Percorsi di Fede

HOMEPAGE

 

DAN BROWN, “Il Codice da Vinci”

Milano, Mondadori 2003, 532, Euro 18,60

Torna a Segni straordinari della Passione

 

Il volume è un giallo dall’intreccio avvincente. Il mistero di un assassinio conduce il lettore in una lunga notte di omicidi e di inseguimenti di polizia. Partendo da Parigi, il lettore giunge a Londra, dove, nella Charter House dell’abbazia di Westminster, sarà rivelata l’identità del cattivo «Maestro» che aveva architettato gli assassini. L’Autore, proponendo come principale prova indiziaria L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, afferma che la figura alla destra del Cristo non sarebbe il discepolo amato ma Maria Maddalena, la quale aveva sposato Gesù e gli aveva generato un figlio. Proprio lei era il Sacro Graal del sangue di Cristo. Non solo: la Maddalena, per disposizione di Gesù, doveva succedergli alla guida dei discepoli. La Chiesa ufficiale aveva soppresso la verità sulla relazione tra la Maddalena e Gesù e aveva fatto del suo meglio per ridurla al rango di prostituta. Erano insopportabili, per discepoli maschi, i titoli tributatile dai Padri — Ippolito, Gregorio Magno e Leone Magno — che chiamavano una donna «apostolo degli apostoli», «la rappresentante della Chiesa» e «la nuova Eva che non annuncia la morte ma la vita»!

Fin dal XII secolo una società segreta — il Priorato di Sion —, che pratica orge sessuali rituali, ha salvaguardato il «vero» ed esplosivo segreto del Sacro Graal, cioè che Gesù si sarebbe sposato con la Maddalena e che la loro linea di sangue continuerebbe fino ai giorni nostri. In seguito alla minaccia della perdita della prelatura personale, dopo l’elezione di un nuovo Papa di tendenze progressiste, il vescovo che guida l’Opus Dei promette aiuto al Segretario di Stato. Così un membro numerario dell’Opus Dei, un ex kiiler convertito, è lasciato libero di recuperare dai capi del Priorato di Sion il cryptex (un piccolo cilindro di pietra), che contiene il sensazionaie segreto riguardo a Gesù e a Maria Maddalena. Non dovrebbero esserci omicidi, ma il piano si ingarbuglia. Il misterioso Maestro fornisce al numerario un’arma da fuoco e lo sollecita a uccidere i quattro massimi esponenti del Priorato e una suora che tenta di difendere un luogo segreto nella chiesa di Saint-Sulpice.

Il romanzo si concentra sulle vicende di sei personaggi: il fanatico ma ingegnoso vescovo dell’Opus Dei; Robert Langton, un professore di Harvard; Sophie Neveu, un’attraente criptologa francese, che scopre di essere una discendente di Gesù e di Maria Maddalena; Silas, un enorme killer albino; sir Leigh Teabing, un ricchissimo ricercatore del Sacro Graal; e un brillante detective francese, la cui rudezza nasconde un cuore d’oro. Una storia sentimentale prende l’avvio tra Robert e Sophie. Ma prima di potersi godere un weekend insieme, a Firenze, Robert torna a Parigi per localizzare il sepolcro di Maria Maddalena, nascosto sotto la piramide del Louvre.

Sul New York Times del 3 agosto 2003, Bruce Boucher ha richiamato gli eccentrici nonsense su Leonardo, che vengono spacciati come nuove scoperte scientifiche fisicamente fondate. Tuttavia altro c’è ancora da dire sul tentativo dell’Autore di screditare il cristianesimo e di esaltare il femminismo sacro, e persino il culto alla deità femminile, che si suppone sia stato tenuto «sotterrato» dai capi della Chiesa. Non pochi scrittori contemporanei hanno tentato di «provare» un legame tra Gesù e Maria Maddalena: Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln in Holy Blood, Holy Grati (1982). Essi affermano che numerose famiglie reali europee (ma non i Windsor) sono discendenti di Gesù e Maria. Brown è più cauto e nomina solamente gli antichi Merovingi come appartenenti alla linea di sangue di Gesù. La sua posizione si basa sulla decifrazione del codice della pittura di Leonardo. Ma la sua interpretazione è troppo eccentrica e, francamente, disinformata.

