio sguardo rimbalza veloce come una pallina da
ping-pong tra quello dell’impavido giornalista e quello del
divo. Tra le sue parole e la risposta di Crowe…passa una
frazione di secondo…batte le mani come a cosa conclusa
“Ok, bye bye!”
Esce dalla porta più veloce di come è
entrato e se ne va.
Rimango basita, non credo a quello che ho
visto… e la borsa dei rullini si fa sempre più pesante.
“Ma tu guarda questo che razza di stronzo…”
è l’unica frase distinguibile in un brusio di improperi.
Io mi sento la testa letteralmente
scoppiare. Riesco solo a pensare a una cosa: ‘sono
sveglia dalle sei, non ho mangiato, è da ore che non posso
dire una sola parola, cosa per me peggio di qualunque tortura,
sto reggendo sta borsa da ore …e per cosa? Per uno che dopo
due ore che lo aspetto mi dice “bye bye”?!?’ Ah no,
cocco! Questa cosa non la concederei nemmeno al mio fidanzato!’
Non so da quel momento in poi che cosa mi passi per la
testa…probabilmente la nebbia assoluta.
Lascio cadere la borsa dalla spalla e
attraverso con passo deciso la stanza; sento la voce di
Roberto mentre mi allontano
“Ale, ti senti bene…ma dove vai?”
E quella di altri presenti
“Oh, ma che fa questa?!”
Mi sistemo i capelli in fretta e mi infilo
nel corridoio fuori dalla stanza in cui si era svolta la scena
madre. La cosa negativa è che non so dove andare, quella
positiva è che mi sento bellissima! A qualcosa come trenta
passi da me vedo un gruppo di quattro o cinque persone…’Ecco
i gorilla’ e fra loro un’altra persona…Crowe…’ed
ecco l’orso’ Rallento per non dare nell’occhio, ci
riesco. Crowe entra in una stanza da solo, ‘bene’.
“Solo un secondo” dice agli altri” e
chiude la porta.
‘Ale, ma a che cosa stai pensando ?’
A niente probabilmente, devo essere completamente pazza per
pensare quello che sto pensando in quel preciso istante. Come
quando si legge sui giornali che qualcuno ha ucciso qualcun
altro e poi al processo dice che in quel momento con la testa
non c’era. Ecco, così deve essere. Io, in quel momento, con
la testa, non dovevo proprio esserci! Perché mai in tutta la
mia vita sarei riuscita a trovare il coraggio di fare quello
che di lì a poco avrei fatto.
Mi guardo attorno…nessuno bada a me o a
quella porta. Sgattaiolo come uno scoiattolo, la apro e la
richiudo alle mie spalle, mi volto subito.
“Hey - sbraita- ho detto un minuto!”
Mi ritrovo in un’altra stanza, arredata
con poche cose: un tavolo, due poltrone, un tavolino più
basso, due ampie finestre e …LUI, davanti a me giratosi di
scatto al rumore della porta velocemente aperta e chiusa, con
la sigaretta fumante in mano. Io, paralizzata.
“Sì?”
Ha lo sguardo serio, non cordiale, e mi
guarda con l’aria di chiedermi chi cavolo io sia. E io
probabilmente ho l’aria di chi pensa “ che cavolo gli
rispondo adesso?!”
Rimango zitta per qualche secondo…
“Cerca qualcuno, signorina?”
‘Eccome se cerco qualcuno! E ce l’ho
proprio davanti quel qualcuno! E ha un’adorabile faccia da
schiaffi, quel qualcuno! Ma nel film era così attraente?’
“Cercavo lei” ‘voce seria e di chi
sa cosa vuole! Brava Ale!’
“Me?” Rivolge leggermente l’orecchio
verso di me come se non avesse capito. È chiaro che nei due
secondi di numero che è stato nella stanza della “scena
madre”, dove ci ha dato un saggio del suo “savoir-faire”,
non mi ha nemmeno notata. Posso sfruttare la cosa a mio
vantaggio.
Tremo di paura, ma fuori sono una roccia e
probabilmente ho lo sguardo più arrabbiato del suo. Alzo un
sopracciglio e faccio un passo in avanti verso di lui.
“Non le sembra di aver esagerato, signor
Crowe?”
“Mi scusi?” fa un altro tiro deciso e
butta fuori il fumo con altrettanta decisione. ‘Adesso mi
prende di peso e mi sbatte fuori, me lo sento!’ Ma
continuo e alzo pure la voce.
