Un'intervista a Jack VANCE da parte di Tim Underwood.
T.U. Nell'troduzione ad un suo libro dice che non le piace analizzare il suo lavoro. Allora, le andrebbe di parlare un po' di come sono strutturati i suoi mondi fantasy? Si affida solamente all'ispirazione, o si mette a tavolino e li costruisce pezzo per pezzo come fanno alcuni scrittori di fantascienza?
Jack Vance. In alcune occasioni, quando e stato necessario, mi sono messo a creare interamente un ambiente. Quando si parla specificamente di un mondo o di un pianeta di qualche tipo, di solito si può' renderlo coerente, se vuoi prenderti la briga di farlo. Puoi immaginare un nucleo denso oppure, come nel caso de IL GRANDE PIANETA, puoi immaginare un nucleo molto leggero - fatto di materiali molto leggeri con un pianeta dal diametro molto grande. In generale, e possibile inventare qualsiasi tipo di pianeta vuoi. D'altra parte, ci sono alcuni casi in cui, se si danno troppe cose per scontate può' venirne fuori un fiasco... quello che è accaduto a me con i mondi di Rigel, nella serie dei Principi Demoni. lo so e sapevo allora che Rigel è una stella relativamente giovane; perciò' un qualsiasi sistema di pianeti Rigelliani non poteva aver avuto tempo di raffreddarsi. Quest'idea mi e semplicemente sfuggita di mente. Ho pensato: ecco un sole molto luminoso che ha il potenziale per sostenere un gran numero di mondi abitabili; potrebbe avere ciò' che si chiama una grande Zona Abitabile. Cosi ho ignorato tutte le altre considerazioni. Poul Anderson me l'ha fatto notare, ed io l'ho spiegato con qualche difficoltà nei libri successivi. In generale, io do per scontato che tutti i mondi siano possibili, o che perlomeno nessuno ti farà causa per qualche contraddizione.
T.U.: In qualsiasi caso sono soltanto uno sfondo per le sue storie... ?
J.V.: Essenzialmente è vero. Non esiste una vera e propria ragione per spiegare tutto quanto, a meno che non lo richieda la storia.
T.U.: Come ha cominciato ad interessarsi alla fantascienza, o alla letteratura fantasy?
J.V.: Veramente non lo so. Quando sono cresciuto, c'erano molti libri in casa. Tra questi c'erano libri fantasy...mia madre aveva letto tutti i libri di Edgar Rice Burroughs. Da giovane era un'ammiratrice di Burroughs. C'erano anche libri di Chambers,, tutti i libri di OZ...Tom Swift, la serie di Roy Roelewood, Giulio Verne, e cosi via. La materia prima era la.
T.U.: Una volta ha detto di avere letto la rivista WEIRD TALES.
J.V.: Si, WEIRD TALES ha avuto una grande influenza su di me quando ero giovane.
T.U.: Più di una volta lei ha parlato in modo negativo dei suoi primi racconti, vorrebbe davvero che sparissero tutti?
J.V.: Non voglio che spariscano sul serio, ma vorrei che non mi venissero ricordati. Rappresentano il processo di apprendimento del mestiere, per cosi dire. Una buona analogia potrebbe essere questa: supponete di voler imparare a dipingere a olio. Agli inizi, non otterreste altro che un sacco di macchie. Poi arrivereste a qualcosa di riconoscibile, tipo un albero, forse, o un gatto, o qualcosa del genere...e poi più' in la arriva qualcuno a rovistare tra queste vostre prime produzioni osservando, per mancanza di qualcosa di meglio da dire: "Ma che simpatico gatto è questo!" oppure, "Ma che aria fantasiosa ha questa cosa in particolare."Naturalmente in quel momento voi siete arrivati a realizzare qualcosa di più avanzato, e non vi accorgereste altro che dei difetti dei primi lavori...ad esempio com'è storta la coda del gatto...
T.U.: Ma non devono presentare per forza dei difetti, no'? Forse questi primi racconti sono soltanto meno complessi.
J.V.: Non è solo questo. Proprio l'altro giorno ho riletto uno dei miei primi racconti, e lo stile ora sembra piuttosto - beh, giornalistico.
T.U. Molti di essi sembrano avere quel certo sapore delle riviste del periodo - negli anni '50 si usava un certo tipo di racconto di fantascienza.
J.V.: Probabilmente e cosi.
T.U. Ci parla dell'atto di scrivere in se? Come vede il suo modo di scrivere? E' faticoso? Oppure è esclusivamente frutto d'ispirazione?
J.V.: né uno né l'altro. E'...
T.U. Una visitazione della Musa?
J.V. A volte la Musa arriva in ritardo, e devo fare tutto da solo, il che e molto più noioso.
T.U. Dunque, nella serie dei Principi Demone abbiamo un uomo che agisce spinto da un impulso, e con una cosa simile come punto di partenza probabilmente si può arrivare da qualunque parte.
