Sulla scia dell’appello, lanciato nel settembre del 1994 dall’Unione superiore maggiori d’Italia, è nato un coordinamento tra enti e associazioni impegnati a favore delle donne costrette a prostituirsi. Sul fronte di questa emergenza operano una ventina di istituti religiosi femminili cui fanno capo una trentina di case-famiglia che accolgono giovani, spesso minorenni e immigrate, che desiderano abbandonare la strada

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Quello delle giovani immigrate prelevate con l’inganno dai propri Paesi e gettate sui marciapiedi italiani con violenze d’ogni tipo è il nuovo remunerativo business delle mafie internazionali. Secondo il Parsec (Associazione ricerca e intervento sociale), oscilla tra le 19 mila e le 26 mila il numero di donne straniere che si prostituiscono in Italia: sudamericane, africane, dei Paesi dell’Est. Dall’inizio degli anni Novanta è cresciuta molto la presenza di nigeriane e albanesi. La maggior parte di queste donne è costretta a prostituirsi, vittima di una vera e propria tratta a scopo di sfruttamento sessuale.

La Caritas e gli ordini religiosi sono in prima linea per liberare le donne dal marciapiede. Ma occorrono grande prudenza e riservatezza: il rischio è alto.

Con la sola arma del Vangelo, un prete come don Oreste Benzi (una tra le non poche persone che in questi anni hanno deciso di passare dalle parole ai fatti) ha strappato dalla strada decine e decine di prostitute, offrendo loro semplicemente un altro lavoro, cioè la possibilità di cambiare vita. E incontrando spesso un’adesione convinta alla proposta di "conversione", anche sul piano spirituale. Ma perché don Oreste si è intestardito nel tentativo di salvare le "nuove schiave"? Chi glielo fa fare? Gesù, risponde lui.