Islam: dalla conoscenza il dialogo

Il pianeta immigrati è ancora una volta al centro dell'attenzione dei media. È bastata la lettera di un Vescovo alla sua Città e qualche manifestazione "folkloristica" a riportare l'attenzione della pubblica opinione sul fenomeno immigrati.
Questa volta non sono gli sbarchi di extracomunitari ad essere al centro della discussione, bensì l'appartenenza religiosa di molti di essi: "il pericolo Musulmano", come qualcuno l'ha definito.
Ma davvero l'Islam rappresenta una minaccia per la nostra società e la nostra fede?
Certamente non possiamo nascondere le differenze che esistono fra Islam e Cristianesimo.
Innanzitutto si tratta di differenze dal punto di vista religioso; a questo proposito l'autore francese Pascal scriveva: "Se Maometto scelse la via del successo umano, Gesù Cristo scelse quella di perire umanamente. Maometto uccide, Gesù si fa uccidere".
Anche se espresso in modo crudo, l'asserto di Pascal contiene una verità di fondo: al centro del vangelo di Gesù c'è l'agape, l'amore riconosciuto non solo come rivelazione del volto di Dio, ma anche come compito prioritario nelle relazioni con il prossimo.
È quest'amore, inteso come gratuità, che manca invece fra i 99 nomi di Dio professati dall'Islam.
Un'altra differenza riguarda il concetto di "guerra santa" in nome di Allah, che è presente nel Corano come possibilità, non sempre così remota; la violenza esercitata in nome del vangelo, è sempre scandalo e contraddizione rispetto al messaggio di Gesù, nonostante più volte sia stato perpetrato da alcuni cristiani nella storia.
Lo stesso Maometto è riconosciuto dal mondo islamico come l'ultimo e il più grande dei profeti, ma non è considerato un essere di origine divina. Gesù invece è proclamato dai cristiani come figlio di Dio, essere vivente di origine divina, morto e risorto, unico salvatore...
Esistono inoltre anche grandi differenze nella pratica sociale. Gli Islamici hanno una forma di alimentazione diversa dalla nostra, un diritto di famiglia incompatibile con il nostro, un diverso giorno di festa (venerdì), una concezione del matrimonio e della donna lontanissima dalla nostra (si ammette la poligamia).
Inoltre hanno una visione tendenzialmente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione fra religione e politica fa parte della loro fede irrinunciabile.
Alla luce di queste diversità, potremmo essere tentati dall'escludere qualsiasi confronto positivo con questo mondo e ritenerlo solo fonte dei nostri mali e dei nostri problemi.
In realtà, dal punto di vista religioso, dobbiamo ammettere che se in Italia si è diffusa una cultura non cristiana non è dipeso certo dai Musulmani extracomunitari.
Semmai, essa è dovuta al dilagare di una fede annacquata, troppo accomodante e secolarizzata, presente spesso nelle nostre comunità e negli "opinion leaders" sempre presenti nelle televisioni e sui giornali.
Una fede incapace di calarsi nelle situazioni concrete della vita per vivificarle, rinnovarle e capirle.
Per questo non serve invocare politiche di puro rifiuto e di esclusione anche fisica per difendere l'identità cristiana contro i rischi dell'Islam. Se l'identità fosse viva e vitale nella gente perché la ritiene importante per la propria vita, quest'identità si proteggerebbe da sé senza bisogno di supporti forzati esterni. Basta pensare al tentativo di sostituire la festa dei Santi/Morti con la banale zucca di Halloween (oggi non solo nelle scuole statali si introduce il mito di Halloween, ma -cosa ben peggiore - lo fanno anche oratori e scuole cattoliche.)
Dal punto di vista sociale, il discorso è più complesso, perché coinvolge il nostro modo di lavorare, di pregare e di vivere accanto agli altri.
Su questo aspetto ha visto bene il Card. Biffi quando ha scritto che: "è lo Stato che deve fare bene i conti" con le richieste dei gruppi Musulmani presenti in Italia (venerdì festivo, astensione dal lavoro per la preghiera quotidiana, costruzioni di luoghi di culto, riconoscimento civile del matrimonio islamico ecc...).
L'attenzione in questo caso da parte dello Stato dovrebbe essere massima, onde evitare che il rispetto delle minoranze si traduca in un non rispetto delle maggioranze, oppure in una dubbia neutralità che genera solo confusione, contrapposizione che non aiuta l'incontro fra culture/religioni diverse.
Anche per questo motivo, il discernimento delle diverse richieste dovrebbe essere effettuato tenendo come punto di riferimento i diritti universali dell'uomo come valori ineludibili per una gestione della diversità culturale.
La libertà religiosa è uno di questi diritti da tutelare, ma senza che le richieste concrete dei gruppi islamici entrino in evidente conflitto con il nostro ordinamento e in particolare la carta costituzionale. In questo modo il valore del dialogo, fondato sulla verità e nel rispetto reciproco, può essere veramente efficace e il principio dell'accoglienza del diverso passa da una semplice affermazione a esperienza vissuta.
Finora abbiamo messo in risalto soprattutto le differenze fra il modo cristiano e islamico, ma dobbiamo ricordare che personaggi come Abramo, Gesù, Maria sono presenti e rispettati nelle pagine del Corano, a tal punto che nella sura 29 si legge: "con la gente del libro (ebrei e cristiani) disputate sempre nel modo più affabile, salvo si tratti di persone inique, e dite: noi crediamo in ciò che è stato rivelato a noi e in ciò che è stato rivelato a voi e il nostro e vostro Dio non sono che un unico Dio. A Lui siamo tutti sottomessi".
Sulla base di queste parole, quanti islamici presenti anche sul nostro territorio nell'umile sottomissione alla volontà divina, nella fedele osservanza delle prescrizioni della loro religione, nel quotidiano esercizio della virtù della pazienza, del mutuo soccorso, dell'accettazione della sofferenza, esprimono una forza morale e una testimonianza utile anche per noi cristiani, a volte così scoloriti e anonimi (vedere a scuola ragazzi Musulmani che durante l'intervallo in assoluta riservatezza, mantengono il rigoroso digiuno di Ramadan mentre gli altri si abbuffano di brioches, pizzette e panini, nonostante sia venerdì di quaresima, fa sicuramente riflettere).
Forse la vera preoccupazione per la nostra gente dovrebbe essere rappresentata dalla "cultura del niente", dalla libertà senza limiti, dall'esaltazione dell'edonismo senza regole, dall'insaziabilità dei desideri e dalla politica del tutto e subito.
Quale sia l'autentica minaccia fra la "cultura del niente" e la professione di una fede autentica (seppur diversa dalla nostra), la lasciamo giudicare ai lettori.

Claudio Castaldello

Islam: conoscere è comprendere

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