Eucaristia, comunione e comunità

Documento pastorale dell’Episcopato italiano 11-15/04/1983

Anno della Redenzione

Fonte: Collana Magistero n. 96  Ó Figlie di San Paolo Roma 1983

 

Ti rendiamo grazie, o Padre nostro,

per la vita e la conoscenza che ci hai dato

per mezzo di Gesù tuo Figlio.

Gloria a te nei secoli!

Come questo pane spezzato, prima sparso sui monti,

è stato raccolto per farne uno solo,

così raccogli la tua Chiesa

dalle estremità della terra nel tuo Regno.

Poiché a te è la gloria e la potenza

per Gesù Cristo nei secoli. (Didaché, IX, 4)

 

Nell'Anno Santo della Redenzione, raccogliamo il messaggio che viene a noi dall'Eucaristia e lo consegniamo alle nostre Chiese. L'Eucaristia sia sempre più «centro e vertice» delle comunità cristiane e la sua forza plasmatrice si sveli in autenticità di vita e in generosità di opere. Sia segno efficace della comunione che dall'unico pane si diffonde nell'unico corpo ecclesiale perché tutti, compiendo ciò che manca alla passione di Cristo, adorino il Padre in spirito e verità. Sia viatico alla comunità cristiana: dall'Eucaristia essa accolga la rivelazione dell'amore di Dio, la letizia dell’unità fraterna, il coraggio della speranza, per essere con Cristo pane spezzato per la vita del mondo.

 

Li amò sino alla fine

1. Con l'animo dell'apostolo Paolo, che si rivolgeva alla comunità di Corinto, noi consegniamo ciò che la Chiesa intera ha ricevuto: «II Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me"» (1 Cor 11, 23-25).

2. Questa consegna si rinnova ogni volta che celebriamo il mistero eucaristico. L'Eucaristia è dono fatto dal Padre alla Chiesa e, per mezzo della Chiesa, al mondo. La Chiesa lo celebra con fede, e con fede lo offre all'umanità. Così Dio manifesta, oggi come sempre, la sua fedeltà alle promesse, il suo impegno all'alleanza, la sua volontà di comunione con noi.

L'Eucaristia è frutto della potenza dello Spirito Santo. Invocato dalla comunità raccolta in preghiera, lo Spirito trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, rinnova la vita di coloro che partecipano al sacrificio e plasma la Chiesa come comunità.

L'Eucaristia è presenza di Cristo redentore. Cristo che è con noi tutti i giorni sino alla fine, è presente nel mistero del pane e del vino in modo vero, reale, sostanziale. Così nell'Eucaristia ci viene offerto il memoriale della nostra salvezza, il segno della nuova alleanza e l'anticipazione del Regno. Essa è il sacramento del sacrificio offerto da Cristo sulla croce, il segno della sua vittoria sulla morte, il cibo e la bevanda dei pellegrini verso il Regno. È il mistero della fede! Noi lo crediamo e lo adoriamo.

3. L'Eucaristia è comunione di Cristo con il Padre: primogenito tra i risorti, per mezzo dello Spirito, Cristo si offre come sacrificio per la nostra salvezza. Tutta la sua vita è presente in questa offerta. L'Eucaristia è comunione di Cristo con noi: associati al suo gesto di totale oblazione, diventiamo con lui vittima gradita a Dio. La comunione con lui è la via che conduce al padre. L'Eucaristia è il massimo sacramento ecclesiale: dall'Eucaristia la Chiesa nasce come comunità nuova.

Ha per legge il nuovo precetto di amare e trova in Cristo il suo modello di comunione. L'Eucaristia è amore che diventa missione: consumando il sangue sparso per la remissione dei

peccati, la Chiesa si offre con Cristo per la vita del mondo, luce e segno di comunione universale.

4. Nell'Eucaristia sono presenti le «opere mirabili» che Dio ha compiuto nella storia. Di tutte, l'Eucaristia è l'opera più mirabile. Mentre contempliamo il mistero, rendiamo grazie a Dio e proclamiamo:

Noi ti ringraziamo, o Padre, per i segni grandi del tuo amore che a noi si svela nella creazione, nella storia dell'uomo, e nella piena rivelazione del tuo Figlio Gesù.

Per la potenza dello Spirito egli è venuto tra noi, nel seno purissimo di Maria. Fece del mondo la sua casa, elesse i poveri, annunciò pace e riconciliazione a tutti, si diede liberamente alla morte di croce.

Per amore egli è venuto, d'amore è vissuto, con amore si è donato a te e in un gesto supremo d'amore si è sacrificato per noi.

Nell'ultima cena, riunito con i discepoli, dopo averci dato il comandamento nuovo, segno di eterna alleanza, ci lasciò il suo corpo e il suo sangue per la remissione dei peccati.

Noi ti ringraziamo, o Padre, per questo santissimo segno. Lo accogliamo come dono della tua misericordia che ci trasforma e ci dà un cuore nuovo, come grazia di riconciliazione e come segno di comunione.

Per mezzo dello Spirito Santo, che è signore e dà la vita, donalo sempre sull’altare della Chiesa e del mondo.

