Il cardinale Kurt Koch sul viaggio del Papa in Libano

Passo in avanti nel dialogo ecumenico

 

di Mario Ponzi

 

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Un grande passo in avanti verso il raggiungimento dell'unità con le Chiese ortodosse. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ha definito il viaggio di Benedetto XVI in Libano, al quale il porporato ha partecipato come membro del seguito. In questa intervista al nostro giornale, il cardinale Koch ne analizza il significato ecumenico.

 

Nei commenti al viaggio del Papa, si è molto insistito sul rapporto tra cristiani e musulmani, meno sulla dimensione ecumenica. Cosa ha significato, in questa direzione, la visita?

Viste le tensioni in atto, è stato naturale che i rapporti tra cristiani e musulmani abbiano avuto nei commenti giornalistici maggiore risonanza. Tuttavia sono sicuro che questo viaggio sia servito molto ad approfondire le relazioni ecumeniche e a dare un nuovo slancio alla ricerca della piena unità tra i cristiani. Del resto si può ormai dire che se è vero che la Chiesa cattolica, pur nella diversità dei suoi riti, sia profondamente unita al Santo Padre, si può anche affermare che sono via via sempre più buone le relazioni tra le Chiese cattoliche e tutte le Chiese ortodosse e orientali. Per sincerarsene basta pensare all'incontro di Charfet che si è svolto in un clima di evidente cordialità.

 

Tra le diverse Chiese cristiane in Libano vi è armonia. Ma vi sono anche iniziative comuni?

Lo stato dei rapporti tra le diverse Chiese cristiane in Libano effettivamente è molto buono. Ciò è favorito in particolar modo dal costante contatto tra le stesse Chiese per affrontare diverse situazioni. Un realtà che ho potuto verificare proprio guardando all'accoglienza che ha avuto il sinodo sul Medio Oriente. Per esempio, il patriarca maronita Raï mi ha detto che si sta pensando di organizzare incontri con tutti gli ortodossi per rileggere insieme e per approfondire l'esortazione apostolica postsinodale "Ecclesia in Medio Oriente". Un'iniziativa che si vuole ripetere anche con i musulmani.

 

Come hanno vissuto la visita del Papa gli ortodossi del Medio Oriente?

Abbiamo ricevuto in proposito commenti davvero molto positivi. E, in questi tempi così difficili, in contesti cruciali come quelli mediorientali, direi che si tratta di un grande segno della volontà di approfondire la fede e di rafforzare tutte le realtà ecclesiali.

 

Cosa l'ha colpita come esperienza personale?

Sono rimasto molto toccato dalla grandissima ospitalità che abbiamo ricevuto nel Libano. E mi ha impressionato soprattutto la cordialità mostrata dal presidente Michel Sleiman che, con la sua presenza a ogni avvenimento, ha mostrato la sincerità dell'invito rivolto al Papa.
 

Il modello libanese di convivenza tra le religioni potrà essere esportato in tutto il Medio Oriente?

Io credo che possa essere un buon esempio per tutti. In Oriente ci sono molte realtà statali fondate su sistemi teocratici. Il Libano è uno Stato laico, ma rispetta e favorisce tutte le religioni, tutte le confessioni. Rende cioè effettiva la separazione tra Stato e religione. Questo consente lo sviluppo di realtà spirituali e istituzioni religiose le quali non possono che fare del bene a tutte le componenti della società civile. Mi sembra un buon esempio, che potrebbe certamente essere seguito da tutti i Paesi, e non solo del Medio Oriente. Ma questo è un altro discorso.

 

La visita del Papa ha accorciato i tempi per raggiungere l'unità di tutti i cristiani?

Direi proprio di sì. Benedetto XVI, durante l'incontro di Charfet, ha rilanciato l'invito ad adoperarsi tutti insieme e senza sosta affinché il nostro amore per Cristo ci conduca alla piena comunione tra le Chiese cristiane. Io credo che se riusciremo a trovarci sempre d'accordo e sempre insieme potremo approfondire ancora di più il senso della nostra fede comune. E dunque raggiungere al più presto la desiderata unità.


(©L'Osservatore Romano 22 settembre 2012)