UNA COME TANTE (sesta parte)
Finalmente ci siamo: dopo più di un anno dalla pubblicazione del primo capitolo la storia si avvia alla conclusione. Premetto che non mi assumo alcuna responsabilità di eventuali carie o attacchi di diabete...!
Istruzioni per l'uso: ad un certo punto ci sono due diversi sviluppi della storia che si ricongiungono nell'epilogo. Cliccate sui link e buon divertimento!!!! Ah, dimenticavo, le immagini si
ingrandiscono con un click!
15 - Ritorno alle origini
Avevamo poco tempo per stare assieme ed evidentemente nessuno dei due voleva perdere nemmeno un istante, visto che Russell, fin dal primo momento, aveva esaudito il mio desiderio di seguirlo ovunque. Voler imparare qualcosa sulla conduzione della fattoria era solo una scusa per stargli vicino e vivere intensamente gli ultimi istanti di vita sana prima di ributtarmi a capofitto nello stress del lavoro, del traffico e della vita di città.
Da brava allieva mi sforzavo di fare tutto ciò che mi diceva senza fiatare, felice di ricevere come ricompensa qualcuno dei suoi sorrisi che mi riempivano l’anima.
Dopo il lavoro ci ritiravamo sul punto più alto della tenuta per qualche ora di relax in completa solitudine. Non facevamo altro che chiacchierare ed osservare da lontano le mucche al pascolo. Non mi stancavo mai di sentirlo parlare e di guardare le emozioni correre nei suoi occhi nello stesso modo in cui le piccole nuvole bianche attraversavano il cielo sereno sopra di noi.
Ero deliziata dall’intensità delle sue parole che esprimevano la passione che provava per ogni aspetto della sua vita, l’onestà e la fiducia in se stesso, principi incrollabili che l’avevano mantenuto sano in un mondo falso.
Più cresceva la mia ammirazione nel suoi confronti, più mi era difficile mettere a tacere la voce che mi faceva notare la meschinità di Maurice ed il castello di menzogne che avevamo creato, in buona o in cattiva fede.
Le ombre si allungavano rapidamente sulla collina. Al sole del tardo pomeriggio Russell studiava la sceneggiatura del nuovo film che avrebbe interpretato di lì a poco. Io gironzolavo attorno riempiendomi gli occhi della natura che si estendeva davanti a me. Russell era una parte di quella natura. Pur essendone il padrone non la dominava ma la viveva, totalmente dissolto in essa. Era quello l’uomo che definivano capriccioso ed arrogante? Stava a terra, disteso su un fianco, con il capo appoggiato ad una mano; i capelli che al sole apparivano dorati, spettinati dalla brezza, gli ombreggiavano il viso fanciullesco assorto nella lettura. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso.
A tratti lui alzava lo sguardo, mi vedeva lì, seduta sotto un albero ad una decina di metri da lui, ed un sorriso dolcissimo gli illuminava il viso.
La matita correva veloce sul foglio che tenevo in grembo. Da molto tempo non facevo più ritratti ma non avevo perso il mio istinto, riuscivo ancora a catturare l’essenza di un’immagine con pochi tratti, a volte decisi, a volte leggeri, che fermavano le espressioni di Russell meglio di una fotografia perché non si limitavano a ritrarre la realtà ma la interpretavano secondo ciò che io provavo in quei momenti. E che io provassi per quell’uomo una vera e propria venerazione nessuno avrebbe potuto ignorarlo…
Lo vidi ridere mentre leggeva così mi avvicinai.
- E’ un film comico? –
- No. E’ molto drammatico invece, però ci sono delle scene divertenti. –
- Ad esempio? –
- OK, proviamo. –
Mi venne da ridere. – Cosa devo fare? –
- Leggi da qui. – disse puntando un dito sulla pagina. Aprii la bocca per parlare ma Russ mi interruppe.
