Come è noto, da pochi giorni, nelle farmacie italiane è in vendita la
cosiddetta pillola del giorno dopo, un ben conosciuto ritrovato chimico (di tipo
ormonale) che di frequente - anche in questi ultimi giorni - è stato presentato
da molti addetti ai lavori e da numerosi media come un semplice contraccettivo,
o più precisamente come un "contraccettivo d'emergenza'', a cui si
potrebbe far ricorso entro breve tempo dopo un rapporto sessuale ritenuto
presumibilmente fecondante, qualora si volesse impedire la prosecuzione di una
gravidanza indesiderata.
Alle inevitabili reazioni polemiche di chi ha manifestato seri dubbi sul
meccanismo d'azione di tale ritrovato, che non sarebbe semplicemente
"contraccettivo" bensì "abortivo", è stato risposto - in
maniera del tutto sbrigativa - che una simile preoccupazione appare infondata in
quanto la pillola del giorno dopo ha un'azione "antinidatoria",
suggerendo così implicitamente una netta separazione tra aborto e intercezione
(impedire che avvenga l'impianto dell'ovulo fecondato, cioè dell'embrione,
nella parete uterina).
Considerato che l'uso di tali ritrovati tocca beni e valori umani fondamentali,
fino ad interessare la stessa vita umana nel suo sorgere, questa Pontificia
Accademia per la Vita sente il pressante dovere e la convinta esigenza di
offrire alcune precisazioni e considerazioni sull'argomento, ribadendo per altro
posizioni etiche già note, suffragate da precisi dati scientifici, e
consolidate nella dottrina cattolica.
1. La pillola del giorno dopo è un preparato a base di ormoni (essa può
contenere estrogeni, estroprogestinici, oppure solo progestinici) che, assunta
entro e non oltre le 72 ore dopo un rapporto sessuale presumibilmente
fecondante, esplica un meccanismo prevalentemente di tipo "antinidatorio",
cioè impedisce che l'eventuale ovulo fecondato (che è un embrione umano),
ormai giunto nel suo sviluppo allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dalla
fecondazione), si impianti nella parete uterina, mediante un meccanismo di
alterazione della parete stessa.
Il risultato finale sarà quindi l'espulsione e la perdita di questo embrione.
Soltanto qualora l'assunzione di tale pillola dovesse precedere di qualche
giorno l'evento dell'ovulazione, essa potrebbe talvolta agire con un meccanismo
di blocco di quest'ultima (in questo caso, si tratterebbe di un'azione
tipicamente "contraccettiva").
Tuttavia, la donna che ricorre a questo tipo di pillola, lo fa nel timore di
poter essere in periodo fecondo e perciò con l'intenzione di provocare
l'espulsione dell'eventuale neoconcepito; oltretutto, sarebbe utopico pensare
che una donna, trovandosi nelle condizioni di voler ricorrere ad una
contraccezione d'emergenza abbia la possibilità di conoscere con esattezza e
tempestività la sua attuale condizione di fertilità.
2. Decidere di utilizzare la dizione "ovulo fecondato" per indicare le
primissime fasi dello sviluppo embrionale, non può portare in alcun modo a
creare artificialmente una discriminazione di valore tra momenti diversi dello
sviluppo di un medesimo individuo umano. In altre parole, se può essere utile,
per motivi di descrizione scientifica, distinguere con termini convenzionali
(ovulo fecondato, embrione, feto, etc.) differenti momenti di un unico processo
di crescita, non può mai essere lecito decidere arbitrariamente che l'individuo
umano abbia maggiore o minor valore (con conseguente fluttuazione del dovere
alla sua tutela) a seconda dello stadio di sviluppo in cui si trova.
3. Pertanto, risulta chiaramente che l'acclarata azione "antinidatoria"
della pillola del giorno dopo, in realtà, nient'altro è se non un aborto
realizzato con mezzi chimici.
Non è coerente intellettualmente, né giustificabile scientificamente,
affermare che non si tratti della stessa cosa.
Del resto, appare abbastanza chiaro che l'intenzione di chi chiede o propone
l'uso di detta pillola è finalizzata direttamente all'interruzione di una
eventuale gravidanza in atto, esattamente come nel caso dell'aborto. La
gravidanza, infatti, comincia dalla fecondazione e non già dall'impianto della
blastocisti nella parete uterina, come invece si tenta di suggerire
implicitamente.
4. Ne consegue che, da un punto di vista etico, la stessa illiceità assoluta di
procedere a pratiche abortive sussiste anche per la diffusione, la prescrizione
e l'assunzione della pillola del giorno dopo. Ne sono moralmente responsabili
anche tutti coloro che, condividendone l'intenzione o meno, cooperassero
direttamente con una tale procedura.
5. Un'ulteriore considerazione va fatta a proposito dell'uso della pillola del
giorno dopo in rapporto all'applicazione della legge 194/78 che, in Italia,
regola le condizioni e le procedure per l' interruzione volontaria di
gravidanza.
Definire il ritrovato in questione un "antinidatorio" anziché, con
una terminologia più trasparente, un "abortivo", permette infatti di
sfuggire tutte le procedure obbligatorie che la 194 prevede per poter accedere
all'interruzione di gravidanza (colloquio previo, accertamento di gravidanza,
determinazione dell'epoca di sviluppo, periodo di ripensamento, etc.),
realizzando una forma di aborto del tutto nascosta e non registrabile da alcuna
istituzione.
Tutto ciò appare, dunque, in netta contraddizione con la corretta applicazione
della pur contestabile legge 194.
6. In ultimo, di fronte al diffondersi di tali procedure, esortiamo vivamente
tutti gli operatori del settore a mettere in atto con fermezza un'obiezione di
coscienza morale, che testimoni coraggiosamente, nei fatti, il valore
inalienabile della vita umana, soprattutto di fronte a nuove forme nascoste di
aggressione agli individui più deboli ed indifesi, come è il caso
dell'embrione umano.