Fortuna?
Avete mai provato la sensazione di essere
guardate di nascosto, spiate?
Be’, quel giorno io avevo questa
sensazione, ma capii subito che, chi mi guardava, chi mi spiava, era
proprio lei, elegante e sensuale come sempre e, al tempo stesso
ingannatrice: la FORTUNA!
Era il 14 Febbraio, mi trovavo a Roma
poiché ero stata scelta per seguire un master sulle nuove tecniche
internettiane dalla durata di una settimana.Avevo occupate solo quattro
ore la mattina e poi tempo libero per visitare la grande capitale e
approfittare per fare qualche spesuccia.Arrivai in albergo molto presto,
all’incirca verso le sette. L’albergo era favoloso, elegante e
raffinato, non troppo sofisticato, un albergo non adatto per le mie
piccole e semplici tasche!!! Non mi preoccupai minimamente sapendo che
quell’intera settimana mi era stata gentilmente offerta dal mio capo
(EH!EH!EH!). Mi diressi immediatamente verso il rèceptionist e, visto che
era già molto tardi, gli strappai le chiavi dalla mano, ringraziandolo, e
corsi come un fulmine verso l’ascensore, fortunatamente libero.
Arrivai all’ultimo piano. La mia chiave, piccola e dorata, aveva inciso
sopra il numero 313, quindi mi misi subito a cercare. Arrivata davanti
alla porta, che si trovava quasi alla fine del corridoio, notai subito una
maestosa porta, diversa dalle altre, più elegante: era la suite. La
fissai per circa dieci minuti pensando al suo interno, immaginandola
arredata con molti divani di pelle e costosi tappeti persiani, con
addirittura un piccolo caminetto sul quale era appeso un dipinto di non so
quale autore. Sospirai dolcemente e quindi mi decisi ad entrare nella mia
stanza. Cavolo, era troppo tardi, buttai le mie due valigie (mi piace
portarmi dietro tutto il guardaroba) sul letto e corsi di nuovo giù,
consegnai le chiavi e uscii fuori dell’albergo come una pazza invasata
per cercare un taxi: bè, era proprio li, come se mi stesse aspettando,
con addirittura la portiera aperta (fortuna?). Tornai in albergo
verso le 18:00, tutto era andato liscio come l’olio e avevo fatto già
amicizia con due ragazze che seguivano il mio stesso master e pernottavano
nello stesso albergo. Mi invitarono a cena in un famoso ristorante di Roma
e mangiammo veramente molto bene.
Tornate nuovamente in albergo, le salutai
augurandole una buona notte e mi recai nella mia stanza. Quando le porte
dell’ascensore si aprirono, sentii un gran vociare provenire dalla fine
del corridoio, proprio dove si trovava la mia stanza. Questa volta non
potei fissare la maestosa porta della Suite poiché la mia vista era
ostacolata da tre enormi, immensi, giganteschi uomini vestiti di nero con
una piccola auricolare che gli entrava nell’orecchio. Mi guardarono
veramente male ed io, spaventata ma assolutamente insospettita, entrai
zitta zitta nella mia stanzuccia. Rimasi come un ebete a pensare a quegli
uomini, a chi stessero proteggendo, chi c’era dietro quella famosa ed
elegante porta della suite? Ero molto stanca quindi decisi di pormi queste
domande l’indomani. Mi spogliai, tolsi il trucco dal viso, mi diedi una
lavatina e indossai il mio pigiamino preferito (non sembrava tanto un
pigiama quanto una tutina per fare sport, un paio di short e un toppino
molto stretto). Presi la mia borsa e, una volta entrata nel letto, tirai
fuori la mia agenda; all’interno c’era una foto, molto rovinata ma
ancora visibile che ritraeva il mio sogno proibito, forse il mio vero,
unico sogno: RUSSELL. Fissai la foto per una ventina di minuti, e ogni
minuto che passava, le mie mani diventavano sempre più fredde, e il mio
cuore batteva incessantemente, all’impazzata. Quella sera avevo voglia
di immaginarlo con una donna, con una delle tante, immaginarlo nudo,
seduto su una vecchia sedia a dondolo, e questa donna sopra di lui che
urlava e si dimenava e godeva, godeva fino allo sfinimento, e lui che la
teneva ferma con le sue grandi e calde mani, accarezzandole i capezzoli…
Mi eccitai, mi addormentai.
Un gran frastuono mi strappò dalle braccia
di Morfeo. Saltai sul letto per il grande spavento: urla, tonfi, parolacce
a non finire provenivano da fuori la mia stanza. Curiosa come non mai mi
precipitai fuori e lì una scena agghiacciante ma, allo stesso tempo
divertentissima: c’erano due donne e un uomo. La donna alla mia sinistra
era una signora distinta (lo capii dal suo vestito non certo dalle parole
che gli uscivano dalla bocca, sorprendenti). Appena mi girai alla mia
destra vidi un’altra donna che indossava un paio di stivali neri laccati
che le arrivavano fino sopra il ginocchio, un body di pelle nero con
catene e due fessure tonde che permettevano la "fuoriuscita" di
tette enormemente gigantesche, grandi e un flessibile frustino con manico
rosso. E poi c’era l’uomo, sui sessanta, con addosso mini slip tigrati
con chiusura a zip proprio sul gioiello di famiglia, legato alla donna con
frustino da un guinzaglio a punte metalliche. Ragazzi, una scena cosi’è
difficile dimenticarla ma, prima che me ne resi conto le due rivali erano
passate dalle parole ai fatti; pugni, schiaffi, calci, insulti (la moglie
che sorprende il proprio maritino a fare cose veramente strane con un’altra,
che figata). Cercai di separare le due vipere ma, per mia gran fortuna,
mi beccai un gran bel pugno sul naso. Portai le mani sul viso per il gran
dolore e vidi sgorgare molto sangue quindi, coraggiosamente, svenni!!!
