Russell Crowe - La Stampa - traduzioni

Russell Crowe sa recitare? Ascoltate questo

Dal New Zealand Herald online - 31/03/2001

Mentre il trambusto per gli Oscar si spegne, il critico cinematografico Peter Calder si concede uno sguardo ponderato al talento di Russell Crowe. 

Ogni dubbio sul fatto se Russell Crowe sia capace di recitare dovrebbe essere stato fugato nel momento in cui lui prendeva possesso del palco a Los Angeles il 25 marzo per ricevere l'Oscar come miglior attore, per la sua sanguinosa interpretazione del carattere principale nel "Gladiatore" di Ridley Scott.

Il suo discorso di ringraziamento e' stato un pezzo da manuale di manipolazione di emozioni - anche un po' stucchevole - , la sua battuta finale e' stata fornita con un senso di tempismo degno di un attore di teatro. 

"Quando cresci nella periferia di Sydney o di Auckland o di Newcastle," ha detto, fissando la statuetta d'oro che soppesava nella sua mano, "un sogno come questo sembra... completamente inottenibile. Ma... per chiunque si trovi svantaggiato e deve far affidamento unicamente sul suo coraggio, sappiate che e' possibile"

La pausa di mezzo secondo dopo la parola "coraggio" - uno sceneggiatore lo chiamerebbe battuta - era perfettamente calcolata, e mentre gettava le ultime due parole verso il fondo della sala, la sua mascella si protendeva e i suoi occhi si velavano di lacrime.

In contrasto con il borbottio che obbligava a protendere le orecchie nella conferenza stampa dietro le quinte, in cui lui sgarbatamente si faceva beffe dei giornalisti riuniti.

La, lui era unicamente l'innocente straniero desideroso di impressionarci con la sua normalita', esibendo giusto quel poco di arroganza per rendere affascinante la sua rozzezza.

Anche quella ovviamente era recitazione; nessuno ha mai perso la stima pubblica elargendo disprezzo nei riguardi dei giornalisti, in particolare il branco abbaiante presente a Hollywood. E in qualche modo era il piu' scaltro dei due mutamenti del divo in quella serata, e del tutto calcolato, come il suo lavoro sullo schermo. 

Si poteva quasi sentire il suo insegnante di recitazione che diceva: "Quando sei sul palco, infiammali, ma dietro le quinte fagli sapere che sei solo un uomo normale." 

Forse "uomo normale" e' cio' che Russell Crowe vorrebbe rimanere (preferisce la vita nel suo allevamento nella parte settentrionale del New South Wales alla vita lussuosa a Los Angeles), ma la sua busta paga sara' tutt'altro che normale.

L'Oscar ha contribuito a fissarlo stabilmente nel firmamento delle stelle di prima classe - si vocifera persino che lui potrebbe essere il prossimo James Bond - e d'ora in poi sara' lui a stabilire il suo prezzo, che probabilmente ammontera' a 20 milioni di dollari a film.

Vale la pena sottolineare che lui ha alquanto esagerato descrivendosi come un ragazzo cresciuto dalla parte sbagliata della strada, che ha combattuto contro tutti gli ostacoli per arrivare in cima.

Essere nati a Wellington, e poi vivere a Mt Roskill a qualcuno potrebbe sembrare l'inferno, ma ci sono molte persone in questo paese che avrebbero problemi a considerare l'istruzione alla Auckland Grammar School come "svantaggiata".

Inoltre, lui ha sempre sottolineato il fatto che il pallino per la recitazione gli venne mentre i genitori facevano il catering nelle produzioni cinematografiche.

Sicuramente ci sono altre stelle del cinema che hanno avuto degli esordi molto meno propizi - Michelle Pfeiffer un tempo imbustava generi alimentari nella san Fernando Valley e Anthony Hopkins, il quale ha avuto delle cordialissime parole per Crowe mentre lavoravano insieme nel film australiano Spotswood, e' cresciuto in in villaggio di minatori in Galles, che facendo dei paragoni farebbe sembrare Mt Roskill un posto lussuoso. 

Gli Oscar 2001, che hanno stabilito che Crowe e' stato il Miglior Attore dell'anno passato, ora sono agli atti. Ma se lui sia stato realmente il miglior attore dell'anno (senza le lettere maiuscole) e' una questione di opinione e non diventa automaticamente un fatto a causa di una piccola statuetta d'oro.

