Famous Magazine
Gennaio 2002
Russell Crowe, reduce da A
Beautiful Mind, parla di come
ha interpretato uno schizofrenico genio della matematica, spiega come
penetrare nella mente di un personaggio tratto dalla vita reale e ricorda
la sua “bizzarra” relazione con Meg Ryan.
Di Earl Dittman
Aver vinto il premio dell’Academy come miglior attore
per la sua interpretazione in Gladiator lo scorso anno è stata una
grande soddisfazione per Russell Crowe. Ma, secondo il divo australiano,
la vita con Oscar ha anche cambiato la sua stessa esistenza in un modo che
non si sarebbe mai aspettato. Non lo ha sorpreso tanto il fatto che lo
abbia trasformato nel sogno romantico di migliaia di donne e che abbia
fatto lievitare il suo compenso a pellicola, è solo che non era preparato
alle pressioni che il trofeo ha imposto alla sua vita fuori dallo schermo.
“Per un po’ è stato come se fossi totalmente
proprietà pubblica, perché tutti volevano avere ogni singolo brandello
di informazione riguardo a questo ‘attore vincitore del premio Oscar’.
La mia vita non è stata più mia,” dice con una scrollata di spalle un
Crowe con la barba lunga e con indosso un paio di jeans, una maglietta e
una giacca di pelle. “Non è che non avrei dovuto essere abituato a
tutta quell’attenzione, perché sono stato il capro espiatorio dei media
per un certo tempo, ormai. Solo che sembra che il loro interesse in ogni
aspetto della mia vita si sia elevato all’ennesima potenza. Mi sentivo
come se non potessi mettermi le dita nel naso in pubblico senza che ne
venisse fatta una storia.”
Senza però la minima esitazione, allo stesso tempo,
Crowe ammette di essere orgoglioso di svegliarsi nella sua fattoria di 560
acri, a sette ore a nord di Sydney, e di vedere la statuetta placcata d’oro
luccicare sul suo caminetto.
“Dall’altro lato della medaglia, vincere è stato
grandioso, perché mi ha aiutato a vivere il sogno della mia vita. Grazie
a ciò, posso lavorare al livello più alto della mia arte, con i migliori
del campo. Questo ha fatto sì che valesse la pena dover convivere con
tutta l’altra merda,” dice, setacciando la suite nel suo albergo di
Beverly Hills alla ricerca di un posacenere.
E chi lo sa? Questo trentasettenne schietto, a volte
brusco, potrebbe dover rivivere i pericoli dell’Oscar una volta ancora,
se l’Academy si innamorerà del suo ritratto del matematico vincitore
del Premio Nobel John Forbes Nash Jr, nel film A Beautiful Mind,
diretto da Ron Howard.
Il solo accenno alla possibilità di portare a casa un
altro Oscar spinge Crowe - che è di un umore sorprendentemente allegro -
ad afferrarsi la testa con le mani e a scuoterla fingendosi terrorizzato.
“Il solo pensiero mi fa diventare matto,” grida. “Guarda, non sono
esoso; ho avuto il mio l’anno scorso e una nomination l’anno prima
[per The Insider] - questo mi basta per il resto della mia vita. La
stagione dei premi in questo paese dura un’eternità. Preferirei passare
un po’ di tempo con le mie mucche in Australia piuttosto che fare la
campagna per un altro Oscar qui negli Stati Uniti.”
Per A Beautiful Mind la più grande sfida di
Crowe è stata far diventare Nash - un professore universitario di
economia schizofrenico - un personaggio per il quale il pubblico potesse
sentire affinità e al quale potesse appassionarsi.
“E’ stato facile renderlo simpatico, specialmente
considerando che è un film d’azione sulla schizofrenia,” dice con un
tono eccitato. Dopo aver aspettato una reazione per alcuni secondi, Crowe
sorride, si accende una sigaretta, e dice: “Era una battuta.”
La storia di Nash è complicata. Nel 1949 ha scritto
una dissertazione sulla “Teoria del Gioco” in economia, che più tardi
gli ha fatto vincere il Premio Nobel. Ma gli anni intercorsi tra i due
eventi sono stati funestati da una malattia mentale debilitante, soggiorni
in ospedali psichiatrici e il lavoro per il Dipartimento della Difesa
degli Stati Uniti, che se lo era accaparrato per la sua abilità nel
decifrare i codici segreti. A Beautiful Mind segue anche la storia
d’amore tra Nash e sua moglie Alicia (Jennifer Connelly). In parte visto
attraverso gli occhi di lei, il film illustra gli enormi sforzi per
mantenere un matrimonio “normale” nel bel mezzo della discesa nel
baratro della follia di uno dei due partner.
Per prepararsi per il ruolo di Alicia, la Connelly (Requiem
for a Dream) ha trascorso molto tempo con la vera Alicia (che ha
divorziato da Nash nel 1963, solo per risposarlo l’estate scorsa), sia
prima che durante le riprese. Ma Crowe ha deciso di non cercare i consigli
del vero Nash, benché gli sia capitato di incrociare il Premio Nobel
quando Nash ha accompagnato Alicia sul set newyorkese. Invece Crowe ha
studiato filmati e fotografie di Nash e ha letto al riguardo tutto ciò
che gli capitava sotto mano. Per Crowe si trattava di un modo essenziale
di procedere affinché la sua interpretazione fosse più di una semplice
fotocopia del vero Nash.
“Non è recitare, quando ti limiti a scimmiottare
qualcuno, sia che si tratti di una persona reale oppure no,” spiega
Crowe. “E’ pericoloso quando conosci la persona reale che stai per
interpretare. Nella tua mente inizi a sforzarti troppo per comportarti o
per muoverti come quella persona. Guardare vecchi filmati o fotografie ti
dà le informazioni necessarie.”