- Aspetta, hai bisogno di un minimo di spiegazione per entrare nel ruolo. Tu sei Alicia, quella che diventerà la moglie di Nash, e l’uomo che hai davanti ti piace molto ma è un tipo decisamente strano. Devi avere un’espressione incuriosita ed affascinata. Hai capito? –
- Più o meno… -
- Pronta? Azione! –
- Tu non parli molto, vero?… Russ, non puoi interpretare questo personaggio! E’ lontano anni luce da te. –
- Dubiti delle mie capacità? –
- No ma… -
- E’ proprio questo il divertimento. Se dovessi interpretare uno uguale a me sai che noia! Su, concentrati. Azione! –
- Tu non parli molto ve… che stai facendo??? – sbuffai nel vedere Russell che, con le dita di una mano arrotolate davanti ad un occhio simulando un obiettivo ed emettendo una specie di ronzio (trrrrrrrrrrrrrrr), mi girava attorno a pochi centimetri dal mio viso.
- La cinepresa. –
- Signora cinepresa, può cortesemente allontanarsi? L’attrice qui presente non riesce a concentrarsi. –
- Ma è proprio così che funziona. Reciti con l’obiettivo di una cinepresa piantato in faccia per la maggior parte del tempo. –
- Non so come tu faccia a sopportarlo e ad essere naturale. –
- Dopo un po’ ci fai l’abitudine. L’importante è essere ben concentrati e convinti di quello che si sta facendo. –
- Non potrei mai fare l’attrice, è una cosa che mi imbarazzerebbe tantissimo. –
- Ti sottovaluti. Anche tu fai l’attrice. –
- Eh? –
- Certo! Quando fai l’amore con Maurice. – disse ridacchiando. Sembrava uno scherzo ma sapevo che lo pensava veramente.
- Ma senti che bastardo!!! Tu che ne sai? – esclamai dandogli una spinta che lo fece cadere di schiena sull’erba. Rimase lì a ridere come un bambino.
- Divertiti pure, io torno a casa. –
- Smettila di fare l’offesa, non sto dicendo quello che pensi tu, sono veramente convinto che tu abbia delle potenzialità… -
- Grazie della fiducia! Immagino cosa pensi che dovrei fare per esprimere al meglio le mie potenzialità. Anzi, non "cosa" ma "con chi". –
- Stai dicendo tutto da sola, io non ho insinuato niente! –
- Come se non ti conoscessi… -
- Ma se sono un angioletto! –
Mi era impossibile fare l’offesa e l’arrabbiata quando mi guardava con quell’espressione innocente.
- Ok, facciamo questa scena. Mostrami di cosa sei capace. –
Un sopracciglio che si sollevava maliziosamente mi suggerì di precisare:
- … come attore di film drammatici intendo! – dissi, e afferrai la sceneggiatura del film. Respirai profondamente per rilassarmi e, con mia sorpresa, concentrandomi sulla mia parte mi accorsi che l’espressione affascinata mi veniva spontanea mentre guardavo Russell.
- Tu non parli molto, vero? –
- Non posso parlare del lavoro, Alicia. –
- Non intendevo del lavoro. -
- Trovo che raffinare le mie interazioni al fine di renderle socialmente accettabili richieda un grande impegno. Ho la tendenza ad accelerare il flusso di informazioni, senza giri di parole. Spesso non ottengo un buon risultato. –
Sgranai gli occhi e non riuscii a trattenere una risata, cosa che Russell non gradì, perciò, per non incorrere nelle sue ire, mi sforzai di dominarmi e buttai un’occhiata al copione per ritrovare la mia frase.
- Prova con me. –
Russell si alzò a sedere e prese a guardarmi intensamente negli occhi, il viso ad un soffio dal mio.
- Io ti trovo attraente. Il tuo atteggiamento seduttivo indica che tu provi la stessa cosa, eppure il rituale richiede che noi continuiamo con un certo numero di attività platoniche prima… di fare sesso. Io sto procedendo con queste attività, ma quanto al fatto concreto, tutto ciò che voglio è avere un rapporto sessuale con te il prima possibile…. Adesso mi darai uno schiaffo.–
Io lo fissavo imbarazzata perché avevo l’impressione che ciò che aveva appena detto non si riferisse solo al film.
- E lei cosa fa? –
- Lo bacia. –
Sebbene ogni fibra del mio corpo desiderasse fare la stessa cosa della protagonista del film, in quel momento mi sembrò una buona cosa proseguire ancora un po’ con le attività platoniche. Mi misi a ridere nervosamente.
- Che strana ragazza! Nessuna donna di buon senso si innamorerebbe di un uomo del genere. –
- Ti sbagli. Nash era un bel ragazzo, un po’ strano, è vero, ma questo faceva parte del suo fascino. E anche lei era particolare. –
- Buon per loro se si sono trovati! – dissi alzandomi in piedi.