Chiunque creda davvero che la brodaglia sentimental-revisionista che e' stato il film Forrest Gump, o che il film Titanic, carico di effetti speciali ma dalla chiglia di piombo, siano stati davvero i migliori film dei loro anni (senza nominare L'Ultimo Imperatore e Tutti Insieme Appassionatamente) semplicemente non esce abbastanza spesso.

Quindi, Crowe sa recitare? La sua interpretazione del generale-che diventa schiavo-che diventa gladiatore nel piu' grande film del secolo non ha, e questo deve essere detto, la stoffa per diventare una leggenda drammaturgica. Il film era pomposo, violento e sciocco - che era esattamente cio' per cui era stato concepito - e Crowe, che era stato conciato a modo per il ruolo a braccia nude, era la cosa piu' violenta del film.

Ma la sua interpretazione non era stupida. Quale Generale Massimo, prima tradito e poi defraudato dall'omicidio di suo moglie e suo figlio, lui si trovava di fronte ad una sceneggiatura che richiedeva di trasmutare la sua sofferenza privata in impeto combattivo. 

Avrebbe potuto essere una piatta e fiacca interpretazione alla Schwarzenegger, ma dietro ai suoi occhi, e nei momenti piu' impensati, noi percepivamo dei sprazzi di genuina sofferenza umana.

Come prestazione era decisamente migliore di quanto sarebbe stato necessario, ma sicuramente piu' una prodezza di resistenza fisica che un saggio di abilita' recitatoria, e sicuramente molto meno di quanto Crowe sarebbe capace di dare.

Per averne prova non dobbiamo risalire piu' in la' del film di Michael Mann del 1999, ' The Insider'. L'interpretazione di Crowe gli ha fruttato la sua prima nomination (fu battuto da Kevin Spacey per American Beauty)

Crowe, che allora aveva 34 anni, aumento' di 15 kg in sei settimane (soprattutto divorando cheeseburger e ingurgitando bourbon), e modifico' la sua andatura per entrare nella parte del 54enne Wigand.

Questo zelo ha indotto Mann a paragonare Crowe ad un giovane Marlon Brando, e a dire che Crowe "camminava nel modo in cui Wigand dovrebbe camminare, persino se Wigand in realta' non camminasse in quel modo".

Curtis Hanson, che ha diretto Crowe nel ruolo dell'irascibile detective Bud White nel film del 1997 ' LA Confidential', ha elogi simili per lui.

"Russell era implacabile nella sua ricerca dell'essenza del personaggio. Anche se questo lo rendeva qualche volta un rompiscatole, si puo' sopportare. Quello che non sopporto invece e' la gente che e' rompiscatole solo perche' si sente una stella o solo per autocompiacimento. Con Russell era solo per questioni di lavoro."

Certamente a Hollywood sono noti per il fatto di dire cose carine ognuno dell'altro per pubblicizzare gli sforzi comuni, ma Crowe ha avuto la sua giusta quota di elogi dai piu' imparziali giudizi dei critici. 

La stimata giornalista Janet Maslin del New York Times ha inneggiato alla "potente e appassionata" interpretazione come a una "rivelazione", e il Los Angeles Times ha affermato che lui ha del "talento da vendere". Anche la National Society of Film Critics, raramente d'accordo con gli elettori della Academy, ha preferito Crowe a Spacey come attore del 1999.

Per il pubblico americano e del resto del mondo, LA Confidential e' stato il film cha ha lanciato la carriera di Crowe. Ma in quest'altro angolo del mondo (articolo neozelandese) sappiamo che le cose non stanno cosi'. Persino prescindendo dalle sue apparizioni televisive, che includono un'apparizione obbligatoria in Neighbours (ndw. soap australiana), la sua filmografia include ben 21 film.

Come il curriculum vitae di chiunque - e particolarmente di quelli delle stelle hollywoodiane - il suo include alcuni momenti che sarebbe meglio dimenticare. La parodia western Pronti a morire, per quanto riguarda me, e' uno dei punti piu' bassi, sebbene gli ha fruttato la descrizione di "uomo piu' sexy che lavora oggigiorno del cinema" dalla sua coprotagonista Sharon Stone, cosa che sicuramente non ha danneggiato la sua reputazione.