“Sì, prima, non le sembra di aver
esagerato? Quella gente l’ha aspettata per quasi due ore…ha
presente cosa vuol dire essere in ballo dal mattino presto?
Penso di sì, no? Col mestiere che fa!…C’è gente che
nemmeno veniva da Roma e si è vista trattare a pesci in
faccia dopo due ore di attesa!…”
Mi ha ascoltato in silenzio, non ci credo,
non ha mai smesso di fumare e mi sta guardando con uno sguardo
che più che serio, definirei ora, decisamente incazzato. Lo
so che mi tratterà peggio che a quel giornalista, è solo
questione di secondi. Spegne la sigaretta e fa per
riaccenderne un’altra, so che dirà qualcosa, ma io
evidentemente, amo scherzare col fuoco più di quanto non
avrei mai immaginato. Continuo per la mia strada e alzo ancora
di più la voce.
“…e non so se lo ha notato, ma qui
dentro è vietato fumare!!!”
Lo guardo fisso negli occhi e con un rapido
cenno della testa gli indico il cartello rosso e bianco con la
scritta “ no smoking” ‘Ale, se
non ti scaraventa adesso è perché hai dei santi in Paradiso.’
Ha la sigaretta in bocca e l’accendino in
mano, volge lo sguardo verso l’insegna sempre con la
sigaretta che pende ad un angolo della bocca stile James Dean.
Se la sfila dalla bocca e la tiene in mano. Ora so che
esploderà. “Complimenti, Ale!
Rompi le scatole ad un fumatore incallito quando è pure
arrabbiato e vedrai quanti insulti ti vomiterà addosso!’
“Ok… lei chi è? Una giornalista?”
“No”
“Lavora qui nell’albergo?…Si è persa?”
“No, un mio amico era uno dei giornalisti,
mi ha portato con lui”.
“Ah sì?…E perché?”
“Perché gliel’ho chiesto io!”
“Quindi non è una giornalista”
“Non sono una giornalista…”
“Ah…e a cosa devo questa…”
Cerca coi gesti di definire la mia
intrusione, sempre con la sigaretta tra le dita, spenta, dalla
quale però sembra proprio non riuscire a separarsi. Con le
stesse dita che tengono la sigaretta si gratta nervosamente
una tempia sempre guardandomi con quello sguardo tra il severo
e lo stupito.
“Ho visto il suo film , sono sveglia dalle
sei di stamattina e stanotte avrò dormito sì e no tre ore;
non ho fatto colazione, ho mal di testa, il mio amico ha mosso
mari e monti per farmi venire qui, l’ho aspettata due ore e,
per la miseria, mi spiace, ma lei ora non se ne andrà via
così!” Durante quel fiume di parole sono riuscita a muovere
addirittura altri due passi verso di lui.
Mi guarda e non credo ai miei occhi: sta per
accennare un sorriso.
“Lei fa l’attrice.”
“No!” lo guardo come se fosse lui l’idiota
adesso.
“Dovrebbe farci un pensiero, signorina. Ha
talento da vendere!”
Penso che dovrei girare i tacchi e
andarmene, ma non lo faccio. È da quando ho visto quel film
che mi sento una persona diversa, una che può abbattere
qualunque muro le si presenti davanti. Anche quello di un divo
con l’aria prepotente. Sono andata lì per una ragione
precisa e non intendo andarmene.
“Non le sto chiedendo di chiedere scusa
per il suo comportamento, signor Crowe. Sono impulsiva quanto
lei, mi creda, e se mi avessero dato della scortese avrei
reagito come lei, andandomene, soprattutto sapendo di avere
torto! Io voglio solo che mi dia il quarto d’ora per cui
sono venuta qui!” In realtà non era previsto proprio nessun
quarto d’ora quando avevo parlato con Roberto, ma quella
frase mi era uscita liscia come l’olio dalla bocca e rimango
piantata a quattro passi da lui aspettando una risposta. ‘Ma
era così bello nel film?’
Prende il pacchetto di sigarette dalla tasca
dietro dei pantaloni, lo apre e rimette dentro la sigaretta
che fino a quel momento aveva tormentato tra le dita. Chiude
il pacchetto e lo getta sul tavolo, ma non in modo brusco; si
appoggia al tavolo con le braccia conserte, con una gamba
davanti all’altra e la punta del piede rivolta verso il
basso.