«Ogni volta che mangiamo di questo pane

e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta».2

 

 

Parte prima

Il corpo e il sangue versato

Con «Eucaristia, comunione e comunità», siamo al cuore del rinnovamento pastorale, avviato nella nostra Chiesa dopo il Concilio. Nell'Eucaristia, infatti, ritroviamo, quasi in mirabile sintesi, le scelte pastorali che hanno guidato la nostra riflessione e il nostro impegno in questi ultimi anni. Si tratta di scelte permanenti che l'Eucaristia ripropone: la priorità della parola di Dio, fonte di vita e di conversione che apre i cuori alla fede; l'inscindibile nesso tra Parola, Sacramenti e Vita cristiana, che ogni celebrazione eucaristica fa rivivere come dono e compito; il dono della comunione per edificare una autentica comunità ecclesiale, che trova nell'Eucaristia la sua fonte e il suo culmine.3

A motivo della centralità dell'Eucaristia nella vita della Chiesa, abbiamo voluto accostarci al grande mistero con profondo atteggiamento di lode, di adorazione e di rendimento di grazie, perché solo così è dato di accogliere e vivere in pienezza di fede il segno più grande della nostra redenzione.

E dinanzi all'Eucaristia, vero corpo del Signore dato per noi e vero sangue sparso per la salvezza del mondo, proponiamo in questa prima parte del documento un itinerario di fede a sostegno della vita e della missione delle comunità cristiane.4

Le parole della Scrittura e la tradizione viva della Chiesa, con la guida del Magistero, sono le fonti privilegiate a cui ci riferiamo per questo cammino di fede.

Siamo così invitati, nel primo capitolo, a lasciarci incontrare da Cristo risorto, sulla strada della vita, a camminare con lui e a riconoscerlo vivente nel segno della sua presenza pasquale (cfr. Capitolo primo).

Il riconoscimento di lui porta all'adorazione del mistero della fede, che l'Eucaristia perennemente attualizza in pienezza: memoriale della cena del Signore e del suo sacrificio redentivo, vera presenza reale di Cristo, testa mento del suo amore supremo, anticipo del banchetto del Regno (cfr. Capitolo secondo).

Come nella comunità di Gerusalemme, la nostra assiduità nello spezzare il pane fonda la comunione con Cri­sto e tra noi e ci fa partecipi del dono dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita in culto spirituale gradito al Padre (cfr. Capitolo terzo).

Nella condivisione all'unico pane, noi, pur essendo molti, diventiamo un corpo solo: la Chiesa unita nella carità e nel servizio (cfr. Capitolo quarto).

Ora possiamo comprendere la ricchezza di grazia e di impegno per la comunione, che ogni celebrazione eucari­stica comporta. Attraverso il rito liturgico siamo condotti a condividere il mistero di Cristo e a tradurlo in atteggiamento di vita (cfr. Capitolo quinto).

Così il nostro cammino di fede giunge al suo «Amen». Sull'esempio di Maria, la Chiesa lo ripete ogni volta che incontra il suo Signore e pregusta la gioia piena della comunione definitiva con lui (cfr. Capitolo sesto).

 

Capitolo I

Resta con noi, Signore

Sulla strada di Emmaus

5. Nella sua suggestiva vivacità, l'episodio dei due disce­poli in cammino verso Emmaus è immagine esemplare dell'incontro che la Chiesa nell'Eucaristia fa con il suo Signore. L'esperienza di quei due diventa la nostra esperienza.5

Essi esprimono bene la situazione dell'uomo contemporaneo, sfiduciato per il tramonto di false sicurezze e di facili speranze, a volte deluso perfino di Cristo e della sua Chiesa, alla ricerca di significati da dare alla vita, di ideali per cui lottare, credere, sperare.

Gesù per primo si avvicina a loro, si fa compagno di viaggio e li interroga, si interessa della loro vita, si lascia coinvolgere nei loro problemi, li provoca a uscire fuori dall'apatia, e cammina con loro. I loro occhi sono come impediti di riconoscerlo, perché la fede è spenta. Eppure quel viandante li attira, le sue parole scendono nel profondo del cuore e lo fanno ardere. Rinasce la speranza e una luce nuova illumina l'esistenza. Così ha inizio il riconoscimento attraverso un incontro che diviene sempre più forte e intimo, fino a «vedere» nel gesto dello spezzare il pane il Signore risorto.

La gioia della scoperta è tale che i due rifanno il cam­mino, questa volta da Emmaus a Gerusalemme, per comunicare ai fratelli la loro singolare esperienza e per proclamare insieme: «Il Signore è davvero risorto!» (Lc 24,34).

È un racconto di intonazione pasquale. In filigrana vi leggiamo i momenti essenziali dell'incontro salvifico con Cristo che si compie nell'Eucaristia:

- Cristo cammina sulle strade dell'uomo.

- Con la sua parola convoca e manifesta il senso della vita.

- Il pane spezzato è nutrimento e rivelazione.

- L'incontro con Cristo riempie il cuore di speranza e da coraggio per annunziarlo vivente nel mondo.

 

Erano in cammino e spiegò loro le Scritture

6. Cristo per primo si mette sulla nostra strada. Invita, convoca e apre al dialogo. È così, soprattutto, nella celebrazione eucaristica.

Il primo atto del singolo e della comunità che celebra è l'incontro con Cristo. Se non si avverte nella fede «l'alito della sua presenza», come direbbe Sant'Ambrogio, non si accende la scintilla della preghiera. L'Eucaristia è molto più di un rito da ripetere; è il Risorto da incontrare, per percorrere con lui la stessa strada.

Celebrare l'Eucaristia è vivere in pienezza il «giorno del Signore», è far tesoro di un tempo provvidenziale nel quale Cristo risorto ci si dona in un gesto di infinita tenerezza. «In tutti i giorni - ricorda Giovanni Paolo II - perdura quell'unico giorno fatto dal Signore, giorno che è opera della potenza di Dio, manifestata nella risurrezione di Cristo. La risurrezione è l'inizio della nuova vita e della nuova epoca; è l'inizio del nuovo uomo e del nuovo mondo».6

7. Il primo passo che Gesù fa compiere è quello di aprire il cuore e la mente alla comprensione della sua vita e di tutta la storia della salvezza. Così Gesù educò i due di Emmaus, si fece loro maestro e, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 27).