J.V. Le motivazioni sono naturalmente le componenti importanti di qualsiasi racconto - l'essenza dinamica, per così dire -.Senza motivazioni - ossessioni, desiderio, cupidigia, paura, vendetta - il racconto diventa un idillio pastorale, uno scritto impressionistico. C'è comunque da notare che nessuno sembra interessato a leggere qualcosa che riguarda le virtù'. Frank Herbert aveva, e forse ha, una formula. L'ha scritta, è P.R.E.S.S.I.O.N.E. Per coincidenza, quando mi ha parlato di questo aveva appena pubblicato un racconto intitolato "Under Pression". Lui pensava che i personaggi debbono sempre essere sotto pressione per muoversi, essere obbligati ad agire in un modo o nell'altro. Certo, questo è senza dubbio vero. Per quanto mi riguarda, non aderisco a nessun genere di formula. Non credo si possa scrivere basandosi su delle formule. Se scrivi con uno slogan in mente, non farai altro che limitarti.
T.U. Il suo stile di scrittura è alquanto cambiato è alquanto cambiato dal tempo dei suoi lavori tra la metà e la fine degli anni cinquanta. Ed anche oggi, all0interno dello stesso identificabile stile, lei scrive libri molto differenti. Questa variazione narrativa è semplicemente il risultato dell'uso di protagonisti diversi, oppure si deve ad umori diversi al momento della scrittura? E' intenzionale?
J.V. E' intenzionale anche se non deliberato - se pure questa distinzione ha un senso. Ce l'ha? Probabilmente no. Tornando all'analogia con la pittura, se dipingessi un paesaggio marino, userei molto blu e verde. Se dipingessi l'interno di una vecchia taverna genovese, userei tinte sul nero, marrone, dorato. In pratica, io cerco di usare gli attrezzi adatti al lavoro: ovverop le parole e lo stile. Non programmo queste cose in anticipo, accadono e basta.
T.U. Seguendo questo ragionamento, di recente un critico ha notato che anche se lei è certamente uno dei maggiori autori fantasy viventi, il suo stile individuale ha ben pochi imitatori. I romanzi di Heinlein, per esempio, hanno influenzato direttamente lo stile ed il contenuto di molti giovani autori del genere. Ma nel suo caso, o è scritto da Vance, o non lo è. Lei si crede che il suo modo di scrivere attiri un certo tipo di lettore?
J.V. Potrebbe, non lo so.
T.U. Chiunque legga i suoi libri potrebbe affermare che lei ha viaggiato molto. E' così?
J.V. Questo è sostanzialmente vero. Ma ci sono dei posti in cui non sono mai stato l'Antartico le Regioni Polari
T.U. La ragione per cui lo chiedo è che i suoi mondi hanno una certa qualità esotica in loro - che sembra nascere dal protagonista che si trova a confrontare un paesaggio alieno, qualcosa di molto straniero.
J.V. Beh, io non so da dove venga tutto questo. Potrebbe venire da immagini di paesaggi immaginari, dal National Geographic, chi lo sa Ma certo questo non dovrebbe costituire un mistero - sono scene che chiunque può vedere. La materia prima non manca Per esempio, di recente stavo leggendo un numero del National Geographic, ed ho visto una foto di Jaipur, in India. Parlavamo di scene fantastiche. Era presa dall'alto, inquadrava questo tavolato arido capanne di fango non provo nemmeno a descriverlo. Era una scena presa da qualche mondo fantascientifico.
T.U. E queste zone esotiche hanno mai ispirato o influenzato qualche suo libro in particolare?
J.V. In tutta franchezza, Tim, non ho voglia d'essere troppo specifico o troppo analitico su nessuna cosa. Mi sento piuttosto come un illusionista con un repertorio di trucchi: entrambi creiamo illusioni. Forse lui si sforza di spiegare le sue tecniche?
T.U. Malcom Edwards ha recentemente osservato che lei sembra stancarsi dei suoi mondi, dopo averli creati. C'è del vero in questo?
J.V. Diciamo si e no. Una volta che un particolare ambiente è stato determinato, a volte è più divertente proseguire oltre.
T.U. A volte il suo lavoro mi suscita l'impressione che lei sia più interessato all'atto della creazione, di un mondo o di un regno; che far nascere quel mondo sia più interessante che continuare a scrivere su di esso
J.V. Io credo che una volta che l'ambiente si sia sviluppato -cosa che certo non accade immediatamente - una volta che diventa familiare, si può andare avanti. Penso che ci sia una certa dose di emozione nell'osservare lo sviluppo di questi mondi. In alcuni racconti, l'ambiente è parte della storia - come nei racconti di Cugel -. Come sempre, ogni generalizzazione ha le sue eccezioni. Perfino questa, senza dubbio.
T.U. Su The Asutra, Etzwanw chiede,accanto ad un campo di battaglia: - Non riesci a sentire la presenza di così tanta morte?-, e Ifness risponde:- Un intelletto nel pieno controllo di se stesso deve sfortunatamente sacrificare quella ricettività propria della mentalità primitiva, e questo è uno stadio evolutivo che io, tutto considerato, sono stato felice di superare.- Scherzi a parte, questo è un riflesso dei suoi pensieri?
J.V. Non del tutto. Probabilmente tutti noi abbiamo qualche malinconico rimpianto per la nostra gioventù, con la freschezza delle sue speranze e l'emozione di nuove esperienze