LA CARITA' CRISTIANA

1° Corinzi 12, 31 - 13, 1-7:

«Desiderate ardentemente i doni maggiori. E ora vi mostrerò una via che é la via per eccellenza:
Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante o uno squillante cembalo.
E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho carità non sono nulla.
E quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri, e quando dessi il mio corpo ad essere arso, se non ho carità, ciò niente mi giova.
La carità é paziente, é benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non sospetta il male, non gode della ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa»

Se la carta magna dell'insegnamento di Cristo é rappresentata dal Sermone sul Monte, dove i valori umani vengono completamente ribaltati e sostituiti, l'apice dell'insegnamento di Paolo, che fa eco alle parole di Gesù, lo troviamo senz'altro nel capitolo 13 della 1° lettera ai Corinzi.

Qui l'apostolo ci propone una via per eccellenza senza precedenti e che potrebbe indurci a ritenere il Cristianesimo un'utopia mai realizzata. In realtà la profondità del pensiero paolino, in sintonia con quello di Cristo, rappresenta l'essenza stessa del Cristianesimo; quel modo cioè di pensare e di vivere per cui Cristo stesso é venuto in questa terra ed é morto sulla croce.

Paolo non ci fa intravedere soltanto uno squarcio della Nuova Creazione alla quale noi tutti aneliamo e che rappresenta la meta ultima di tutte le nostre speranze, ma ci fa chiaramente comprendere che possiamo avere un anticipo di questa Nuova Creazione anche in questa nostra vita travagliata e tormentata.

Questa Nuova Creazione non é un evento che si verificherà soltanto in un lontano futuro, ma può aver inizio anche oggi, in questa vita terrena, a condizione però che tutte le nostre scelte non siano condizionate dal nostro egoismo, ma siano motivate da sentimenti di pace, di fratellanza, di amore, di comprensione, di tolleranza, di solidarietà verso coloro che ci sono vicini e verso il mondo intero.

La vita che Cristo ci propone e che Paolo ribadisce al capitolo 13 della 1° Corinzi, non é una filosofia esistenziale che potrebbe aiutarci a risolvere i nostri problemi quotidiani, né un atteggiamento reverenziale verso la divinità per placarne i suoi furori, ma piuttosto un cambiamento radicale di valori, in aperto conflitto con i valori di questo mondo in cui prevale anzitutto l'egoismo e la sopraffazione del più forte sul più debole.

Ai Corinzi che ricercavano nei doni spirituali lo scopo ed il fine ultimo della loro religiosità, Paolo propone una via diversa che é la via per eccellenza. A noi che spesso identifichiamo il Cristianesimo con un insieme di dottrine, di riti e di precetti vari, Paolo indica un atteggiamento, una disponibilità, un modo di essere in cui il fattore determinante non é altro che l'amore verso il prossimo: «Non abbiate altro debito con alcuno se non quello di amarvi gli uni gli altri» (Rm 13, 8).

Ciò che ha spinto Dio a mandare il suo Figliuolo per la salvezza del mondo é stato un gesto d'amore: «Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3, 16). Ciò che ha spinto Cristo a donarsi completamente per noi é stato pure un gesto d'amore: «Come anche Cristo ha amato la sua Chiesa ed ha dato sé stesso per lei» (Ef 6, 25). Anche noi quindi se, vogliamo camminare sulle orme del Padre e del Figliuolo, dobbiamo essere guidati da questo stesso amore. Se riuscissimo a mettere in pratica anche soltanto una minima parte di questo amore, la maggior parte dei nostri problemi sarebbero risolti automaticamente e potremmo vivere più felici perché avremmo ritrovato la nostra vera natura di figli di Dio, conseguendo con noi stessi e con gli altri la vera pace ed il vero equilibrio interiore. Diversamente il nostro sforzo di essere cristiani diventa inutile, la nostra stessa predicazione, il nostro prodigarsi per gli altri può risultare vano e senza prospettive.

La Parola AMORE, però, essendo un termine astratto, può prestarsi a parecchi equivoci. Non vi é nulla di più deleterio, infatti, di professare questo amore soltanto a parole, o per un innato senso di esibizionismo, per soddisfare semplicemente il proprio io. L'amore vero invece é puro, sincero, disinteressato, umile, non chiede nulla, ma si offre completamente e senza riserve. Perciò Giovanni, nella sua 1° epistola al cap. 3 v. 8, ci ammonisce: «Non amiamo a parole e con la lingua, ma a fatti ed in verità!».