- Dove vai? Devi finire la scena. –
Gli rivolsi un sorrisetto ironico.
- Io non sono Alicia… - detto ciò presi il blocco dei fogli da disegno e feci per alzarmi ma Russ mi bloccò.
- Fammi vedere. – disse quasi strappandomi di mano l’album. Rimasi ad osservare soddisfatta le sue reazioni mentre esaminava i ritratti che gli avevo fatto.
- Se fossimo tutti come te i produttori di macchine fotografiche andrebbero in rovina! –
- Era da molto tempo che non facevo più ritratti. –
- Come mai? –
- Dopo di te i modelli non sono stati granché. – dissi ridendo.
- E Maurice? Mi è sembrato un bell’uomo. –
- E’ vero, ma non gliene ho fatto neanche uno. In realtà non disegno più proprio da quando sto con lui. Non ho tempo. Ho dovuto rinunciare a molte delle cose che mi piacevano. –
- Ne è valsa la pena? Ciò che ti ha dato compensa quello che hai perso? –
- Ho una casa bellissima, abiti firmati, gioielli, faccio vacanze da sogno, … -
- Non far finta di non aver capito, sto parlando di sentimenti. –
- A modo suo mi ama, il segreto sta nel saperlo interpretare. –
- Attenta, le parole di Nostradamus possono avere mille significati diversi o non averne nessuno… –
- Dopo più di un anno credo di avere ormai trovato la chiave di interpretazione. –
Russ mi guardò poco convinto e anch’io, ogni giorno che passava, ero sempre meno convinta.
- Sei proprio sicura che questa è la vita che desideri? –
- Sì. – farfugliai.
Lui mi scostò dal viso una ciocca di capelli, sfiorandomi la pelle con un dito. I suoi occhi luminosi sembravano leggermi dentro. Eravamo così vicini che potevo sentire il suo alito tiepido che sapeva di sigarette e chewing-gum alla menta.
- Non è necessario che tu sia sincera con me, ma almeno cerca di esserlo con te stessa. -
A quelle parole sentii un nodo serrarmi la gola. Mi alzai e mi allontanai di qualche passo.
…Cerca di esserlo con te stessa. Ero sincera con me stessa nell’ammettere, finalmente, che con me stessa non ero mai stata sincera…
Ero ferma, in piedi in cima alla collina, con il vento tiepido che mi accarezzava il viso, proprio come anni prima succedeva a Cap Fréhel. Guardai le mie mani ingioiellate, con le unghie lunghe e laccate. Da un po’ di tempo, quando mi guardavo allo specchio, il riflesso mi rimandava l’immagine di una sconosciuta, una donna di successo sofisticata ed elegante, che non aveva più il tempo di soffermarsi a pensare a quello che era stata e a cosa era diventata, o forse semplicemente si rifiutava di guardare indietro per non vedere l’innocenza che aveva rinnegato e gli errori che aveva commesso rincorrendo il sogno di una vita che non era per lei e di un amore che era solo un’illusione.
Russell era il ponte che mi ricongiungeva al mio passato. La sua vicinanza aveva il potere di tirare fuori la parte più autentica di me, annullava le mie difese, e mi costringeva a guardarmi dentro, a tornare ad essere quella che da un po’ di tempo mi ero sforzata di dimenticare.
Lui era troppo intelligente e troppo sensibile per non accorgersi che qualcosa in me non andava e che la mia sicurezza ostentata serviva solo a nascondere a me stessa il mio fallimento.
Cominciai a piangere in silenzio. Russell in quel momento mi si avvicinò.
- Che succede? –
- Non è niente, adesso passa. – sospirai. Alzai il viso ed incontrai i suoi occhi che erano azzurri come il cielo sopra di noi, teneri e sinceri, così diversi da quelli di Maurice. "Parlami", dicevano i suoi occhi, e io sapevo che se l’avessi fatto avrei dovuto espormi completamente, senza riserve. Non avrei avuto più difese, né verso di lui né verso me stessa, ma era l’unico modo per sentirmi di nuovo libera.
Ingoiai le lacrime ed iniziai.
- Prima di venire qui credevo di avere delle certezze. Tu hai fatto crollare i muri della prigione che ho tirato su con le mie mani. –
- Non volevo ferirti, mi dispace. -
- Per cosa? Per avermi fatto aprire gli occhi? Prima o poi sarebbe successo ugualmente. È meglio adesso, qui con te. –
Un lieve sorriso gli sfiorò le labbra.
- Credevo di essere diventata forte e sicura di me stessa ma le persone forti non si mettono una maschera sul viso solo per avere l’approvazione degli altri. L’ho capito solo dopo aver visto te. Vivo in mezzo a persone che mi sono estranee ed indifferenti, eppure ho lasciato che mi plasmassero a loro piacimento, sono diventata una marionetta nelle loro mani. Tirano i fili e io mi muovo, parlo e sorrido come e quando vogliono loro. Russ, sono stanca di fingere che va tutto bene. –
- Lo so. L’ho capito. Devo ammettere che all’inizio hai disorientato anche me. Meriti un Oscar come migliore attrice, sai? –
Sorrisi debolmente tra le lacrime.
- Maurice mi ama solo quando faccio quello che vuole lui. A volte mi fa paura, così non riesco a trovare il coraggio di impormi e di farmi rispettare. –
- E invece devi farlo assolutamente. Il suo non è amore, è solo egoismo. – disse dolcemente.
- Volevo che Maurice fosse la mia buona occasione… Quando non mi hai più telefonato mi sono sentita così sola… avevo bisogno di qualcuno… - scoppiai in singhiozzi. Russell non disse nulla ma l’espressione del suo viso, poco prima di attirarmi a sé, valeva più delle parole.
Piansi contro il suo petto bagnandogli la maglietta mentre mi stringeva forte. Il suo abbraccio mi dava conforto e mi faceva sentire al sicuro. Non ricordavo l’ultima volta che ero stata abbracciata in quel modo. Maurice lo faceva solo per sesso, era troppo impegnato per perdere tempo in simili debolezze e troppo egoista per chiedermi se ero felice o se mi mancava qualcosa.
E invece pochi istanti di tenerezza con Russell avevano più valore di tutti i regali costosi che il mio fidanzato mi aveva fatto in un anno di convivenza, perché sentivo che erano sinceri e che lui non aveva altri scopi.
- Non è tardi per tornare indietro. – mi sussurrò all’orecchio.
- Sì, hai ragione. – dissi guardandolo in viso. Mi sciolsi dal suo abbraccio e mi allontanai, raggiungendo il cavallo e partendo al galoppo. Avevo bisogno di stare un po’ sola, ma non per riflettere, non c'era nulla su cui riflettere, era tutto perfettamente chiaro, bensì per abituarmi all'idea che la mia vita stava cambiando, o meglio, che stava tornando alle origini. Ormai sapevo quello che dovevo fare, non sarei più stata una bambola nelle mani di qualcun altro.
Cavalcando nel sole morente, con il vento che mi sferzava il viso, e gli occhi pieni della bellezza della campagna, non mi accorsi del tempo che passava ed era quasi buio quando tornai a casa.
Incrociai Russell che stava uscendo dalla scuderia tenendo il suo cavallo per le redini.
- Si può sapere dove cazzo eri finita? E' un'ora che ti aspetto! Ti stavo venendo a cercare. Non ti azzardare mai più ad andare in giro da sola per la fattoria! - gridò appena mi vide. Quel cambiamento d'umore dopo la dolcezza di poco prima mi infastidiva, così gli risposi con lo stesso tono.
- Sentilo il signore e padrone, nessuno può muovere un passo senza il suo permesso. -
- Che cazzo stai dicendo? Non ti vedevo tornare ed ero preoccupato, credevo ti fosse successo qualcosa. -
- Non sono più una bambina e so andare a cavallo, perciò puoi anche evitare di preoccuparti! -
- Che razza d'ingrata! Io mi preoccupo per lei ed ecco cosa cazzo ci guadagno! - disse rivolgendosi a suo padre che era uscito di casa sentendo le nostre grida.
- Agente White, lei dice cazzo tante volte… -
- E dubito che tu conosca bene l’argomento! –
- Ancora con questa storia? Sbruffone presuntuoso, non sei l’unico uomo sulla faccia della Terra! –
- Certo, ma voglio proprio conoscerlo quel disperato che si scopa una rompiballe di santarellina schizzinosa come te. Sicuramente non ha un gran talento se sei così acida. –
- Scusate se ve lo dico, ma sembrate una vecchia coppia di sposi. - osservò Alex, che stava assistendo divertito al battibecco.
