Gli oppiacei: eroina, morfina, metadone
L’oppio in origine è una sostanza lattiginosa che si condensa e imbrunisce a contatto con l’aria, estratta dalle capsule non ancora mature del papavero sonnifero (papaverum sonniferum album). Questo è la base grezza da cui si ottengono alcune sostanze comunemente utilizzate come stupefacenti. L’oppio contiene infatti 20 tipi di alcaloidi ( codeina, papaverina, narcotina e la tebaina) , composti organici azotati che agiscono sul sistema nervoso centrale. Dall’oppio si ottengono anche alcune sostanze ad uso terapeutico. I derivati dell’oppio più conosciuti e diffusi sono: morfina, codeina ed eroina. Il metadone è un oppioide di sintesi usato come sostitutivo dell'eroina.
La storia
Sappiamo che già i Sumeri della Mesopotamia facevano uso del papavero da oppio intorno al 4000 a.c. per i suoi effetti euforizzanti. Gli Egizi successivamente lo usavano come calmante per i bambini. Come antidolorifico era diffuso fra i Greci e i Romani. Il Galenos, miscela di oppio e alcol, era considerata una infallibile cura per diversi disturbi, fra i quali avvelenamenti, cefalee, problemi di vista epilessia, febbre, sordità e lebbra. Marco Aurelio, curato con il Galenos, subì le conseguenze dell’uso ripetuto di tale sostanza: la dipendenza.
Con la Rivoluzione Industriale del 1800, in Europa l’oppio diventa una sostanza a basso costo e molto diffusa. L’Inghilterra possedeva in India grandi piantagioni di papavero da oppio e commercializzava in Europa l’oppio a prezzi dieci volte più bassi della birra e dell’alcol. A seguito di tale disponibilità si verificò un’epidemia d’abuso più grave dell’alcolismo. Proprio in questo periodo si cominciò una produzione industriale di primi farmaci a base d’oppio: sciroppi, cordiali, polveri. L’uso d’oppio si diffuse anche tra letterati e intellettuali fra i quali Byron, Dickens e Baudelaire.
A seguito della grande diffusione dell’uso dell’oppio si avviarono studi scientifici su questa sostanza, i quali portarono nel 1804 Armand Séquin ad isolare il principio attivo di tale droga, chiamandolo morfina. La morfina fu in principio utilizzata per la cura di malattie organiche e sociali, come l’alcolismo e i problemi connessi a tale abuso. Nel corso della seconda metà del 1800 la morfina venne usata in numerose guerre per dare sollievo fisico e psicologico ai soldati in battaglia, quest’uso generò la dipendenza di migliaia di militari a tale sostanza, malattia che venne denominata "la malattia del soldato".
Fra la fine ottocento e l’inizio del novecento l’uso della morfina diventa un fatto di costume, al punto che nei caffé e nei teatri della grandi città europee era possibile vedere uomini e donne dell’èlite iniettarsi la "medicina di dio". La dipendenza dalla morfina diventa in questi anni un problema sanitario e sociale gravissimo, di conseguenza si avviarono studi volti alla scoperta di un farmaco con gli stessi effetti terapeutici, ma che non generasse dipendenza. La Bayer nel 1898 pensò di aver scoperto tale farmaco: la diacetilmorfina, comunemente conosciuta come eroina. In seguito si accertò che anche l’eroina come e più della morfina produce grave dipendenza alla sostanza.
Aspetti clinici
Il nostro organismo è capace di produrre autonomamente delle sostanze oppioidi endogene dette endorfine, sostanze chimicamente simili ai derivati dell’oppio che hanno effetti inibenti e depressori sul Sistema Nervoso Centrale. La morfina e l'eroina agiscono sul SNC con meccanismi molti simili a quelli delle endorfine, producendo effetti fisiologici qualitativamente simili ma molto piu' potenti. L'assunzione continua di morfina e di eroina porta all'assuefazione alla sostanza e alla conseguente dipendenza da essa: l'organismo, abitutatosi alle alte dosi di oppiodi, richiede una sempre più alta quantità di tali droghe.
Di seguito riportiamo i principali effetti fisiologici e psicologici legati all'assunzione di oppioidi. Sono riportati i segni visibili più importanti che indicano l'assunzione di tali droghe.
Gli effetti fisiologici
I derivati dell’oppio hanno i seguenti effetti fisiologici:
alterazioni nel ritmo e nel volume respiratorio
riduzione complessiva della funzione respiratoria
rallentamento psico-motorio e riduzione del coordinamento muscolare
rilassamento della muscolatura dello stomaco e dell’intestino
riduzioni dei secreti e dei processi digestivi
aumento della forza contrattile di ureteri e vescica
diminuzione dell’ovulazione e mancanza delle mestruazioni
Gli effetti psicologici
Gli oppiacei devono i loro effetti alla somiglianza strutturale che hanno con sostanze prodotte dal cervello, le endorfine, che normalmente agiscono con effetto analgesico ed inibitorio secondo un meccanismo di ricompensa cerebrale in stretto legame con i centri nervosi del piacere. L'uso di oppioidi altera il sistema di regolazione delle endorfine endogene, riduce la percezione del dolore e attenua l'ansia, inibisce l'attività dei centri respiratori e abbassa l'attività dei sistemi del cervello più antico o "emozionale". Tale azione inibitoria sul comportamento emotivo e motivazionale spiega l'effetto di anestesia emotiva nel tossicodipendente sotto l'effetto della sostanza, di indifferenza verso il mondo, di distacco percettivo, di disinteresse affettivo. Dopo un primo intenso momento di piacere, il cosidetto flash, segue uno stato di appagamento, di rallentamento del pensiero, dei gesti e comportamenti sino alla sonnolenza.
Effetti psicologici riscontrabili:
intenso piacere detto flash
assenza di ogni preoccupazione e tendenza all’apatia
rallentamento dell’ideazione e del linguaggio
disorganizzazione del pensiero
stato di sonnolenza e movimento rallentato
scarsa percezione della realtà
forte egocentrismo
I segni dell’assunzione
I segni più visibili e rilevabili dell'assunzione di eroina sono:
pupille a spillo
parola impastata (forte rallentamento e scarsa articolazione della parola)
forte rallentamento nei movimenti e tendenza alla sonnolenza
prurito insistente
La dipendenza
La veloce tolleranza tipica degli oppiacei costringe, chi le utilizza regolarmente, a modificare le dosi. L’assunzione continuata e massiccia dei derivati dell’oppio comporta l’assuefazione dell’organismo alla sostanza; l’organismo si abitua alla presenza di tali sostanze e gli effetti fisiologici e psicologici dati dalla sostanza diminuiscono a parità di dose. L’individuo è quindi costretto ad assumere dosi sempre più elevate di droga per ottenere gli effetti desiderati e per non andare incontro all’insorgere della sindrome di astinenza. Da questo la dipendenza fisica e psicologica alla sostanza. Con il termine craving si intende la componente psicologica della dipendenza, il desiderio impellente di assumere la sostanza.
L'astinenza
L’astinenza dagli oppiacei è estremamente spiacevole ma raramente mette in pericolo la vita. I sintomi così spiacevoli e la possibilità di evitarli possono divenire un importante fattore nel continuare la dipendenza. La sindrome di astinenza si manifesta in seguito alla mancata assunzione di oppiacei dopo un'assuefazione anche di poche settimane. Compare dopo 8-16 ore dall'ultima assunzione di eroina e va progressivamente intensificandosi nei primi 2-4 giorni per poi attenuarsi e scomparire nel giro di 5-8 giorni.
I segni dell’astinenza sono:
pupille dilatate
naso che gocciola o rinorrea ansia e irritabilità
sbadigli irrequietezza
mancanza d’appetito sudorazione intensa
insonnia lacrimazione
palpitazioni tremori muscolari
nausea, vomito, diarrea, dolori addominali pelle d’oca
crampi muscolari, soprattutto alle gambe
Le complicanze mediche
Chi abusa di sostanze è esposto a ferite e segni osservabili quali indicatori di dipendenza.
Apparato cutaneo:
Apparato muscolo scheletrico segni di stravaso di sangue presso le vene
traumi tracce di buchi vecchi e freschi
dolori muscolari alla schiena e alle gambe arrossamento della mucosa nasale
Capo ascessi
restringimento pupillare con l’assunzione bolle
pupille grosse in astinenza "piste" (trombosi venose multiple nei punti di abituale iniezione)
reazioni allergiche: gonfiore e arrossamento di cute e mucose
L'overdose
Consiste in una assunzione eccessiva di oppiacei. L’eroina essendo un sedativo che agisce sui centri respiratori può comportare il coma con decesso per asfissia.
Sintomi principali dell'overdose: perdita di coscienza, pupille a spillo, colorito bluastro, respiro molto rallentato.
In tal caso si deve chiamare l’ambulanza o portare direttamente il soggetto al pronto soccorso. Il farmaco usato per bloccare l'overdose è il Narcan che spesso risolve rapidamente la situazione. Si consiglia comunque un ricovero di ventiquattr'ore di osservazione, in quanto il Narcan ha un tempo d'azione più breve dell'eroina, per cui finito l'effetto l'eroina ancora presente nell'organismo può provocare nuovamente overdose.
Le epatiti
Gli oppiacei vengono usualmente assunti per via endovenosa o inalati. L’assunzione per via endovenosa se praticata con lo scambio di siringhe espone a malattie infettive quali: epatiti B e C, AIDS malattie delle valvole cardiache, setticemia. E’ importante quindi usare siringhe monouso e in ogni caso non usare mai in comune la siringa. Se ciò non è possibile, la si può disinfettare: la candeggina e l’alcool etilico a 90° uccidono il virus HIV.
I tipi più frequenti di epatite virale sono: A, B, D, C, E. (vedi approfondimento)
L'AIDS (vedi approfondimento)
Le malattie a trasmissione sessuale (vedi approfondimento)
Le malattie a trasmissione sessuale sono riscontrabili nel tossicodipendente come conseguenza di attività di prostituzione legate al procacciamento della droga. Il principale consiglio preventivo, è come per l'AIDS, l'uso del profilattico.
La prevenzione
La prevenzione delle infezioni
A causa della assunzione endovenosa di oppioidi e in particolare di eroina il tossicodoipendente può sviluppare numerose infezioni. L’AIDS, le epatiti B e C, la setticemia, infezioni alle valvole cardiache, ecc. Al riguardo si possono dare alcuni fondametali consigli preventivi:
Se non vuoi ancora smettere:
considera che gli oppiodi possono anche essere sniffati e fumati
prima di iniettare la droga lavati accuratamente le mani e disinfetta la zona dell’iniezione
per sciogliere la dose utilizza acqua sterilizzata, acqua minerale non gassata, o acqua potabile bollita
per sciogliere la dose non usare limone o aceto, usa piuttosto acido citrico o ascorbico acquistato in farmacia
cambia vena ad ogni iniezione e non iniettare mai nelle arterie
usa solo una siringa nuova o la tua siringa, evitando assolutamente di usare le siringhe altrui
se non hai una siringa nuova, disinfetta la tua siringa. Aspira con la siringa dell’alcol (almeno a 70°) e gettalo, ripeti l’oerazione due volte, poi nello stesso modo lava la siringa con acqua.
usa un nuovo filtro ad ogni iniezione, non usare invece i filtri usati da altre persone; usare i filtri altrui è un grande pericolo di infezione
non disperdere le siringhe dappertutto, ma portale ai luoghi di scambio, oppure mettile in qualche contenitore (anche una bottiglia, o una lattina) e gettale nei bidoni dei rifiuti.
La prevenzione e primi soccorsi in caso di overdose
non usare oppiacei dopo aver assunto altri psicofarmaci
cerca di non essere solo quando fai uso di droga
quando provi una nuova droga o quando cambi fornitore, assumi la sostanza in due momenti distinti
Nel caso di collasso da overdose:
Chiamare subito i soccorsi e nell'attesa:
controllare l'ambiente circostante per verificare la presenza di siringhe o altro materiale di iniezione
controllare lo stato di coscienza con pizzicotti, richiami verbali, ecc.
verificare se la persona respira, guardando se il torace si solleva
controllare il battito cardiaco ponendo la mano sull'arteria del collo
se la persona non è cosciente, ma respira, metterla sdraiata su un fianco, per evitare il soffocamento in caso di vomito
se la persona non respira, controllare che non vi siano ostruzioni in bocca, stendere sulla schiena e praticare la respirazione assistita proteggendosi la bocca con un fazzoletto o formando una specie d'imbuto con la mano ponendola sulla bocca. La testa deve essere spinta all'indietro e le narici chiuse.
La prevenzione sociale (vedi approfondimento)
Nel marzo 1997 a Napoli si è tenuta la "Seconda Conferenza Nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti psicotrope e sull’acoldipendenza" il cui tema di base è stato: Contro le droghe, cura la vita! Il documento programmatico della conferenza pone l'accento sulla prevenzione e la promozione ai differenti livelli sociali, famiglia, scuola, inserimento lavorativo, media, tempo libero, quali strumento principe per la lotta alla tossicodipendenza da oppiacei. Si tratta di mettere a disposizione dei giovani, delle loro famiglie, degli insegnanti, dei media, degli operatori del tempo libero, le informazioni e gli strumenti utili per orientarsi nella complessa realtà della tossicodipendenza, per prevenire il rischio fra i giovani e per promuovere le risorse sociali disponili e utili: strutture per l’informazione e la consulenza dei giovani, esperienze di volontariato, contesti per la partecipazione e la rappresentanza giovanile, associazionismo, ecc.
