GUARDAMI, GEORGE!
Di Guia Soncini
Ho rubato, ho mentito, ho cercato di tradire. Non fate
quella faccia, voi avreste fatto lo stesso. E, comunque, per il tradimento
avevo il permesso.
Prologo 1, i fatti. Steven Soderbergh fa un film, Ocean’s
Eleven, Julia Roberts è la protagonista femminile, il film è un
rifacimento di colpo grosso. Fin qui il grafico dell’interesse è
piatto. Nel ruolo che fu di Frank Sinatra adesso c’è George Clooney (l’interesse
sale). Il cast del film viene a Roma a fare un giro promozionale. L’interesse
si impenna.
Prologo 2, le stellette. Chi dovesse stilare un
decalogo per giovani giornaliste rampanti deve conoscere alcuni dettagli
essenziali. Uno dei quali è che, come ogni ambiente di lavoro, una
redazione è un luogo gerarchico: se sei giovane (per così dire) e
senza gradi, ci sarà sempre qualcuno più importante di te che ha la
priorità d’accesso a Clooney. Ovvero: se Io Donna decide di
andare alla conferenza stampa di George Clooney, le tue uniche speranze
sono che al direttore (donna) venga l’influenza, al vicedirettore
(donna) si allaghi la casa, al caporedattore (donna) si ammalino i figli
(niente di grave, per carità, ma insomma, che abbiano bisogno della mamma
al fianco), alla redattrice degli spettacoli (donna, ma cos’è, un’epidemia
di femminilità?) partorisca un animale domestico, una sorella, un’amica
del cuore. Se anche questo improbabile strike dovesse miracolosamente
avverarsi, ci sarà qualche gay più alto in grado pronto a superarvi nel
rush finale per accedere a George. Care freelance, non avete speranze.
Parafrasando la pubblicità: no editor-in-chief, non George.
A meno che…
Prologo 3, la piazzista. Come sa ogni buon
rappresentante di pentole, le bugie a fin di bene sono lecite. Specie se
il bene è il proprio. <<Ma davvero viene George Clooney a
Roma?>> chiede eccitata la detentrice di stellette. A quel punto,
dopo aver messo su l’aria più innocente del mondo, la freelance
risponde servizievole: <<No, l’ufficio stampa mi ha rivelato in
segreto che annunciano la presenza a scopo pubblicitario, ma alla fine non
verrà, non si muoverà dagli Stati Uniti, ha molti impegni. All’ultimo
momento comunicheranno che ha disdetto. Viene solo il regista, non
preoccuparti, la conferenza stampa la copro io>>. Se avete visto Eva
contro Eva sapete di cosa sto parlando.
Antivigilia: la visione. Ore 21, proiezione di Ocean’s
Eleven. All’esterno, mastini dell’ufficio stampa distribuiscono
pass: alla conferenza stampa si entrerà rigorosamente soli e muniti di
cartellino. All’interno, platea di giornalistesse eccitate, uomini in
misura inferiore al 10 per cento. Si spengono le luci, e lui compare a
tutto schermo.
D’accordo, gli americani l’hanno stroncato.
Hanno detto che su quel set avrebbero dovuto divertirsi di meno e lavorare
di più. Hanno scritto che si esce dal cinema in preda a letargia e con la
netta sensazione che nel film non ci sia niente di veramente brutto, ma
che se ci fosse sarebbe un film miglior. Che è neutrale ed efficiente
come se fosse stato fatto in Svizzera. È evidente che i critici
americani sono uomini. E per di più eterosessuali. D’accordo, il
meccanismo del giallo (la rapina al caveau in cui vengono convogliati gli
incassi di tre casinò di Las Vegas) ha dei buchi. D’accordo, Julia
Roberts è invecchiata. Ma, perdonate il francesismo: chi se ne frega.
George è lì. In scena dal primo all’ultimo istante. Vestito come
Armani comanda e splendente in tutto il suo splendore. Un’ora e 56
minuti di no-martini-no-party. E fra 48 ore sarà qui. Dio, come sono
contenta di aver desistito dal mio proposito di fare la ballerina, da
grande.
Vigilia: la crisi. <<Mi devi fare una
depilazione da tanga: domani c’è la conferenza stampa di George
Clooney>>.<<Non ti sembra di eccedere in ottimismo?>>.
La mia estetista non è per niente solidale. Pazienza: quando vivrò a
casa di George mi depilerò a Beverly Hills. Neanche la mia amica Chiara
è comprensiva: io non ho niente da mettermi per andare da George e lei
pensa solo alla perdita del suo migliore vestito, appena acquistato per il
matrimonio del fratello e lasciato chissà dove. Come se potesse
interessarmi, in questo momento. Come se potessi averlo ritrovato dietro
una poltrona di casa mia e non averglielo detto…(poi glielo ridò,
giuro, ma cercate di capire: è un piccolo capolavoro di taglio, fa
sembrare il mio sedere di una misura accettabile. Appena avrò un anello
al dito e potrò rivelare le reali dimensioni dei miei fianchi glielo
ridarò, giuro: mica sono una ladra, ma in guerra e in George, tutto è
permesso, anche i reati minori).