- Cosa? Non lo vorrei come marito nemmeno se fosse l'unico uomo rimasto al mondo! - detto questo passai sotto il naso di Russ ed entrai in casa di volata, finendo quasi addosso a Paul che stava per uscire. Da dentro sentii Russell ringhiare:
- Proprio Rossella O'Hara mi doveva capitare! -
Paul mi guardò e scoppiò in un risata.
- Gli stai veramente rendendo la vita impossibile! -
- No, semplicemente mi comporto con lui come lui si comporta con me. Cosa dovrei fare, lasciarmi intimorire e scattare sull'attenti appena comincia a ringhiare? Tremare di paura e fare tutto ciò che vuole? Ne ho abbastanza di Maurice! -
Paul mi rivolse un sorriso d'intesa, poi uscì di casa.
Quando tornai fuori, dopo essermi cambiata, un buon profumo di fuoco di legna e carne arrosto mi accolse e mi rese un pizzico di buonumore. La famiglia e Paul si davano da fare attorno ad un grande barbecue su cui cuocevano delle bistecche enormi, mentre Russell riceveva gli invitati, amici e gente dei ranch vicini.
Non sapevo cosa fare perché tutti erano impegnati in qualcosa e non avevano bisogno di me, così me ne rimasi a gironzolare per il giardino da sola, sentendomi sempre più a disagio in mezzo alla gente sconosciuta che aumentava di minuto in minuto. Forse Russell se ne accorse perché mi venne a prendere e mi trascinò in mezzo alla folla a fare gli onori di casa insieme a lui.
- Lei è Claire Blanchard, l’architetto che ho incaricato per l’ampliamento della casa. – diceva a tutti, ma il braccio che mi teneva attorno alle spalle o alla vita suggeriva qualcosa di più di un semplice rapporto professionale. Ero imbarazzata perché già immaginavo i titoli sui giornali scandalistici: "Scoperta la nuova fiamma di Russell Crowe. E’ un architetto francese… bla bla bla". Sicuramente più avanti nella serata qualcuno mi avrebbe anche fotografata insieme a Russell, confermando tutti i pettegolezzi. Sospirai rassegnata ma la situazione girò a mio vantaggio nel momento in cui arrivò la ragazza che se l’era spassata con Russ qualche sera prima al pub. Rivolse a lui un sorriso seducente e a me il solito sguardo indifferente. A quel punto feci scivolare un braccio attorno alla vita di Russell e gli appoggiai il capo sulla spalla, stringendomi a lui e sfoderando il sorriso più languido che riuscissi a trovare. Lui rispose con un bacio su una tempia, non so se per stare al mio gioco o semplicemente perché gli andava di farlo, ma la messinscena sortì l’effetto sperato perché la tipa batté immediatamente in ritirata. Con un sorriso di trionfo stampato in viso mi staccai da Russell e mi avviai verso le grandi tavole che erano state imbandite e su cui stavano arrivando i primi vassoi di carme alla brace, ma trasalii improvvisamente nel sentire la voce profonda, proprio dietro di me, sussurrarmi in un orecchio:
- Stasera sei splendida. -
- Stai cercando di farti perdonare per il litigio di poco fa? -
- Non vedo perché dovrei, avevo ragione io! Se lo dico è perché lo penso veramente e non ho altri scopi. -
Con orrore sentii il mio viso imporporarsi ed il cuore battere più forte. Distolsi gli occhi dai suoi e, per dissimulare il mio imbarazzo, dissi con un sorriso:
- Allora grazie. Adesso andiamo a mangiare. -
*** *** ***
La notte era tiepida e la compagnia di gente pressoché sconosciuta mi dava un calore che fino a quel momento non avrei creduto possibile. Campagnoli, allevatori, gente semplice dai visi cotti dal sole, mi ricordavano alcune delle persone con cui ero cresciuta a Fréhel. Mi trattavano con cordialità, come se fossi una di loro, e più mi sentivo a mio agio più mi faceva male pensare che solo poche ore mi separavano dal mio ritorno a casa. Malgrado facessi di tutto per non pensarci e godermi la festa, una sottile malinconia si fece strada a poco a poco nella mia anima.