Nato in Nuova Zelanda, Crowe si è trasferito in
Australia da bambino. Il suo amore per la recitazione è iniziato sui set
televisivi e cinematografici, dove i suoi genitori si occupavano del
servizio catering. Ottenne la sua prima parte a sei anni, e rimase
stregato. “Trovavo così eccitante fingere di essere qualcun altro e far
sì che la gente ci credesse,” ricorda. “Era divertente, anche per un
ragazzino che non capiva cosa provava.”
Da adolescente, Crowe ha scoperto il musical, ottenendo
ruoli in The Rocky Horror, Blood Brothers e Grease.
Era anche il leader di un gruppo rock di dilettanti, una passione che
continua tuttora. La sua band attuale, 30 Odd Foot of Grunts, ha
pubblicato un secondo album l’anno scorso, e ne stanno registrando un
seguito.
Intorno ai 25 anni Crowe ha iniziato a regalare
interpretazioni straordinarie in successi Australiani come The Crossing,
Proof, The Sum of Us, e Romper Stomper. Ma il
pubblico americano non sapeva ancora nulla del suo immenso talento. Il suo
ruolo di predicatore-pistolero nel film di Sharon Stone The Quick and
the Dead, avrebbe dovuto segnare una svolta, ma il neo-western fu un
flop al botteghino, e Crowe era di nuovo al punto di partenza.
Quando il registra Curtis Hanson decise di scritturare
Crowe per la parte del brutale poliziotto anni Quaranta nel suo poliziesco
L.A. Confidential, i pezzi grossi della casa di produzione
esitarono all’idea di dare un ruolo così importante ad un attore
praticamente sconosciuto. Ma Hanson puntò i piedi, e quando il film
divenne un successo sia per pubblico nordamericano che per la critica, la
strada per il successo di Crowe fu segnata.
“Non sarei dove sono oggi se non fosse stato per la
fede di Curtis Hanson, lui è il mio padrino americano,” dice Crowe.
Nonostante la sua reputazione di “difficile” (“Penso
che ogni volta che qualcuno ha un’opinione a Hollywood viene
automaticamente etichettato come piantagrane,” sogghigna), tutti
volevano Crowe nei loro film. E per ogni passo falso cinematografico che
ha compiuto (Mystery, Alaska) ci sono stati degli incredibili
trionfi artistici (The Insider, Gladiator).
La stampa scandalistica però era molto più
interessata alla vita privata di Crowe. Pettegolezzi sui suoi legami
romantici con molte delle più famose attrici della Città dei Sogni hanno
fatto di lui uno dei soggetti più gettonati dalle riviste pettegole. E
quando uscì la notizia che Meg Ryan aveva lasciato il maritino Dannis
Quaid per Crowe, mentre i due si trovavano in Ecuador per le riprese del
thriller Proof of Life, la coppia di innamorati fu sbattuta sulla
prima pagina di praticamente ogni giornale e rivista del pianeta. Crowe
non si era nemmeno reso conto del fatto che la loro relazione fosse
diventata un argomento così discusso, finché non tornò alla civiltà.
“In Ecuador, per quattro mesi, non ci siamo dovuti
preoccupare molto dei paparazzi. Non so come mai, ma non venivano fino in
Ecuador,” dice ridendo. “Quindi, in pratica, io…. stavo per dire ‘dormivo
letteralmente tra due guanciali’, ma tu lo useresti in un modo
fottutamente sbagliato. Forza, puoi anche ridere!…. E’ stato solo
quando siamo tornati in Inghilterra che ho realizzato che la vita
probabilmente era un tantino cambiata.”
Vivere sotto assedio può essere stata una delle
ragioni per cui lui e la Ryan si sono sentiti così vicini. “La
sofferenza ama la compagnia, quindi credo che abbia avuto un effetto sul
modo in cui abbiamo reagito uno all’altra,” spiega. “Vedi, amico, è
stato quando abbiamo lasciato l’Ecuador e ci siamo spostati in
Inghilterra per girare che il tutto è diventato in un certo senso
bizzarro. Ma noi eravamo solo concentrati sulla realizzazione del film,
sul completare i personaggi e sul fare meglio che potevamo.”
La sua relazione con la Ryan è stata di breve durata.
Quando Crowe è saltato sul palco per ricevere l’Oscar per Gladiator,
la storia era già finita. E, benché lui non abbia che parole gentili
verso di lei, rifiuta di discutere i dettagli del loro legame o del motivo
della rottura.
“Io ho la mia personale lista di priorità, quindi
penso che ne terrò il contenuto per me. Scusa, amico,” dice. “Ma Meg
è un’attrice fantastica e ha un grande talento. Sono davvero felice di
avere avuto la possibilità di recitare insieme a lei.”
In questo periodo Crowe è felice del fatto che la sua
vita amorosa sia passata in secondo piano rispetto ai traguardi della sua
carriera, specialmente per il suo lavoro in A Beautiful Mind.
Nonostante non abbia conosciuto John Nash di persona, Crowe crede di
essere riuscito a catturare la vera essenza del genio matematico.
“Interpretare una persona vera può essere molto
strano, specialmente se è ancora in circolazione per giudicare il tuo
lavoro,” dice. “Ma penso che Nash sarà soddisfatto di come l’ho
interpretato. Sento di avere reso giustizia a lui e al lavoro della sua
vita. Sono molto orgoglioso di ciò che ho fatto nel film, e spero che il
pubblico si faccia prendere dalla storia e impari quanto ho imparato io.”
|