L'amore quindi a cui ci invitano Gesù e gli apostoli, non é una meta che si può raggiungere in una giornata e neppure in un anno. Esso rappresenta il risultato di una lenta e faticosa conquista che si realizza passo dopo passo, in una continua crescita interiore, in cui il nostro vecchio uomo, con tutto il suo bagaglio di difetti e di egoismi, lascia un pò alla volta il posto alla nuova creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio.

Molte prediche e molte esortazioni sono state fatte sull'amore, ma poi alla resa dei conti, quando ci caliamo nella realtà di tutti i giorni, ci accorgiamo quanto lungo e quanto difficile sia questo cammino e quanto lontano sia ancora il traguardo ideale che ci siamo prefissati di raggiungere. Questo ci capita sopratutto perché la nostra naturale ambizione ci porta a guardare oltre gli orizzonti delle nostre reali possibilità. Mirando a grandi conquiste, spesso trascuriamo le piccole cose di tutti i giorni.

Vogliamo magari prodigarci per sfamare il mondo, per risolvere i problemi dei drogati, degli emarginati del terzo mondo e guardiamo con ammirazione e quasi con invidia coloro che lavorano in questi campi; ma poi nel nostro piccolo magari ci comportiamo in maniera sgarbata verso il vicino di casa o peggio ancora verso un fratello od un parente prossimo.

Tutti i nostri sforzi, tutta la nostra predicazione, la nostra religiosità risulterà vana se non ci renderemo conto che l'amore si realizza anzitutto nelle piccole cose, nei rapporti quotidiani di ogni giorno. Soltanto cominciando dalle piccole cose, potremo imparare ad estendere il nostro amore verso orizzonti più lontani. Se non sapremo realizzare il nostro amore attorno a noi nelle piccole cose, tanto meno saremo in grado di realizzarlo nelle grandi cose.

Per fare questo non si richiedono grandi talenti, ma soltanto un pò di buona volontà. Dobbiamo permettere che il Signore un pò alla volta educhi le nostre menti ed i nostri cuori per mezzo della Sua Parola. Del resto l'importanza della carità viene efficacemente sottolineata da Paolo già nei primi versetti del capitolo 13. Nella gerarchia dei doni dello Spirito Santo, dei quali l'apostolo aveva così diffusamente parlato nel capitolo 12, la comunità deve aspirare al dono più elevato; ma al di là di tutti questi doni, vi é qualcosa di ancora più grande, assolutamente incomparabile, un dono perfetto, una via per eccellenza, di fronte alla quale ogni altro dono dello Spirito é assolutamente privo di valore.

Questa via é la carità, l'amore. Non però un amore inteso come sentimento o come virtù umana in quanto non ha nulla a che vedere con la simpatia e la benevolenza. Paolo non intende qui contrapporre alla comunità di Corinto, che ricercava nei doni spirituali il fine ultimo della sua religiosità, una semplice pratica morale, ma vuole far capire che l'amore di cui sta parlando è il più grande dono di Dio che esista e si può trovare soltanto là dove agisce lo Spirito Santo. Ai Romani al cap. 5, v. 5 Paolo infatti scrive: «che l'amore di Dio é stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci é stato dato»

Per questo motivo Paolo afferma che se uno riuscisse a parlare tutte le lingue degli uomini e persino quella degli angeli, senza questo amore sarebbe paragonabile ad un suono vuoto ed insignificante, identico al linguaggio ed al suono di quegli strumenti musicali che usavano i pagani nei loro culti per favorire l'esaltazione mistica. Persino i doni superiori dello Spirito come la profezia, la sapienza, la conoscenza non sono nulla senza l'amore.

Addirittura la fede stessa é resa vana, se manca la carità. Noi tutti sappiamo che la fede é essenziale per la salvezza. Nella lettera agli Ebrei troviamo scritto che senza la fede é impossibile piacere a Dio. Parlando dell'importanza e dell'efficacia della fede, Gesù stesso aveva detto che se questa fede fosse grande quanto un granello di senape, potremmo spostare addirittura le montagne. Gesù conosceva bene la natura umana e sapeva che sarebbe stato molto difficile trovare negli uomini tanta fede. Eppure Paolo ci dice che se si trovasse qualcuno con tanta fede da spostare le montagne, se costui non ha la carità, questa fede non gli servirebbe a nulla.

