La grande Messa in Val Visdende
La mattinata dell'ufficialità
ecclesiale e civile di domenica 12 luglio ha come splendido scenario
la piana di Pramarino in Val Visdende, dove si sono radunate
oltre trentamila persone, provenienti dal Veneto, dal Friuli,
dalla vicina Carinzia austriaca, molte giunte a piedi oltre il
valico di Dignas. L'aspetto organizzativo era stato curato dai
Servizi Forestali della Regione Veneto.
Durante la messa Giovanni Paolo II
pronuncia queste parole per l'omelia:
"Beato l'uomo... che si compiace
della legge del Signore e la sua legge medita giorno e notte"
(Sai. 1,2).
1. Con queste parole del salmo responsoriale
or ora recitato, desidero salutare tutti voi, fratelli e sorelle,
convenuti in questa mirabile Val Visdende (veramente "Vallis
videnda") per la celebrazione dell'Eucaristia nella festa
votiva di San Giovanni Gualberto, patrono degli operatori forestali.
Beato l'uomo che si compiace della legge del Signore, delle opere
del Signore, dei segni imponenti della sua presenza nelle meraviglie
del creato.
Davanti a questo panorama di prati, di boschi, di torrenti, di
cime svettanti verso il cielo, noi tutti ritroviamo il desiderio
di ringraziare Dio per le meraviglie delle sue opere, e vogliamo
ascoltare in silenzio la voce della natura al fine di trasformare
in preghiera la nostra ammirazione. Queste montagne, infatti,
suscitano nel cuore il senso dell'infinito, con il desiderio
di sollevare la mente verso ciò che è sublime.
Queste meraviglie le ha create lo stesso Autore della bellezza.
Ora, se siamo colpiti dalla loro presenza ed attività,
pensiamo da ciò quanto è più potente colui
che le ha formate. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia se ne conosce l'autore. (cfr. Sap. 13,3-5).
2. Desidero salutare il Signor Cardinale Marco Cè, qui
presente e, con lui, saluto il Vescovo della diocesi di Belluno-Feltre,
Mons. Maffeo Ducoli, l'arcivescovo di Udine, Monsignor Alfredo
Battisti, il Vescovo di Treviso, Monsignor Antonio Mistrorigo,
convenuti quassù per questa celebrazione.
Il mio saluto si estende altresì alle Autorità
dello Stato e della Regione; in special modo al Ministro dell'agricoltura
e Foreste, Onorevole Filippo Maria Pandolfi, e al Presidente
della Regione Veneto, Professor Carlo Bernini. Saluto ancora
i rappresentanti dei paesi e delle Comunità montane del
Comelico e di tutto il Cadore, in particolare gli operatori forestali
delle Regioni Veneto e Friuli, come anche i Superiori ed i membri
del Corpo Forestale dello Stato, preposti alla tutela ed allo
sviluppo di queste foreste.
Un saluto va anche ai turisti convenuti qui per il periodo delle
loro vacanze e per un salubre sollievo, a contatto con un ambiente
ancora libero dal degrado ecologico che insidia le città
e i luoghi di lavoro.
A tutti rinnovo il saluto e l'augurio annunziato all'inizio di
questa liturgia. La pace sia con voi. La pace di Cristo, la pace
dell'anima, la pace che è suggerita al nostro cuore dalle
opere di Dio.
3. Le pagine del libro sacro che abbiamo letto portano la nostra
meditazione sulla vita di San Giovanni Gualberto, un santo fiorentino
del secolo X, misteriosamente condotto dalla grazia a testimoniare
l'eroica carità del perdono ed a consacrarsi a Dio nella
vita contemplativa. Come è noto, la giovinezza di Giovanni
Gualberto, della famiglia dei Visdomini, era stata turbata dall'assassinio
del fratello maggiore Ugo. Il padre e la tradizione sociale del
suo tempo, spingevano Giovanni Gualberto a vendicare il delitto
con l'uccisione dell'assassino. Egli lo incontrò un venerdì
santo; ma fu profondamento sconvolto nel suo proposito di vendetta
dall'implorazione del colpevole, il quale, con le braccia in
croce, chiedeva pietà in nome di Cristo. Il ricordo della
misericordia di Gesù morente ebbe nell'animo di Giovanni
Gualberto la forza di un messaggio irresistibile, che lo indusse
al perdono ed alla conversione. "Amate i vostri nemici,
e fate del bene a coloro che vi odiano" (Lc. 6,27). La tradizione
narra che Giovanni Gualberto fu confortato dal Crocifisso con
queste parole: "Poiché hai perdonato al tuo nemico,
vieni e seguimi". Dopo avere lottato in Firenze contro la
simonia, fino al punto di essere perseguitato per il suo zelo,
Gualberto si ritirò nella solitudine di Vallombrosa per
dare inizio ad una comunità monastica benedettina, qui
rappresentata oggi dall'attuale Abate. Antiche testimonianze
affermano che nella silenziosa foresta dellAppennino Toscano,
fedele al motto della preghiera e del lavoro, egli si applicò,
insieme ai suoi monaci, all'orazione ed alla coltura dei boschi.