Mi guardavo intorno imprimendomi nella mente ogni particolare e ogni sensazione: i visi delle persone, i colori, gli odori. Mi si stringeva il cuore al pensiero di tornare in una triste Parigi piovosa, vicino ad un uomo che non amavo e che mi faceva del male.
Russell, seduto sui gradini della veranda, cantava Castlebuilder facendosi accompagnare alla chitarra da Dean. La dolcezza delle note e della voce di Russ mi diventarono sempre più difficili da sopportare. Gli occhi mi si riempirono di lacrime perciò corsi a rifugiarmi nel buio e nel silenzio della mia stanza e mi sedetti sul bordo del letto, sfogando nelle lacrime la mia malinconia. In quel momento una voce profonda risuonò nel buio.
- Claire, sei qui? –
Mi voltai appena per distinguere la sagoma di Russ che si intravedeva a malapena. Mi immobilizzai nel buio sperando che non mi vedesse e invece avanzò brancolando nell’oscurità fino al letto.
- Stai bene? –
- Tu sei convinto che io sia diventata forte e cinica, in realtà sono ancora la sciocca sentimentale che si commuove per nulla. I saluti mi straziano! –
Lui fece per attirarmi a sé ma io mi irrigidii.
- Ti prego, non lo fare o inonderò la stanza di lacrime. –
Russell mi sollevò il viso e mi asciugò gli occhi con il fondo della sua T-shirt.
– Devo avvisare che non lavino questa maglietta: c’è molto di te qua dentro! –
Nonostante la tristezza mi venne da ridere. Adoravo il suo modo di sdrammatizzare e di trovare qualcosa di divertente anche nelle situazioni peggiori.
- Non è niente di importante, solo acqua e sali minerali. –
Lui mi si sedette accanto.
- Non è vero, ci sono i sentimenti, e quelli sono importanti. –
- Anche quelli di una bisbetica? -
- Soprattutto quelli di una bisbetica! Claire, lo sai che puoi contare su di me in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa, vero? E puoi tornare qui quando vuoi. In questa casa l’ospitalità non si nega a nessuno. –
- Grazie. – riuscii a malapena a mormorare mentre Russ mi baciava teneramente sulla fronte. Io chiusi gli occhi concentrando tutti i miei sensi nel punto dove le sue labbra morbide mi sfioravano la pelle e scendevano lentamente lungo una tempia, poi sullo zigomo e più giù… sentivo il tepore del suo alito sulla mia bocca e mi sforzavo di ignorare il rumore fastidioso delle grida degli amici che chiamavano Russell a gran voce. In quel momento un rumore di passi affrettati risuonò sul pavimento e si avvicinò in fretta, poi la luce del corridoio si accese di colpo. Sussultammo entrambi allontanandoci l’uno dall’altra. Russell imprecò a bassa voce.
- Non si può mai stare tranquilli! Vieni, è meglio che torniamo fuori o non ci lasceranno in pace. –
Lo seguii meccanicamente, con le gambe che tremavano e la mente persa in una nebbia ovattata.
Appena fuori lui riprese il dominio di se stesso ridendo e scherzando come sempre mentre io mi sforzavo inutilmente di apparire naturale ma sapevo bene quanto doveva sembrare artificioso il mio sorriso. Temendo che qualcuno potesse accorgersi del mio stato d’animo, andai a sedermi in disparte. Poco dopo Mark mi raggiunse.
- E così domani parti. –
- Per favore, non ricordarmelo. Sono stata così bene qui che non ho nessuna voglia di tornare a casa. Mi mancherete moltissimo. –
- Anche tu ci mancherai. Mancherai a tutti quanti ma soprattutto a lui. – disse indicando Russell che cantava circondato dagli amici. Sorrisi debolmente.
- Che intenzioni hai con la casa? Prevedi di demolirla? –
- No. Quella casa ha un’anima e io non ho nessun diritto di farla abbattere. Ci costruirò accanto. –
- E con lui che intenzioni hai? – mi chiese a bruciapelo.
- Cosa??? –
- Non prenderlo in giro, non se lo merita. – guardai Mark sorpresa. Che stava dicendo? Mi voltai verso Russell e in quel momento incrociai il suo sguardo e ricambiai il caldo sorriso che mi rivolse.
- No, non se lo merita. Puoi stare tranquillo. –
(segue)
|