Ma con alcuni dei suoi primi ruoli in Australia lui ha lasciato il segno di attore intelligente e promettente.

Nel film Proof (Istantanee) di Jocelyn Moorhouse del 1991, lui aveva dimostrato di saper recitare in modo umile e sottile nel ruolo del lavapiatti che viene coinvolto nella relazione velenosa e manipolativa tra un fotografo cieco e la sua governante.

L'anno dopo, nel film Romper Stomper (Skinheads), un film esplosivo e controverso su una banda di naziskin di Melbourne impegnati in una guerriglia con immigrati vietnamiti, immediatamente divenne repellente e assolutamente affascinante.

In The Sum Of Us del 1994, lui era un idraulico gay contrapposto a Jack Thompson che interpreto' suo padre, e viro' verso un'interpretazione affettuosamente garbata.

Nei primi anni '80, quando voleva essere una rockstar con il nome d'arte di Russ le Roq, Crowe pubblico' un disco dal titolo ' I want to be like Marlon Brando'.

Mann, il regista di 'Insider', che conclude che lo e' gia', dice che "Crowe simula il rozzo contadino, ma in realta' e' uno degli attori piu' intelligenti e sensibili che ci sono in circolazione".

Se la storia lo giudichera' il Brando del 21 secolo, non sara' per la gagliardia del suo ruolo di combattente nel Colosseo. L'uomo che si dichiara sia neozelandese che australiano sara' ricordato, e sara' piu' orgoglioso, di altri e migliori ruoli.

Ma lui non dimentichera' mai che il gladiatore Massimo e' colui che lo trasformo'in una stella di prima grandezza.

traduzione del webmaster

Can Russell Crowe act? Listen to this

31.03.2001 As the Oscar hoopla dies down, film critic PETER CALDER takes a measured look at the talents of Russell Crowe.

Any doubt that Russell Crowe can act should have been laid to rest when he took the stage in Los Angeles on Monday to pick up the Best Actor Oscar for his bloodstained performance in the title role of Ridley Scott's Gladiator.

His acceptance speech was a copybook piece of stirring - even slightly mawkish - manipulation, its punchline delivered with a stage actor's sense of timing.

"When you grow up in a suburb of Sydney or Auckland or Newcastle," he said, staring at the golden statuette he hefted in his hand, "a dream like this seems ... completely unobtainable. But ... for anybody who's on the downside of advantage and relying purely on courage, it's possible."

The half-second pause after the word "courage" - a screenwriter would call it a beat - was perfectly judged and as he threw the last two words to the back of the auditorium, his jaw jutted and his eyes clouded with emotion.

Contrast the mumbling, ear-tugging display in the backstage press conference when he gracelessly mocked the assembled journalists.

There, he was every inch the innocent abroad keen to impress us with his ordinariness, but displaying just enough cockiness for his gaucheness to be charming.

That was a performance too, of course; no one ever lost public esteem by displaying contempt for journalists, particularly the baying pack which attends on Hollywood. And in some ways it was the more subtle of the two star turns that night and every bit as well-judged as his on-screen work.

"Stir them up on stage," you could almost hear his acting coach saying, "but out the back let them know that you're just a regular guy."

Regular guy - or "good bloke" as those of us Down Under might say - Russell Crowe may aspire to remain (he prefers his ranch in northern New South Wales to the cossetted luxury of life in Los Angeles), but his pay packet will be anything but ordinary.

The Oscar has fixed him firmly in the firmament of the star elite - he was even being fingered in some wire stories this week as the next James Bond - and from now on he'll be naming his price, which will probably nudge $US20 million a picture.

It's worth saying that he rather stretched a point depicting himself as a boy who grew up on the wrong side of the tracks and battled against all odds to make it to the top.

Being born in Wellington and later living in Mt Roskill may seem like hell to some, but there would be plenty in this country who would have trouble regarding education at Auckland Grammar School as "the downside of advantage."

What's more, he's made much of how he caught the acting bug when his parents worked as film set caterers. It's not a bad start for a boy with stars in his eyes, getting so close so young to the centre of the action.

Certainly, there have been big stars with less auspicious beginnings - Michelle Pfeiffer once bagged groceries in the San Fernando Valley and Anthony Hopkins, who spoke so warmly of Crowe when they worked together on the Australian film Spotswood, grew up in a Welsh mining village which would have made Mt Roskill look positively luxurious.

