Percorsi di Fede |
BIBBIA: LE DOMANDE SCOMODE
a cura di Mons. Gianfranco Ravasi
il simbolismo delle Religioni e della croce
Gesù
è stato
“inchiodato
sulla croce o appeso sul legno?”
Alcuni
lettori mi hanno invitato — da
quando ho aperto questa rubrica dedicata alle “pagine difficili” o
problematiche della Bibbia e alle relative ricadute nella catechesi — a
interessarmi più spesso dell’esegesi biblica dei testimoni di Geova.
Siamo già intervenuti in passato ma a livello generale, puntando sulla loro
ermeneutica globale delle Scritture, che rivela un’interpretazione di
taglio ora fondamentalistico ora allegorico, con una serie di incongruenze
imbarazzanti. Vorremmo adesso soffermarci su una loro pretesa specifica,
spesso ribadita con enfasi: la croce, così cara ai cristiani, in verità sarebbe
un elemento spurio e idolatrico.
Per
spazzare via l’obiezione dei
testimoni di Geova basterebbe solo ricorrere al Nuovo Testamento, a cui
anch’essi si appellano: la parola greca staurôs,
“croce”, applicata direttamente o indirettamente a Cristo, ricorre
27 volte, mentre il verbo derivato stauroun,
“crocifiggere”, risuona ben 46 volte, che diventano 52 se si allegano
anche i verbi composti (ad esempio, il systauroun,
ossia l”’essere con-crocifissi” con Cristo, verbo caro soprattutto a
san Paolo).
A
questo punto ci potremmo domandare: se
le cose stanno così, perché i testimoni di Geova ce l’hanno tanto con la
croce? La loro avversione ha sostanzialmente una duplice radice. La prima è
di ordine “teologico”: essi ritengono che la croce sia un simbolo pagano e
soprattutto che essa non dev’essere adorata. Ora, che sia un simbolo usato
anche da altre culture è indubbio perché indica non di rado i quattro punti
cardinali dello spazio. Ma questo non toglie nulla al fatto reale che Gesù
sia stato condannato a morte su una croce concreta usata per le esecuzioni
capitali romane.
L’altra
obiezione dei testimoni di Geova è di
indole più “esegetica”. Negli Atti degli apostoli in particolare,
parlando della morte di Cristo, si afferma che egli «fu appeso a un legno»
(5,30; 10,39; 13,29; 16,24). Questa espressione ha una duplice spiegazione. La
prima è di ordine storico: la croce era costituita, infatti, da un legno
verticale che era già infisso nel terreno, mentre il condannato portava sulle
spalle il cosiddetto patibulum che
era il braccio orizzontale della croce, che veniva poi sollevato sul palo
verticale quando la vittima era stata inchiodata ai polsi o negli avambracci.
Questo “legno” verticale era, dunque, l’asse portante. La forma finale
della croce era, quindi, a T (in greco tau),
anche se sopra di essa un altro paletto poteva recare il titulus,
ossia la motivazione ufficiale della condanna a morte.
Gianfranco
Ravasi, Inchiodato sulla croce o appeso sul legno? in Vita Pastorale,
periodici S. Paolo n. 7 2006 p. 56.