Il   Codice da Vinci è un insieme di errori storici, anche se forse inseriti per dare sensazionalità al thrilling, con la mobiitazione di tanti personaggi per impedire una «rivelazione» così sconvolgente. La tesi che l’imperatore Costantino abbia spostato il giorno del culto cristiano alla domenica (p. 232) è semplicemente falsa. La prova è in San Paolo e negli Atti degli Apostoli, che narrano come, già agli albori del movimento cristiano, i credenti avessero spostato il giorno del culto dal sabato alla domenica. Questo era il giorno in cui Gesù era risorto dalla morte. Ciò che Costantino fece il 3 marzo del 321 fu di stabilire che la domenica fosse il giorno di riposo dal lavoro. Non decretò che la domenica fosse il giorno di culto per i cristiani; era già stato fatto nel sec. I.

Brown racconta che nel 325, sotto la pressione di Costantino, fu proclamata la divinità di Cristo da parte del Concilio di Nicea. «Fino a quei punto della sua storia Gesù era stato considerato un profeta mortale da parte dei suoi discepoli [...], un uomo grande e potente, ma niente di più che un uomo». Brown dovrebbe leggere il Vangelo secondo Giovanni, che include le parole con cui san Tommaso chiama Gesù «Mio Signore e mio Dio», e che esprime in molti altri passaggi la divinità di Cristo. Alcuni decenni prima che fosse completato il Vangelo di Giovanni, le lettere di san Paolo affermano ripetutamente la fede in Cristo in quanto Dio. Il Concilio di Nicea non inventò la fede nella divinità di Cristo, ma aggiunse un’altra modalità di confessarla, dichiarando il suo «essere di una sola sostanza con il Padre».

Nel perorare il culto per la divinità femminile, Brown ignora gli studi recenti e svilisce le radici giudaiche del cristianesimo. Egli tiene a precisare che «praticamente tutti gli elementi del rituale cattolico - la mitra, l’altare, la dossologia e la comunione, l’atto di nutrirsi di Dio - furono presi direttamente dalle precedenti religioni misteriche pagane». Come è possibile che Brown ignori l’uso degli altari nel culto giudaico, nel quale gran parte della ritualità cristiana ha le sue radici? L’impiego della mitra da parte dei patriarchi e poi degli altri vescovi nel cristianesimo orientale ebbe origine dalla corona dell’imperatore. In Occidente l’uso della mitra può essere fatto risalire all’XI secolo, quando le religioni misteriche pagane erano già da tempo scomparse. La dossologia cristiana («Gloria al Padre e ai Figlio e allo Spirito Santo») si fonda su alcuni Salmi giudaici (ad esempio, i Salmi 8, 66, 150). L’Eucaristia ha le sue origini nella Pasqua ebraica, celebrata da Gesù e dai suoi discepoli nella notte prima che morisse.

Un’assurdità da togliere il respiro è l’asserzione, come «dato di fatto», che il tetragramma del nome di Dio, YHWH, «derivi da Jehovah, un’unione fisica androgina tra il maschile Jah e il pre-ebraico nome di Eva, Havah». YHWH è scritto in ebraico senza alcuna vocale. I giudei non pronunciano il nome divino, ma «Yahweh» era, così pare, la vocalizzazione corretta delle quattro consonanti (1). Nei XVI secolo alcuni autori cristiani introdussero il termine Jehovah, ritenendo erroneamente che le vocali che impiegavano fossero quelle corrette. Jehovah è un nome artificiale creato meno di 500 anni fa, e certamente non si tratta di un antico nome androgino dai quale sia derivato YHWH.

Si potrebbe continuare a lungo nell’elenco degli errori storici presenti ne Il Codice da Vinci. In breve, non si deve dare credito ai suoi contenuti storici, al di là dell’interesse suscitato dall’intreccio. G. O’Collins

 

Fonte: Civiltà Cattolica 2 ottobre 2004 quaderno 3703 pp. 87-89

 

(1) Nota di redazione di Don Davide Arpe ssp - Le vocali sono del nome di Dio "Adonai"=Signore (aoa): l’”alef”=a iniziale diventa semivocale “e”; la i (iota), in ebraico, non è vocale, perciò è taciuta. Vedi poi sul nome di Jhawhè la Grammatica di lingua Ebraica del Carrozzini, Ed. Marietti.