La tossicodipendenza da eroina in Italia interessa in particolare giovani di età compresa fra i 20 e i 30 anni, con una certa tendenza all’invecchiamento degli utilizzatori. L’assunzione di eroina per via endovenosa è la principale causa di morte per AIDS nel nostro paese, morti che si sommano al numero di morti per overdose in costante aumento.
La tossicodipendenza da eroina è generalmente presente in gruppi giovanili ad alta emarginazione, in situazioni sociali molto complesse di forte svantaggio sociale, spesso sconfinanti nell’illegalità. Secondo le stime del Ministero di Grazia e Giustizia fra il ’91 e il ’94 il 50% dei detenuti entrati in carcere risultavano avere problemi legati alla tossicodipendenza. Nel giugno del 1996 la presenza di tossicodipendenti nelle carceri era pari al 29,40% della popolazione carceraria totale.
Le politiche di riduzione del danno
Le politiche di riduzione del danno si sono sviluppate a partire dalla metà degli anni ottanta nei paesi del nord Europa. Esse si fondano sull'idea che sia necessario stabilire una qualche priorità nella programmazione e dell'attuazione degli interventi in materia di tossicodipendenza e comportamenti a rischio. Il diffondersi dell'infezione da HIV costituiva allora (e in parte ancora oggi) l'emergenza in materia; l'Organizzazione Mondiale della Sanità affermava che la più alta priorità nelle politiche finalizzate all'uso di droghe era da attribuire agli interventi riguardanti l'infezione da HIV fra i tossicodipendenti.
Per "riduzione del danno" si intende dunque indicare un tipo di intervento che parte dall’accettazione della tossicodipendenza ma volto alla riduzione e al controllo delle conseguenze dannose dell'uso di sostanze, per l'individuo, per la sua famiglia, per la comunità. Tale intervento deve essere parte di un più ampio percorso terapeutico e riabilitativo di cui la guarigione dalla dipendenza resta pur sempre la meta ultima. Ciò implica la considerazione di un nuovo modo di porsi verso la tossicodipendenza e i comportamenti a rischio, meno ideologico e più pratico, volto ad ottenere una migliore qualità di vita per il tossicomane, riducendo inoltre l'impatto culturale e antisociale dell'uso di droghe.
Le politiche di riduzione del danno si sono sviluppate in particolare per la tossicodipendenza da eroina, per la particolare modalità d'assunzione che essa comporta: la via endovenosa. Nel recente passato lo scambio di siringhe e di altri attrezzi utili all'assunzione (filtri, cotone, ecc.) costituiva il veicolo più importante per la diffusione del virus dell'HIV.
Oggi siamo ad un nuovo crocevia, dobbiamo infatti ripensare la nostra metodologia di intervento, considerato che i programmi di riduzione del danno hanno in qualche misura cambiato le abitudini comportamentali dei tossicodipendenti e che la diffusione del virus HIV oggi è decisamente più bassa di un tempo fra i tossicodipendenti.
Oggi è particolarmente importante intervenire in un ottica ancora più preventiva e di promozione del benessere e della qualità della vita fra i giovani, intervenendo su quelle fasce della popolazione che sono a rischio di comportamenti tossicomanici e di disagio (riduzione del rischio). E' inoltre opportuno allargare lo sguardo e includere nelle politiche di riduzione del rischio altri importanti temi come la promozione del benessere psicologico, l'occupazione del tempo libero, la prevenzione sanitaria sui comportamenti sessuali, ecc., prima ancora che un potenziale disagio diventi problema conclamato, prima che si debba intervenire sull'emergenza sociale della tossicodipendenza e affini.
I Trattamenti
La disintossicazione
"Nell'ambito dell'abuso di sostanze stupefacenti, la disintossicazione consiste nell’eliminazione graduale dall’organismo della sostanza da cui si è dipendenti e nel superamento della sintomatologia da astinenza."
La terapia con farmaci sintomatici
La terapia con farmaci sintomatici permette di alleviare i sintomi dell'astinenza durante il periodo di disintossicazione dall'eroina. Sarà compito del medico la prescrizione caso per caso dei farmaci in relazione all'entità della sintomatologia presentata. I farmaci più usati sono i seguenti:
clonidina (Catapresan)
Neurolettici
Benzodiazepine (ansiol.)
promazina (Talofen)
diazepam (Valium) clorpromazina (Largactil)
buspirone cloridato (Axoren, Buspar, Buspimen) levomepromazina (Nozinan)
bormazepam (Lexotan)
prometazina (Farganesse)
alprazolam (Xanax)
flurazepam (Dalmadorm)
FANS Gastroprotettori (se occorre) diclofenac (Voltaren, Dicloreum) ranidina omeprazolo
misoprosol Antiemetici Miorilassanti metoclopramide (Plasil) tiocolchicoside (Muscoril)
Il trattamento con metadone: aspetti clinico-farmacologici
(vedi anche: i trattamenti con sostitutivi)
Il trattamento con farmaci analgesico-narcotici (in particolare metadone) è uno dei diversi tipi di trattamento farmacologico utilizzatili nella detossicazione da eroina , altri farmaci non agonisti dei recettori oppioidi possono infatti agire sull'astinenza e, come sempre, quando sono disponibili più mezzi terapeutici, la scelta del più idoneo deve essere compiuta valutando i vantaggi e gli svantaggi di ciascuno, messo in relazione alle esigenze del singolo caso.
Scopo del trattamento a scalare con metadone:
Consentire la disintossicazione dalla condizione di dipendenza fisica stabilizzata da sostanze oppiacee o in fase finale di trattamento metadonico protratto, senza che il paziente soffra gli effetti della sindrome d'astinenza.
Utilizzare l'occasione dell'assunzione giornaliera della sostanza presso il SERT per iniziare ad instaurare un intervento psicosociale.
Passare successivamente il soggetto, una volta libero dalla dipendenza fisica, ad un più duraturo ed idoneo trattamento riabilitativo, per far fronte alla dipendenza psichica.
Aspetti farmacologici del metadone
Il metadone è dotato di molteplici azioni quantitativamente simili a quelle della morfina, Provoca una sindrome da astinenza simile a quella della morfina, ma con inizio più lento, con decorso più prolungato e con sintomi meno gravi.
AI contrario della morfina e dell'eroina può essere somministrato per via orale (si evita quindi la via venosa), ha una lenta eliminazione, oltre le 25-30 ore, e questo consente una unica, somministrazione giornaliera, mentre gli altri oppiacei necessitano di ripetute assunzioni al giorno.
La somministrazione orale determina un aumento della durata dell'effetto analgesico; viene rapidamente assorbito e si hanno concentrazioni significative, nel plasma, già entro tre - quattro ore dall'assunzione . L'attività plasmatica del metadone è di circa 25 - 30 ore; le necessarie concentrazioni cerebrali sono raggiunte dopo una-due ore dalla somministrazione. Il metadone viene metabolizzato soprattutto a livello epatico; solo il 10% della dose somministrata può venire ritrovata immodificata nelle urine e nelle feci . Viene eliminato attraverso le vie urinarie.
Informazioni Cliniche
Indicazioni terapeutiche: il metadone è una sostanza analgesico-narcotica per il trattamento degli stati di dipendenza da oppiacei. E' utilizzato anche in sindromi dolorose di grave entità.
Controindicazione: ipersensibilità al metadone.
Effetti collaterali indesiderati: può verificarsi rallentamento del respiro e, in modo minore, riduzione della pressione arteriosa, rallentamento del ritmo cardiaco, svenimento. Si possono verificare disturbi psichici e del sistema nervoso: euforia, insonnia, agitazione, cefalea, disorientamento e disturbi visivi. A carico dell'apparato gastro-enterico: bocca asciutta, disappetenza e stipsi. A carico dell'apparato genito-urinario: ritenzione urinaria, ridotto desiderio sessuale.
Interazioni con altri farmaci: il metadone assunto con altri oppiacei (morfina, eroina, ecc.), a tranquillanti ed ipnotici, ad alcool, diventa pericoloso perché si produce un potenziamento degli effetti indesiderati sia del metadone che delle sostanze citate. Si può verificare, ad esempio, una minor prontezza di riflessi con possibilità di incidenti stradali o di altro genere; oppure facilitazione all'overdose .
Sovradosaggio (Overdose): il metadone assunto in eccesso o in associazione alle sostanze citate sopra produce riduzione grave della frequenza respiratoria, sonnolenza estrema fino al coma, miosi (pupilla a punta di spillo), flaccidità dei muscoli, pelle viscida e fredda, rallentamento della frequenza cardiaca ed ipotensione grave (collasso). Nell'assunzione fortemente in eccesso, specie per via venosa, si può avere apnea, collasso cardio-circolatorio, arresto cardiaco, morte.
Avvertenze: il metadone provoca dipendenza fisica e psichica di tipo morfinico. Si consiglia prudenza nella guida di autoveicoli e nell'uso di macchinari in genere.
