Percorsi di Fede |
BIBBIA: LE DOMANDE SCOMODE
a cura di Mons. Gianfranco Ravasi
L’omosessualità:
questione molto delicata
Questa volta
entriamo
in una questione molto delicata, non solo per il coinvolgimento in un dibattito
sociale e politico incandescente ma anche per la stessa ermeneutica biblica.
Intendiamo riferirci all’omosessualità. In premessa è necessario affermare
che il modello antropologico della Rivelazione biblica è fondato sulla duplice
realtà dell’uomo e della donna e sulla loro fecondità, come partecipazione
alla potenza creatrice di Dio stesso (Gen 1,26-28).
Un altro testo da scartare
è quello dell'”amore” tra Gionata e Davide, letto in chiave omosessuale
anche da qualche esegeta. In realtà, una serie accurata di ricerche ha
dimostrato già a livello lessicale ma anche in ambito sociologico che l’uso
del verbo ‘ahab, “amare”, è
ampiamente attestato in un campo semantico politico ove esprime la coalizione
tra personalità di diversa estrazione ai fin della gestione del potere. La
relazione tra i due personaggi riguarderebbe, in quel delicato periodo storico
degli albori monarchici in Israele, una coalizione tra una figura rilevante del
clan dinastico al potere, Gionata (clan in difficoltà politiche), e un
contendente perseguitato ma dotato di seguito popolare, cioè Davide.
La
questione omosessuale non è però assente dalla Bibbia. Nel libro del Levitico
si leggono precetti indiscutibili: «Non avrai relazioni con un maschio come si
hanno con una donna: è un abominio [...]. Se uno ha rapporti con un uomo come
con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a
morte» (18,22; 20,13). La pena di morte nell’antico Israele aveva un valore
teologico oltre che giuridico: era in pratica la sanzione della “scomunica”
dalla comunità santa. C’è, poi, da segnalare un testo paolino significativo.
In una lista di vizi che escludono dal regno di Dio, l’Apostolo introduce due
classi di persone: i malakoi, letteralmente “i teneri, i dolci”, cioè gli effeminati, il partner
omosessuale passivo, e gli arsenokoitai, vocabolo
ignoto in greco classico ma etimologicamente chiaro, indicante gli omosessuali
attivi (1Cor 6,9-10). A questa linea si può riportare anche la lista di vizi
contrari al Vangelo citati in 1 Tm 1,10: appaiono la fornicazione in senso lato
e gli andrapodistai, cioè i sequestratori di ragazzi per pederastia.
Nel trattatello dei capitoli
13-15 del libro della Sapienza sull’idolatria l’autore, probabilmente un
giudeo di Alessandria d’Egitto che scrive nel 30 a.C., elenca un alfabeto di
22 vizi. La lista è costruita partendo dalla lettera t, l’ultima
dell’alfabeto ebraico, per giungere alla a, la prima, così da indicare
simbolicamente le perversioni dell’ordine morale. In questa lista si parla
anche della «inversione della generazione». Non è chiaro a cosa alluda il
sapiente: per alcuni sarebbe in causa l’omosessualità, per altri ogni
frustrazione della funzione generatrice. Significativa resta la connessione tra
idolatria e vizio sessuale. Dalla decadenza religiosa nasce la perversione
morale.
Dal mensile "Vita Pastorale" Febbraio 2006 p. 56
Vedi anche la Lettera di san Giuda, apostolo vv. 1-16
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