Nell'Eucaristia la Chiesa è convocata dalla Parola e diventa comunità in ascolto del suo Dio. È una Parola che risuona viva e attuale, e viene colta sulle labbra del Risorto, presente nell'Eucaristia, come lo era sulla strada di Emmaus. Accogliendola in religioso ascolto, la comunità si ciba di quella Parola «più dolce del miele» (SI 18, 11) e ne vive. Nella risposta, si apre il dialogo: Dio parla e il popolo risponde, come ai piedi del Sinai, quando «Mosè riferì al popolo tutte le parole del Signore e il popolo rispose insieme: "tutti i comandi che ha dato il Signore noi li eseguiremo"» (Es 24, 3).

 

Lo riconobbero nello spezzare il pane

8. Giunto a Emmaus, Gesù siede a mensa con i discepoli e spezza il pane. Allora «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24, 31). Nel segno del pane spezzato. Cristo si dona con tutta la sua umanità e divinità, e noi in quella mensa singolare viviamo la più intensa comunione con lui: «Chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57). In Cristo, Unigenito del Padre, siamo introdotti nella comunione trinitaria. L'Eucaristia diventa così fonte e vertice di comunione, manifestazione di un divino mistero che ci avvolge e ci trascende.

 

Fecero ritorno a Gerusalemme

9. Dal gesto compiuto da Gesù a Emmaus scaturisce la gioia e il compito dell'annunzio e della testimonianza. I due riconoscono il Signore a mensa, mentre egli recita la preghiera di benedizione. Poi tornano a Gerusalemme, e raccontano agli altri discepoli la loro straordinaria espe­rienza. Nasce allora dal cuore della comunità riunita una solenne e convinta professione di fede che manifesta l'unità dei credenti: i due discepoli, «gli Undici e gli altri che erano con loro dicevano: davvero il Signore è risorto» (Lc 24, 34-35). Per loro l'annunzio di Pasqua passa attraverso il gesto eucaristico, assumendo la carica dirompente di un annunzio che scuote e converte.

Così sarà sempre per la comunità cristiana. L'annunzio pasquale è la ragion d'essere della Chiesa e della sua missione. Se per ipotesi assurda non risuonasse più, Chiesa ed Eucaristia, indissolubilmente congiunte, cesserebbero di esistere. Con l'annunzio del Risorto, l'Eucaristia viene riconsegnata al mondo perché si salvi, trasfigurandosi in umanità nuova.

Esso però deve scaturire da un cuore in festa, ardente di carità: «Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre conversava con noi lungo il cammino e ci spiegava le Scritture?» (Lc 24, 32).

La testimonianza di chi ha incontrato e riconosciuto il Risorto nell'Eucaristia si concretizza nell'atteggiamento di chi si affianca all'uomo con la discrezione di Gesù verso i discepoli di Emmaus, percorre con lui la stessa strada, si coinvolge nei suoi problemi, vi proietta la luce del Risorto e infonde nuova speranza per proseguire il cammino.

 

Capitolo II

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME

 

L'ultima cena

10. Secondo la testimonianza dei Vangeli, lo spezzare il pane è un gesto assai forte di Gesù: esso rivela l'atteggiamento di condivisione di Cristo con le folle affamate e stanche.7 Nell'ultima cena però questo stesso gesto esprime la sua volontà di donarsi al Padre e di offrirsi agli uomini come pane di vita.

Mentre mangiavano. Gesù, «preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi"» (Lc 22, 19-20).

È la «nuova alleanza» nel sangue di Cristo, «per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16). È la nuova legge dell'amore.

Ogni volta che la Chiesa obbedisce a questo comando di Gesù e pone il segno dello spezzare il pane, sa di ricevere il dono della morte e risurrezione del Signore, per diventare con la sua vita pane spezzato per il mondo.

 

L'Eucaristia, memoriale del sacrificio della croce

11. La cena di Gesù si inserisce nell'antica tradizione giudaica: quella della cena pasquale, quando il popolo faceva il «memoriale» di tutte le meraviglie compiute da Dio, soprattutto della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. «Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22, 15).

Gesù immette nel memoriale ebraico la novità della sua Pasqua: al centro non è più l'agnello il cui sangue era stato posto «sui due stipiti» delle porte perché l'angelo sterminatore passasse oltre.8  È Cristo stesso. Agnello senza macchia, che sarà immolato sulla croce per i nostri peccati.

L'ultima cena di Gesù da inizio all'offerta del suo sacrificio di redenzione, che sulla croce si consumerà nella morte, perché da essa rinasca la vita: la vita nuova per Gesù e per i suoi.

Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, si inserisce nel solco biblico del «memoriale». Rievoca così l'immolazione di Cristo, come il più grande atto d'amore, e insieme come l'atto con cui il Redentore, raccogliendo «i figli di Dio che erano dispersi»,9 crea l'umanità dei salvati, grazie alla nuova alleanza stipulata nel suo sangue, sparso per noi e per la vita del mondo.

Questo «memoriale» non è pura rievocazione. Per l'azione potente dello Spirito, in esso il dono della salvez­za si fa evento. L'unico sacrificio della croce, posto «una volta per sempre»10 al vertice della storia umana, si fa presente negli umili segni del pane e del vino. Il «memoriale» è dunque legato alla storia di ieri, ma con la sua efficacia ne fa l'oggi della nostra salvezza, mentre ci pro­tende verso il domani che speriamo ed attendiamo.