Posologia: il dosaggio, nel trattamento della dipendenza da oppiacei, non è definibile in modo standard - sia nei programmi a scalare (detossicazione da eroina) che protratti i dosaggi sono stabiliti caso per caso dai medici curanti. Il tempo di trattamento è breve, non superiore a 30-45 gg, nella disintossicazione da eroina e il dosaggio si riduce progressivamente di 5 mg o meno ogni due-tre giorni. Nei trattamenti protratti l'assunzione del farmaco avviene per tempi superiori ai quarantacinque giorni. Al termine dei trattamenti indicati è possibile che si verifichi una lieve condizione astinenziale, che deve essere prontamente comunicata ai medici essa, infatti, è facilmente controllabile con clonidina, antidolorifici e psicofarmaci il tutto al fine di impedire e prevenire l'autosomministrazione di oppiacei da strada.
I trattamenti ospedalieri
I SERT garantiscono ai soggetti in carico il ricovero ospedaliero per svolgere un programma di disintossicazione, laddove se ne ravvisi la necessità, in particolare se risulta impossibile procedere ad una disintossicazione da sostanze stupefacenti in sede ambulatoriale o domiciliare. Tale trattamento ospedaliero è previsto dalla legge e rientra nel più ampio programma terapeutico che il SERT ha stabilito per quel paziente. I ricoveri che hanno come finalità la disintossicazione avvengono dietro prescrizione del SERT in tal senso, e non direttamente presso l’Accettazione/Pronto Soccorso dell’ospedale. E’ possibile inoltre procedere ad un trattamento ospedaliero d’urgenza nel caso di una improvvisa complicanza che interviene nel decorso di una delle patologie d’organo correlate alla tossicodipendenza, o per una turba della coscienza e/o del comportamento, dovute ad eccessiva assunzione di sostanza o ad improvvisa astensione.
Il Sert di La Spezia ha concordato con gli ospedali del territorio un protocollo si intesa per il trattamento dei soggetti tossicodipendenti, secondo quanto previsto dalla legge regionale ligure (B.U.R.L. 3.7.91 parte II n° 27, B6).
Criteri per la scelta del ricovero ospedaliero
Si ritiene opportuna la disintossicazione in ambito ospedaliero nei seguenti casi:
in assenza di supporti familiari e domiciliari validi
per inaffidabilità psicologica e ambientale
in presenza di malattie organiche intercorrenti ad elevato rischio
in presenza di disturbi psichici
per ripetuti fallimenti dei precedenti tentativi di trattamento disintossicanti
ambulatoriale e/o domiciliare
nel caso di riduzione del trattamento con farmaci sostitutivi
quale momento assistenziale inserito una più vasta riformulazione del progetto
terapeutico
su richiesta esplicita del paziente, accertate solide motivazioni e con valutata
sufficiente aderenza al programma stabilito
Trattamento farmacologico
E' sostanzialmente lo stesso previsto nel trattamento ambulatoriale (vedi terapia con farmaci sintomatici). Per tutti i farmaci si consiglia il dosaggio pieno per i primi 4-5 gg. con una riduzione progressiva fino alla sospensione con successivo periodo di osservazione del paziente per altri 2 o 3 gg.
Terapia con farmaci sostitutivi in ospedale
La disintossicazione con farmaci sostitutivi (metadone) si diversifica in base agli scopi e agli obiettivi che si prospettano per ogni singolo individuo. Lo scopo del ricovero può essere anche la disintossicazione da metadone o la stabilizzazione su dosaggi più bassi con programmi a scalare lento, rapido o ultrarapido da effettuarsi in ambiente controllato.
Terapia combinata
Durante lo scalare di un programma disintossicante con metadone può verificarsi, specialmente se svolto in tempi rapidissimi o rapidi, la comparsa di segni e sintomi di astinenza. Per evitare o meglio controllare il verificarsi di tale condizione ( che potrebbe assumere significato di rinforzo al "craving" ), alla posologia di circa 20 cc di metadone per quanto riguarda lo scalare che inizi da bassi dosaggi e, comunque, nei giorni in cui si ritenga opportuno per gli altri protocolli, può essere associata terapia con clonidina per os, miorilassanti , ansiolitici e analgesici per almeno una settimana di tempo, proseguendo con il normale scalare con farmaci sostitutivi nei tempi previsti.
Obiettivi del ricovero
Durante la degenza è necessaria la ricerca di metaboliti urinari di sostanze oppioidi, cannabinoidi, amfetamine, cocaina, da effettuarsi ogni tre giorni, con l’obiettivo di iniziare una terapia con antagonisti o l’entrata in comunità a dimissione avvenuta.