The 2001 Oscars, which named Crowe as the Best Actor of last year, are now a matter of record. But whether he was the year's best actor (without the capital letters) remains a matter of opinion and does not become a fact because of a little gold statuette.

Anyone who genuinely believes that the revisionist sentimental hogwash that was Forrest Gump or the SFX-laden but leaden-keeled Titanic were the best films of their years (never mind The Last Emperor and The Sound of Music) simply doesn't get out enough.

So can Crowe act? His performance as the general-turned-slave-turned-gladiator in the biggest film of the century is not, it has to be said, the stuff of thespian legend. The film was big, tough and dumb - which is exactly what it was intended to be - and Crowe, who had buffed up for the bare-armed role, was the toughest thing in it.

But his performance wasn't dumb. As the general Maximus, betrayed and then bereaved by the murder of his wife and son, he was faced with a script which called for him to transmute private pain into rage in combat.

It could have been a flat and flabby Schwarzenegger turn, yet behind his eyes, and at the most unlikely moments we sensed something of his simple human suffering.

As a performance it was a good deal better than it needed to be, but more a feat of physical endurance than a test of acting craft, and much less than Crowe is capable of.

For that we need look no further than Michael Mann's 1999 film The Insider. Crowe's performance as tobacco-industry whistleblower Jeffrey Wigand in the based-on-fact story earned him his first Oscar nomination (he was beaten out by Kevin Spacey for American Beauty).

Crowe, then 34, piled on 15kg in six weeks (principally by scoffing cheeseburgers and slurping bourbon) and changed his walk to get into the role of the 54-year-old Wigand.

That dedication inspired Mann to compare Crowe to a young Marlon Brando, saying that he "walked the way Wigand should walk, even if Wigand didn't walk that way."

Curtis Hanson, who directed Crowe as the hot-tempered police detective Bud White in 1997's LA Confidential, is similarly complimentary.

"Russell was relentless in his pursuit of the essence of the character. If that made him a pain in the ass sometimes, you live with it. What I don't like living with is someone who's a pain in the ass out of either star stuff or just self-involvement. With Russell it was about the work."

In Hollywood, of course, they're notorious for saying nice things about each other to publicise their joint endeavours, but Crowe has had his fair share of bouquets from the more dispassionate assessments of the critics.

The respected Janet Maslin of the New York Times hailed Crowe's "fiery, brawny" performance as "a revelation" and the Los Angeles Times said he had "talent to burn." The National Society of Film Critics too, rarely in step with Academy voters, preferred Crowe to Spacey as the actor of 1999.

For American and world audiences, LA Confidential was the film that launched Crowe's career. But at this end of the world we know better. Even setting aside television roles (including an obligatory stint on Neighbours), his filmography includes 21 films.

Like anybody's curriculum vitae - and particularly those of Hollywood stars - it includes some moments best forgotten. Sam Raimi's spoof western The Quick and the Dead was, for my money, one of the lowest points, although it earned him the description "the sexiest guy working in movies today" from his co-star Sharon Stone, which can't have done his reputation any harm.

But in early roles in Australia he made his mark as an actor of assurance and intelligence.

In Jocelyn Moorhouse's Proof, in 1991, he showed that he could work small and subtle as he played a kitchenhand who becomes embroiled in the toxic and manipulative relationship between a blind photographer and his housekeeper.

The next year, in Romper Stomper, an explosive and controversial film about a gang of Melbourne skinheads engaged in a running war with Vietnamese immigrants, he was at once repellent and utterly mesmerising.

And in 1994's The Sum Of Us, he played a gay plumber opposite Jack Thompson as his father, and turned in a performance of endearingly gentle good humour.

Back in the mid-80s when he was a wannabe pop star with the stage name Russ Le Roq, Crowe released a record called I Want To Be Like Marlon Brando.

Insider director Mann, who reckons he already is, says Crowe "puts on this tough redneck act, but the reality is that he's one of the most intelligent, sensitive actors around."

If history judges him to be the 21st century's Brando, it won't be on the strength of his role as a battler in the Colosseum. The man who calls himself both a New Zealander and an Australian will be remembered for, and prouder of, other, better roles.

But he'll never forget that the gladiator Maximus was the one that made him a megastar.

 

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