 

L'Eucaristia, offerta della vittima pasquale

12. Consapevole di tutto questo, la Chiesa innalza i se­gni eucaristici in un gesto di offerta, sapendo di stringere nelle sue mani Cristo che si offre «vittima pasquale» per la nostra redenzione. L'Eucaristia è il suo corpo immola­to e il suo sangue versato per la salvezza degli uomini. Nello stesso tempo la Chiesa offre in Cristo se stessa, le cose create e l'intera umanità, perché tutto sia redento. Così l'Eucaristia è sacrificio di Cristo e della Chiesa, di lui che è il capo e di noi che siamo suo popolo resi «offerta viva» e gradita al Padre.

Con venerazione ricordiamo a questo proposito Pio XII che, ancor prima del Concilio Vaticano II, dichiarava: «Come il divin Redentore, morendo in croce, offrì all'eterno Padre se stesso quale capo di tutto il genere umano, così "in questa oblazione" (MI 1, 11), non offre quale capo della Chiesa soltanto se stesso, ma in se stesso offre anche le sue mistiche membra, poiché egli nel cuore amantissimo tutte le racchiude, anche se deboli e in­ferme»."

In quel gesto di offerta sta l'espressione rituale del sacrificio eucaristico. Memoriale e offerta si presentano come due atti interdipendenti, che la preghiera eucaristi­ca celebra nella Messa in una stupenda unità: «celebrando il memoriale del tuo Figlio... ti offriamo Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio vivo e santo... Egli (lo Spirito Santo) faccia di noi un sacrificio a tè gradito».12

 

L'Eucaristia, preghiera di intercessione

13. Nella stessa linea del memoriale e dell'offerta e sotto l'azione dello Spirito, si pone l'intercessione della Chiesa. Nell'Eucaristia essa intercede per tutti, assumendo un respiro universale. Davanti al suo sguardo e nel profondo del suo cuore, passano tutte le necessità del mondo e tutte le categorie di persone, dal Papa fino a quelli «che cercano Dio con cuore sincero. È una preghiera che si colloca nella logica del memoriale, come se si dicesse:

Tu, o Signore, che hai compiuto queste meraviglie nella storia della redenzione, rinnovale nell'oggi della Chiesa, mostra la tua presenza nella storia attuale ed il tuo intervento a favore dei tuoi figli.

Memoriale del sacrificio della croce, offerta della vittima pasquale ed intercessione, strettamente concatenati, sono i tre grandi temi che attraversano il canone della Messa, costituendone l'intelaiatura essenziale; sono soprattutto i tre grandi atteggiamenti che caratterizzano tutta la vita e la missione della Chiesa. Per questo Cristo l'ha voluta; per questo essa esiste ed è presente nel mondo.

 

L'Eucaristia è presenza reale di Cristo redentore

14. Il «mistero della fede» è dunque il Cristo presente con tutta la sua opera di salvezza. «Cristo è lui solo che è morto per tutti. È lui il medesimo che si trova nel sacramento del pane e del vino anche se sono molte le assemblee nelle quali si riunisce la Chiesa. È il medesimo che immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i consacranti...».13

In realtà questa presenza nella sua Chiesa egli la attua in diversi modi.14 Cristo, infatti, è presente nell'assem­blea riunita nel suo nome, secondo la promessa: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). È presente nella sua Parola, perché è lui che parla quando nella Chiesa si leggono le Scritture. Nel sacrificio eucaristico è presente nella persona del ministro e soprattutto nelle specie eucaristiche. «In questo sacramento infatti, in modo unico, è presente Cristo totale e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrottamente. Tale presenza si dice anche reale, non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia».15

Per esprimere il modo singolare di questa presenza, il Concilio di Trento e la Tradizione della Chiesa hanno accolto il termine «transustanziazione», come quello più adatto a indicare la conversione singolare e mirabile di tutta la sostanza del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo.

15. Nell'Eucaristia contempliamo Cristo con infinito stupore, lo offriamo al Padre per la salvezza del mondo e lo adoriamo. Questa è la fede nel suo nucleo essenziale, l'atto decisivo con cui apriamo le porte al Redentore. A Cafarnao, per chi vuole aderire a lui. Cristo pone questo segno discriminante: accogliere il pane vivo disceso dal cielo.16 Chi rifiuta, se ne va lontano da lui. Fede ed Eucaristia sono perciò inseparabili. Ma il pane è desiderato solo da chi ha fame: chi sa di essere peccatore, chi sperimenta di non potersi salvare da solo e volge a Cristo tutto il suo desiderio, accoglie e gusta questo pane «in cui è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa».17 Esso è dato appunto «in remissione dei peccati». Ed è dono che sovrabbonda e apre ad una esperienza di vita che sorpassa ogni nostro desiderio.

 

L'Eucaristia è convito

16. Il sacrificio pasquale si rende presente in un segno conviviale. «Fate questo» ha detto Gesù; e la Chiesa fa quello che egli ha fatto nell'ultima cena.

Il banchetto è il segno sacramentale di cui si riveste e in cui si fa presente l'evento pasquale. Ci è imbandita una mensa che sazia la nostra fame di Dio e la nostra sete di salvezza. E ci è comandato di prendere e mangiare.

Ma l'Eucaristia esige - dicevano i Padri - «una manducazione spirituale». Diversamente, il rimprovero dell'Apostolo ai Corinzi toccherebbe anche noi: «Questo non è un mangiare la cena del Signore» (1 Cor 11,20). Il comando di Cristo: «Fate questo», non invita solo a ripetere il gesto della cena. Invita a farlo come l'ha fatto lui, come espressione dello stesso amore pronto a donarsi.

Questa è la «manducazione spirituale» che deve accompagnare e animare quella «sacramentale». Essa attinge il frutto di grazia proprio dell'Eucaristia: il fedele, unito a Cristo con fede viva e carità pasquale, è trasformato in membro del suo corpo ed entra nella comunità ecclesiale plasmata dallo Spirito. Ricevere il sacramento dell'Eucaristia senza la carità, non serve a nulla.

Chi semplicemente va all'Eucaristia per cercare meriti, chiuso in un egoismo spirituale che isola dagli altri, «non discerne il corpo e il sangue del Signore» (1 Cor 11, 29). E per discernere secondo lo Spirito, bisogna ripristinare il vero concetto di convivialità per sentirsi tutti commen­sali nel superamento di ogni preconcetto e di ogni esclu­sione, in una profonda intesa fraterna, come si addice ai discepoli del Signore.

 

Il corpo del Signore nella potenza dello Spirito

17. È lo Spirito Santo che opera questo evento di salvezza e rende presente Cristo nell'atto redentore sui nostri altari. Con la sua potenza egli agisce sui nostri doni e li trasforma nel corpo e nel sangue di Cristo. In questa stessa azione egli plasma la Chiesa in comunità che pro­lunga la presenza del Signore nel fluire della storia.

La preghiera eucaristica presenta due «epìclesi», cioè due invocazioni dello Spirito: una prima, «consacratoria», chiede che egli trasformi le offerte nel corpo e nel sangue del Signore; l'altra, «fruttuosa», chiede che egli produca in noi il frutto di quella presenza, mediante l'amore che «ci riunisce in un solo corpo».18

Grazie allo Spirito, appare l'intima comunione di Cristo e della sua Chiesa che si fanno reciproco dono. C'è nell'Eucaristia un ricorrente rapporto tra corpo sacramentale e corpo ecclesiale. Sono due forme diverse dell'unico corpo di Cristo, nato da Maria Vergine ed ora glorioso alla destra del Padre.

Lo Spirito Santo ha adombrato la Vergine Maria per­ché concepisse nel suo grembo il corpo storico di Cristo. Invocato dall'assemblea, interviene come energia divina sui doni del pane e del vino per trasformarli nel corpo e nel sangue di Cristo. Agisce come fuoco d'amore su tutti noi, per trasformarci in membra di Cristo ed immetterci vitalmente nel suo corpo ecclesiale.

L'intera Tradizione, d'altronde, designa sia l'Eucaristia che la Chiesa con un unico termine: «corpo del Signo­re»". E se oggi il corpo ecclesiale viene chiamato «mistico», il termine non va inteso come attenuazione di «rea­le» e di «vero», ma indica uno dei modi attraverso i quali Cristo è presente tra noi.

 

Dimensione trinitaria dell'Eucaristia

18. Questa molteplice presenza dello Spirito nell'Eucaristia e nella Chiesa attualizza il nostro rapporto con la comunione trinitaria, alla quale Cristo col suo sacramen­to ci convoca e ci introduce.

Il mistero trinitario è reso presente nella Messa, dove tutte e tre le Persone divine sono efficacemente presenti in un'unico dialogo di amore, per donare alla Chiesa e al mondo la loro comunione. Il Padre, al quale il rendimento di grazie è rivolto: il Figlio incarnato, di cui si compie il memoriale; lo Spirito Santo, che è invocato per la consacrazione e la comunione, affinché trasformi sacramentalmente le offerte e compia l'unità della Chiesa.

Per questo la Chiesa invoca nella sua preghiera la Trinità, rivolgendosi con questi accenti al Padre: «a tutti coloro che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice, concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria».19

 

Dimensione cosmica dell'Eucaristia

19. Poiché sono le nostre offerte - il «pane della creazione» e il «vino della creazione» di cui parla Sant'Ireneo - ad essere trasformate nel Cristo crocifisso e risorto, l'Eucaristia realizza ed esprime l'intimo rapporto che lega l'umano al divino.

L'umanità che fin dai primordi offriva a Dio «il frutto della terra e del lavoro dell'uomo» ricompone nell'Eucaristia i significati, le intenzioni, la totalità di quelle offerte, e presenta al Padre, come vittima sacrificale gradita in Cristo, anche la propria storia intessuta di fatiche, di lacrime e di speranze.

In tal modo, l'unica celebrazione ricapitola in Cristo la storia e la vita dell'uomo ed esprime il pieno valore del suo tempo e del suo sudore.. La storia umana, con le sue speranze e con i suoi drammi, è il cantiere in cui il Regno si costruisce, ed ogni realtà creata è chiamata a canta­re in Cristo la lode al Padre. Cristo è il principio e la fine, l'alfa e l'omega, canta la Chiesa la notte della Veglia Pasquale. Verso di lui la storia si dirige e in lui si rigenera. Tutti gli uomini, le epoche e le vicende ricevono significato dal suo sacrificio: «Per Cristo, con Cristo e in Cristo», come canta stupendamente l'inno di lode finale che imprime al canone un respiro universale.

 

L'Eucaristia preludio del banchetto del Regno

20. Il banchetto eucaristico anticipa quello del Regno, quando lo stesso Figlio dell'uomo si cingerà i fianchi, ci farà sedere a mensa e passerà a servirci. Allora «saremo sempre con il Signore» (1 Ts 4, 17), e sarà gioia senza fine.

La celebrazione eucaristica è dunque un'attesa che si tramuta in veglia. Con animo profondamente ammirato, facciamo nostra l'invocazione del Santo Vescovo Agostino, per esprimere così la nostra fede nel mirabile sacramento dell'amore:

O sacramento di bontà,

o segno di unità

o vincolo di carità.

Chi vuoi vivere, ha qui dove vivere,

ha qui donde attingere la vita.

Non disdegni la compagine delle altre membra,

non sia lui un membro cancrenoso da amputare

o un membro deforme di cui ci si debba vergognare.

Sia bello, sia valido, sia sano,

unito al corpo, viva di Dio e per Dio;

sopporti ora la fatica qui in terra per regnare poi in cielo.20

 

Capitolo III

UN SOLO PANE, UN SOLO CORPO

La comunità di Gerusalemme

21. La comunità descritta nei primi capitoli degli Atti degli Apostoli è rivelazione e modello per la Chiesa di tutti i tempi. Tornare ad essa è un tornare alle fonti per rinnovarsi costantemente. Un celebre sommario così la descrive: «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento de­gli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42).

Accoglienza della Parola, frazione del pane, in un clima di preghiera, con la presenza dell'apostolo, sono il fondamento della comunità: di lì sgorga l'unione fraterna dei cuori. La fedeltà a questo cammino di fede, che segna l'esistenza della Chiesa, si manifesta con evidenza e si attua nella celebrazione eucaristica. Essa diviene così fonte e culmine della vita della Chiesa e sorgente perenne da cui si alimenta la comunione. «Questa opera di costruzione spirituale - scrive San Fulgenzio di Ruspe - mai diventa oggetto più appropriato di preghiera come quando il corpo stesso di Cristo, che è la Chiesa, offre il corpo e il sangue di Cristo nel sacramento del pane e del calice... Dio, infatti, mentre custodisce per mezzo dello Spirito Santo il suo amore diffuso nella Chiesa, fa della medesima un sacrificio a lui gradito».21

22. Tutto questo ha la sua origine nell'azione dello Spirito Santo.

Gli Atti, chiamati «il Vangelo dello Spirito», ci mostrano la sua azione potente e feconda che guida e anima l'esistenza e la missione della comunità: «La Chiesa cresceva e camminava nel timore del Signore colma del conforto dello Spirito» (At 9, 31).

Lo Spirito, che opera la mirabile trasformazione eucaristica, è lo stesso che fa della Chiesa «un cuor solo e un'anima sola». Con verità i Padri della Chiesa afferma­no che il corpo di Cristo mangiato nell'Eucaristia è ricco del dono dello Spirito e ricevendolo «si beve il fuoco dello Spirito».22

Pio XII nella lettera enciclica «Mystici corporis» così si esprime: «II sacramento dell'Eucaristia, vivida e stupenda immagine dell'unità della Chiesa in quanto il pane da consacrarsi deriva da molti grani che formano una cosa unica (cfr. Didaché 9, 4), ci da lo stesso autore della grazia santificante, affinché da lui attingiamo quello spirito di carità con cui viviamo non già la nostra vita ma la vita di Cristo, e in tutte le membra del suo corpo sociale amiamo lo stesso Redentore».23

L'assiduità eucaristica costruisce dunque la comunità di cui parlano i profeti, segnata dall'abbondanza dello Spirito Santo: «Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura... vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo... Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti... voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio».24

Se si pensa che l'Eucaristia è presenza della Pasqua, la cosa ci apparirà più chiara. Lo Spirito è l'ultimo dono di Gesù morente e il primo dono del Risorto.

 

Il sacrificio eucaristico fonte del «culto spirituale»

23. Nell'Eucaristia domina l'azione dello Spirito Santo: «Sempre tutto ciò che lo Spirito tocca è trasformato».25  Perciò il culto che ne sgorga è «spirituale», cioè di persone «che camminano secondo lo Spirito» (Rom 8, 4).

«Spirituale» è infatti il sacrificio del Salvatore a cui ci associamo. Questo non significa che il sacrificio non ab­bia straziato le sue carni, ma indica l'obbedienza e l'amore che sono la pienezza del sacrificio e di cui il sangue sparso è la suprema espressione. Ne è pervasa tutta la sua vita, dal «sì» che dice «entrando nel mondo»26 fino al momento in cui, chinato il capo, grida: «Tutto è compiuto» (Gv 19, 30). Quell'atto di amore lo rende presente nell'assemblea dei fedeli, perché vi si associno. In tal modo la Chiesa, «Essendo Cristo il capo del suo corpo, impara ad offrire se stessa con lui».27 Includendo nell'offerta «se stessi, le proprie fatiche e tutte le cose create»,28 l'esistenza intera nella sua concretezza diventa un atto di culto, nell'esercizio del sacerdozio battesimale. Di questa offerta spirituale ognuno è il sacerdote insostituibile.29

Poiché si offre solo chi ama, il culto spirituale è essenzialmente la vita di carità, plasmata dal mistero eucaristico: «Camminate nella carità nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5, 2J.

 

Nel pane spezzato il fondamento della comunione ecclesiale

24. La comunità di Gerusalemme, guidata dallo Spirito, ha realizzato esemplarmente questo culto. L'assiduità eucaristica è la fonte da cui lo ha attinto. Lo stile di vita ne è stato come il riflesso esteriore: risaltano soprattutto lo stare insieme e il condividere, lo spezzare il pane col cuore in festa, la gioia prorompente, la vita personale e comunitaria segnata dalla semplicità. Tutto ci riconduce a quella comunione che ne è la sintesi, espressa in decisioni radicali come la condivisione dei beni.