Assistenza clinica alla gestante tossicodipendente (vedi approfondimento)
L’assunzione non controllata di oppiacei e di altri stupefacenti in gravidanza concorre in maniera determinante a complicare il decorso fisiologico della gestazione e del parto, dando origine a complicanze che sono riassunte di seguito:
peso alla nascita inferiore alla norma
distacco della placenta
travaglio e parto pre-termine
aborto spontaneo
L’eroina in particolare interferisce con lo sviluppo fetale alterando l’assetto cromosomico, riducendo l’accrescimento ponderale del feto, ed ostacolando lo sviluppo del sistema nervoso centrale. E’ bene quindi che le gravidanze in cui si rileva uno stato di tossicodipendenza siano considerate come "gravidanze a rischio", e venga di conseguenza adottato il protocollo di monitoraggio previsto per questi casi. Non è assolutamente consigliabile affrontare una disintossicazione senza sostitutivi in gravidanza per i rischi di aborto spontaneo e nelle crisi di astinenza nel feto.
L'UROD
La storia
L’ideatore dell’UROD per la disintossicazione da oppiacei è uno psichiatra spagnolo, esperto di tossicodipendenza, Juan Josè Legarda, mentre Andrè Waissman, un medico israeliano, ne ha realizzato l’applicazione clinica.
Si cominciò a parlare di UROD nell’estate del 1995 quando la Clinica Castellanza dell’Istituto scientifico San Raffaele sperimentò una nuova terapia di disintossicazione su 500 tossicodipendenti, l’UROD appunto. Il metodo ultrarapido di pulizia dei recettori degli oppiacei, che viene effettuato in anestesia generale, promette che nel giro di tre giorni il tossicodipendente viene liberato dalla dipendenza dall'eroina.
Quali risultati diede questa esperienza? Eccezionali dicono i promotori, lo psichiatra Legarda, l'anestesista Waissman, lo psicologo Leykin: si parla di una percentuale di successi che va dal 65 al 100%, rilevata a sei mesi dal trattamento.
Il 3 settembre parte l’operazione "Hope", il Ministro della sanità Guzzanti chiede un parere sull’efficacia del trattamento e sui rischi connessi. Il Consiglio Superiore di Sanità, la Commissione unica per il farmaco, la Commissione oncologica e l'Istituto Superiore di Sanità riuniti invitano il ministro a sospendere la sperimentazione del metodo. Il 6 settembre l'operazione "Hope" è interrotta. Il Ministero della Sanità affida alla commissione biomedica del ministero un protocollo di ricerca e si avviano sperimentalmente un centinaio di trattamenti. La Cuf dopo aver preso visione dei 100 casi, sospende nuovamente la sperimentazione, sebbene la sperimentazione in molti casi sia proseguita non autorizzata.
Aspetti clinici
L’UROD è un metodo di disintossicazione ultraveloce (2-3 giorni di degenza e 6-9 mesi di riabilitazione) che consiste di diverse fasi:
sedazione profonda, primo giorno (Clonidina, un anti-noradrenergico, e Naltrexone, un antagonista degli oppiacei, tranquillanti vari)
mantenimento, dal secondo giorno (Naltrexone)
riabilitazione, 6-9 mesi, (Naltrexone e terapia psicoterapeutica e psichiatrica)
Questo metodo è stato criticato sia per l'alto costo, 12 milioni a carico totale del paziente, sia per la sua efficacia non documentata. Secondo i dati resi disponibili dagli sperimentatori, i casi finora trattati sono circa 800 e i primi 156, a sei mesi dal trattamento, risultano astinenti dalla droga nel 67% dei casi, mentre il restante 33% vi è ricaduto. Sembra comunque che il metodo abbia efficacia se seguito da una valida riabilitazione personale e sociale: in un campione di 217 pazienti che hanno seguito il programma di riabilitazione, 198 risultano astinenti; mentre nel campione di 217 pazienti che non hanno seguito il programma, solo 11.
I dubbi sui dati resi disponibili dagli sperimentatori e le perplessità sull’efficacia e sulla sicurezza del trattamento attualmente impediscono di affidarsi con tranquillità all’UROD per la disintossicazione e la riabilitazione del soggetto tossicodipendente. Tale metodologia è quindi non autorizzata dal Ministero della Sanità e non adottata dal Sistema Sanitario Nazionale. Al di là degli entusiasmi miracolistici iniziali è oramai assodato che il modo per uscire dall'eroina non è determinato da un metodo o l'altro di disintossicazione fisica, ma da un più complesso cammino di uscita psicologica dalla dipendenza.