“Lei non è una giornalista.” ora sembra
calmo
“No” sembro calma anch’io
Inclina di tre quarti il viso, socchiude
leggermente un occhio e accenna un sorriso
“Sicura?”
“Sicura.”
“Ok…che cosa vuol sapere?”
“In che senso?”
“Ha visto il film … che cosa vuol sapere
del film?”
“Niente, so già tutto del film, io volevo
parlare con lei!”
“Oh…” ha alzato la testa e poi annuito
un paio di volte, non senza una punta di ironia.
“Mi dica”
“Lei è bravo, mi è piaciuto molto, credo
che abbia dato tanto alla riuscita del film e …indirettamente
ha dato molto anche a me”. Mi guarda in silenzio e forse…non
lo so, non mi sembra la stessa persona che ho visto in quella
stanza girare le spalle e andarsene con aria saputa.
“In che senso?”
“In che senso cosa?”
Fa un gesto con la mano come per dare forma
alla sua spiegazione.
“Ha detto che il film le ha dato tanto,…in
che senso?”
Non mi piace raccontarmi, … su cose
personali poi, meno ancora, ma ho dalla mia il fatto che di
certo le mie parole moriranno con lui visto che dubito si
sognerà di raccontare i fatti miei a qualcuno. Prendo fiato.
“…ok, l’estate scorsa è successo
qualcosa che ha scosso molto la mia famiglia da un punto di
vista emotivo; ho passato un bel periodo a non sapere come
affrontare la cosa, convinta che a un problema del genere non
ci fosse soluzione. Ho cercato di darmi una spiegazione
razionale, per mesi e mesi, fino a quando …qualcuno mi ha
fatto capire che forse più che nella mia mente avrei dovuto
cercare la soluzione …altrove….Forse se non avessi deciso
di andare al cinema quel giorno sarei ancora qui a dannarmi l’anima.
Potrà anche sembrarle ridicolo tutto questo, ma da quando ho
scoperto chi è John Nash e da quando ho scoperto chi è lei,
la prospettiva delle cose nella mia vita è cambiata
notevolmente.”
Mi ha lasciata parlare senza dire una
sillaba, devo considerarlo un buon segno?
“Come sta la sua famiglia?”
Sorrido
“…come si dice, signor Crowe, … se
oggi non va tanto bene, si riprova di nuovo domani, no?”
Annuisce come se la cosa lo interessasse,
forse però è vero. Sta incominciando a piacermi sto Russell
Crowe…diretto, ma allo stesso tempo discreto.
“Era questo che voleva dirmi?”
“Più o meno questo, sì”
“Ed è sveglia dalle sei, ha detto?”
“Esatto”
“Senza colazione?”
“Senza colazione.”
“Vuole una gomma?” Mi offre un pacchetto
di gomme alla menta.
“No, grazie” e gli sorrido
“Lei è di Roma?”
“No, vivo vicino a Milano, il mio amico è
di Roma.”
“Ah già, il giornalista….ho fatto un
giro per Roma, … prima.”
“Un giro lungo, direi” gli dico
sorridendo non senza un pizzico di sarcasmo
Risponde al sorriso, forse ha apprezzato la
battuta.
“È una città fantastica”
“La mia preferita in Italia, sì”
“Mi fa piacere che il film le sia piaciuto…”
Sorrido “Lo so già quasi tutto a memoria”
“… e che abbia avuto quest’effetto
positivo su di lei”
“Penso che non lo avrà soltanto su di me”.
“E adesso che farà?”
“Bè…penso che comincerò a vedermi gli
altri film che ha fatto. Una mia amica insiste perché io veda
‘il Gladiatore’ ”
Sorride un po’ stupito, ma forse anche
lusingato dal fatto di essere stato notato per la prima volta
in un film dove il suo talento traspare al di là della mera
prestanza fisica.
“Non l’ha visto?”
“Non mi piacciono i film con troppo sangue”
“Non ce n’è poi troppo, direi che è
più che sopportabile… E poi lei non mi sembra una persona
che si ferma davanti a un po’ di sangue, o mi sbaglio?” mi
sorride: l’allusione alla mia intrusione nonché “piazzata”
è più che chiara e non posso far altro che rispondere al
sorriso un po’ imbarazzata.
Guarda l’orologio al polso, il “mio
quarto d’ora” è certamente più che scaduto e decido che
è il momento di togliere il disturbo. Ormai sono ad un passo
da lui e gli porgo la mano per stringere la sua e salutarlo.
