3 gennaio 2002
HOLLYWOOD (Zap2it.com)
- “A Beautiful Mind” il film acclamato dalla critica che racconta la
storia del genio matematico John Forbes Nash Jr., che ha lottato con la
malattia mentale per decenni prima di vincere il Premio Nobel nel 1994,
secondo quanto riporta USA Today ha suscitato qualche controversia nell’ambito
di chi si occupa di salute mentale.
La storia di Nash procede in modo che, dopo avere
vissuto con la schizofrenia, egli ne viene fuori quasi indenne, il che è
un buon messaggio, sostengono molti terapisti. Ma come ci sia arrivato è
una questione del tutto differente.
La schizofrenia è considerata una delle più gravi
malattie mentali. Il National Institute of Mental Health (Istituto
Nazionale di Igiene Mentale) la descrive nel suo sito web http://www.nimh.nih.gov
come una “cronica, grave e disabilitante malattia del cervello. Circa l’1%
dell’intera popolazione la contrae nell’arco della vita ma soltanto
una persona su cinque guarirà completamente. Si stima che più di 2
milioni di americani all’anno vengano colpiti dalla malattia.
“Se questo film dice che è una bruttissima malattia
che può colpire chiunque, persino un brillante Premio Nobel, è un
messaggio importante,” sostiene l’ex presidente della “American
Psychiatric Association”, John Talbott, membro del corpo accademico
della Scuola di Medicina dell’Università del Maryland.
“Non è un male lanciare un messaggio di speranza,”
dice Talbott sulla malattia. Egli sostiene pure che molti schizofrenici
sono considerati come gente della strada che è “alienata dalla famiglia”.
Rischiano di essere troppo stereotipati.”
“Inoltre,” aggiunge, “il messaggio del film può
essere frainteso, quello che se l’affronti insieme a qualcuno, ne puoi
uscire benissimo. E se esso dice alla gente che si può essere riportati
alle condizioni mentali precedenti la malattia, può dare una falsa
speranza ad alcuni membri della famiglia.
E’ una delle malattie che durano tutta la vita,”
dice Talbott. “Di solito colpisce nella prima età adulta.” Molti sono
talmente colpiti che non sono in grado di sostenere rapporti o di
lavorare.
Il Nash di Crowe fa ambedue le cose nel film nonostante
egli perda il contatto con la realtà e venga sottoposto a terrificanti
trattamenti. Egli riesce a tenere a bada la malattia anche grazie alla sua
pura forza di volontà.
Il film è una narrazione smorzata della storia di Nash
basata in parte sulla biografia premio letterario di Sylvia Nasar docente
di giornalismo alla Columbia University.
Terapisti e spettatori che non hanno letto il libro,
possono ignorare, o non preoccuparsi delle omissioni nel film. Uno degli
aspetti più importanti è che il film offre un ritratto benevolo di Nash,
dice la psicologa di Baltimora Shirley Glass. Il film era talmente
umanizzante. Nash non era socialmente abile ed era molto bizzarro, eppure
ti piaceva sul serio. Percepivi la sua umanità e il suo dolore.”
Altri professionisti di Igiene Mentale non sono così
comprensivi. Nel film, la moglie di Nash, interpretata da Jennifer
Connelly, è molto importante per la sua guarigione. I messaggi di
auto-reazione alla malattia e “l’amore conquista tutto” per i casi
gravi sono un disservizio, dice Frank Karley della Temple University,
passato presidente della American Psychological Association.
Uno dei punti della trama del film, che Nash ricadde
nella malattia e poi si riprese dopo avere interrotto l’assunzione dei
farmaci, è proprio un messaggio orrendo,” sostiene Alan Entin di
Richmond, in Virginia.
|