Oltretutto, il vicedirettore mi ha già telefonato due
volte: <<Ma sei sicura che non venga? Le tue fonti sono
attendibili?>>. Non so più come tenerla a Milano. L’unico all’altezza
è il mio fidanzato: lo sottopongo alla prova d’amore e lui la supera.
<< Se George restasse folgorato da me, tu come reagiresti?>>.
<< Ti aspetterei davanti all’hotel, una volta cacciata a calci
dalla sua stanza, ti porterei a mangiare la pizza>>. Riconosco il
romanticismo che mi ha conquistata: una degna seconda scelta, dopo George.
G-day. Trovo una segretaria di studio legale, la
parrucchiera di una mia amica e la babysitter dei figli di un mio ex
caporedattore: il commercio dei pass per questa conferenza stampa deve
essere stato fiorentissimo. Centotrenta presenti, dieci uomini. Di cui due
dichiaratamente eterosessuali ( anche se potrei giurare solo su uno: siamo
stati fidanzati per un po’, mi siede a fianco offrendosi di rianimarmi
se dovessi svenire quando George entrerà in sala). Poche storie, lui sta
per arrivare, e io sono nettamente in vantaggio. Primo, perché si ricorda
di me. Me l’ha detto quando l’ho intervistato da sola (vorrei
scandirlo bene: s-o-l-i, io e lui, in una stanza d’albergo, per quattro
minuti almeno). Me l’ha detto: <<Mi ricordo di te, eri alla
conferenza stampa>>. E non venitemi a dire che l’ha detto perché
è gentile: è dal ’98 che tentano di convincermi che era educazione,
e non un colpo di fulmine (sì, è successo nel ’98, quando
promuoveva Out Of Sight, ma che c’entra, se si ricordava allora,
si ricorderà ancora, no?). Dicevo: io e lui abbiamo una certa
familiarità, e in più lui mi stima. L’ultima volta che è venuto in
Italia, a presentare Three Kings, si è rapidamente convinto che io
sono un genio. D’accordo, dovrei ringraziare il fatto che l’addetta
stampa non mi ha permesso di formulare domande mentre le altre croniste si
producevano in perle come: << Come si dice che sta Max, il suo
maiale?>>. Fatto sta che sono l’unica che non ha ancora palesato
il trauma cerebrale da cui si viene colti quando lui compare…Oddio
eccolo! Ha la barba lunga (oddio quanto è figo), una giacca nera (oddio
quanto è figo), Brad Pitt al suo fianco (oddio, pure lui non scherza, ma
io sono una donna fedele). L’ex fidanzato al mio fianco resta a bocca
aperta e poi mormora: << Forse mi piacciono gli uomini>>.
Anche questo ce lo siamo giocato. Non è solo bello (George
intendo, non il mio ex), ma anche di quella strepitosa intelligenza che
permette di dare risposte folgoranti a domande fesse. <<Julia
Roberts ha detto che lei è camaleontico>>. <<Julia Roberts
beve>>. << Sappiamo che ha convinto Julia Roberts a recitare
nel film spedendole una banconota da 20 dollari: alla fin quanto è stato
il suo cachet?>>. <<Le abbiamo scalato quei 20 dai 60 che
prende abitualmente, ma le abbiamo dato da mangiare- e soprattutto da
bere- gratis. Quindi non può lamentarsi>>. ( E comunque smettete di
parlare di Julia, a me interessa solo Guia- questo non l’ha detto,
perché è molto educato, ma gli si leggeva in faccia. Basta, datemi il
microfono. Devo fargli una domanda intelligentissima e renderlo mio per
sempre. Ma prima tocca a Quella del Maiale, come ormai la chiamano gli
addetti ai lavori. George-Porgie è gentile persino con lei: <<Come
mai il mito di Frank Sinatra è così resistente?>>. <<Perché
è Frank Sinatra>>. Mi ruba il turno per la domanda più
intelligente dell’anno una degna competitor: <<Vorrei sapere se la
sua vita è cambiata dopo l’11 settembre e se ha partecipato alla
sceneggiatura degli spot del Martini>>. Ora basta, quando sarò sua
moglie lo intervisteranno solo premi Pulitzer. O Nobel. Intelligentissime,
e preferibilmente bruttine. L’uomo che sta per essere mio risponde, con
il sopracciglio lievemente alzato e il solito sorriso smagliante:
<<Due domande molto diverse. Direi: si alla prima, no alla seconda.
Mentre prendo fiato per formulare il quesito che lo conquisterà, l’addetta
stampa prende la parola: <<Grazie a tutti, era l’ultima
domanda>>. Come sarebbe? L’ultima domanda è la mia. Quella di non
ritorno. Quella che racconteremo ai nostri figli: <<Vostra madre mi
folgorò durante una conferenza stampa>>. L’orda barbarica delle
giornaliste l’ha gia assalito. Fra me e lui ci sono 130 femmine disposte
a tutto per un autografo (e per il resto).
Non lo vedo. Dalla calca spunta solo Brad Pitt: al
collo gli hanno messo una sciarpa della Roma. Le guardie del corpo fanno
cordone attorno a George. Forse, tutto sommato, Brad… In fondo devo solo
mettere in ombra Jennifer Aniston, sarà mica più complicato che
competere con Max, il maialino.
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