“Signor Crowe…grazie per il suo tempo.”
Mi porge la mano e stringe la mia .
“Signorina…”dice per salutarmi.
Gli sorrido e mi volto per andarmene; gli ho
detto quello per cui ero venuta e sono felice, al settimo
cielo, direi. Sento la sua voce quando ormai sono alla porta.
“…lei ha un nome o devo continuare a
chiamarla ‘signorina’?”
Sento aprirmi il cuore a quelle parole
giunte al mio orecchio così perfettamente recitate quanto
sorprendentemente inaspettate; mi sembra di essere di nuovo al
cinema con l’unica differenza che il “Professor Nash”
sta parlando con me. Mi volto con un sorriso e vedo che lui
sta lì, sempre con le braccia conserte, sempre con le gambe
nella stessa posizione, in attesa di una risposta. ‘Ma
era così sexy nel film?’ Odio dire il mio nome
perché in inglese me lo hanno sempre storpiato, ma non si
può non rispondergli.
“Alessandra,…mi chiamo Alessandra”
Si avvicina a me con fare calmo ma deciso,
mi prende il viso tra le mani e mi stampa un bacio sulle
labbra più inaspettato ancora della materializzazione
improvvisa del suo John Nash. Rimango ad occhi spalancati per
un secondo e mezzo, incapace di dire o fare qualcosa, poi li
chiudo e penso solo a respirare dal naso. La sua lingua ha il
sapore di tutte le sigarette che si è fumato (tranne una), ma
in questo momento mi importa ben poco.
A bacio concluso mi sistema una ciocca di
capelli dietro all’orecchio e con una dizione italiana che
ha del magistrale pronuncia il mio nome.
“Alessandra … scusa se ti ho fatto
aspettare due ore!”
Devo aver avuto un fil di voce quando gli ho
risposto che non c’era problema.
All’improvviso mi sento come risvegliata
da uno stato di coma. ‘Che ci faccio qui? Ma questo qua
è Russell Crowe? Ma… mi ha appena baciata? E io gli ho
appena sbraitato in faccia che non poteva fumare? Sono io che
ho lasciato la stanza dove avevo promesso a Roberto di
starmene zitta zitta, per inseguire un attorone di quel
calibro e dirgliene quattro sui suoi modi da cialtrone? Dove
avevo lasciato la testa? Dove avevo trovato il coraggio? Forse
sono stata inconsapevolmente drogata’. Mi dirigo verso
la porta non credendo a quello che ho appena fatto, arrivata
alla maniglia e ripreso in parte contatto con la realtà, mi
volto verso di lui, probabilmente con l’aria un po’
rimbambita.
“Di solito non faccio queste cose, signor
Crowe…entrare senza bussare, …sbraitare…non è da me,
direi che lo potremmo considerare un episodio un po’…”
“Straordinario?”
“E definiamolo così.”
Mi guarda con un sorriso e l’aria saggia.
“Qualcosa di straordinario è sempre
possibile”, mi strizza l’occhio e con un gesto della mano
come per tranquillizzarmi aggiunge
“ E chiamami pure Russell.”
Gli sorrido e scuoto leggermente la testa
sentendomi un po’ ridicola.
“Torno dal mio amico.”
“Salutami la tua famiglia”
Chiudo la porta alle mie spalle e torno dal
corridoio che avevo percorso un quarto d’ora prima,
incurante dello sguardo delle guardie del corpo che mi segue
con aria interrogativa ‘Che ci faccio qui? Non sono
affari vostri!’
Arrivo nella stanza di prima, i giornalisti
sono quasi tutti andati via. Roberto mi aspetta seduto su un
divanetto e appena mi vede scatta in piedi e si dirige verso
di me.
“Si può sapere dove sei stata?”
Rido senza dire niente
“Tu ne hai combinata una delle tue!”
“Te la posso dire una cosa, Roby?”
“Sentiamola!”
“Quel Russell Crowe è davvero un gran
figo!”
Mi guarda con aria di compatimento.
“Ho capito…ti porto a fare colazione…la
mancanza di zuccheri ti sta facendo straparlare.”
Uscendo non riesco a resistere e lo
abbraccio stampandogli un bacio sulla guancia
“Roby, ti devo pranzo e cena!”
“Ah bè, vorrà dire che quando riuscirai
a parlargli mi offrirai anche il ‘dopo cena’.
“Ah sì?”
“Come minimo!”
Fine
AleNash (2003)
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