Mi svegliai dopo circa venti minuti, ma non
ero più distesa sul costoso tappeto nel corridoio, neanche sul mio comodo
letto singolo, ma in un grande letto a due piazze, con lenzuola di un
colore veramente delicato. Non riuscivo a sollevare la testa poiché avevo
sul mio sfortunato naso una borsa per il ghiaccio che mi aveva
momentaneamente sedato il dolore. Fissavo il soffitto ma stranamente non
pensavo a nulla. Sentii qualcuno avvicinarsi, non potevo guardare chi
fosse, ero molto tranquilla, serena. Qualcuno mi strinse la mano,
dolcemente, e mi sussurrò, in inglese, come mi sentissi; quella voce,
quella fantastica voce mi penetrò dentro fino allo stomaco. L’avevo
già sentita, non potevo sbagliarmi.Sopra di me comparve come per magia un
viso, no, non un viso ma il suo viso, con la barba incolta che gli
delineava le piccole labbra a cuore, occhi più azzurri del mare dei
carabi, capelli lunghi fino quasi sopra le imponenti spalle, morbidi come
quelli di un neonato. Riuscii miracolosamente a trattenere il vomito che
sentivo salire molto velocemente dallo stomaco e risposi in un inglese
alquanto ASSURDO: <<mi sento come se un treno merci, carico, mi
avesse investito una ventina di volte >> Sorrise ed io sentii il
ghiaccio sciogliersi sul mio viso, bollente per l’eccitazione. Mi tolse
generosamente la borsa del ghiaccio dal naso e mi diede una mano ad
alzarmi. Seduta sul letto mi resi conto che ero nella sua stanza anzi ero
nella sua reggia: era la suite che avevo tanto ammirato dal di fuori.
Ricollegai subito i tre uomini vestiti di nero che avevo visto poche ore
prima; erano lì per proteggere lui, il mio eroe. Iniziò a parlarmi!!
Panico totale. Mi spiegò com’ero finita nella sua camera, di come
avesse sedato la rissa tra le due iene e come mi avesse preso in braccio,
mentre io ero eroicamente caduta a terra per una giusta causa, e portato
sul suo morbido letto e curata. Pensai… possibile che un pugno sul naso
provochi tali allucinazioni? Non erano allucinazioni, lui era lì con me
che mi guardava, mi parlava, mi sorrideva. Pensai nuovamente… Fortuna?
Mi alzai dal letto e vidi che Russell era scalzo, portava una maglietta
rossa e un paio di pantaloncini: era il suo pigiamino preferito? Mi chiese
se volevo bere qualche cosa, se volevo fare una doccia per riprendermi
dallo stordimento (dato dal pugno o da lui?). Optai per una doccia. Mi
indicò il bagno ed io, con la faccia gonfia dalla stanchezza e dal
cazzottone, lo ringraziai. Non chiusi a chiave, mi limitai ad accostare la
porta; mi tolsi la "tutina"e mi buttai dentro il box doccia,
senza aspettare che arrivasse un po’ d’acqua calda.Passarono penso
dieci minuti ed io ero ancora lì dentro, con il viso sotto il getto, a
sognare, a sognarlo. La porta del bagno si aprii lentamente e riuscii a
scorgere, dietro i vetri opachi dal grande vapore, la sua figura. Era
appoggiato alla porta, beveva, non so che cosa, e mi guardava, guardava il
mio corpo nudo non ben delineato dai vetri appannati.
Io rimasi immobile, nuda: le gambe mi
tremavano, la gola secca come la terra d’Africa, pensavo a tutto e a
niente. Presi la mia decisione, anzi forse non pensai a cosa stessi
facendo visto con quanta velocità aprii il box doccia.
Ci guardammo a lungo, mentre le gocce d’acqua
rimaste sul mio corpo stavano ghiacciando. Mi guardava, mi scrutava, non
rideva questa volta. All’improvviso il suo bicchiere cadde,
frantumandosi in mille pezzi, e corse da me. Un bacio ci avvolse tra l’insinuante
vapore non ancora dissolto, avvinghiati l’uno a l’altro come statue
marmoree plasmate da mani calde ed esperte: il mio cuore si frantumò come
il suo bicchiere...
L’acqua della doccia ci bagnò
delicatamente, si spogliò, lo baciai nuovamente, ma questa volta sul
petto, sui capezzoli, sulla pancia… chiuse gli occhi, estasiato. Mi
prese in braccio e mi appoggiò al freddo vetro della doccia… ERA DENTRO
DI ME!!!!! Nella doccia, sul letto, sul famoso divano in pelle,
instancabili, esausti, felici. Mi svegliai accanto a lui, dormiva e io lo
guardavo, non più nervosa ma triste. Tolsi il suo braccio dalle mie gambe
senza svegliarlo, lo baciai e tolsi il disturbo. Passò la giornata,
tornai in camera ma vidi che quei tre uomini in nero non c’erano più e
sorrisi. Entrai, ero esausta. Il mio pigiamino preferito e a letto. Come
mio solito fare presi la foto di Russell e chiusi gli occhi; quella sera
avevo voglia di immaginarlo con una donna, non una delle tante...
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