Nella dedizione a questa attività prediletta i discepoli
di San Giovanni Gualberto intuirono le leggi che presiedono alla
conservazione e allo sviluppo delle foreste, e in un epoca in
cui non era possibile parlare di norme forestali, la religiosa
e sapiente costanza dei monaci vallombrosani poté tracciare
metodi validi per un congruo sviluppo del patrimonio boschivo
delle regioni.
4. L'istinto della vendetta, purtroppo tanto radicato nei sentimenti
dell'uomo, è stato definitivamente superato e pienamente
vinto dalla forza dell'amore che perdona. Il Vangelo oggi ci
dice che non solo gli amici, ma anche i nemici devono essere
oggetto dell'amore cristiano: "Fate del bene a coloro che
vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro
che vi maltrattano" (Lc. 6,2 7-28). Il perdono cristiano
esige non solo la rinuncia alla vendetta, ma una risposta di
amore verso il nemico; non una pura passività davanti
all'insulto e al torto, ma la risposta morale più eloquente
che si possa dare: l'affetto e la preghiera per chi è
nemico. Solo la forza di Dio e la grazia di Cristo possono condurci
a questo atteggiamento di amore. La lettura di San Paolo, perciò,
ci invita ad attingere "forza nel Signore e nel vigore della
sua potenza" (Ef 6,10).
Ma la conquista della capacità di perdonare e di amare
i propri nemici passa attraverso una trasformazione più
profonda del cuore. L'esistenza umana ha bisogno di essere guarita
e salvata dalla costante tentazione del suo egoismo. Occorre,
allora, una conversione assidua, che coinvolge tutte le espressioni
della persona: la fatica del pensare, la preoccupazione dell'agire,
lo sforzo della volontà. L'aspirazione dell'amore non
deve rimanere muta, informe, infeconda, né oppressa e
distrutta al momento della prova. Il Signore ci invita, perciò,
a liberare costantemente la nostra personalità dalla grettezza
e dalla povertà del calcolo, dalle motivazioni interessate
che nascondono una insidiosa presenza di egoismo anche in tanti
gesti umanitari: "Dà a chiunque ti chiede... Se amate
quelli che vi amano che merito ne avrete?... Amate i vostri nemici,
fate del bene e prestate senza sperare nulla, e il vostro premio
sarà grande e sarete figli dell'Altissimo" (Le. 6,30-35).
Il vero discepolo di Gesù Cristo ama il suo prossimo "senza
sperarne nulla", in atteggiamento di costante e gratuito
dono di sé ai fratelli. "Ciò che volete che
gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro... Siate misericordiosi,
come è misericordioso il Padre vostro" (Le. 6,31-36).
Può capitare nella vita, come nel caso di San Giovanni
Gualberto,- che si presentino difficoltà estremamente
acute, momenti in cui la logica umana ha bisogno di essere rivoluzionata
dalla forza del precetto della carità, circostanze che
impongono la necessità di rivedere e purificare la coscienza
che l'uomo ha di se stesso e del suo posto nella comunità
dei fratelli. E' in tali momenti che urge "indossare l'armatura
di Dio" (Ef 6,3), cioè fare delle scelte secondo
Cristo, il modello unico del comportamento cristiano. Ciò
esige una revisione radicale dei valori, richiede una sorta di
seconda nascita, la tenace volontà di percorrere una via
simile a quella di Cristo, fino ad entrare nello spogliamento
della sua Croce. Cristo è la fonte di queste scelte: in
lui ogni credente si illumina e spera, anche se si sente chiamato
ad affrontare una lotta tremenda contro i propri sentimenti e
contro la mentalità prevalente nel mondo. Resistete nel
giorno del malvagio (cfr. Ef 6,13), ci ha detto San Paolo, cioè
in quel giorno ed in quei momenti che ci mettono alla prova circa
le scelte consequenziali della fede.
Al termine di questo faticoso processo per la coerenza della
carità evangelica sta, però, una grande speranza:
"Date e vi sarà dato, una misura buona, pigiata,
scossa e traboccante" (Le. 6,38), perché la grandezza
del dono sperato è infinitamente maggiore della fatica
impiegata per meritarlo.
5. La festa odierna riguarda in modo speciale voi, operatori
forestali, per il problema ecologico che è sotteso al
vostro impegno.
È noto quanto oggi sia urgente diffondere la coscienza
del rispetto per le risorse del nostro pianeta. Tutti ne sono
coinvolti, poiché la terra che abitiamo rivela sempre
più chiaramente la sua intrinseca unitarietà sicché
le vicende inerenti alla conservazione del suo patrimonio riguardano
tutti i popoli senza distinzione. La conservazione e lo sviluppo
del patrimonio boschivo in qualsiasi zona è fondamentale
per il mantenimento e la ricomposizione degli equilibri naturali
indispensabili alla vita. Ciò va affermato ancora di più
oggi, mentre ci accorgiamo di quanto sia urgente realizzare una
decisa inversione di tendenza in tutti quei comportamenti che
portano a preoccupanti forme di inquinamento. Ciascun uomo è
tenuto ad evitare iniziative ed azioni che possono intaccare
la purezza dell'ambiente, e giacché le piante, nel loro
insieme, svolgono un ruolo indispensabile sugli equilibri naturali,
necessari alla vita in tutti i suoi gradi, la loro tutela e il
loro rispetto divengono sempre più un fatto umano di singolare
necessità.
È impegno morale per il cristiamo avere cura della terra
"affinché essa produca frutto e diventi una dimora
degna dell'universale famiglia umana" (Gaudium et spes,
n. 57).
6. Chiedo a Dio per tutti voi, operatori forestali, eper tutti
voi, uomini e donne della montagna, appassionati cultori delle
solide tradizioni di queste terre, che le vostre comunità
conservino sempre le preziose eredità della cultura che
vi riguarda. La gente della montagna possiede il gusto della
contemplazione della natura, e con questa una conseguente profonda
religiosità, che investe tutti i settori della vita, suscitando
laboriosità, spirito di sacrificio, attaccamento alla
famiglia e alla propria terra. Può essere che la forza
da cui traete il sostentamento vi appaia talvolta dura ed esigente
per il lavoro che vi chiede; ma voi amatela come un dono di Dio,
come un meraviglioso ambiente nel quale Egli si rivela ai vostri
occhi nello splendore delle cose da lui create.
Desidero perciò esprimere il mio compiacimento ed il mio
più vivo incoraggiamento ai responsabili della Regione
e dello Stato per tutti gli impegni finora assunti al fine di
sostenere ed incoraggiare la permanenza delle popolazioni in
questa regione montana, nel tentativo di arrestare o almeno ridurre
la tendenza ad abbandonare i luoghi d'origine. La montagna non
deve spopolarsi, ed un sincero plauso va rivolto a tutti coloro
che contribuiscono a fare in modo che questi luoghi, conservati
e sviluppati secondo le esigenze della loro naturale vocazione,
siano una valida fonte di lavoro per l'economia degli abitanti.
Prego, ancora, Dio che voglia mantenere tra di voi le nobili
tradizioni di solidarietà e di fraterna carità
che da tempi antichissimi regolano le vostre forme di vita sociale.
Confermo l'auspicio già espresso ai vostri Vescovi nel
corso della recente visita "ad limina":
possano le vostre comunità rinsaldare la loro radice etica
e spirituale, nel contesto di un'identità culturale non
attinta al di fuori delle loro tradizioni genuine.
7. Tutto quello di cui viviamo, la natura, la comunità,
la cultura, la carità fraterna, tutto ci è stato
donato da Dio, come una vocazione che ci sprona a fare in modo
che la famiglia umana possa trarne sollievo e gioia. Le intenzioni
di Dio, le sue volontà, sono intenzioni di amore, conducono
a salvezza, esigono comunione, parlano di vita eterna. Nella
creazione Egli ci ha posti come servitori di una volontà
universale di bene e vuole che ogni nostra opera sia utile a
tutti, affidandoci il servizio della carità come impegno
prezioso del suo paterno amore. Sforziamoci di ritrovare o ricostruire
in ogni uomo una personalità veramente cristiana, per
poter essere nel mondo cooperatori della bontà di Dio,
nostro Padre.
Beato l'uomo, che medita la legge del Signore, giorno e notte.
Subito dopo, il Papa ha improvvisato queste parole:
E adesso nel momento in cui si sentono, specialmente in queste
vallate, le campane di tutte le chiese vogliamo recitare l'Angelus
Domini. Ringrazio per questo suono delle campane. Ieri l'ho potuto
ascoltare da diversi posti. Mentre sostavo sul monte Zovo dalle
diverse vallate si univano in coro le campane per suscitare in
noi un altro coro di preghiere per lAngelus Domini.
Recitato 1' "Angelus" il
Santo Padre si è cosi rivolto
agli operatori forestali, alle autorità religiose, civili
e militari e a tutti i fedeli presenti.
Rinnovo ora il mio saluto cordiale a
tutte le Autorità religiose, civili e militari, che sono
convenute a questo incontro. Vada una rinnovata parola di plauso
agli operatori forestali delle Regioni Veneto e Friuli e al Corpo
Forestale dello Stato, insieme con l'incoraggiamento a perseverare
nell'impegno di tutela dell'ambiente naturale, che l'uomo di
oggi va riscoprendo in tutta la sua importanza per la propria
sopravvivenza sulla terra. L'impegno per l'uomo passa attraverso
l'impegno per l'ambiente nel quale Dio lo ha posto a vivere.
Mi è gradito rivolgere ancora un saluto ai numerosi pellegrini
provenienti dai paesi circostanti, in particolare a quelli del
Comelico, del Cadore e a tutti i presenti. Carissimi, la fede
che vi ha condotto fin qui divenga costante ispiratrice della
vostra esistenza, grazie anche all'opera dei sacerdoti che nelle
rispettive comunità parrocchiali vi guidano a Cristo mediante
la preghiera, i sacramenti e la predicazione. A tutti sia di
conforto la mia Benedizione.
Uno speciale accenno desidero riservare ai rappresentanti delle
Regioni che fanno parte di "Alpe Adria", organismo
che raggruppa tutte le Regioni dell'arco alpino orientale: il
Veneto, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, la
Lombardia, l'Alta Austria, la Carinzia, Salisburgo, la Stiria,
la Slovenia, la Baviera. Carissimi esorto voi e quanti aderiscono
all'Organismo che qui rappresentate a dare con fiducia ogni contributo
atto a favorire l'intesa e la collaborazione tra i vostri Paesi,
per la promozione di quella solidarietà che affonda le
sue radici nella natura dell'uomo e nella sua vocazione a far
parte, in Cristo, dell'unica famiglia di Dio.
A tutti la mia Apostolica Benedizione.
Alle 12 il Santo Padre ha recitato, con i 20.000 fedeli presenti,
la tradizionale preghiera dell'"Angelus", preceduta
dalla seguente riflessione:
"Exaudivit me de monte sancto suo"
(SaI. 3,5).
La preghiera meridiana dell'"Angelus"
viene oggi felicemente a collocarsi nel panorama incantevole
di queste montagne cadorine, tra le cime e i boschi del "verde
Comelico", da cui in ogni stagione s'eleva con tacita potenza
un coro di gloria al Creatore.
In questa meravigliosa cornice di bellezza reca una sua nota
peculiare di spirituale intimità la chiesetta dedicata
alla "Madonna della Neve", che se ne sta qui umile
e invitante.
La mente corre ai santuari mariani che popolano i monti e le
colline di questa amata terra italiana. Sono innumerevoli, da
un punto all'altro della penisola.
Molti di essi sono dovuti all'iniziativa della Vergine stessa,
la quale ripercorrendo, per così dire, "il cammino
del suo fiat filiale e materno" (Redemptoris Mater, n. 14),
che subito dopo l'Annunciazione l'aveva portata "verso la
montagna" (Lc. 1,39), ha domandato che nella elevante solitudine
dei monti le fosse costruito un santuario, una oasi di preghiera
e di culto, in cui il sacrificio eucaristico rinnovasse la reale
presenza del Figlio suo divino.
La predilezione di Maria per le zone montane, protese per loro
natura verso il cielo, assume un significato molto vivo che ognuno
di noi può condensare nella consolante certezza del Salmista:
"Exaudivit me demonte sancto suo" (SaI. 3,5).
Nello spirito dell'Anno Mariano la corona di santuari che unisce
in un medesimo slancio religioso i monti d'Italia assurge a speciale
simbolo dell'itinerario delle anime, del quale è incomparabile
esempio la Vergine di Nazareth: un itinerario che conduce alle
insondabili altezze di Dio attraverso il Cristo Signore e Redentore.
Maria Santissima, "Regina delle Dolomiti", "Madonna
della Neve" e sotto ogni altro titolo con cui viene invocata
nei santuari più celebri e nelle più romite cappelle,
protegga l'amata nazione italiana.
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