Le Comunità Terapeutiche
Le prime Comunità Terapeutiche nacquero nella prima metà dell’800 come luogo e momento di socializzazione per i pazienti delle strutture di ricovero psichiatrico. Nel secolo successivo Maxwell Jones avviò un’esperienza di Comunità Terapeutica per ovviare alle conseguenze dell’istituzionalizzazione dei malati di mente: l’obiettivo era quello di trasformare in senso umano e democratico l’ospedale psichiatrico. La vita di comunità, l’atmosfera terapeutica, l’intercambibilità dei ruoli fra operatori e ospiti, il confronto quotidiano con gli altri, erano già allora le condizioni alla base della funzione educativa e terapeutica della comunità. Il costituirsi delle comunità trovava in ambito medico una positiva accoglienza, sebbene sempre come soluzione accessoria e alternativa rispetto a quella medica.
In Italia, negli anni settanta, le prime comunità tossicodipendenti furono il Progetto Uomo, il Gruppo Abele, San Patrignano.
Il "Progetto uomo"
"Se un tossicomane viene da te e ti chiede di essere aiutato, si insegna nel Daytop, non rispondergli subito di si. Digli di tornare il giorno dopo, in un’ora precisa, se veramente desidera il tuo aiuto. Si offenderà perché abituato ad ottenere molte cose, attraverso l’esibizione del suo bisogno di aiuto e le sue promesse di cambiare. Forse non tornerà. Se viene, tuttavia, sei partito con il piede giusto e puoi cominciare il tuo lavoro con lui". Come si può comprendere questo modello terapeutico si fonda sul concetto di responsabilità, stimolando il tossicodipendente alla riappropriazione dell’iniziativa e della responsabilità personale nella propria vita.
Gruppo Abele
Il gruppo Abele nasce per condividere i problemi e le difficoltà dei ragazzi disadattati dei quartieri ghetto dell'immigrazione torinese. Le comunità del gruppo, alcune attive nel recupero di tossicodipendenti, nascono come nuclei di convivenza, non si definiscono "terapeutiche", non si fondano su una rigida distinzione fra operatori ed utenti. L'obiettivo delle comunità e del nuclei di convivenza è di permettere un inserimento attivo e critico di questi giovani nella propria realtà.
San Patrignano
A differenza delle precedenti esperienze sopraccitate San Patrignano, affida le sue convinzioni alla tradizione orale del suoi membri e dei visitatori. San Patrignano è una cooperativa prima ancora che una comunità, poiché la sua struttura fondamentale è fondata su una precisa organizzazione autogestita e cooperativa del lavoro. Dall'organizzazione della vita comunitaria emerge chiaramente come il lavoro venga considerato lo strumento principale per il cambiamento della personalità del tossicodipendente.
Il trattamento con naltrexone
Il naltrexone cloridrato, commercialmente nalorex (in pastiglie) o antaxone (liquido), consente di bloccare gli effetti farmacologici degli oppiacei eventualmente assunti, favorendo cosi’ il mantenimento di un comportamento astinente in individui disintossicati ex - tossicodipendenti. Tale terapia si pone come forma di contenimento del craving verso la sostanza, favorendo quindi il recupero e il reinserimento sociale nello stesso contesto di vita. Obiettivamente la presenza di contesti familiari e sociali validi che garantiscano la regolarità dell'assunzione del farmaco migliora l'efficacia terapeutica. L’impiego del prodotto è pure indicato nel programma di trattamento globale per la dipendenza da alcol al fine di ridurre il rischio di recidiva, di favorire l’astinenza e di ridurre il bisogno di assumere bevande alcoliche.
Aspetti clinici
Il naltrexone è un antagonista puro degli oppiacei cioè blocca gli effetti derivanti dall’assunzione di eroina. Pertanto chi assume eroina durante la terapia con antaxone non sentirà nulla. Il naltrexone è un farmaco che non da tolleranza, né dipendenza e può quindi essere assunto per molto tempo, in modo da favorire la disabituazione psicologica all'eroina e prevenire il rischio di ricadute. La terapia con naltrexone non può essere iniziata fino a che vi siano sostanze oppioidi nell’organismo, poiché ciò scatenerebbe una immediata crisi di astinenza: segni e sintomi di tale crisi possono manifestarsi entro 5 minuti e durare fino a 48 ore. Anche il metadone deriva dagli oppiacei, quindi vanno seguite le stesse indicazioni, tenendo presente che il metadone è ancora presente nei metaboliti urinari per circa una settimana dall'ultima assunzione.
Avvertenze
Cercare di superare il blocco del naltrexone assumendo quantitativi elevati di oppiacei è molto pericoloso in quanto può prodursi una overdose fatale. Chi "dimentica" di assumere il farmaco per sentire di nuovo l’eroina si ricordi che il suo organismo è stato completamente ripulito dal naltrexone. Interrompere una terapia di naltrexone ed usare una quantità di eroina uguale a quella cui si era abituati in precedenza può provocare overdose.