Per questo la comunità degli Atti degli Apostoli ha esercitato sempre un fascino e una attrazione irresistibile. Ed ha conosciuto non solo una forte coesione al suo interno - «un cuor solo ed un'anima sola» (At 4, 32) - ma anche una meravigliosa espansione missionaria. In essa davvero la Parola ha compiuto la sua corsa.30 Quella fecondità apostolica ha le sue radici nel «pane spezzato» e per mezzo del pane consumato si innesta nella potenza salvifica del mistero di Cristo. È su questi pilastri che si fonda la comunione ecclesiale: «La potenza della santa umanità del Cristo rende concorporali coloro nei quali si trova. Allo stesso modo, credo, l'unico e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all'unità spirituale».31

 

Concordi nella preghiera con Maria

25. Lo stesso evangelista che descrive la vita della comunità di Gerusalemme, mentre riferisce la lista degli undici Apostoli che presto sarà completata, si preoccupa di darci questa annotazione: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui» (At 1, 14). All'inizio della vita della Chiesa, come già all'inizio della vita pubblica di Gesù,32 accanto al ministero degli Apostoli emerge la presenza di Maria. Apostolicità dei Dodici e maternità di Maria si coordinano nell'unità del­la Chiesa. È questa la prospettiva alla quale ci ha educato il Concilio Vaticano II33 e sulla quale vogliamo ferma­re la nostra riflessione.

La madre di Gesù entra così discretamente ma in modo determinante nella vita della Chiesa ed in questo am­bito esercita in pienezza la sua divina maternità. Maria è colei che accoglie la parola di Dio e la custodisce nel cuore34 e così essa - secondo la felice espressione di Sant'Agostino - «ha concepito con la mente prima che con il ventre» il Verbo di Dio.35 Discepola del figlio suo, lo segue fino al Calvario e ai piedi della croce si offre insieme con lui.16 Maria è colei che persevera nell'attesa dello Spirito Santo e lo accoglie con piena docilità.37

Contemplata nei momenti principali della sua vita. Maria si presenta a noi «quale modello dell'atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri».38 Come Vergine in ascolto e Vergine in preghiera, come Vergine orante e Vergine offerente, «Maria è rico­nosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo, cioè di quella disposizione interiore con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all'eterno Padre».39

Per questo la Chiesa, mettendo in atto la sua arte pedagogica, nel contesto della «preghiera eucaristica» ci sollecita a far memoria anzitutto della Beata Vergine Maria per entrare sempre più intimamente nella comunione con la comunità dei credenti e, ultimamente, con il Signore morto e risorto: «In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo...».40

 

Capitolo IV

PER EDIFICARE LA CHIESA

 

La comunità di Corinto

26. Tra le fonti bibliche dell'Eucaristia, accanto al rac­conto di Emmaus e degli Atti, si colloca con rilevanza la prima lettera ai Corinzi. Paolo amava teneramente tutte le comunità da lui fondate, ma circondava di affetto particolare la comunità di Corinto, forse per i pericoli di con­taminazione della fede cui la esponeva la sua posizione di città mercantile, e ancor più per le tensioni che la travagliavano all'interno.

Strettamente legati alla più antica testimonianza sull'istituzione dell'Eucaristia,41 emergono alcuni grandi ideali che provocano costantemente l'esistenza storica della comunità:

- lo stile di vita cristiana nell'impatto con la complessa e spesso problematica situazione dell'ambiente sociale;

- la scelta di comunione dinanzi alle ricorrenti divisioni, sperequazioni e reciproche indifferenze tra quanti consumano l'unico pane;

- l'esercizio dei carismi e dei ministeri che costruiscono l'unica Chiesa nella potenza dello Spirito e nel vincolo della carità.

 

Mangiare degnamente il corpo del Signore

27. L'Apostolo stigmatizza anzitutto uno stile di vita ibrido: sotto il segno del compromesso, c'è chi pretende di vivere la vita cristiana senza ripudiare quella pagana. «Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni, non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni» (1 Cor 10, 21), dichiara severamente l'Apostolo. La scelta cristiana domanda coerenza:

l'Eucaristia, fonte di vita nuova, non è compatibile con la vita di prima. Perciò «chi crede di stare in piedi guardi di non cadere» (1 Cor 10, 12).

Al monito di Paolo fanno eco queste riflessioni dei Padri della Chiesa. Il Papa Pelagio I avverte: «Coloro che non vogliono essere nell'unità e non possiedono quindi lo Spirito che abita il corpo di Cristo, non possono avere il sacrificio»;42 e Sant'Agostino rileva: «Chi assume il sacramento dell'unità e non rispetta il vincolo della pace non si appropria la grazia del sacramento ma si attira una condanna».43

Queste voci costituiscono per noi, oggi, un deciso richiamo a vivere limpidamente la fede, demolendo gli idoli di un paganesimo risorgente: edonismo, potere, possesso. E poiché la fragilità e la debolezza minacciano di intaccare la nostra fedeltà, quando questa è incrinata bisogna ricorrere al sacramento della Riconciliazione. La degna ricezione della Eucaristia lo esige, perché «chiunque in modo indegno mangia o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore... mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11, 27-29).

 

Celebrare l'Eucaristia nel segno dell'unità

28. Di grande attualità è anche la seconda linea di riflessione legata al simbolismo dell'unico pane: «Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo di un unico pane» (1 Cor 10, 17). Nell'Eucaristia c'è la radice dell'unità e della fraternità. Ogni divisione è chiusura su di sé, ogni settorialismo la inquina alla radice. L'attenzione al povero e il servizio reciproco per farci carico «gli uni dei pesi degli altri»44 la rendono autentica.

In nome dell'Eucaristia, la comunità cristiana non può lacerare la veste senza cuciture del Cristo, non semina discordie e malumori, non emargina nessuno e neppure si emargina, staccandosi dagli altri.

L'Eucaristia è forza che plasma la comunità e ne accresce il potenziale di amore: la rende una casa accogliente per tutti, la fontana del villaggio che offre a tutti la sua acqua sorgiva, come amava dire Papa Giovanni. In essa ogni diversità si compone nell'armonia, ogni voce implorante riceve ascolto, ogni bisogno trova qualcuno che si curva su di esso con amore. Incontro, dialogo, apertura e festa ne sono le note caratteristiche.