La carità per Paolo é talmente grande che senza di essa non avrebbero alcun senso neppure i più alti e nobili sacrifici morali come quello ad esempio di donare ai poveri tutto ciò che si possiede. L'apostolo Paolo arriva addirittura al culmine affermando che senza carità anche il martirio stesso per testimoniare la propria fede in Cristo, sarebbe un gesto vuoto e senza significato. Egli dunque colloca l'amore al di sopra sia dei poteri taumaturgici, sia di quella che, a giudizio umano, é la più elevata azione morale. Ogni cosa deve essere necessariamente completata con l'amore e senza questo amore ogni possibile perfezione religiosa perde ogni valore perché l'uomo mira soltanto all'affermazione di sé stesso. Ogni potere o dono religioso ed ogni azione morale, anche la più esaltante agli occhi degli uomini, finiscono prima o poi per degenerare ed arrivare al massimo della corruzione, se non sono ispirate dall'amore. Per questo motivo l'apostolo Paolo nella lettera ai Colossesi al cap. 3, dopo aver esortato i lettori a spogliarsi dell'uomo vecchio con tutte le sue passioni terrene per rivestirsi di Cristo con tutte le implicazioni etiche e morali che questa nuova vita richiede, conclude con queste parole: «E sopra tutte queste cose, vestitivi della carità che é il vincolo della perfezione».

Nel capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi nei versetti da 4 a 7 si sono contati ben 15 verbi. Il che significa che dell'amore si può contare solo in termini di azioni. Amore significa sopratutto fare. Il soggetto però di queste azioni stranamente non é il cristiano e neppure la comunità, ma é l'amore stesso. L'amore infatti stabilisce nei cristiani determinati abiti come la pazienza, la bontà, l'altruismo, l'amore per la giustizia, vittoria sull'invidia, sull'ira, ecc. che poi ovviamente si traducono in atti concreti.

Alcuni direbbero con un'espressione colorita: "Son cose dell'altro mondo". In effetti come si é già detto, qui abbiamo uno squarcio della nuova creazione, un anticipo che può sembrare utopia in questo mondo, ma che può effettivamente realizzarsi per l'opera e l'azione dello Spirito Santo. In altre parole tutti questi atteggiamenti dettati dalla carità non sono opera umana, ma, come ribadisce Paolo in Galati 5, 22, sono i frutti dello Spirito. Secondo Paolo la contrapposizione fondamentale nella quale si trova l'amore é quella contro una volontà egoistica e contro l'alterigia e la superbia provenienti dal possesso della conoscenza. Pazienza e bontà tengono l'amore lontano dalla logica dell'utile proprio, a danno degli altri.

L'amore di cui ci parla Paolo non é quello naturale perché non conosce la gelosia e la passione che gli sono così strettamente legati. L'amore accetta il costume comune e non pretende di aver diritto a delle eccezioni, come alcuni fanno non curandosi della coscienza dei più deboli. Poiché l'amore é allontanamento dal male e dalla caparbietà, esso é in grado di non conservare memoria del male subito per poi rinfacciarlo alla prima occasione a colui che l'ha compiuto e non si lascia trascinare dalla mania di litigare con gli altri. Tuttavia l'amore non é debolezza, né sentimentalismo, non sorvola sull'ingiustizia, ma é attirato dalla verità. La verità divina va compiuta, la si deve ubbidire. La verità, nel senso del Nuovo Testamento, non é infatti qualcosa che deve essere riconosciuta, ma, essendo volontà di Dio, va anzitutto attuata, messa in pratica. Questo amore é difficile da realizzare perché é un amore che viene da Dio e non fa parte della natura umana.

Tuttavia noi siamo invitati a spogliarci un po' alla volta di questa natura umana per rivestire l'uomo nuovo, l'uomo spirituale nato da Dio. Quello che é importante, dice Paolo ai Galati, non é tanto osservare questo o quel precetto della legge, quanto piuttosto «essere una nuova creatura» perché il resto viene da sé. Dobbiamo perciò lasciare che lo Spirito, donatoci da Dio con il battesimo, compia in noi questa trasformazione basilare al punto tale che i frutti dello Spirito siano una naturale conseguenza del nostro rinnovamento interiore. Sottoponiamoci perciò gli uni agli altri con umiltà e facciamo in modo che ogni nostro pensiero, ogni nostra parola ed ogni nostra azione siano sempre guidate dalla PAROLA RIGENERATRICE DI DIO (1° Pt 1, 23).

Potremo così constatare in noi stessi un cambiamento. I nostri rapporti con gli altri miglioreranno sempre di più e saremo via via più comprensivi, più tolleranti e più disponibili. Potremo superare i nostri egoismi non cercando mai l'affermazione e l'esaltazione di noi stessi. Non cercheremo di prevaricare sugli altri imponendo a tutti i costi i nostri punti di vista e le nostre opinioni, ma sapremo tenere a freno la nostra lingua quando ci accorgeremo che le nostre parole potrebbero essere motivo di irritazione per il nostro interlocutore. Come esorta l'apostolo Paolo in Romani 12, 18: «Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini».