Russell Crowe TV Sorrisi e
Canzoni No. 27 - Anno XLIX 02.07.2000
Generale, Schiavo,
Gladiatore, Eroe Russell Crowe
Testo e Foto di Armando
Gallo
"Sorrisi" ha incontrato l'attore del momento. Un
musicista mancato che in due anni è diventato un divo. Un uomo sincero che, come
l'eroe del "Gladiatore", dietro la maschera del duro nasconde una profonda
umanità
Momento felicissimo per Russell Crowe,
l'attore neozelandese che, sulla breccia dal 1990, ha raggiunto solo nell'ultimo
biennio una popolarità di proporzioni planetarie. Grazie allo scienziato di
mezza età di Insider. Ma, soprattutto, grazie al generale Maximus, l'eroe
formato gigante di Il gladiatore, il film evento della stagione nonchè
imbattuto campione d'incassi in mezzo mondo. Ruvida, massiccia, tesa come una
corda di violino, ma anche diretta come una fucilata, questa popstar mancata (ha
tuttora una band di cui è cantante solista) risponde alle domande
dell'intervistatore miscelando pazienza antica e modernissima
irrequietezza.
- Quali sono stati i suoi rapporti
con il regista Ridley Scott? Dicono che non sia un tipo
facile.
"Scherzando, all'inizio sul set
ho dichiarato spesso che eravamo tutti dei soldatini agli ordini di Sua Maestà
Scott. In realtà, ho avanzato solamente delle riserve sulla prima stesura della
sceneggiatura. Per i miei gusti era troppo cinica e troppo moderna. Ma una volta
ottenute le rettifiche, mi sono affidato completamente a Ridley. Perchè è un
uomo d'onore che rispetta sempre i tempi e il budget. E anche perchè è una
persona a cui piace parlare franco. Tale e quale il sottoscritto".
- Insieme avete disegnato un tipo
di eroe pieno di risvolti umani. Niente a che fare con gli inossidabili Stallone
e Schwarzenegger?
"Effettivamente abbiamo tentato di
indagare 'dietro la corazza'. Certo, si tratta in ogni caso di un generale, di
un tipo che è stato addestrato a diventare un guerriero fin dall'età di nove
anni. L'imperatore Marc' Aurelio, comunque, l'ha sempre tenuto al di fuori dei
giochi politici. Si tratta, quindi, di un individuo in qualche modo puro. Ma la
cosa più importante è un'altra ancora. Ed è il fatto che Maximus si è costruito
una vita parallela rispetto a quella dei campi di battaglia. Ha una moglie e un
figlio cui tiene moltissimo, fa crescere l'uva e le olive. Insomma, non consuma
la propria esistenza nel lucidare l'armatura".
- Nel film lei usa la spada con
grande abilità. Chi l'ha preparata a queste non facili
imprese?
"Intanto bisogna ricordare la mia
matrice australiana. Dalle mie parti, come si sa, il barbecue è una cosa
comunissima. Quindi per me la spada è stata solo un'estensione di un coltello da
bistecca. Per sembrare naturale però, ho dovuto dimenticarmi le poche nozioni
tecniche che mi aveva insegnato Nick, un maestro d'armi inglese. Il buon Nick mi
ha spiegato che nel 180 d.C. la scherma non esisteva proprio. Diciamo che io ho
imparato piuttosto in fretta. Lo spadone era semplicemente uno strumento del mio
lavoro. Come la pistola impugnata dal poliziotto Bud White di L.A.
Confidential ".
- Per il protagonista del
'Gladiatore' casa e famiglia sono valori fondamentali. Per lei è la stessa
cosa?
"Al momento non sono sposato e non ho
ancora una mia famiglia. Aggiungo tuttavia che, avendo vissuto fino ai 14 anni
in almeno dieci luoghi diversi, ho sempre provato una gran voglia di radici.
Quando ho comprato la mia fattoria a nord di Sydney ho capito di avere
finalmente guadagnato la mia 'cuccia' ".
- Che ricordo ha di Oliver Reed, il
collega morto all'improvviso d'infarto nel corso delle
riprese?
"Per parlare francamente: Ollie era un
tipo speciale. Speciale ma anche difficile. Uno che beveva, tanto per fare un
esempio, solo per riempire d'alcol le proprie vene. Mi ha però colpito
soprattutto la sua disciplina sul set marocchino, e credo che il suo contributo
al film sia stato fantastico. Ritengo che si tratti della sua migliore
prestazione degli ultimi dieci anni. Naturalmente la sua morte ha influenzato
parecchio il clima della lavorazione. Sono stati giorni molto duri. Mi auguro
che in futuro un simile episodio non debba mai ripetersi".
Ha collaborato Mauro
Marchesini
I sanguinari eroi della
'domenica romana'
Il film Il Gladiatore ha
riportato alla luce ricordi di scuola media. Gli americani si sono impadroniti
cinematograficamente di questa parte della nostra storia: loro sono 'orfani' di
storia antica, visto che sono nati nel 1700. Forse nei gladiatori intravedevano
antichi cowboy. Ma chi erano questi uomini che si scannavano per il sadico
divertimento del pubblico? Il nome deriva da 'gladius': spada romana, larga,
corta, a doppio taglio e punta. Era una 'professione' considerata infamante, per
cui a esercitarla erano prigionieri di guerra, delinquenti comuni, schiavi.
Oltre a un fisico prestante e a una certa predisposizione a far fuori la gente,
il gladiatore doveva conoscere l'uso delle armi. Avevano manager e allenatori, i
lanisti, che si occupavano anche della parte economica. Il lanista gestiva
apposite scuole. Molte le specialità in cui esibirsi; e ogni gruppo aveva le sue
armi: I Secutores, con bracciali protettivi e un grosso cinturone, armati di
spada, lottavano con i Reziari, forniti di tridente e di rete; gli Hoplomachi,
con armatura, scudo e spada; I Mirmilloni con spada, scudo di piccole dimensioni
e un elmo con la figura di pesce; gli Equites combattevano a cavallo e gli
Essedari si massacravano inseguendosi con carri da guerra. L'imperatore era
presente nel palco d'onore e a lui i gladiatori rivolgevano la celebre frase
"Ave Caesar, morituri te salutant" (Salve o Cesare, ti salutano coloro che
stanno per morire). Molte le donne (anche di alto lignaggio) sugli spalti, che
non disdegnavano poi di 'incontrarsi' con i vincitori. A volte i gladiatori
dovevano combattere con le belve. Ce n'era per tutti i gusti. Lo 'spettacolo'
veniva aperto da una sfilata. L'imperatore aveva il diritto di scegliere se il
gladiatore sconfitto dovesse essere ucciso o potesse tornare a combattere, e per
questo bastava un cenno della sua mano: il pollice in su o in giù. Alla fine i
superstiti uscivano dal circo, il vincitore dalla porta Triumphalis, i morti
dalla porta 'libitinaria'. I più bravi guadagnavano moltissimo. I primi ludi
risalgono al 264 a.C.. Lo Stato nel 105 a.C. se ne assunse l'onore offrendoli
gratuitamente. Gli imperatori romani amavano questi spettacoli; Adriano
combatteva lui stesso. Nel 326 d.C. Costantino proibì i giochi che, però,
continuarono a disputarsi fino al VI secolo. Paolo Cucco
Il quadro che ha ispirato Ridley
Scott
TV Sorrisi e Canzoni
02 luglio 2000 - n. 27
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