29. Anche il rito della celebrazione dell'Eucaristia, vissuto con riferimento concreto alla vita di ogni giorno, met­te in stretta connessione Eucaristia e carità. Giustino, nella Chiesa primitiva, la descrive così: «Quelli che sono. nell'abbondanza donano liberamente, e quanto viene rac­colto è messo nelle mani di colui che presiede perché assista gli orfani, le vedove, i malati, gli indigenti, i forestieri, i prigionieri... in una parola perché porti soccorso a tutti quelli che sono nel bisogno».45 La «diaconia» ecclesiale, che prolunga quella del Signore Gesù, va verso l'Eucaristia e da essa procede.

È un servizio esigente che vuole afferrare tutto l'essere: tempo, energie, salute, cultura. Tutte le realtà della vita sono raggiunte in uno stile di servizio. Il credente uscito dall'Eucaristia, non può dormire sonni tranquilli; è inquieto della inquietudine di Dio, invaso dalla passio­ne per l'uomo. La porta aperta a Cristo, si apre insieme sul mondo e sulla storia.

Dice la Didaché: «Se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?».46

 

Chiamati e abilitati a servire

30. La comunità descritta da Paolo si presenta articolata in una serie di ministeri che in modo convergente la costruiscono e la vivacizzano: «A ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor 12, 7).

Essi sono in stretta dipendenza dallo Spirito e hanno nell'Eucaristia la loro fonte. Inoltre, nessun carisma è dato per l'utilità propria, ma è per gli altri, e deve essere messo a disposizione della comunità. La loro convergenza è indispensabile perché essi si inseriscono in una struttura organica, quella del corpo ecclesiale, dove ogni membro esercita la sua funzione per l'utilità di tutti e la crescita del corpo.

Spesso i doni dello Spirito, anziché condurre a unità, possono essere spesi in contrapposizioni per nulla ecclesiali, o consumarsi di fatto in atteggiamenti e lottizzazioni che sono in forte contrasto con l'unica Eucaristia.

31. I carismi e i ministeri trovano nell'Eucaristia la loro fonte ispiratrice e il primo campo di esercizio. Nella celebrazione non tutti devono fare tutto, ma tutti hanno qualcosa da fare. Ognuno deve fare tutto quello che gli spetta.47 La partecipazione attiva esige una pluralità di interventi che vanno dal ministrante, al lettore, al salmista, al cantore... E in questa coralità armonizzata di servizi, la liturgia offre una immagine della Chiesa che, in tutte le sue esperienze, si costruisce con l'apporto di tutti.

Fuori della liturgia, si apre ai ministeri il vasto campo del mondo. In tutti gli ambiti in cui si svolge la vicenda umana e si snoda la storia, sono necessario testimonianze robuste. Il ministero di chi si ciba dell'Eucaristia è quello di farla sentire oggi «corpo dato e sangue versato» per gli uomini, perché il nostro vivere diventi più umano.

 

Eucaristia e sacerdozio ministeriale

32. Tra i vari ministeri eccelle quello che configura in modo particolare a Cristo capo, maestro, pastore, e servo del suo gregge: quello cioè del Vescovo e dei presbiteri a lui associati.

Secondo una celebre espressione di San Tommaso, essi, nel fare l'Eucaristia, agiscono «in persona di Cristo». E se è vero che soggetto dell'Eucaristia è tutto il popolo santo di Dio, è altrettanto vero che senza questo ministero nessuna Eucaristia può essere celebrata. Proprio per­ché agiscono «in persona di Cristo», la presidenza del Vescovo o del presbitero è essenziale alla comunità cristiana.

Ma occorre evidenziare - in linea con la viva tradizione della Chiesa - la stretta unità che amalgama il presbiterio con il suo Vescovo, e fa della loro comunione il segno di Cristo-capo. Ecco come si esprime Sant'Ignazio di Antiochia in una delle sue caratteristiche esortazioni: «Tutti coloro che sono di Dio e di Gesù Cristo costoro sono con il Vescovo, e tutti coloro che si pentiranno e verranno all'unità della Chiesa, costoro saranno di Dio, purché vivano secondo Gesù Cristo... Sentite il bisogno di partecipare a una sola Eucaristia; perché non vi è che una sola carne di nostro Signore Gesù Cristo e un solo calice per unirci al suo sangue, un solo altare, come un solo Vescovo con il presbiterio ed i suoi diaconi, miei compagni di servizio».48

33. Tale unità traspare con particolare efficacia quando il Vescovo celebra l'Eucaristia nella chiesa cattedrale. Ha una significativa espressione nella concelebrazione dei sacerdoti con il Vescovo come nel giorno dell'ordinazione dei presbiteri, o il Giovedì Santo.

Anche le concelebrazioni dei soli presbiteri manifestano lo stesso significato di unità. In ogni caso l'Eucaristia non può essere celebrata in verità se non è presieduta dal Vescovo o da un presbitero in comunione con lui. È il Vescovo che assicura il vincolo con la comunità apostolica e, perciò, l'identità delle nostre Eucaristie con quella che Cristo ha celebrato insieme ai Dodici. Per volontà di Cristo la Chiesa locale, a partire dall'Eucaristia, si costruisce intorno alla persona e al ministero dell'apostolo.49

Il vincolo sacramentale col Vescovo si esprime in una obbedienza matura e in una corresponsabilità fattiva. Per tale via la comunione dell'Eucaristia passa al ministero e alla vita dei battezzati.

 

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